Equo compenso e tutele lavoristiche: le sfide del nuovo correttivo al Codice degli Appalti

Equo compenso e tutele lavoristiche: le sfide del nuovo correttivo al Codice degli Appalti

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto Legislativo n. 209 del 31 dicembre 2024, il correttivo al Codice dei Contratti Pubblici ha formalmente preso forma, introducendo un ampio ventaglio di innovazioni destinate a incidere profondamente su diverse aree del sistema degli appalti pubblici in Italia. Frutto di un iter complesso e articolato, che ha coinvolto pareri del Consiglio di Stato, della Conferenza Unificata e del Parlamento, il provvedimento tocca ambiti centrali come l’equo compenso, la digitalizzazione, il rafforzamento delle garanzie lavoristiche e il sostegno alle micro, piccole e medie imprese (PMI).

Uno degli interventi più significativi riguarda la disciplina dell’equo compenso. Con l’aggiunta del comma 15bis all’art. 41 del d.lgs. n. 36/2023, il legislatore ha introdotto un meccanismo che mira a garantire una remunerazione adeguata per i professionisti coinvolti in servizi di ingegneria, architettura e altre attività tecniche superiori alle soglie europee. Si è optato per un criterio misto: il 65% dell’importo base di gara viene fissato come componente non ribassabile, in modo da assicurare il rispetto del principio di equità, mentre il restante 35% rimane oggetto di competizione, con un tetto massimo al punteggio economico. Questa soluzione, oltre a promuovere la qualità delle offerte, tutela i professionisti da una concorrenza al ribasso che potrebbe compromettere la sostenibilità economica delle loro prestazioni.

Un altro aspetto cruciale è rappresentato dalle tutele lavoristiche, su cui il correttivo interviene con decisione per rafforzare la protezione dei lavoratori impiegati nei contratti pubblici. L’introduzione di un allegato dedicato ai criteri di equipollenza tra contratti collettivi nazionali (CCNL) mira a uniformare e semplificare le procedure di valutazione da parte delle stazioni appaltanti. In base alle nuove disposizioni, i bandi di gara devono indicare esplicitamente il CCNL applicabile ai lavoratori, selezionandolo tra quelli sottoscritti dalle associazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale. Questa misura non solo garantisce che i contratti applicati siano coerenti con il settore e l’area geografica dell’appalto, ma consente anche di evitare l’utilizzo di contratti meno tutelanti per i lavoratori, spesso adottati per ridurre i costi operativi delle imprese.

Un elemento innovativo è l’introduzione di meccanismi automatici per la verifica dell’equipollenza tra i contratti. Questi strumenti permettono di valutare se i CCNL presentano caratteristiche normative ed economiche sostanzialmente equivalenti, ponendo un freno a eventuali discrezionalità delle stazioni appaltanti che potrebbero penalizzare i diritti dei lavoratori. Inoltre, il correttivo insiste sull’importanza di promuovere condizioni lavorative dignitose, prevedendo che l’applicazione dei CCNL sia conforme non solo all’attività prevalente oggetto dell’appalto, ma anche alla zona geografica in cui le prestazioni si svolgono, in modo da rispettare le specificità territoriali e settoriali.

Un’altra modifica di rilievo riguarda il rafforzamento delle garanzie occupazionali in caso di cambio d’appalto. Il correttivo stabilisce che, nei settori più esposti, come quelli dei servizi socio-sanitari ed educativi, debba essere favorita la continuità occupazionale dei lavoratori già impiegati, valorizzando la loro esperienza professionale e riducendo l’incertezza derivante dai passaggi tra appaltatori diversi. Questo principio, che richiama il “clausolismo sociale“, viene integrato con una maggiore vigilanza sui parametri di sicurezza e formazione dei lavoratori, garantendo così standard elevati anche in contesti particolarmente delicati.

La digitalizzazione rappresenta un altro pilastro del correttivo. L’obbligo di utilizzare il Building Information Modeling (BIM) per opere sopra i 2 milioni di euro segna un passo avanti verso una maggiore efficienza nei processi di progettazione, esecuzione e gestione degli interventi pubblici. Allo stesso tempo, le disposizioni sulla interoperabilità tra piattaforme digitali e sistemi informativi istituzionali mirano a migliorare il monitoraggio e la rendicontazione degli investimenti pubblici, favorendo la trasparenza e riducendo gli oneri per le piccole stazioni appaltanti.

Le PMI, infine, continuano a occupare un ruolo centrale. Il correttivo ribadisce l’obbligo di suddividere gli appalti in lotti funzionali, chiarendo che questi ultimi non debbano necessariamente essere autonomi, purché consentano la partecipazione delle piccole imprese. Inoltre, viene introdotta una quota minima del 20% riservata alle PMI nei contratti subappaltabili, rafforzando il loro accesso al mercato e promuovendo una maggiore equità nella distribuzione delle opportunità.

Tuttavia, il provvedimento non ha mancato di suscitare critiche. Diverse associazioni di categoria, come Legacoop e Confcooperative, hanno espresso preoccupazioni per le possibili ricadute negative sul settore dei servizi, in particolare quelli socio-sanitari e socio-educativi. Anche sul fronte sindacale, la CGIL ha accolto con favore alcune modifiche, ma ha evidenziato come certe disposizioni continuino a generare incertezze interpretative, rischiando di complicare le scelte operative delle stazioni appaltanti.

In definitiva, il correttivo al Codice dei Contratti Pubblici rappresenta un tassello importante nel processo di evoluzione normativa degli appalti in Italia. Sebbene il bilancio complessivo appaia positivo, sarà cruciale monitorare l’applicazione concreta delle nuove disposizioni per verificare se gli obiettivi dichiarati — equità, semplificazione e sostenibilità — verranno effettivamente raggiunti.


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