Emergenza sanitaria da Covid-19: poteri di regolazione e limitazione dei diritti e delle libertà fondamentali

Emergenza sanitaria da Covid-19: poteri di regolazione e limitazione dei diritti e delle libertà fondamentali

L’emergenza sanitaria si presenta come una situazione straordinaria ed eccezionale alla quale i vari ordinamenti giuridici devono poter far fronte attraverso l’adozione di atti amministrativi ovvero atti aventi forza di legge che possano imporre divieti stringenti, arrivando talvolta a comprimere anche diritti e libertà fondamentali al fine di salvaguardare l’incolumità e la salute pubblica. Tali atti amministrativi, vengono adottati dai diversi livelli di governo secondo la logica dell’esercizio delle funzioni amministrative che risulta dall’articolo 118 della Costituzione.

Tuttavia, proprio in relazione all’esercizio di tale potere amministrativo di regolazione da parte dei diversi livelli di governo del territorio nazionale sono sorti non pochi dubbi in dottrina, atteso che la situazione di emergenza sanitaria e gli strumenti utilizzati per farvi fronte possono comprimere eccessivamente determinati diritti quale quello alla libertà personale ex articolo 13 della Costituzione sacrificandolo in nome del diritto alla salute altrettanto garantito dalla Carta costituzionale ex articolo 32 della stessa. Dibattito questo fortemente acceso anche alla luce della recente emergenza sanitaria dovuta al virus Covid-19 che ha portato il governo centrale ad emanare decreti in grado comprimere la libertà personale dei cittadini per tutelarne la salute. Invero, un orientamento pressoché minoritario della dottrina ha messo in discussione a più riprese la validità del decreto legge e la sua idoneità a comprimere in tali situazioni emergenziali le libertà ed i diritti fondamentali, in quanto promanante dal Governo e non dal Parlamento che invece è espressione della volontà popolare. Parimenti, sono sorti dubbi in dottrina in relazione alle ordinanze emanate dai governatori delle Regioni, nonché alle ordinanze ordinarie emanate dai sindaci allorquando esse dispongano limitazioni alla libertà personale ovvero alla libera iniziativa economica dei privati. Invero, secondo un orientamento giurisprudenziale risalente della Corte Costituzionale le ordinanze ordinarie e le ordinanze contingibili e urgenti sono possibili soltanto laddove vadano a disciplinare una materia non coperta da riserva assoluta di legge, potendo sussistere invece la riserva relativa di legge. Sulla base di tale orientamento giurisprudenziale, la dottrina ha ritenuto che tali strumenti, spesso in passato oggetto di ricorso abusivo da parte dei prefetti, fossero espressione di un ordinamento antecedente a quello formatosi con la Costituzione e che, con l’avvento della stessa, tali strumenti di regolazione  andassero adottati in conformità ai principi generali espressi dalla stessa Carta Costituzionale e tenendo presente di non poter limitare le libertà fondamentali laddove per fare ciò sia richiesto lo strumento della legge. Al riguardo, è stato osservato che   proprio l’utilizzo dello strumento dell’ordinanza ordinaria non potrebbe limitare un diritto quale quello della libertà personale ex articolo 13 Costituzione coperto da riserva assoluta di legge e la cui compressione è possibile solo per atto della autorità giudiziaria.  Ciò anche in considerazione che i poteri di regolazione delle autorità territoriali che si esplicano attraverso atti amministrativi devono essere conformi al principio di legalità in senso forte in termini di deducibilità del loro contenuto dalla legge: Ciò in quanto l’articolo 1 della legge n. 241/90 afferma che l’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge. Tuttavia, proprio l’atipicità del contenuto delle ordinanze ordinarie emanate per far fronte alle emergenze sanitarie spingerebbe parte della dottrina a ritenere che le stesse non siano conformi al principio di legalità ed anzi siano derogatorie rispetto ad esso: ciò ha creato non pochi dubbi in dottrina sulla validità di tale strumento a comprimere le libertà fondamentali.

