Errore del commercialista: il contribuente non è responsabile

Errore del commercialista: il contribuente non è responsabile

Tra gli aspetti certamente più controversi in tema di sanzioni amministrative per le violazioni tributarie (D.lgs. n.472/1997), vi rientra senza dubbio l’annosa questione circa l’imputabilità al professionista delle sanzioni amministrative quale conseguenza di una condotta contra legem.

Preliminarmente, occorre rilevare come l’impianto sanzionatorio tributario sia stato plasmato ad immagine e somiglianza di quello penalistico, riprendendo da quest’ultimo molti principi e dettami fondamentali. Non è un caso infatti che, l’art. 3 del D.lgs. n.472/1997, sia così intitolato “Imputabilità“, all’uopo prevedendo che “Nessuno può essere assoggettato a sanzioni se non in forza di una legge entrata in vigore prima della commissione della violazione” (comma 1). Ebbene, oltreché presentare una chiara assonanza con quanto disposto dall’art. 2 c.p., l’evocata normativa riflette a pieno la garanzia costituzionale stigmatizzata all’art. 25 comma 2 della Carta Repubblicana, secondo cui “Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso“. Posta tale doverosa premessa di carattere generale e per quel che ivi rileva, occorre ora avere chiaro riguardo alla portata precettiva della disposizione di cui all’art. 5 del D.lgs. n.472/97, a mente della quale “Nelle violazioni punite con sanzioni amministrative ciascuno risponde della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa”.

L’imperatività dell’evocata disposizione offre interessanti spunti per giungere a ritenere che nell’evenienza in cui il professionista (nel caso di specie trattasi di un commercialista), nell’espletamento del proprio incarico, incorra in violazioni della normativa tributaria e dette infrazioni siano direttamente imputabili alla sua sfera d’azione, nulla osta a ritenere che la responsabilità per le sanzioni amministrative che ne discendono non può che essergli addebitata in toto, mandando “assolto”( in quanto incolpevole) il contribuente affidatario dell’incarico. Ad ogni buon conto, gioca rammentare come tra il cliente (contribuente) ed il commercialista si instauri un contratto d’opera intellettuale, il quale trova il suo fondamento proprio in uno stretto e connesso rapporto fiduciario intercorrente tra le parti, in ragione del quale il cliente assegna l’incarico al professionista qualificato per l’adempimento delle relative funzioni.

A sostegno di quanto innanzi dedotto, si abbia riguardo a quanto previsto dall’art. 6 comma 3 del medesimo testo normativo che, in tema di cause di non punibilità, così prevede ” Il contribuente, il sostituto e il responsabile d’imposta non sono punibili quando dimostrano che il pagamento del tributo non e’ stato eseguito per fatto denunciato all’autorità giudiziaria e addebitabile esclusivamente a terzi”. Nonostante il dato normativo appaia di cristallina comprensione, non sono stati infrequenti i casi in cui i giudici di merito (unitamente alla posizione assunta dall’Amministrazione Finanziaria) abbiano fatto falsa applicazione della normativa in tema di sanzioni amministrative per violazioni esclusivamente riferibili al professionista, spesso e volentieri dando luogo alla irrogazione delle sanzioni nei riguardi dei contribuenti, ignari, incolpevoli e molte volte addirittura vittime di veri e propri raggiri tesi a loro danno da parte degli stessi professionisti.

Ebbene, l’esigenza di dirimere tale contrasto interpretativo che, in molteplici occasioni, ha dato luogo ad una difformità di giudizi, ha animato e sospinto i giudici di legittimità, i quali con sentenza n.29561 del 16.11.2018 hanno enucleato il seguente principio di diritto, così sintetizzabile: a fronte di una omissione imputabile al commercialista, il quale ha inspiegabilmente omesso di attivarsi per farvi fronte, alcun addebito di responsabilità potrà essere mosso nei confronti del singolo contribuente che, venuto a conoscenza dell’inerzia del professionista, si sia prontamente attivato per denunciare il fatto alle autorità competenti.

Alla luce di quanto statuito dagli Ermellini, non pare revocabile in dubbio che le sanzioni amministrative scaturenti dalla violazione della normativa tributaria (quale ad es. l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi per conto del cliente “mandante” da parte del commercialista) debbano esclusivamente ed irrimediabilmente farsi ricadere nella sfera giuridica del professionista, da considerarsi unico soggetto responsabile della omissione. A piena discolpa di qualsivoglia profilo di responsabilità del contribuente, i Giudici di Piazza Cavour, sposando una interpretazione letterale della normativa in tema di sanzioni amministrative per le violazione tributarie, hanno correttamente ritenuto che il cliente debba essere esonerato da ogni addebito ogniqualvolta egli, resosi conto del comportamento irrituale del professionista delegato, si sia attivato tempestivamente al fine di portare a conoscenza delle autorità competenti le violazioni commesse.

Una tale condotta, pertanto, costituisce chiara “causa di non punibilità” per il contribuente incolpevole, il quale non può che andare esente da rimproveri e condanne a sanzioni amministrative.

Pertanto, a suggello del proprio iter logico-decisionale, i Giudici Supremi hanno affermato che “Ai sensi del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 5, la violazione delle norme tributarie suscettibile di sanzione richiede che il comportamento addebitato sia posto in essere con dolo o anche colpa; il contribuente a cui venga contestata la mancata presentazione della dichiarazione dei redditi non può considerarsi esente da colpa per il solo fatto di aver incaricato un professionista delle relative adempienze, dovendo egli altresì allegare e dimostrare, al fine di escludere ogni profilo di negligenza, di avere svolto atti diretti a controllare la loro effettiva esecuzione; la prova è tuttavia superabile a fronte di un comportamento fraudolento del professionista, finalizzato a mascherare il proprio inadempimento” (Cass. 12473/2010). La CTR ha osservato, al riguardo, che il commercialista di fiducia della V. era stato denunciato all’autorità giudiziaria per la sua negligente condotta ed ha rilevato che “la mancata osservanza degli obblighi di natura formale e sostanziale, nonché tutte le irregolarità riscontrate, erano dipesi dal comportamento del commercialista della contribuente in buona fede”.


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Stefano Cazzato

Laureato in Legge presso l’Università del Salento con la votazione di 110/110 cum laude. Master di specializzazione in Diritto Tributario. Pratica forense presso l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Lecce. Collaboro attualmente con uno Studio Legale Tributario.

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