“Dopo di Noi”: un bilancio a 5 anni dall’entrata in vigore
Sommario: 1. Contesto sociopolitico e platea – 2. Elementi qualificanti della legge e decreto attuativo – 3. Inefficienze e ambiti di intervento – 3.1. Monitoraggio dati – 3.2. Complessità e regolamentazione degli istituti fiscali – 3.3. Campagna informativa
1. Contesto sociopolitico e platea
Il 14 giugno del 2016 il Senato ha dato la definitiva approvazione in Assemblea della legge recante “Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare”. A norma dell’articolo 113 del Regolamento del Senato, con 312 voti favorevoli su 376 votanti, il Parlamento ha dunque completato l’iter legislativo su uno dei provvedimenti più attesi dai cittadini con disabilità e propri familiari.
Non è un caso infatti che, a quasi 12 anni dalla ratifica dell’Italia della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità[1], la Legge sul c.d. “Dopo di Noi”[2] costituisca l’unico slancio legislativo indiscutibilmente orientato al nuovo paradigma biopsicosociale della disabilità[3], abbandonando il precedente sistema ancorato ad una visione medico-individualista[4] del concetto di disabilità.
La complessità della previsione normativa in oggetto è confermata anche dal vasto numero di audizioni e documenti acquisiti durante la trattazione in Commissione: da ISTAT, ANCI e Agenzia delle Entrate, passando per le associazioni maggiormente rappresentative delle persone con disabilità, fino ai Consigli nazioni del notariato e dei dottori commercialisti ed esperti contabili.
Con particolare riguardo alle memorie dell’ISTAT acquisite durante la seduta della 11ª Commissione permanente del Senato – Lavoro, previdenza sociale – del 5 aprile 2016, si apprende – al netto della difficoltà nella precisa quantificazione imputabile alle persistenti lacune nei dati di fonte amministrativa – che la platea di potenziali beneficiari inizialmente fosse di circa 127 mila cittadini con disabilità grave[5]. Di questi, 38 mila (ovvero il 29,9%) sono persone con disabilità con meno di 65 anni che vivono sole e che hanno perso entrambi i genitori, mentre 89 mila (restante 70,1% della platea) che vivono con genitori sopra la soglia di anzianità, individuata in 64 anni.
E’ di tutta evidenza come la complessità nell’individuazione della platea sorga, oltre che dalla sopracitata annosa insufficienza di dati concernenti le persone con disabilità, anche dal tenore letterale dell’articolo 1, comma 2, primo periodo, della legge 122/2016[6].
2. Elementi qualificanti della legge e del decreto attuativo
Prima di affrontare nel concreto le innovazioni introdotte, è doveroso sottolineare il principio fondante della Legge sul Dopo di Noi, ovvero garantire alle persone con disabilità la possibilità e il diritto di scegliere dove e con chi risiedere. Dunque la vera prima innovazione risiede nella concreta declinazione del principio di inclusione sociale auspicato diffusamente nella Convenzione ONU, superando definitivamente l’approccio meramente caritativo-assistenziale.
Muovendo da tale assunto, per semplificare la trattazione delle innovazioni introdotte dal Legislatore, si può ricorrere alla definizione di due differenti categorie basate sulla natura giuridica: da un lato gli interventi di natura pubblicistica, diretti alla deistituzionalizzazione e al contrasto alla segregazione e all’isolamento delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare; dall’altro, le misure di natura privatistica, che possono servire ad integrazione delle prime e consistenti in rilevanti sgravi fiscali.
