Elisa Claps: misteri, omissioni ed il ruolo chiave della grafologia in una storia lunga 17 anni
Sommario: 1. Introduzione – 2. La scomparsa di Elisa – 3. Il ritrovamento del corpo – 4. Il ruolo della grafologia – 5. La condanna di Danilo Restivo – 6. Conclusione
1. Introduzione
La scomparsa di Elisa Claps rappresenta uno dei misteri più complessi e drammatici della cronaca italiana, avendo scosso l’opinione pubblica per quasi due decenni. Elisa, giovane di 16 anni residente a Potenza, scomparve lasciando dietro di sé una storia che avrebbe segnato per sempre la cronaca italiana[1], avvenuta nel settembre 1993, diede avvio a un estenuante percorso per la famiglia, che fin da subito sollevò dubbi sull’efficacia delle indagini e sull’operato delle autorità locali[2]. Quel giorno, Elisa aveva detto alla madre che sarebbe andata a messa nella Chiesa della Santissima Trinità per incontrare Danilo Restivo, un giovane noto per atteggiamenti inquietanti e comportamenti ossessivi verso le ragazze. Dopo quel breve incontro, Elisa scomparve in modo improvviso, lasciando un vuoto incolmabile. Non tornò più a casa, e nessuno dei fedeli o dei sacerdoti presenti affermò di aver notato qualcosa di anomalo. Le indagini iniziali furono caratterizzate da gravi lacune: nonostante i sospetti si concentrassero presto su Danilo Restivo, questi fornì un alibi debole che non fu mai contestato in maniera approfondita. Per anni, la vicenda apparve aleggiata da un silenzio opprimente e da inerzie che ostacolarono il raggiungimento della verità. La famiglia Claps si impegnò per mantenere viva l’attenzione pubblica e spingere le autorità a proseguire le ricerche. Nel corso degli anni, alcune segnalazioni anonime suggerirono che Elisa fosse stata uccisa e che il suo corpo si trovasse proprio nella chiesa. Orbene i controlli condotti all’interno dell’edificio furono approssimativi e privi di reale efficacia. Il mistero durato 17 anni si risolse . il 17 marzo 2010, quando il corpo di Elisa fu ritrovato nel sottotetto della Chiesa della Santissima Trinità. Le condizioni del corpo, abbandonato per anni, raccontavano un dramma rimasto nascosto sotto gli occhi di tutti. Questo ritrovamento confermò molte delle ipotesi iniziali e portò alla luce inquietanti omissioni da parte di chi avrebbe dovuto vigilare. Il caso di Elisa Claps trascende la dimensione personale, divenendo simbolo di errori investigativi, negligenze istituzionali e presunte coperture che hanno ostacolato la giustizia. La posizione della Chiesa, in particolare, fu messa sotto accusa, dato che il corpo era rimasto nascosto in un luogo sacro frequentato quotidianamente. Questa vicenda ha un significato che va oltre la brutalità dell’omicidio: ha evidenziato lacune profonde nel funzionamento delle istituzioni e delle comunità coinvolte.
