Economia circolare: analisi delle politiche europee
Sommario: 1. Premessa – 2. Definizione di “economia circolare” – 3. L’ambiente nella politica europea – 4. Il piano d’azione “Anello mancante” – 5. Il “Pacchetto economia circolare” – 6. Green Deal – 7. Piano d’azione per l’economia circolare del 2020 – 8. Sviluppi della politica europea a seguito della pandemia
1. Premessa
L’economia circolare, intesa come modello di produzione e consumo che implica condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e riciclo dei materiali al fine di prolungare il più possibile la vita dei prodotti e ridurre al minimo la produzione dei rifiuti, rappresenta una delle maggiori priorità dell’Unione Europea, la quale sin dal 2015 si è impegnata per definirne le linee di sviluppo attuativo.
Al 2 dicembre 2015 risale, infatti, la Comunicazione della Commissione Europea[1] “L’anello mancante – Piano d’azione dell’Unione Europea per l’economia circolare”.
Tale piano d’azione ha trovato un considerevole sostegno economico attraverso molteplici fonti di finanziamento quali: i fondi strutturali e di investimento Europei[2], il Programma Quadro Europeo per la ricerca e l’innovazione Horizon 2020[3], il Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS)[4], il programma per la salvaguardia dell’ambiente e della natura LIFE.[5]
Anche in ambito industriale il tema in questione sta acquisendo sempre più rilievo nell’ottica di ripensare completamente i processi produttivi adeguando i preesistenti business model ad un nuovo modello di organizzazione e gestione dell’impresa che intervenga sin dalle fasi preliminari di progettazione, passando per la produzione del prodotto senza fermarsi all’”end of life dello stesso, ma programmando ab origine le modalità di riciclaggio o ricondizionamento ed il conseguente “end of waste”.
Al fine di poter inquadrare le azioni poste in essere dall’Unione Europea per dare concreta attuazione ai modelli di economia circolare esamineremo, dunque, una rassegna delle principali politiche europee.
2. Definizione di “economia circolare”
Le definizioni di economia circolare elaborate dalle istituzioni e dalle università, pur essendo molteplici, concordano sulla finalità di ridurre il dispendio di risorse naturali e sulla necessità di prolungare “il ciclo di vita delle stesse” al fine di salvaguardare l’ambiente e preservare le risorse esauribili[6].
In termini concreti, l’economia circolare si sostanzia nell’obiettivo di sostituire nella produzione industriale il modello tradizionale di “economia lineare”, fondato sulla logica di “estrarre, produrre, consumare e gettare”.
L’economia circolare, infatti, ribalta il modello di produzione e consumo tradizionale attraverso la ridefinizione della Supply Chain e l’introduzione di politiche aziendali e processi industriali che attribuiscono un ruolo cardine alle fasi di riparazione e ricondizionamento dei prodotti, al riciclo dei materiali, degli scarti e dei residui di produzione.
L’applicazione di un simile modello consente di estendere in misura considerevole il ciclo di vita delle materie prime e di ridurre al minimo i rifiuti in quanto, una volta che il prodotto ha terminato la sua funzione andando incontro alla c.d. “end of life”, i materiali di cui si compone, attraverso il riciclo giungono all’ “end of waste” e vengono reintrodotti in un nuovo processo produttivo che seguendo uno schema ciclico può essere replicabile potenzialmente all’infinito.[7]
3. L’ambiente nella politica europea
Dai trattati di Roma del 1957, con i quali furono istituite la Comunità Economica Europea (CEE) e la Comunità Europea dell’Energia Atomica (Euratom), trascorsero 30 anni prima che l’Europa, attraverso l’Atto Unico Europeo del 1987, gettasse le basi di una disciplina comunitaria della tutela ambientale. È proprio nel trattato che ha emendato i Trattati di Roma che venne introdotto, infatti, un Titolo dedicato all’ambiente, alla protezione della salute umana e alla razionalizzazione dell’impiego delle risorse naturali.
Un ulteriore passo in avanti delle politiche comunitarie in tema ambientale va rintracciato nel Trattato di Maastricht del 1992, che introduce per la prima volta nel diritto comunitario il concetto di “Sviluppo Sostenibile” stabilendo che “le esigenze connesse con la tutela dell’ambiente devono essere integrate nella definizione e nell’attuazione delle altre politiche comunitarie”.
Ma è con il Trattato di Amsterdam del 1997, che la tutela ambientale acquista rilievo prioritario negli obiettivi dell’Unione Europea.
