Elettrosmog & 5G: cosa c’è da sapere
Sommario: 1. Premessa – 2. Inquinamento Elettromagnetico – 3. La nuova Rete 5G – 4. Limiti e salute
1. Premessa
Nell’ultimo periodo l’inquinamento elettromagnetico si erge quale topic in netta ascesa, complice l’introduzione della nuova Rete 5G e delle più disparate ipotesi costruite sui potenziali effetti da quest’ultima provocata. In questo articolo, proveremo a fare chiarezza muovendo da una prospettiva oggettiva, incentrando il focus sulla nozione di inquinamento elettromagnetico e sulla sua disciplina a livello nazionale nonché sulla (eventuale) correlazione con la nuova tecnologia 5G.
2. Inquinamento Elettromagnetico
Il nostro ordinamento non contiene una nozione di inquinamento elettromagnetico, tuttavia possiamo definirlo quale “generazione di campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici artificiali, cioè non attribuibili al naturale fondo terrestre o ad eventi naturali, ad esempio il campo elettrico generato da un fulmine.”[1]
E’ una forma di inquinamento che assume rilevanza in epoca “recente”, a fronte dello sviluppo dei sistemi di telecomunicazione e della loro enorme diffusione capillare sul territorio. Proprio il suo carattere innovativo, unito ad una costante progressione tecnologica, risulta uno dei motivi per i quali gli studi e le conoscenze scientifiche attualmente a nostra disposizione non delineano con certezza assoluta quali effetti nocivi sull’ambiente e sulla salute umana siano da considerarsi conseguenza dell’emissione e dell’esposizione ad onde elettromagnetiche.
In ragione di ciò, la normativa sull’inquinamento elettromagnetico si ancora al principio di precauzione di cui all’art. 174, paragrafo 2, del Trattato Istitutivo dell’Unione Europea in base al quale in materia ambientale la politica comunitaria deve essere incentrata non soltanto su un elevato livello di tutela, ma anche sui principi di precauzione e di azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni ambientali e sul principio “chi inquina paga”. Quindi, pur in assenza di risultanze scientifiche univoche sui rischi derivanti dall’esposizione ai campi elettromagnetici, debbono essere apprestate tutte le misure idonee per la riduzione dell’esposizione della popolazione ai medesimi.
D’altronde la normativa stessa che disciplina tale fenomeno ne fa espresso riferimento all’art. 1 (Legge Quadro n. 36 del 2001).
Orbene, sulla base degli studi internazionali più autorevoli, il Consiglio dell’Unione Europea ha emanato la raccomandazione 1999/519/CE del 12 luglio 1999, relativa alla limitazione delle esposizioni ai campi elettromagnetici da 0 Hz a 300GHz, con cui ha fatto propri i limiti fissati dall’ICNIPR[2] ed ha invitato gli Stati membri a conformarsi con questi. Infatti, ad oggi, la maggior parte degli Stati europei si è conformata ai predetti parametri. Solo alcuni Paesi, tra cui l’Italia, hanno introdotto limiti ancora più restrittivi.[3]
All’inizio degli anni ’90, in Italia, è stato il D.P.C.M. 23 aprile 1992 ad introdurre e prevedere limiti di esposizione per i campi elettromagnetici per poi essere sostituito da una normativa ad hoc, composta dalla Legge n. 36/2001 e due Decreti attuativi del 2003, l’uno riguardante i campi elettromagnetici a bassa frequenza, causati dagli elettrodotti[4], e l’altro i campi elettromagnetici ad alta frequenza, causati da impianti radio-TV e di telefonia mobile.
Il legislatore italiano, dunque, con la Legge quadro n. 36/2001 “Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici ed elettromagnetici” ha emanato una disciplina organica, statuendo sulle distanze dalle sorgenti elettromagnetiche, sui limiti di esposizione, sui valori di attenzione.
Per entrambe le tipologie di campi elettromagnetici vengono previsti ai fini della tutela della salute da effetti acuti limiti di esposizione, i quali non devono essere superati in alcuna condizione di esposizione della popolazione. Come misura cautelare ai fini della protezione da effetti a lungo termine sono invece stabiliti valori di attenzione, che non devono essere superati in buona approssimazione nei luoghi adibiti a permanenze non inferiori a quattro ore giornaliere; ai fini della progressiva minimizzazione dell’esposizione ai campi elettromagnetici e della massimizzazione e del miglioramento della tutela della salute dai rischi connessi sono poi fissati i c.d. obiettivi di qualità, i quali consistono sia in valori di campo elettromagnetico definiti dallo Stato sia in criteri localizzativi, standard urbanistici, prescrizioni e incentivazioni per l’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili indicati dalle leggi regionali.[5]
Tali limiti riguardano l’intensità e la frequenza dei campi. Il limite all’intensità è finalizzato a mitigare gli effetti termici del campo con un’elevazione della temperatura corporea minore di 1 °C, mentre il limite alla frequenza è inerente agli effetti non termici del campo elettromagnetico, cioè all’ipotesi di una sua interferenza con la biologia e la fisiologia degli esseri viventi in termini di una cessione di energia a certe frequenze e di un’attività elettromagnetica, che modifica il flusso di ioni, fornisce l’energia di attivazione di determinate reazioni chimiche, ovvero il rallentamento/inibizione di quelle dove il campo magnetico svolge un ruolo-guida.