Per quanto concerne la prima categoria, vi rientrano tutti gli interventi finanziati con le risorse disponibili del costituito Fondo per l’assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare[7]. Molti dei predetti interventi prevedono anche la compartecipazione degli enti territoriali e del terzo settore, nel rispetto del principio di sussidiarietà costituzionale. Dal combinato disposto della legge primaria e del rispettivo decreto attuativo[8], coerentemente con il progetto individuale[9], si individuano quattro aree di intervento finanziabili:
– programmi per favorire la deistituzionalizzazione e la domiciliarità in abitazioni che riproducano le condizioni abitative e relazionali della casa familiare;
– realizzazione di interventi per la permanenza temporanea in una soluzione abitativa extrafamiliare, per far fronte ad eventuali situazioni di emergenza ed in via del tutto residuale;
– interventi innovativi volti alla creazione di soluzioni alloggiative di tipo familiare e di coresidenza (co-housing);
– programmi di accrescimento della consapevolezza, di abilitazione e di sviluppo delle competenze per la gestione della vita quotidiana e per il raggiungimento del maggior livello di autonomia possibile.
Nella seconda fattispecie rientrano invece una serie di sgravi fiscali per:
– le liberalità in denaro, deducibili nel limite elevato al 20% del reddito complessivo dichiarato e comunque nella misura massima di 100.000 euro annui;
– la stipula di polizze assicurative, per le quali il legislatore ha elevato da euro 530 a euro 750 l’importo fiscalmente detraibile dall’imposta IRPEF del premio pagato;
– la costituzione di trust[10];
– la costituzione di vincoli di destinazione di cui all’art. 2645-ter del codice civile[11];
– la costituzione di fondi speciali composti di beni sottoposti a vincolo di destinazione.
3. Inefficienze ed ambiti di intervento
Sulla potenziale portata storica di tale intervento normativo si è già avuto modo di accennare precedentemente. Tuttavia, al netto dell’annosa questione di scarsità delle risorse destinate alle politiche in favore delle persone con disabilità, tre sono gli ambiti problematici che sviliscono la legittima aspettativa di chi attende un netto cambio di rotta verso politiche più inclusive e concernono: il sistema di monitoraggio e la scarsità dei dati, la complessità e l’incompletezza degli strumenti fiscali e la mancanza di una permeante campagna informativa.
3.1. Monitoraggio e dati
Questo primo ambito è certamente quello che, a parer di chi scrive, deve essere oggetto di scrupolosa ed attenta analisi da parte del Legislatore. Come si evince dalla Seconda Relazione sullo stato di attuazione della Legge 22 giugno 2016, n. 112 – presentata alle Camere dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali[12] – relativa all’annualità 2018, soltanto 12 Regioni sono state in grado di identificare con precisione i beneficiari degli interventi, con una platea complessiva di circa 6 mila persone con disabilità. E’ di tutta evidenza come tale dato sia insufficiente, soprattutto con specifico riguardo alla platea potenziale di beneficiari individuata dall’ISTAT, come detto circa 127 mila cittadini (dunque poco meno del 5% dei potenziali beneficiari).
Qualora si ritenesse di imputare l’esiguità dei beneficiari all’incapacità di individuazione degli stessi da parte delle restanti 8 Regioni, si commetterebbe un ulteriore errore: se infatti il dato sarebbe certamente superiore al 5% dei beneficiari, tra le Regioni che hanno già comunicato i dati ci sono quelle in cui risiedono la maggior parte delle persone con disabilità grave. Dunque l’incremento, certamente lieve, non sarebbe comunque tale da ritenersi soddisfacente. In attesa della Terza Relazione sullo stato di attuazione – che verrà presumibilmente presentata a breve alle Camere – si ritiene, prudenzialmente, che tali dati non possano essere sensibilmente mutati in senso favorevole.
3.2. Complessità e regolamentazione degli istituti fiscali
La capacità “attrattiva” di tali strumenti è stata spesso discussa ed evidenziata, implicitamente anche in occasione della presentazione della Seconda Relazione sullo stato di attuazione della legge n. 112 del 2016, con riferimento specifico alla sezione relativa agli articoli 5 e 6. Le risultanze del monitoraggio effettuato dal Ministero dell’economia e delle finanze hanno infatti mostrato uno scarso ricorso agli istituti fiscali sopramenzionati.