2. La scomparsa di Elisa
Elisa Claps fu individuata per l’ultima volta il 12 settembre 1993, mentre entrava nella Chiesa della Santissima Trinità a Potenza. Quel giorno aveva detto alla madre che sarebbe andata a messa e che avrebbe incontrato Danilo Restivo, un conoscente di qualche anno più grande. Restivo era già noto per comportamenti inquietanti, come tagliare ciocche di capelli alle ragazze e manifestare un’insistente attenzione verso giovani donne. Nonostante ciò, Elisa accettò l’incontro, forse per chiarire un malinteso o per cortesia. Da quel momento, della ragazza non si ebbe più alcuna traccia. Le indagini iniziali si rivelarono frammentarie e inefficaci[3]. La famiglia Claps evidenziò subito l’inadeguatezza delle autorità, accusandole di sottovalutare la gravità della scomparsa. Danilo Restivo[4] venne interrogato, ma la sua testimonianza – secondo cui Elisa aveva lasciato la chiesa poco dopo il loro incontro – fu accettata senza approfondimenti significativi. L’alibi fornito era debole e non supportato da prove concrete, ma nonostante i sospetti su di lui, non vennero intraprese verifiche immediate e approfondite. Il tempo giocò a sfavore delle indagini. La chiesa, luogo centrale nell’ultima giornata di Elisa, non fu perquisita con la dovuta accuratezza. Solo molteplici segnalazioni anonime, giunte anni dopo, suggerirono di concentrare le ricerche sul sottotetto, ma anche queste furono ignorate o trattate con superficialità. Inerzie investigative, omissioni e mancanza di coordinamento tra gli investigatori rallentarono ulteriormente il processo di ricerca. La famiglia Claps, guidata dalla madre Filomena e dal fratello Gildo, fu costretta a fare pressione sui media e sulle istituzioni per mantenere alta l’attenzione sul caso. I ritardi e le esitazioni nelle prime fasi investigative ostacolarono il raggiungimento della verità. Sebbene Restivo fosse da subito il principale sospettato, la giustizia impiegò 17 anni per fare luce su quello che era accaduto quel giorno nella chiesa, con il ritrovamento del corpo di Elisa nel 2010. Questa lunga attesa non solo complicò il lavoro degli inquirenti, ma lasciò aperti interrogativi sulla gestione iniziale delle indagini, evidenziando falle significative nel sistema investigativo. Elisa Claps fu avvistata per l’ultima volta il 12 settembre 1993, mentre si dirigeva verso la Chiesa della Santissima Trinità a Potenza. Quel giorno aveva informato la madre che avrebbe partecipato alla messa e incontrato Danilo Restivo, un giovane di qualche anno più grande con cui aveva un appuntamento. Quest’ultimo era già conosciuto per atteggiamenti disturbanti, come il taglio di ciocche di capelli alle ragazze e un’evidente fissazione verso le giovani donne. Nonostante ciò, Elisa accettò di incontrarlo, forse per educazione o per risolvere un possibile fraintendimento. Dopo quel giorno, però, di lei non si seppe più nulla. Le ricerche per ritrovare Elisa partirono in modo disorganizzato e carente. I familiari della ragazza, già dai primi giorni, evidenziarono la mancanza di attenzione da parte delle autorità, che sembravano minimizzare la gravità dell’accaduto. Danilo Restivo[5] fu subito interrogato, ma la sua dichiarazione – secondo cui Elisa avrebbe lasciato la chiesa poco dopo l’incontro – non fu messa in discussione in maniera seria. Il suo alibi, pur fragile, non venne sottoposto a verifiche adeguate, lasciando spazio a errori e mancate azioni che avrebbero potuto fare la differenza. La chiesa, che era stata il luogo dell’ultimo avvistamento, non venne ispezionata in profondità. Solo molti anni dopo, alcune segnalazioni anonime portarono a indicare il sottotetto come possibile luogo in cui cercare Elisa. Tuttavia, anche queste indicazioni non furono prese in considerazione con la dovuta attenzione. Ritardi, mancanza di organizzazione e scarso coordinamento tra le diverse figure coinvolte ostacolarono pesantemente il percorso verso la verità. La famiglia Claps, supportata dalla determinazione della madre e del summenzionato fratello, dovette ricorrere all’attenzione mediatica e alla pressione sulle istituzioni per mantenere vivo l’interesse intorno al caso.