Vi è da rilevare che la sensibilità ambientale sul piano europeo è maturata all’unisono e su impulso delle posizioni assunte sul tema dall’ONU: in quest’ottica assume particolare rilievo la Conferenza delle Nazioni Unite di Stoccolma sull’Ambiente Umano del 1972, la pubblicazione del rapporto ‘Our Common Future’ del 1987, ma più di ogni altra la Conferenza sull’ambiente e lo sviluppo delle Nazioni Unite di Rio de Janeiro in occasione della quale sono stati raggiunti risultati senza precedenti nella storia della politica internazionale in tema ambientale.
A tale conferenza nota anche come “The Earth Summit” si devono infatti: la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici da cui ha avuto origine il protocollo di Kyōto, la Dichiarazione di Rio sull’ambiente e sullo sviluppo, l’Agenda 21 sullo sviluppo sostenibile, La Dichiarazione dei principi per la gestione sostenibile delle foreste e la Convenzione sulla diversità biologica.
4. Il piano d’azione “Anello mancante”
La Comunicazione della Commissione Europea “L’anello mancante – Piano d’azione dell’Unione Europea per l’economia circolare” rappresenta il più importante documento di indirizzo in tema di economia circolare.
Con l’obiettivo di favorire la transizione verso l’economia circolare e l’affermarsi di un modello Europeo di crescita economica sostenibile, il piano delinea una serie di azioni all’uopo deputate, come la spinta verso l’Ecodesign, inteso come modalità di progettazione dei beni di consumo improntata alla sostenibilità e alla riciclabilità , l’introduzione del concetto di “responsabilità estesa del produttore” chiamato a rispondere anche dello smaltimento e del riciclo dei beni che produce, l’introduzione dell’Ecolabel, quale sistema di etichettatura che certifichi la sostenibilità dei prodotti, la definizione di obiettivi di riciclo volti a ridimensionare il conferimento in discarica dei rifiuti, oltre che la revisione della legislazione in materia di concimi organici, riutilizzo dell’acqua, tracciabilità e sicurezza nell’uso di sostanze chimiche.[8]
Tra gli interventi implementativi del Piano di Azione, assumono particolare rilievo: la proposta di introdurre un regolamento per la creazione del mercato unico dei concimi, allo scopo di diminuire la dipendenza del settore dalle importazioni di materie prime critiche (come i fosfati);[9] un piano di lavoro per la progettazione ecocompatibile, quale base per un nuovo regolamento in cui siano delineate le priorità delle categorie di prodotti da esaminare e per la revisione dei regolamenti in materia di progettazione ecocompatibile ed etichettatura energetica;[10]una comunicazione per chiarire la posizione dei processi di termovalorizzazione nella gerarchia dei rifiuti e il loro ruolo nella transizione a un’economia circolare, fornire orientamenti sugli strumenti economici e di pianificazione, e individuare tecnologie e processi che attualmente hanno le maggiori potenzialità;[11] la proposta di modifica della direttiva 2011/64/CE (o direttiva RoHS) che restringe l’uso di sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE), favorisce l’opportunità, sia tecnica che economica, del riciclo a fine vita, e incrementa la prevenzione di rifiuti;[12]una comunicazione per una strategia orientata a trasformare la catena del valore dei prodotti in plastica, dalla progettazione al consumo, alla gestione del fine vita.[13]
5. Il “Pacchetto economia circolare”
Il “Pacchetto economia circolare” è un piano d’azione che ha la finalità di accelerare la transizione della comunità europea verso l’economia circolare. Si compone di quattro direttive entrate in vigore nel giugno 2018, con le quali sono state apportate modifiche a sei precedenti direttive in tema di rifiuti in genere, imballaggi, discariche, rifiuti elettrici ed elettronici, veicoli fuori uso e pile.[14]
L’obiettivo principe del Pacchetto è l’attuazione della tutela ambientale attraverso una riduzione media annua di 617 milioni di tonnellate di Co2, con risvolti positivi sia per l’occupazione sia per l’economia. Secondo stime del Parlamento Europeo, il piano porterà, infatti, una crescita del Pil fino al 7% in più entro il 2035.
Il piano prevede, quale obiettivo a lungo termine, di spingere le aziende a realizzare prodotti con materiali suscettibili di riutilizzo e che non generino scarti mentre, quali obiettivi a breve e medio termine, di gestire gli scarti della produzione in modo sostenibile, attraverso il riutilizzo ed il riciclo degli stessi. Nelle nuove direttive è previsto, ad esempio: il riciclo entro il 2025 per almeno il 55% dei rifiuti urbani (60% entro il 2030 e 65% entro il 2035).