Nel dettaglio, per i campi magnetici ad alta frequenza (da 100 KHz a 300 GHz), i limiti di legge sono previsti dal D.P.C.M. (G.U. n. 199 del 28/08/2003). Tale Decreto relativo ai campi elettrici prodotti da una sorgente fissa di frequenza compresa fra 100 KHz e 300 GHz, è compreso tra 20 V/m e 60V/m a seconda della frequenza della radiazione. Il valore di attenzione e l’obiettivo di qualità sono invece di 6 V/m (il primo è riservato ai luoghi dove si stazione almeno quattro ore al giorno).
Si configurano sia limiti da misurare sul singolo impianto (rilevazioni a banda stretta) sia limiti puntuali che riguardano il campo totale generato da più impianti (rilevazioni a banda larga): la tecnica a banda stretta è effettuata con strumenti dotati di risposta temporale tale da rivelare le caratteristiche degli impulsi emessi (durata e frequenza di ripetizione dell’impulso), e una dinamica sufficiente a sopportare intensità di picco che possono raggiungere le migliaia di V/m. Nel caso di misure effettuate in regime di campo vicino occorre, inoltre, rilevare anche la componente magnetica; con la tecnica a banda larga, invece, viene misurato l’effetto complessivo della sovrapposizione di tutte le sorgenti presenti nel punto di misurazione, di tipo molto differente (radar di potenza, ripetitori radiotelevisivi, ponti radio, stazioni radio base per la telefonia cellulare), senza potere quantificare il contributo dello specifico impianto.
E’ l’ARPA (Agenzia Regionale Protezione Ambiente) l’Ente predisposto al controllo del rispetto dei limiti fissati per legge. In virtù di ciò, coordina campagne di misura dell’elettromagnetismo a campione in diverse località italiane o su richiesta delle autorità locali o della popolazione. Lo stesso ente ARPA è responsabile dell’autorizzazione riguardo l’installazione e la modifica degli impianti Radio-TV-Cellulari in coerenza con gli attuali standard di campo elettromagnetico previsto.
Le violazioni delle prescrizioni sono sanzionate esclusivamente in via amministrativa, con ingenti sanzioni. L’art. 15 della Legge n. 36/2001 recita: “Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque nell’esercizio o nell’impiego di una sorgente o di un impianto che genera campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici superi i limiti di esposizione ed i valori di attenzione di cui ai decreti, è punito con la sanzione amministrativa da euro 1.032 a euro 309.874”.
Quando, oltre al superamento dei valori-soglia si concretizza e si dimostra il nesso causale tra le onde elettromagnetiche e la lesione all’integrità psicofisica di una persona la tutela può assumere contorni di rilievo penalistico con riferimento all’art. 674 c.p.
La giurisprudenza ha così sopperito all’assenza di una disciplina in grado di sanzionare penalmente il fenomeno dell’inquinamento elettromagnetico, riconducendolo a quanto previsto dall’art. 674 c.p. “getto pericoloso di cose”: “Chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone , ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti, è punito con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda fino a duecentosei euro“.
Risulta pacifico la non applicabilità della seconda parte di detto articolo non rientrando le onde elettromagnetiche, nella nozione di gas, vapori o fumo.
La Corte di Cassazione ha, però, evidenziato come il codice riconosce ex art. 624 c.p. l’energia elettrica e le altre energie aventi valore economico, equiparandole, agli effetti penali, alle cose mobili. La giurisprudenza ha per cui ritenuto che la condotta della propagazione o diffusione di onde elettromagnetiche possa integrare gli estremi della condotta tipica di getto. Con ciò interpretando lautamente i termini “versare” e “gettare” come azione di mandar fuori, espellere, o più propriamente emettere.