3. Il ritrovamento del corpo
Il 17 marzo 2010, dopo un’attesa durata 17 anni, il corpo di Elisa fu finalmente ritrovato. Durante lavori di manutenzione nel sottotetto della chiesa, alcuni operai si imbatterono nei resti umani avvolti in un tappeto. Accanto al corpo, in avanzato stato di decomposizione, furono rinvenuti oggetti personali di Elisa, come gli occhiali e un orologio, che facilitarono l’identificazione. Le analisi successive mostrarono che la ragazza era stata uccisa lo stesso giorno della sua scomparsa e che il cadavere era stato nascosto con l’intento evidente di occultarlo. Il ritrovamento del corpo, nascosto nel sottotetto, sollevò gravi domande su come la sua presenza potesse essere ignorata per così tanto tempo. Gli esperti rilevarono segni di violenza fisica, confermando che si trattava di un omicidio premeditato. Questo dettaglio fece emergere gravi mancanze nelle ispezioni precedenti, mettendo in discussione la gestione delle indagini e la vigilanza sulla chiesa. Il ritrovamento mise in evidenza una catena di responsabilità che coinvolgeva sia la Chiesa che le autorità investigative. Nonostante le segnalazioni ricevute negli anni, la ricerca di Elisa nel sottotetto non era mai stata condotta in modo approfondito. La Chiesa della Santissima[6] Trinità, frequentata quotidianamente da fedeli e sacerdoti, divenne oggetto di pesanti accuse. Come poteva un corpo rimanere nascosto in un luogo accessibile per 17 anni senza che nessuno si accorgesse di nulla? La questione divenne ancora più controversa quando si scoprì che l’accesso al sottotetto era limitato e necessitava di chiavi, sollevando dubbi sulla trasparenza della gestione di quel luogo.Gli inquirenti furono oggetto di critiche, poiché non diedero seguito alle richieste della famiglia Claps per ispezioni approfondite nella chiesa. Le omissioni commesse negli anni, unite a mancate indagini tempestive, evidenziarono lacune gravi nel sistema investigativo, alimentando sospetti di depistaggi e negligenze. Fu grazie alla perseveranza della famiglia e a una scoperta fortuita che la verità venne finalmente alla luce, svelando l’orrore nascosto per anni. Tale ritrovamento non si limitò a confermare i sospetti su Danilo Restivo, ma aprì un dibattito più ampio sulle responsabilità morali e istituzionali. La vicenda di Elisa Claps divenne un simbolo di ingiustizie prolungate, sollevando interrogativi ancora aperti: perché nessuno ha agito quando era il momento? Perché furono ignorate le segnalazioni? Il caso continua a rappresentare una delle ferite più profonde della cronaca italiana.
4. Ruolo della grafologia
L’analisi grafologica degli scritti attribuiti a Danilo Restivo ha rappresentato un tassello significativo nelle indagini sul caso di Elisa Claps, offrendo elementi utili per delineare sia il suo profilo psicologico sia le sue strategie di azione. Specificatamente un aspetto di rilievo è rappresentato dalle lettere anonime inviate alla famiglia Claps, caratterizzate da contenuti manipolatori e mirate a generare confusione durante le indagini. Codesti messaggi anonimi, redatti con cura e attenzione ai dettagli, si sono rivelati un tentativo deliberato di depistaggio, volto a sviare le autorità e a rallentare l’identificazione del colpevole. I grafologi forensi hanno condotto un’analisi dettagliata di queste missive, confrontandole con materiali autografi di Restivo, al fine di identificare tratti stilistici e grafici peculiari riconducibili al suo modo di scrivere[7]. L’analisi della grafia ha messo in evidenza caratteristiche distintive della personalità di Restivo, tra cui una marcata propensione al narcisismo patologico. Tale tratto si manifesta attraverso una scrittura che rivela un bisogno costante di controllo e una percezione di sé come figura dominante nelle relazioni interpersonali. La grafia evidenziava altresì una predisposizione alla manipolazione, che si traduceva in un uso strategico del linguaggio per influenzare emotivamente i destinatari delle sue comunicazioni, cercando di creare caos emotivo e di distorcere la percezione della realtà. Gli esperti hanno rilevato elementi di calcolo freddo e distacco emotivo, associati a una costruzione meticolosa delle frasi, che sembravano studiate per ottenere un effetto psicologico specifico. Un ulteriore contributo della grafologia forense è stato quello di integrare i risultati con l’analisi psicologica, evidenziando una struttura mentale complessa e tendenzialmente antisociale. La scrittura di Restivo faceva emergere una scarsa empatia verso le vittime e una visione egocentrica delle dinamiche relazionali. Questo approccio grafologico ha fornito agli investigatori informazioni cruciali per comprendere le modalità con cui Restivo non solo cercava di mantenere il controllo sulla narrazione degli eventi, ma tentava anche di manipolare le percezioni delle persone coinvolte nel caso. Gli esperti hanno potuto delineare un profilo psicologico coerente con un soggetto capace di comportamenti premeditati e calcolati, orientati a soddisfare il proprio bisogno di predominio emotivo. L’apporto della grafologia non si è limitato a confermare l’autenticità degli scritti attribuiti a Restivo, ma ha permesso di inserire questi documenti nel quadro più ampio delle sue strategie di depistaggio e di autocompiacimento. La seguente metodologia ha contribuito a rafforzare il quadro indiziario già emerso dalle prove raccolte durante il procedimento giudiziario, confermando il ruolo attivo di Restivo non solo come responsabile dell’omicidio, ma anche come autore di azioni studiate per ostacolare l’accertamento della verità[8]. La combinazione tra indagine grafologica e psicologia forense si è rivelata un supporto determinante per comprendere il comportamento di Restivo, permettendo di contestualizzare le sue azioni all’interno di un quadro di personalità disturbata, caratterizzata da tratti manipolatori, egocentrici e privi di rimorso.