6. Green Deal
Nel dicembre del 2019, è stata presentata, con una comunicazione della Commissione, una nuova strategia per incrementare la sostenibilità dei processi produttivi, il c.d. “Green Deal Europeo”. Si tratta di una strategia “volta a trasformare l’UE in una società a impatto climatico zero, giusta e prospera, dotata di un’economia moderna, efficiente sotto il profilo delle risorse e competitiva”.[15]
Il Green Deal ha lo scopo di promuovere l’applicazione di modelli di economia circolare, di ripristinare la biodiversità e di ridurre meccanismi che causano l’inquinamento, fornendo una panoramica sugli investimenti necessari e gli strumenti di finanziamento disponibili.
La sua concreta applicazione si traduce, infatti, oltre che nella collaborazione internazionale per il raggiungimento di standard ambientali a livello mondiale, in investimenti su tecnologie ecosostenibili, su forme di trasporto privato e pubblico a minor impatto ambientale, sulla decarbonizzazione del settore energetico, sulla efficienza energetica degli edifici e sull’industria dell’innovazione.[16]
Di conseguenza, l’Ue ha disposto strumenti di sostegno finanziario per supportare i soggetti coinvolti, come lavoratori e imprese, attraverso il “Meccanismo per una transizione giusta” che, dal 2021 al 2027, permetterà di far convergere almeno 100 miliardi di euro nelle aree maggiormente in difficoltà.[17]
7. Piano d’azione per l’economia circolare del 2020
L’11 marzo 2020, a completamento del Green Deal, la Commissione ha presentato un ulteriore Piano d’Azione per l’Economia Circolare[18]. All’interno di tale Piano, viene posta l’attenzione sul tema dell’Ecodesign, nonché sull’importanza della sensibilizzazione e responsabilizzazione dei consumatori i quali, ricevendo informazioni sui prodotti, anche in merito alla durata degli stessi e alla possibilità di usufruire di servizi di riparazione, possono compiere scelte più consapevoli e divenire titolari di un vero e proprio “diritto alla riparazione”.[19]
Inoltre, la Commissione ha programmato una serie di azioni da intraprendere nei settori in cui è stato riscontrato un elevato potenziale di circolarità. A titolo esemplificativo: nel settore elettronico, il prolungamento della vita utile dei prodotti, così come l’ottimizzazione della raccolta e del trattamento dei rifiuti; riguardo gli imballaggi, disposizioni che stabiliscano cosa è consentito immettere sul mercato dell’UE e prescrizioni per arginare il fenomeno degli imballaggi in eccesso; in riferimento alla plastica, disposizioni relative al riciclo, con particolare attenzione alle microplastiche e alle plastiche a biodegradabili; per l’edilizia, una strategia per promuovere i principi della circolarità negli edifici; in relazione ai rifiuti, una politica funzionale al raggiungimento dell’obiettivo di ridurne la produzione totale e di dimezzare la quantità di quelli non riciclati entro il 2030, anche attraverso l’introduzione di un modello per la raccolta differenziata, da applicare in maniera omogenea sul territorio dell’UE.
8. Sviluppi della politica europea a seguito della pandemia
La strategia delineata nel Green Deal non è stata accantonata a causa della pandemia da Covid-19. Si evince, infatti, dal Rapporto ASviS 2020, che la reazione dell’Unione europea per affrontare la crisi consiste, fra le altre cose, proprio nel rafforzamento degli impegni a favore dello sviluppo sostenibile, con una forte accelerazione del processo di integrazione e armonizzazione.
Il programma “Verso un’Europa più resiliente, sostenibile ed equa” proposto dalla Commissione e accolto dal Consiglio europeo il 23 aprile 2020 sottolinea la necessità di rispondere alla crisi con un “piano Marshall per una crescita inclusiva e sostenibile”.[20]
Il “Next Generation EU”, strumento di finanziamento e sostegno proposto dalla Commissione, erogherà fondi sulla base della avvenuta presentazione, da parte degli Stati membri, dei “Piani nazionali per la ripresa e la resilienza”, in cui sono stati definiti i programmi di riforme e investimenti interni per il periodo 2021-23.
La presenza, nei Piani presentati dagli stati, di progetti legati ai temi dello sviluppo sostenibile e digitale ha rappresentato una condizione preliminare ai fini di una valutazione positiva dei piani da parte della Commissione.