 Al contrario, un orientamento dottrinale contrapposto ritiene fondato l’esercizio del potere amministrativo di regolazione dei diversi livelli di governo attraverso lo strumento dell’ordinanza ordinaria anche come mezzo per far fronte alle emergenze sanitarie: tale orientamento rinviene la sua ratio sulla base dell’assunto che sia la legge ad ammettere l’utilizzo di tali strumenti di regolazione.  Invero, l’articolo 54 comma 4 del d. lgs. n. 267/2000 (TUEL) prevede che il sindaco come ufficiale del Governo può adottare con atto motivato provvedimenti contingenti ed urgenti nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento.

Alla medesima logica risponderebbe l’articolo 2 del TULPS allorché ad adottare tali atti sia il Prefetto.

Ebbene in materia di emergenza sanitaria, a parere di parte della dottrina sarebbero proprio queste norme a costituire l’ancoraggio per l’esercizio dei poteri amministrativi idonei a limitare perfino le libertà fondamentali allorché venga in rilievo l’interesse primario del diritto alla salute.

D’altro canto, la dottrina maggioritaria ritiene che ciò sia ben giustificato se si considera la ripartizione delle funzioni amministrative tra i diversi livelli di governo ex articolo 118 della Costituzione: infatti, la norma de qua giustifica sulla base del principio di sussidiarietà verticale di cui al primo comma l’esercizio delle varie funzioni amministrative tra i diversi livelli di governo, primo fra tutti il Comune e le sue istituzioni. Differentemente la dottrina non ha posto alcuna questione problematica laddove a limitare la libertà personale e gli altri diritti fondamentali per far fronte ad un’emergenza sanitaria sia il Governo centrale in adozione di un decreto legge: ciò in quanto tale strumento viene pensato dal legislatore non solo per far fronte a situazioni di straordinaria urgenza e necessità, ma altresì perché nella gerarchia delle fonti esso ha valore di legge ex articolo 77 comma 2 della Costituzione e pertanto non porrebbe alcun problema di contrasto con il principio di legalità e la riserva di legge.

Tuttavia, il ricorso di tale strumento da parte del Governo centrale al fine regolare e fronteggiare situazioni di emergenza sanitaria ha trovato di recente riscontro nelle misure adottate dal governo attraverso vari DPCM per contenere e gestire l’emergenza epidemiologica da Covid-19.

Da ultimo, il decreto del 9 marzo 2020 con il quale il Governo, allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus Covid-19 ha esteso a tutto il territorio nazionale le misure ristrettive della libertà di circolazione e personale già stabilite per talune zone rosse con l’articolo 1 del DPCM  22 aprile 2020 e il cui fondamento normativo si rinviene nell’articolo 17 comma terzo della legge n. 400/1988, che disciplina l’attività di Governo. Tale quadro normativo si pone in linea di continuità con il decreto legislativo n. 1/2018 che all’articolo 25 che contempla la possibilità di adottare le ordinanze della protezione civile per il coordinamento dell’attuazione degli interventi da effettuare durante lo Stato di emergenza di rilievo nazionale, pur sempre nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico e dell’Unione europea.

Orbene, alla luce di quanto sopra esposto, si ricava come lo strumento dell’ordinanza ordinaria così sia attualmente tendenzialmente ammesso dall’ordinamento giuridico nazionale, pur senza destare non poche perplessità in dottrina ed in giurisprudenza soprattutto allorquando attraverso il suo utilizzo si comprima la libertà personale: invero, parte della dottrina ha pienamente sdoganato il suo utilizzo nel corso degli anni facendo leva sul principio espresso dall’articolo 2 della CEDU e dall’articolo 2 CDFUE. Tali norme sono poste a presidio del diritto alla vita ritenuto inviolabile e pertanto prevalente rispetto ad altri diritti egualmente tutelati dalle norme costituzionali dei diversi Stati membri: sicché in tale ratio risiederebbe la possibilità di limitare il diritto alla libertà personale al fine di far prevalere il diritto alla salute ex articolo 32 della Costituzione, il quale si pone come strumentale rispetto al diritto alla vita tutelato a livello comunitario e convenzionale.

