Eccesso di colpa, legittima difesa o omicidio colposo?
Il nostro ordinamento stabilisce all’art. 55 c.p. l’eccesso colposo quale nel commettere alcuni fatti previsti dagli artt. 51, 52,53 e 54 si eccede colposamente rispetto ai limiti stabiliti dalla legge, dall’ordine dell’Autorità ovvero imposti dalla necessità e per i quali si applicano le disposizioni concernenti i delitti colposi se il fatto è previsto dalla legge come delitto colposo. Condizione fondamentale per l’applicabilità dell’art. 55 c.p. è la sussistenza delle condizioni e requisiti presupposti per la legittima difesa disciplinata dall’art. 52 c.p., ad eccezione della proporzione tra difesa e offesa. Il soggetto attivo che commette il fatto deve, innanzitutto essere persona fisica con capacità giuridica e inoltre è necessario il pericolo di un’offesa e la necessità di difendere un diritto contro il pericolo stesso.
Detta così la disciplina sembra di facile applicazione, ma così non è. Sono molti i casi di eccesso di colpa che sfocia come “atto dovuto” così come gli stessi procuratori dicono, in omicidio colposo.
Si pensi ai recenti casi di cronaca. Un gioielliere uccide il ladro che tenta una rapina. È omicidio colposo o eccesso di colpa? Occorre ricordare che per quanto riguarda il pericolo dell’offesa, va evidenziato che detto pericolo deve essere innanzitutto attuale cioè già in corso di attuazione nel momento della reazione o imminente; infatti senza questa necessaria condizione si deve ritenere la difesa come non necessaria e pertanto illegittima. Di conseguenza l’eccesso colposo non potrà configurarsi nel caso in cui l’offesa riguardi il futuro o si sia già esaurita, caso in cui tuttavia potrà trovare eventuale applicazione l’attenuante della provocazione disciplinata dall’art.62 n. 2 c.p. (circostanze attenuanti). Ovviamente parliamo di un’offesa che può essere sia fisica che morale. Altro requisito fondamentale è che la stessa “minaccia” /offesa deve essere ingiusta.
L’eccesso colposo si differenzia dalla legittima difesa solo per la mancanza dei requisito della proporzione tra difesa ed offesa; pertanto, verificata la sussistenza di tutte le condizioni necessarie, sussisterà l’eccesso colposo qualora per colpa sopraggiunta del soggetto attivo, la reazione risulti eccedente rispetto allo scopo di difendere il proprio diritto contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta.
La giurisprudenza e la dottrina di concerto sostengono che per misurare l’adeguatezza o l’eccessività della difesa non deve esserci il confronto tra il male subito o il pericolo di subire ed il male comminato per reazione spontanea alla probabile violenza subita, ma tra i mezzi reattivi che l’aggredito aveva a propria disposizione in quel momento e i mezzi da lui adoperati, tenendo presente che se questi erano gli unici che potevano respingere l’offesa in quell’istante, non si configurerà l’eccesso colposo, bensì la giustificante della legittima difesa.
Invece si configura l’omicidio colposo quando questo è commesso non volontariamente, ma per un fatto compiuto senza intenzionalità. È in realtà proprio l’assenza dell’intenzionalità che distingue l’omicidio colposo dall’omicidio volontario (o doloso).
La colpa dunque è l’elemento caratterizzante del reato: si parla di delitto colposo ogni volta che l’evento non è voluto ma si è verificato “a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per l’inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline” (art. 43 del codice penale).
L’art. 589 c.p. nella versione riformulata a seguito della introduzione delle norme sull’omicidio stradale dispone:“Chiunque cagiona per colpa la morte di una persona è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni. Se il fatto è commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da due a sette anni. Nel caso di morte di più persone, ovvero di morte di una o più persone e di lesioni di una o più persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni quindici”. In realtà il collegamento all’ art. 43 c.p. comporta il paradosso di richiedere all’ autore di un fatto di realizzarlo con prudenza, perizia, diligenza od osservando la legge, i regolamenti, la disciplina. È un vero è proprio paradosso se si pensa alla circostanza in cui l’illecito è commesso. Spesso si tratta di un’azione diretta dall’impeto, non sicuramente razionalizzata (eccezion fatta ovviamente nell’ipotesi dolosa).
Il calcolo di questa prospettiva non può che essere lasciata al giudice quale soggetto terzo ed estraneo che con prudenza dovrà valutare il caso di specie. Molti sono ad oggi gli errori (e spesso orrori) commessi dagli stessi, forse una disciplina da parte del Legislatore che così come per i casi di omicidio stradale, potrebbe riuscire facilmente a risolvere contrasti che perdurano da decenni. In effetti anche le pene inflitte sono diverse: la reclusione da sei mesi a cinque anni nel caso di omicidio colposo, pene meno severe nel caso di legittima difesa o addirittura l’assoluzione totale dell’attore principale.
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