5. La condanna di Danilo Restivo
La condanna di Danilo Restivo rappresenta l’epilogo giudiziario di uno dei casi più controversi della cronaca italiana, quello dell’omicidio di Elisa Claps. Restivo fu riconosciuto colpevole in via definitiva il 15 ottobre 2014, quando la Corte di Cassazione confermò la sentenza d’appello, che lo condannava all’ergastolo per l’omicidio premeditato della giovane potentina. Il processo poggiò su un solido quadro indiziario e su un’articolata ricostruzione dei fatti avvenuti il 12 settembre 1993, giorno della scomparsa di Elisa. Tra le prove fondamentali spiccavano le tracce di DNA di Restivo rinvenute sul cadavere di Elisa nel sottotetto della Chiesa della Santissima Trinità, dove il corpo era rimasto nascosto per ben 17 anni. Durante il processo, emerse il modus operandi di Restivo, già sospettato e poi condannato in Inghilterra per l’omicidio di Heather Barnett, un caso che presentava inquietanti similitudini con quello di Elisa Claps. Gli elementi raccolti dagli inquirenti italiani e britannici mostrarono un comportamento premeditato e sadico, caratterizzato da una ricerca ossessiva di controllo sulle vittime e dalla volontà di depistare le indagini. In particolare, le lettere anonime inviate alla famiglia Claps durante gli anni successivi alla scomparsa di Elisa furono attribuite a Restivo grazie all’analisi grafologica e contribuirono a delineare un profilo psicologico manipolatorio e narcisista. La grafologia, unitamente alle analisi scientifiche, permise di corroborare ulteriormente l’accusa. La sentenza sottolineò la ferocia dell’atto, evidenziando come Restivo avesse agito con premeditazione e con l’intento deliberato di occultare il corpo per celare le proprie responsabilità. Gli indizi, tra cui le dichiarazioni contrastanti fornite da Restivo e la sua incapacità di fornire un alibi credibile, furono ritenuti sufficienti per condannarlo. La Corte d’Assise di Salerno, in primo grado, e successivamente la Corte d’Appello, confermarono l’ergastolo, giudicando inconfutabile la sua colpevolezza. La condanna segnò non solo la fine del lungo iter processuale, ma anche un momento di giustizia per la famiglia Claps, che per anni aveva lottato contro omissioni e depistaggi. Il caso Restivo rimane un esempio emblematico di come l’unione tra scienze forensi, grafologia e analisi psicologica possa contribuire a fare luce su crimini complessi, mettendo in evidenza l’importanza di un’indagine accurata e multidisciplinare. La condanna definitiva di Restivo non ha solo punito il colpevole, ma ha anche sollevato riflessioni sulle falle sistemiche che ritardarono la giustizia, trasformando questa vicenda in un monito per l’intero sistema giudiziario.