Sul punto si è espressa anche la Corte Costituzionale in occasione della declaratoria di incostituzionalità delle ordinanza ordinarie emanate ex articolo 54 comma 4 del TUEL, la quale ha affermato che tali atti, espressione del potere amministrativo di regolazione, non possono prescindere dal rispetto del principio di legalità, e che pertanto l’ordinamento giuridico tollera lo strumento dell’ordinanza quale espressione del potere amministrativo delle diverse istituzioni territoriali solo laddove esso venga utilizzato per comprimere un diritto fondamentale quale è la libertà personale e a patto che sussista un interesse costituzionale di pari rango tale da giustificarne la compressione e che sussistano condizioni di necessità ed urgenza. E’ evidente che nel caso del ricorso ad ordinanze quali quelle adottate dal Presidente della Giunta Regionale, che vadano a limitare la libertà personale nel corso di un’emergenza sanitaria, al fine di tutelare la salute pubblica, viene in rilievo un diritto egualmente meritevole di tutela che per scelte di opportunità politica viene fatto prevalere sul diritto alla libertà ex articolo 13 della Costituzione.

Ciò anche in conformità all’articolo 52 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea che al primo comma prevede la possibilità di limitare l’esercizio dei diritti e delle libertà fondamentali e che le limitazioni agli stessi possano essere disposte laddove rispondano effettivamente a finalità di interesse generalmente riconosciute dall’Unione europea e dall’esigenza di difendere altrui diritti e libertà.

Invero, alla luce di quanto suesposto si giustificherebbe il ricorso allo strumento dell’ordinanza ordinaria laddove essa venga adoperata nel corso di un’emergenza sanitaria per limitare talune libertà come quella personale o di esercizio di attività economiche al fine di far prevalere la tutela della salute pubblica quale espressione del diritto alla vita riconosciuto a livello comunitario e sovranazionale.

Tuttavia, di recente sono riaffiorati i dubbi e le perplessità già segnalate in passato dallo dottrina e relative ai limiti dell’utilizzo dello strumento dell’ordinanza come mezzo di regolazione delle situazioni emergenziali. Invero, il Consiglio di Stato in riferimento proprio all’emergenza sanitaria dovuta al Covid-19 si è pronunciato in relazione all’ordinanza emessa dal sindaco di Messina volta ad introdurre misure più stringenti alla libertà di circolazione dei cittadini italiani rispetto a quelle previste dal Governo centrale.

Nello specifico, l’ordinanza sindacale obbligava a chiunque intendesse fare ingresso in Sicilia attraverso il porto di Messina di registrarsi sul sito del Comune, dichiarando informazioni e dati personali al fine di ottenere il rilascio del nullaosta all’ingresso ed utile allo spostamento nel territorio comunale. Sulla validità di tale ordinanza si è pronunciato il Consiglio di Stato che ha avvalorato l’istituto dell’annullamento straordinario esercitato nell’occasione dal Viminale, il quale è intervenuto al fine di assicurare un’armonica gestione della emergenza sanitaria da covid-19 tra i diversi livelli di governo: ciò si è reso necessario per evitare che le decisioni degli enti locali o regionali potessero vanificare la gestione unitaria dell’emergenza soprattutto allorquando entrino in gioco libertà costituzionalmente garantite. Tale intervento si è reso necessario anche alla luce dell’articolo 95 della Carta costituzionale che vede in capo al governo centrale tramite il Presidente del Consiglio dei Ministri il mantenimento dell’unità dell’indirizzo politico ed amministrativo, anche in considerazione dell’articolo 118 della Costituzione che vuole assicurare la ripartizione tra le funzioni amministrative ed il loro esercizio unitario tra i diversi livelli di governo secondo principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza consentendo allo Stato centrale di avocare a sé l’esercizio delle stesse laddove una corretta gestione di tali funzioni non sia possibile per i livelli di governo subordinati.


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