E’ auspicabile dunque un migliore coordinamento delle esenzioni fiscali in esame con quelle già previste, nelle ipotesi di disabilità gravi, rispetto alla disciplina delle successioni e delle donazioni. Del medesimo avviso è la Seconda Relazione, che evidenzia ulteriormente la necessità di “completare la disciplina del contratto di affidamento fiduciario che attualmente appare soltanto parzialmente regolamentato nell’ambito della legge in questione, con inevitabili conseguenze in merito alla sua concreta applicazione”[13].
3.3. Campagna informativa
Terzo tema critico, strettamente connesso al precedente, è quello della scarsa attività informativa sui temi del “Dopo di Noi” e sugli elementi qualificanti della Legge, differentemente da come augurato dall’articolo 7 della Legge 112.
Dalle risultanze sin qui evidenziate, si ritenere che la predetta capacità “attrattiva” di taluni strumenti fortemente innovativi, seppur complessi, non sia stata adeguatamente resa fruibile e conoscibile alla platea dei beneficiari. Infatti, è opportuno provvedere ad implementare la scarna strategia comunicativa sin qui adottata, non soltanto a livello regionale ma soprattutto a livello centrale, affinché le persone con disabilità e i propri familiari vengano accompagnati verso una scelta ponderata e consapevole.
[1] Con la Legge 3 marzo 2009, n.18 il Parlamento ha autorizzato la ratifica della Convenzione, unitamente al relativo protocollo opzionale.
[2] Così viene denominata la Legge 22 giugno 2016, n.112 recante “Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare”.
[3] In questa prospettiva la Convenzione si inserisce in un più ampio contesto diretto alla tutela e alla promozione delle persone con disabilità in un’ottica di pari opportunità e di non discriminazione. Il modello biopsicosociale fa riferimento all’interazione variabile della persona con disabilità non solo con fattori biologici e psicologici – intrinseci – ma soprattutto con i fattori sociali, per natura estrinseci.
[4] Ovvero connessa al nesso eziologico tra minorazione fisica e diminuzione delle capacità psicofisiche del soggetto.
[5] Ai sensi dell’art. 3, comma 3, della legge n. 104 del 1992.
[6] Articolo 1, comma 2, primo periodo della Legge 22 giugno 2016, n.118: “ 2. La presente legge disciplina misure di assistenza, cura e protezione nel superiore interesse delle persone con disabilità grave, non determinata dal naturale invecchiamento o da patologie connesse alla senilità, prive di sostegno familiare in quanto mancanti di entrambi i genitori o perchè gli stessi non sono in grado di fornire l’adeguato sostegno genitoriale, nonché in vista del venir meno del sostegno familiare, attraverso la progressiva presa in carico della persona interessata già durante l’esistenza in vita dei genitori.”
[7] Ex articolo 3.
[8] Decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali del 23 novembre 2016, recante “Requisiti per l’accesso alle misure di assistenza, cura e protezione a carico del Fondo per l’assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare, nonché ripartizione alle Regioni delle risorse per l’anno 2016”.
[9] Di cui all’articolo 14 della Legge 8 novembre 2000, n. 328.
[10] Istituto giuridico di origine anglosassone, recepito nel nostro ordinamento con la ratifica della Convenzione de L’AJa del 1° luglio 1985, con l’emanazione della legge 16 ottobre 1989 n. 364.
[11] Articolo 2645 ter del Codice civile: “ Gli atti in forma pubblica con cui beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici registri sono destinati, per un periodo non superiore a novanta anni o per la durata della vita della persona fisica beneficiaria, alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche ai sensi dell’articolo 1322, secondo comma, possono essere trascritti al fine di rendere opponibile ai terzi il vincolo di destinazione; per la realizzazione di tali interessi può agire, oltre al conferente, qualsiasi interessato anche durante la vita del conferente stesso. I beni conferiti e i loro frutti possono essere impiegati solo per la realizzazione del fine di destinazione e possono costituire oggetto di esecuzione, salvo quanto previsto dall’articolo 2915, primo comma, solo per debiti contratti per tale scopo.”
[12] Come previsto dall’articolo 8 della stessa Legge 122 del 2016.
[13] Cfr. Seconda Relazione, pag. 34.
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Alessandro Silvestri
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