6. Conclusioni
La vicenda di Elisa Claps, culminata nella condanna di Danilo Restivo, rappresenta un esempio significativo di come la grafologia forense possa contribuire a delineare il profilo psicologico di un reo e sostenere un’accusa ben strutturata. L’applicazione della grafologia al caso ha consentito di attribuire a Restivo una serie di lettere anonime inviate alla famiglia Claps, progettate per depistare le indagini e confondere gli investigatori. L’analisi grafologica, unita a quella psicologica, ha evidenziato tratti distintivi della personalità di Restivo, quali narcisismo, manipolazione e un marcato distacco emotivo, che lo rendevano capace di comportamenti freddi e calcolati. Questi elementi hanno contribuito a rafforzare il quadro indiziario già emerso dalle prove scientifiche, tra cui le tracce di DNA rinvenute sul cadavere di Elisa[9]. Lo studio grafologico ha permesso di evidenziare schemi comportamentali riconducibili alla personalità del colpevole, ha fornito agli inquirenti uno strumento utile per analizzare le dinamiche di potere esercitate da Restivo su vittime e investigatori. L’accuratezza dell’analisi grafologica ha permesso di confermare che le lettere anonime facevano parte di una strategia manipolatoria volta a ritardare il corso della giustizia, dimostrando un chiaro intento di interferire con l’accertamento della verità. Il contributo della grafologia forense, integrato con altre discipline come la criminologia e le analisi forensi, ha evidenziato l’importanza di un approccio multidisciplinare per risolvere casi complessi. Nel caso di Restivo, la grafologia non si è limitata a fornire informazioni tecniche sulla paternità degli scritti, ma ha contribuito a costruire un profilo psicologico coerente con i comportamenti premeditati e violenti del colpevole, confermando la sua propensione a celare i propri crimini dietro una facciata di normalità apparente. Le conclusioni tratte dalle analisi grafologiche sono state decisive nel supportare la narrazione degli eventi durante il processo, mostrando come la scrittura possa essere un riflesso fedele della mente criminale. In un contesto in cui le omissioni istituzionali e le mancanze operative avevano già compromesso l’efficacia delle indagini, l’uso della grafologia si è rivelato un elemento fondamentale per colmare le lacune e portare finalmente alla condanna di Danilo Restivo. Tale vicenda evidenzia il valore delle scienze forensi e della grafologia come strumenti imprescindibili nella ricerca della giustizia, ribadendo la necessità di un sistema investigativo attento e integrato.
Bibliografia
A. NICOLOSI, Grafologia giudiziaria e criminologia grafologica, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, Roma, 2008.
C. DI CARLO, Scripta clamant. La grafologia come strumento criminologico, in Scrittura, n. 171, settembre-dicembre 2015
F. AMENDOLARA, F. DI VITO, Elisa Claps, Indagine nell’abisso della Chiesa della Trinità, EdiMavi, Potenza, 2023.
F. SCIARELLI, Doveva morire: il caso Elisa Claps tra negligenze e silenzi, Mondadori, Milano, 2015.
F. SCIARELLI, G. CLAPS, Per Elisa: Il caso Claps. 18 anni di depistaggi, silenzi e omissioni, Rizzoli, Milano, 2011.
I. VITALE, Elisa Claps: analisi criminologica di un caso di femminicidio, Igor Vitale, Bologna, 2015.
M. ALOIA, Grafologia e crimine. L’analisi della scrittura nei casi di cronaca nera, Armando Editore, Roma, 2012.
P. MAURIZIO, L’uomo che amava uccidendo. La storia di Danilo Restivo, Koinè Nuove Edizioni, Roma, 2012.
P. TRINCIA, R. SPAGNOLI, A. RAFANELLI, Dove nessuno guarda. Il caso Elisa Claps, Chora Media, Milano, 2023.
S. CORDELLA, Scienze forensi applicate alla ricerca di persone scomparse: grafologia forense applicazione pratica, Il Sud Est, Bari, 2023.
[1] S. CORDELLA, Scienze forensi applicate alla ricerca di persone scomparse: grafologia forense applicazione pratica, Il Sud Est, Bari, 2023.
[2] F. SCIARELLI, G. CLAPS, Per Elisa: Il caso Claps. 18 anni di depistaggi, silenzi e omissioni, Rizzoli, Milano, 2011.
[3] S. CORDELLA, Scienze forensi applicate alla ricerca di persone scomparse: grafologia forense applicazione pratica, Il Sud Est, Bari, 2023.
[4] P. MAURIZIO, L’uomo che amava uccidendo. La storia di Danilo Restivo, Koinè Nuove Edizioni, Roma, 2012.
[5] P. MAURIZIO, L’uomo che amava uccidendo. La storia di Danilo Restivo, Koinè Nuove Edizioni, Roma, 2012.
[6] F. SCIARELLI, Doveva morire: il caso Elisa Claps tra negligenze e silenzi, Mondadori, Milano, 2015.
[7] M. ALOIA, Grafologia e crimine. L’analisi della scrittura nei casi di cronaca nera, Armando Editore, Roma, 2012.
[8] P. TRINCIA, R. SPAGNOLI, A. RAFANELLI, Dove nessuno guarda. Il caso Elisa Claps, Chora Media, Milano, 2023.
[9] F. AMENDOLARA, F. DI VITO, Elisa Claps, Indagine nell’abisso della Chiesa della Trinità, EdiMavi, Potenza, 2023
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Erika Rossi
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