Il Consiglio europeo ha stabilito che il 30% della spesa totale relativa a Next Generation EU dovrà essere usata per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 e i nuovi obiettivi climatici dell’Unione per il 2030, sottolineando che tutte le spese dell’UE dovrebbero essere coerenti con gli obiettivi dell’accordo di Parigi e con il principio del “non nuocere” all’ambiente indicato nel Green Deal europeo.
Il 25 novembre 2020, il Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione per il riconoscimento del succitato “diritto alla riparazione” per i consumatori e, pur non essendo uno strumento normativo vincolante, il Parlamento ha chiesto alla Commissione di porre in essere iniziative volte a rimuovere tutti gli ostacoli che impediscono la riparazione e il riutilizzo dei prodotti.[21]
Nello specifico, è stata richiesta l’introduzione di un’etichetta obbligatoria che informi il consumatore della potenziale durata della vita del prodotto e che includa un “indice di riparabilità”, ossia un punteggio per consentire al consumatore di decidere se convenga o meno acquistarlo. Il Parlamento inoltre, ha chiarito che il consumatore deve avere facilmente accesso ad ulteriori informazioni, quali, ad esempio, la disponibilità di pezzi di ricambio e i tempi approssimativi per la consegna e la riparazione.[22]
Il quadro delle politiche europee fin qui esposto rappresenta la crescente sensibilità dell’Unione in materia di sostenibilità ambientale.
L’apporto maggiore, però, non può che derivare dal settore privato, nel quale sono stati concepiti nuovi modelli di business e strategie aziendali, in linea con le sempre più urgenti necessità di tutela dell’ambiente e di promozione dell’economia circolare.
[1] Com. (2015) 614 final
[2] European regional development fund, European social fund, Cohesion fund, European agricultural fund for rural development, European maritime and fisheries Commissione Europea, European structural and investment funds, Ec.europa.eu
[3] Commissione Europea, Horizon 2020, Ec.europa.eu
[4] Banca Europea per gli Investimenti, European Fund for Strategic Investments, Eib.org.
[5] Cfr. Commissione Europea, Verso un’economia circolare. Closing the loop of the products lifecycle, Ec.europa.eu
[6] Cfr. Julian Kirchherr, Denise Reike, Marko Hekkert, Conceptualizing the circular economy: An analysis of 114 definitions, in “Resources, Conservation and Recycling”, Volume 127, Dicembre 2017, pp. 221-232.
[7] Cfr. Parlamento Europeo, Economia circolare: definizione, importanza e vantaggi, Attualità – Parlamento Europeo, 2 dicembre 2015
[8] cfr. Communication from the commission to the european parliament, the council, the european economic and social committee and the committee of the regions, closing the loop – an eu action plan for the circular economy, Com (2015) 614 final.
[9] Cfr. Com. (2016) 157 final.
[10] Cfr. Com. (2016) 773 final.
[11] Cfr. Com. (2017) 34 final.
[12] Cfr. Com. (2017) 38 final.
[13] Cfr. Com. (2018) 28 final.
[14] Direttiva 2018/851, che modifica la direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti; Direttiva 2018/852, che modifica la direttiva 1994/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio; Direttiva 2018/850, che modifica la direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti; Direttiva 2018/849 (di cui l’art.1 modifica la direttiva 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso e gli articoli 2 e 3 modificano la direttiva 2006/66/CE relativa a pile e accumulatori e ai rifiuti di pile e accumulatori e la direttiva 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche).
[15]cfr. Comunicazione della commissione al parlamento europeo, al consiglio, al comitato economico e sociale europeo e al comitato delle regioni, il green deal europeo, Com. (2019) 640 final.
[16] Cfr. Commissione Europea, Green Deal Europeo, Ec.europa.eu.
[17] Cfr. Commissione Europea, Just Transition Mechanism, Ec.europa.eu.
[18] Com. (2020) 98 final.
[19] Cfr. Ministero dell’Ambiente, Adottato il nuovo piano d’azione dell’UE sull’Economia Circolare. Piattaforma delle Conoscenze. Buone pratiche per l’ambiente e per il clima.
[20] Cfr. ASviS, L’Italia e gli obiettivi di Sviluppo Sostenibile – Rapporto ASviS 2020, Asvis.it, Roma, 2020
[21] Cfr. Parlamento Europeo, Parliament wants to grant EU consumers a “right to repair”, Press Release of European Parliament, 25 novembre 2020
[22] Cfr. L’Europarlamento approva la risoluzione sul diritto alla riparazione. “Ora va cambiato il sistema”, EconomiaCircolare.com, 27 novembre 2020.
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