Donazione, liberalità non donative e atti gratuiti non liberali
Il trasferimento di diritti o l’acquisizione di obbligazioni avviene solitamente dietro corrispettivo. Può succedere, però, che un soggetto voglia elargire qualcosa senza ricevere nulla in cambio. Si parla, in tal caso, di gratuità. Tra gli atti a titolo gratuito assumono particolare rilievo gli atti liberali e tra questi il più importante è la donazione.
A tal riguardo, è necessario richiamare l’art. 769 cc, il quale fornisce la definizione del negozio de quo. La donazione è il contratto con il quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l’altra disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un’obbligazione. Dalla norma citata si comprende, quindi, la struttura tipica di ogni atto donativo, costituita da elementi di carattere oggettivo e soggettivo. Sul piano oggettivo, vi deve essere il depauperamento del donante con il contestuale arricchimento del donatario. Sul piano soggettivo, invece, vi deve essere la spontaneità dell’elargizione da parte del donante, il quale non deve essere stato costretto in alcun modo a porre in essere l’atto di liberalità. Il soggetto deve quindi essere mosso dall’animus donandi, la volontà di dare qualcosa in assenza di un interesse patrimoniale.
In merito alla disciplina, occorre porre in evidenza che la donazione viene definita dallo stesso art. 769 cc un “contratto”. Per tale motivo, dunque, si rimanda alla disciplina di cui agli artt. 1321 cc e ss.
Un esempio di quanto affermato è dato dall’art. 782 cc in relazione alla forma. La disposizione richiamata, infatti, statuisce che la donazione deve essere fatta per atto pubblico sotto pena di nullità, come l’art 1418 cc al secondo comma prevede per i contratti. Tale atto deve perciò essere redatto da un notaio o da altro pubblico ufficiale legittimato ad attribuire al documento de quo pubblica fede. La ragione del particolare rigore assunto dalla forma scritta in tema di donazione si rinviene nell’esigenza di garantire un’adeguata ponderazione delle attribuzioni liberali effettuate dal donante.
Ancora, importante in materia risulta l’art 788 cc. Tale disposizione prevede che il motivo illecito, quando risulta dall’atto ed è il solo che ha determinato il donante alla liberalità rende nulla la donazione, come lo stesso art 1418 cc prevede al secondo comma.
Nell’ottica garantista voluta dalla legge in tale materia, si rileva che al fine di porre in essere una donazione si deve disporre delle piene facoltà mentali pena l’annullamento della stessa. In virtù di quanto prescritto dall’art 775 cc al primo comma, la donazione fatta da persona che, sebbene non interdetta, si provi essere stata per qualsiasi causa anche transitoria, incapace di intendere o di volere al momento in cui la donazione è stata fatta, può essere annullata su istanza del donante, dei suoi eredi o aventi causa.
Giova precisare, poi, che ulteriore requisito al fine della configurabilità di tale istituto, è la capacità di disporre dei propri beni. A tal proposito, è opportuno rilevare che sono nulle sia la donazione di beni altrui per difetto di causa, sia la donazione di beni futuri ex art 771 cc. Ratio dell’istituto di cui si discute è infatti quella di voler donare un bene proprio esistente al momento dell’operazione. Il donante deve avere, cioè, la volontà di impoverirsi sottraendo dal proprio patrimonio un bene di sua proprietà esclusiva, al fine di conferirlo ad un altro soggetto.
Oltre a quanto esposto, si deve considerare che la donazione, pur essendo l’atto liberale per eccellenza, non rappresenta l’unica categoria del più ampio genus delle liberalità. Accanto alle liberalità donative, infatti, si devono menzionare anche quelle non donative. Queste ultime vengono chiamate così perché non hanno tutte le caratteristiche delle donazioni di cui si è discusso. In particolare, tale tipologia di elargizione non è soggetta all’obbligo dell’atto pubblico, ma utilizza la forma richiesta per il negozio utilizzato di volta in volta. L’art 809 cc, infatti, afferma che le liberalità sono soggette alle stesse norme che regolano la revocazione delle donazioni per cause d’ingratitudine e per sopravvenienza di figli nonché a quelle sulla riduzione delle donazioni per integrare la quota dovuta ai legittimari, anche se risultano da atti diversi da quelli previsti dall’art 769 cc. La norma, in concreto, rende possibile l’applicazione della disciplina delle donazioni ad altri atti di liberalità, quindi anche alle liberalità non donative, che abbiano una forma diversa da quella dell’atto pubblico menzionato.
Fra gli esempi più noti, rientra la donazione indiretta. In tal caso, come precisato, il donante vuole perseguire un intento liberale tramite uno strumento diverso dall’atto pubblico, in via mediata. Nella fattispecie, l’arricchimento del beneficiario è una conseguenza ulteriore che deriva da atti che hanno una causa propria e costituisce un risultato che si aggiunge agli effetti prodotti dallo strumento giuridico utilizzato. Un esempio illustre è il trasferimento effettuato dal conto di un soggetto a quello di un altro soggetto tramite un ordine di bancogiro. Tale operazione è stata qualificata dalla Suprema Corte come una donazione tipica ad esecuzione indiretta, dal momento che il soggetto elargisce denaro ad un altro soggetto utilizzando come strumento l’ente di credito, senza però ricorrere alla forma dell’atto pubblico.
Altri esempi di liberalità non donative sono la vendita mista a donazione e le liberalità d’uso. La prima costituisce una donazione indiretta attuata attraverso la compravendita al fine di arricchire il compratore della differenza tra il prezzo pattuito e quello effettivo, essendo sufficiente la forma dello schema negoziale adottato. La liberalità d’uso, invece, è caratterizzata dal fatto che colui che compra intende osservare un uso, ossia adeguarsi ad un costume vigente nell’ambito sociale di appartenenza.
Volendo arricchire il discorso fino a qui sviluppato, giova portare all’attenzione l’ulteriore species degli atti gratuiti non liberali. Essi, a loro volta, presentano ulteriori differenti caratteristiche. A differenza delle donazioni, connotate dalla mancanza di un interesse patrimoniale sotteso, i negozi gratuiti atipici si fondano su un interesse patrimoniale ed egoistico. In tali fattispecie, il donante elargisce il beneficio ad un altro soggetto ma lo fa per un personale interesse suscettibile di apprezzamento in termini economici da parte del disponente stesso. Vi sono, quindi, vantaggi ulteriori perseguiti realmente dalle parti. Un chiaro esempio di tali ipotesi è rappresentato dalla promessa di fideiussione. A tal riguardo, si menziona il caso di una holding che rilascia tale promessa ad una società del gruppo. La giurisprudenza, in tale fattispecie, afferma che l’assenza di corrispettivo è indice di gratuità ma non si configura donazione, in quanto l’operazione negoziale viene posta in essere in adempimento di una politica societaria o comunque in una logica di interesse patrimoniale.
Alla luce di quanto affermato, si può sostenere che le liberalità costituiscono una categoria eterogenea in cui rientrano più fattispecie, ognuna delle quali con proprie caratteristiche. In tali ipotesi, è il donante a scegliere, caso per caso, quale operazione porre in essere sulla base di una scelta squisitamente soggettiva.
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Fabio Piedigrotta
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