Donazione di cosa altrui ed usucapione abbreviata
La donazione è un istituto giuridico che presenta una serie di rilievi problematici che si riverberano all’interno del nostro ordinamento giuridico e che sono meritevoli di puntuale attenzione; nello specifico, merita particolare approfondimento la donazione di cosa altrui, da esaminare in combinato disposto con l’art. 1159 c.c. in tema usucapione abbreviata decennale, onde verificare la compatibilità giuridica dei due istituti, anche alla luce delle recenti pronunce giurisprudenziali in materia.
Preliminarmente occorre occuparsi della donazione in generale, così come disciplinata dagli articoli 769 e seguenti del codice civile, quale contratto attraverso cui il donante, con spirito di liberalità, arricchisce la controparte disponendo in suo favore di un proprio diritto oppure assumendo nei suoi confronti un’obbligazione.
In secondo luogo, è altresì necessaria una preventiva analisi dell’art. 771 c.c. in materia di donazione di beni futuri, il quale, disponendo al primo comma che possono essere oggetto di donazione esclusivamente beni presenti nel patrimonio del donante al momento della conclusione del negozio, sancisce che, laddove questo dovesse avere ad oggetto beni futuri, sarebbe viziato da nullità; la ratio di tale disposizione normativa è evidentemente quella di tutelare il donante da atti di liberalità che rischierebbero di pregiudicarlo oltremodo provocandone un impoverimento patrimoniale.
Per quanto attiene, invece, alla futurità della res, è opportuno sottolineare come questa si articoli in futurità in senso oggettivo, intesa cioè come inesistenza in natura della cosa, ed in futurità in senso soggettivo, facendo riferimento con tale concetto ad una cosa che, seppur esistente in rerum natura, non rientra nella sfera giuridica del dante causa poiché di proprietà di un soggetto terzo estraneo al rapporto giuridico.
Ebbene, nel nostro ordinamento non si rinviene una norma di analogo tenore che faccia riferimento alla donazione di beni altrui, e tale lacuna normativa ha comportato lo sviluppo di due contrastanti orientamenti giurisprudenziali.
In primis, secondo la corrente tradizionale, al concetto di cosa altrui si applicherebbe estensivamente quello di cosa futura, con la conseguente nullità del relativo negozio giuridico stipulato tra le parti per effetto del disposto normativo di cui all’art 771 c.c. (Cass. Civ. n. 6544/1985).
Ad adiuvandum di tale orientamento, si è sostenuto che l’art. 771 c.c. facendo salvi dal divieto in esame i frutti non ancora separati, ovverosia beni esistenti in natura al momento della stipula del negozio ma privi di autonoma rilevanza giuridica fino al momento della separazione dalla cosa principale, riconoscerebbe implicitamente l’equiparazione giuridica tra beni futuri e beni altrui; secondo la tesi seguita dalla Corte, infatti, la suddetta specificazione normativa non avrebbe avuto ragion d’essere qualora il legislatore avesse voluto limitare l’operatività della norma ai soli beni futuri in senso oggettivo.
Questa ricostruzione della Corte presta però il fianco ad alcuni rilievi critici, il più incisivo dei quali può rinvenirsi nel fatto che il legislatore codicistico ha chiaramente inteso operare una distinzione tra futurità oggettiva ed altruità del bene, come può evincersi dalla disciplina in materia di vendita, la quale dedica rispettivamente gli artt. 1472 e 1478 c.c. alla vendita di cosa futura ed alla vendita di cosa altrui.
Stando, invece, ad una diversa interpretazione, l’art. 771 c.c. sarebbe norma a carattere eccezionale e pertanto insuscettibile di applicazione estensiva, con la conseguenza che una donazione di cosa altrui non sarebbe viziata ab origine da nullità, bensì esclusivamente da inefficacia (Corte di Cass. 5 Febbraio 2001 n. 1596).
Le Sezioni Unite sono intervenute per dirimere tale contrasto interpretativo, e, con sentenza n. 5068/2016, hanno affermato l’ammissibilità della donazione obbligatoria di beni altrui, a condizione che le parti siano a conoscenza dell’altruità del bene e che tale consapevolezza risulti dal titolo; al contrario, laddove le parti dovessero stipulare una donazione dispositiva di beni altrui, ad effetti reali, questa dovrebbe considerarsi nulla in quanto posta in essere in difetto del requisito essenziale della causa (art. 1325 c.c.) atteso che una donazione reale così configurata non sarebbe in grado di realizzare la causa tipica del negozio (trasferimento del diritto con spirito di liberalità).
La Corte di Legittimità perviene a tale risultato interpretativo attraverso una disamina dell’art. 769 c.c., il quale prevede espressamente l’ammissibilità della donazione ad effetti meramente obbligatori come alternativa al quella produttiva di effetti reali, purché da tale negozio giuridico discenda comunque un arricchimento del donatario ed un corrispettivo impoverimento del dante causa, entrambi retti da spirito di liberalità.
La donazione ad effetti obbligatori può dunque avere ad oggetto un diritto altrui, nella misura in cui ciò che provoca gli effetti di depauperamento ed arricchimento patrimoniale come sopra descritti, non risiede nel trasferimento del diritto, come avviene nella donazione ad effetti reali, bensì nell’assunzione dell’obbligo da parte del donante di procurare l’acquisto del bene di proprietà del terzo.
Alla luce di quanto suesposto, occorre in seconda battuta occuparsi del problema dell’idoneità della donazione di cosa altrui a costituire titolo per l’applicazione dell’usucapione abbreviata decennale di cui all’art 1159 c.c. Questa forma usucapione sui generis, oltre a presupporre un acquisto a non domino del possesso di un bene immobile in buona fede, richiede altresì, come condicio sine qua non della sua applicabilità, la presenza di un titolo astrattamente idoneo a trasferire la proprietà od altro diritto reale ed, inoltre, che questo titolo sia stato debitamente trascritto.
Orbene, la donazione meramente obbligatoria di cosa altrui, proprio perché priva di qualsivoglia effetto reale, non può essere ritenuta idonea a tale scopo, anche alla luce del fatto che il relativo atto non sarebbe neppure suscettibile di trascrizione. La donazione obbligatoria, infatti, sebbene debba essere effettuata mediante atto pubblico, così come previsto dall’art. 782 c.c., non comporta la trascrivibilità del relativo atto, essendo questo chiaramente improduttivo di effetti reali e pertanto incapace di trasferire la proprietà.
Diversamente, qualora si trattasse di donazione ad effetti reali nulla per ignoranza sull’altruità della res, il negozio, sebbene nullo, costituirebbe paradossalmente titolo idoneo a far operare l’usucapione abbreviata, in quanto la donazione, qualora il donante fosse stato proprietario del bene, avrebbe prodotto il trasferimento del relativo diritto.
Tale circostanza, seppur oggetto di ulteriore dibattito dottrinale, determinerebbe l’operatività dell’art. 1422 c.c., il quale, sancita l’imprescrittibilità dell’azione di nullità, fa comunque salvi gli effetti dell’avvenuta usucapione sul bene oggetto del contratto.
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Matteo Mancarella
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