Ai fini dell’applicabilità dell’art. 674 c.p. occorre, invero, verificare l’idoneità delle onde elettromagnetiche ad offendere o molestare. Nel noto caso Radio Vaticana, la Cassazione ha ritenuto che il mero superamento dei parametri di settore, sia dei limiti di esposizione che dei valori di attenzione, non è sufficiente. Occorrerebbe nel solo caso del superamento dei limiti di esposizione (non anche dei valori attenzione, ad oggi penalmente irrilevanti), la prova che un certo numero di persone si è trovato per un lasso di tempo apprezzabile sottoposto ad emissioni superiori ai limiti di legge. In caso contrario, il superamento dei limiti di esposizione integrerebbe l’illecito amministrativo di cui all’art. 15, l. n. 36/2001.
In caso di concorso tra illecito penale ed illecito amministrativo la clausola di riserva “salvo che il fatto costituisca reato” consente di derogare al principio di specialità a favore dell’applicazione della norma penale. La pena prevista per il getto pericoloso di cose è punita con l’arresto fino ad un mese o con l’ammenda fino a 206 euro, mentre l’illecito amministrativo è punito con pena pecuniaria da 1.032 a 309.874 euro.[6]
Ciò che appare paradossale è come il fatto più grave, alla fine della giostra, possa essere punito in maniera meno severa rispetto al fatto più lieve.
Inoltre, la violazione delle normative relative alle emissioni elettromagnetiche non è menzionata nel D. Lgs. 231/2001, e non comporta responsabilità amministrativa delle società private o Enti.
3. La nuova Rete 5G
Il termine 5G è l’acronimo di “5th Generation” ed indica le tecnologie e gli standard di “quinta generazione” con prestazioni e velocità superiori a quelli della precedente tecnologia 4G/IMT-Advanced.
Questa nuova generazione che succede le precedenti 2G, 3G e 4G, è la tecnologia di connessione che utilizzeranno non solo gli smartphone, ma anche e soprattutto diversi dispositivi, destinati a essere sempre più numerosi (quali elettrodomestici, auto, semafori, orologi, etc). Infatti, un’importante peculiarità di questa rete sarà quella di permettere molte più connessioni in contemporanea, con alta velocità e tempi di risposta molto rapidi.
Erroneamente si potrebbe pensare che sia nient’altro che una mera evoluzione della rete 4G, ma in realtà le caratteristiche tecniche sono totalmente differenti sia per la quantità di banda più ampia sia per la velocità, essendo un nuovo modo di gestire le comunicazioni e la copertura, con frequenze, antenne e tecniche di trasmissione dei dati differenti rispetto al passato.
Dunque avremo: maggiore velocità di trasmissione, che consentono tempi di risposta (la c.d. latenza) più rapidi e la possibilità di gestire un numero molto superiore di connessioni in contemporanea; maggiore interazione tra i dispositivi, che potranno comunicare tra loro; risparmio energetico, poiché nelle reti 5G la maggior parte del lavoro viene effettuato dal sistema di antenne e non dall’hardware (con conseguente maggiore durata delle batterie); sviluppo di nuovi servizi, che potrebbe ulteriormente rivoluzionare il “normale” uso dei dispositivi.
4. Limiti e salute
L’introduzione di una nuova tecnologia di radiocomunicazione porta con sé gli interrogativi circa la pericolosità per la salute in relazione ai fenomeni di inquinamento elettromagnetico.
In primis occorre sottolineare, come già sopra precisato, che i limiti in Italia sono maggiormente restrittivi rispetto a quanto previsto dall’Unione Europea. Allo stato attuale, non ci sono dati certi e assoluti che possano permettere una esclusione o una conferma circa eventuali effetti collaterali per la salute dell’uomo legata all’esposizione alle nuove tecnologie di radiocomunicazione e alla generazione del c.d. elettrosmog. Gli studi, sempre alla data odierna, non permettono di dare una risposta chiara e definitiva nemmeno sulle tecnologie precedenti.
Il compito di individuazione dei limiti di esposizione cautelativi viene svolto dalle Linee Guida internazionali valutando e fissando sulla base di verifiche ed evidenze scientifiche circa gli effetti di tale esposizione al fine di salvaguardare la salute. Sono pertanto finalizzate ad escludere, a carattere cautelativo, effetti termici nell’organismo potenzialmente rischiosi, mediante la determinazione di ampi fattori di sicurezza rispetto ai valori di soglia oltre i quali detti effetti sono stati osservati.[7]
I limiti di esposizione si traducono in vincoli nella costruzione degli impianti: Le potenze che sono prese in considerazione per il rispetto dei limiti sono la somma di tutte le potenze in tutte le bande di frequenza e per tutte le tecnologie in aggiunta al livello di campo elettromagnetico di fondo dovuto ad altre fonti e misurato in prossimità di ciascun impianto.
