ESAME AVVOCATO: anche Bari conferma il proprio orientamento
T.A.R. Puglia, Bari, Sez. II, 09 ottobre 2015, n. 1298
a cura di Giacomo Romano
Il metodo di correzione basato sull’uso del solo voto numerico si rivela insufficiente in considerazione del carattere generico dei criteri elaborati dalla Commissione Centrale e seguiti dalla Commissione esaminatrice senza alcuna integrazione e/o specificazione; con la connessa impossibilità – in assenza di ulteriori esternazioni – di un serio riscontro dell’effettiva e corretta applicazione dei criteri stessi.
Il fatto
Nel caso in esame, la ricorrente impugnava il giudizio di valutazione negativa degli elaborati dalla stessa redatti in sede di esame per l’abilitazione all’esercizio della professione forense.
Le tre prove scritte –svolte, secondo la disciplina vigente, innanzi alla sottocommissione d’esame costituita presso la Corte d’appello di Bari ma corrette da quella costituita presso la Corte d’appello di Bologna– risultavano tutte insufficienti, avendo la candidata riportato i seguenti punteggi:
– diritto civile: 25;
– diritto penale: 25;
– atto processuale in materia civile: 25.
La candidata non veniva, pertanto, ammessa alla fase orale, in virtù del punteggio complessivo inferiore alla soglia minima di ammissione di 90 punti.
A supporto della domanda deduceva, in buona sostanza, il difetto assoluto di motivazione e violazione dei criteri di valutazione degli elaborati, eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza,difetto di istruttoria e ingiustizia manifesta.
Si costituivano in giudizio il Ministero della Giustizia e la Commissione Centrale per l’Esame di Stato per abilitazione all’Esercizio Professione Forense opponendo l’idoneità della sola motivazione numerica a sorreggere la valutazione degli elaborati da parte della Commissione esaminatrice, alla luce di quanto affermato dalla Corte Costituzionale con Ordinaza n. 78 del 20.3.2009 e, più recentemente, dal T.A.R. Lazio-Roma, con sentenza n. 7289 dell’18.7.2013, secondo cui “in sede di esame d’avvocato il voto numerico attribuito dalla Commissione esaminatrice esprime e sintetizza il giudizio tecnico-discrezionale della commissione medesima, contenendo in se la sua motivazione, senza bisogno di ulteriori spiegazioni e chiarimenti“.
Con ordinanza n. 587/2014 il T.A.R. accoglieva l’istanza cautelare proposta dalla ricorrente, disponendo la rinnovazione della valutazione delle prove scritte ad opera di altra sottocommissione, apponendo le annotazioni necessarie a far emergere l’iter logico seguito.
La decisione
Nel verbale di valutazione delle prove scritte, la Commissione esaminatrice, istituita presso la Corte di Appello di Bologna, si è limitata a recepire i criteri generali definiti dalla Commissione centrale, riportandoli nella loro genericità, senza ulteriori integrazioni.
In secondo luogo, la Commissione stessa ha proceduto alla correzione di ciascun compito esprimendo una valutazione in forma puramente numerica, senza che vi sia traccia negli elaborati di indicazioni o sottolineature o correzioni operate dagli esaminatori.
Ebbene, a parere dei giudici baresi, il metodo di correzione basato sull’uso del solo voto numerico si rivela nella fattispecie insufficiente proprio in considerazione dell’evidenziato carattere generico dei criteri elaborati dalla Commissione Centrale e seguiti dalla Commissione esaminatrice senza alcuna integrazione e/o specificazione, come risulta dal relativo verbale; con la connessa impossibilità – in assenza di ulteriori esternazioni – di un serio riscontro dell’effettiva e corretta applicazione dei criteri stessi.
Il giudizio di insufficienza della prova potrebbe infatti esser stato determinato da uno qualsiasi dei criteri generali, tale da non consentire alla candidata di avere piena conoscenza di eventuali errori.
Peraltro, il T.A.R. ha riscontrato anche la lamentata assenza sull’elaborato scritto di indicazioni, sottolineature o correzioni che valgano ad esternarne l’operato come richiesto dall’articolo 46, comma 5, della legge 31 dicembre 2012 n. 247; norma che, benché non ancora applicabile per il termine dilatorio di quattro anni contenuto nel successivo articolo 49, costituisce idoneo supporto sul piano interpretativo, in linea con i principi di trasparenza dettati dal generale obbligo di motivazione introdotto dall’articolo 3 della legge 241/1990.
In assenza di un giudizio fraseologico non vi è modo, dunque, di ricostruire la motivazione dei giudizi espressi, neanche ab esterno; sicché vizi di difetto di motivazione ed istruttoria sono fondati (in tal senso peraltro ex multis Tar Lazio, sez. III, ord. 15 settembre 2014, n. 4373; ord. 11 settembre 2014, n. 4280; T.A.R. Calabria – Catanzaro, 3 ottobre 2014, n. 535).
In conclusione, l’Amministrazione è stata condannata a riesaminare gli elaborati della ricorrente apponendo le annotazioni necessarie a far emergere l’iter logico seguito, in commissione con diversa composizione ed insieme agli elaborati di altri candidati estratti a caso (in numero minimo di dieci), attribuendo anche a questi ultimi un giudizio ai soli fini di assicurare l’anonimato.
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Avv. Giacomo Romano
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