E’, inoltre, opportuno precisare le maggiori differenze che intercorrono tra gli impianti di vecchia generazione e quelli nuovi: le antenne degli impianti delle generazioni precedenti (4G, 3G, 2G) sono statiche, ciò significa che il modo in cui irradiano la potenza nelle varie direzioni non cambia nel tempo e come conseguenza avremo un’efficienza non elevata poiché invece che trasmettere istante per istante solo nella direzione del terminale d’utente, irradiano anche inutilmente in altre direzioni; le antenne usate dal 5G sono dinamiche e irradiano potenza in modo selettivo attraverso un fascio stretto solo nella direzione dove si trova il terminale d’utente e solo nella misura richiesta dalla qualità del collegamento. La direzione cambia molto velocemente con granularità temporale dell’ordine dei millisecondi. Questo si traduce in una maggiore efficienza e in un minor inquinamento elettromagnetico perché la potenza non viene irradiata.
Questo cosa comporta?
Le caratteristiche dei nuovi impianti e più in generale della nuova tecnologia porteranno, probabilmente, ad un aumento delle installazioni a fronte di una maggiore copertura della rete. Ciò che risulta importante focalizzare è che l’aumento di queste strutture non si configura come maggiore esposizione o maggiore intensità emessa, al contrario la potenza emessa da ciascuna antenna sarà decisamente più bassa e maggiormente indirizzata. Sebbene, a tal proposito, il Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente abbia recentemente dichiarato che: “In relazione alla installazione di un numero elevato di antenne, le informazioni in possesso di Arpa e la constatazione delle attuali modalità di gestione delle reti, fanno supporre che la tecnologia 5G utilizzerà prioritariamente gli attuali impianti per la telefonia mobile e generalmente non richiederà l’installazione di nuove strutture.”[8]
Capitolo radiazioni. Il fulcro della questione risiede nella differenza tra radiazioni ionizzanti e quelle non ionizzanti. Le prime sono nocive per la salute, in quanto possono alterare il DNA dopo lunghe esposizioni ad alti livelli di energia elettromagnetica (queste sono ad es. i raggi X e le lampade abbronzanti). Le seconde non sono nocive per la salute, a meno che non siano prodotti a una potenza di gran lunga superiore a quella degli smartphone. Le radiazioni non ionizzanti sono quelle che riguardano, tra le altre, le reti Wi-Fi e le trasmissioni radiotelevisive.
[1] https://www.minambiente.it/pagina/inquinamento-elettromagnetico
[2] International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection, cioè l’organizzazione scientifica non governativa che ha esaminato per conto dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) i rischi per la salute associati all’esposizione alle radiazioni non ionizanti.
[3] Cfr. S. FIORUCCI, Diritto dell’Ambiente a cura di B. CARAVITA, L. CASSETTI, A. MARRON, il Mulino.
[4] L’elettrodotto in ingegneria elettrica è un’infrastruttura di rete destinata al trasporto di energia elettrica ad alta tensione, comprendendo in tale accezione sia le linee elettriche aeree, sia le linee interrate in cavo alloggiate in apposite strutture ovvero i cavidotti. L’insieme degli elettrodotti costituisce la rete elettrica primaria, sulla quale vengono amministrate la trasmissione dell’energia elettrica (trasferimento di energia ad alta tensione su grandi distanze) e la distribuzione dell’energia elettrica (trasferimento di energia a media-bassa tensione su una rete capillare) sul territorio a partire dalle centrali elettriche fino agli utenti finali passando per le cabine elettriche di trasformazione a diversi livelli di tensione.
[5] Nel caso delle onde non ionizzanti, emesse ad esempio da antenne radio-televisive o da antenne di stazioni radio base di operatori telefonici, il valore di attenzione italiano, pari a 6 V/m, è notevolmente più restrittivo rispetto ad altri Paesi Europei e alle raccomandazioni dell’Unione Europea.
[6] Cfr. C. MOLINARO, Elettrosmog: quale tutela penale?, da https://www.iusinitinere.it/elettrosmog-quale-tutela-penale-6600
[7] A livello internazionale le linee guida per la sicurezza dell’esposizione a campi elettromagnetici a radio frequenza sono state sviluppate principalmente da due organismi scientifici, la Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni non Ionizzanti (International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection, ICNIRP), e l’Istituto degli Ingegneri Elettrici ed Elettronici, Comitato Internazionale sulla Sicurezza Elettromagnetica (IEEE International Committee on Electromagnetic Safety, IEEE ICES).
[8] Vedi: 5G, tra fake-news e realtà in https://www.snpambiente.it/2020/04/24/5g-tra-fake-news-e-realta/
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Antonio Lo Cascio
Laureato in Giurisprudenza con una tesi di Diritto Penale Ambientale consegue il Master di II° livello in "Diritto dell'ambiente e gestione del territorio". Attualmente impegnato nell'ambito della consulenza ambientale.
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