Esame avvocato: quando il compito è copiato da un libro
L’annullamento della prova copiata da un testo introdotto abusivamente.
In alcuni casi, i tribunali amministrativi si sono occupati di irregolarità commesse da candidati i quali, nel corso delle prove scritte, erano riusciti a venire in possesso delle soluzioni contenute nelle pubblicazioni dei pareri editi dalle case editrici.
In questi casi la sottocommissione, dopo aver riscontrato che l’elaborato conteneva trascrizioni pressoché integrali del tema svolto sul medesimo argomento pubblicato dalla casa editrice, annulla la prova e delibera di non procedere alla valutazione degli altri elaborati.
Copiosa è la giurisprudenza in tema di legittimità dell’esclusione di candidati in presenza di elaborati che presentino palesi tratti di non originalità dovuti alla “copiatura” di interi brani da testi in commercio.
A nulla rileva, a tale riguardo, che taluni “passi” della citazione siano anche contenuti in un codice commentato del quale sia ammessa la consultazione in sede di svolgimento delle prove scritte, qualora l’elaborato contenga trascrizioni pressoché integrali rispetto a testi di pareri svolti ed editi da una casa editrice.
Siamo in presenza, in questo caso, della riproduzione di un testo non ammesso a consultazione che integra i presupposti di legge per disporre l’impugnato annullamento delle prove d’esame.
Al riguardo, a livello interpretativo, merita di essere richiamato in materia, per analogia alla fattispecie in esame, l’indirizzo della Cassazione che ha ravvisato l’ipotesi del plagio anche qualora l’opera sia redatta utilizzando espressioni di mascheramento della contraffazione dello stesso testo, ossia quando «l’opera posteriore rileva i tratti essenziali di quella originale, copiata sostanzialmente in modo integrale con differenze di mero dettaglio volte al mascheramento della contraffazione» (Cass. 20295/2005).
La normativa sul plagio, come interpretata dalla giurisprudenza, mira in sostanza ad assicurare la genuinità e l’originalità dell’elaborato, in modo da garantire che la sua stesura sia frutto di elaborazione propria del candidato, nella costruzione e nella sequenza dei periodi, nell’esposizione dei concetti e nella produzione complessiva del testo, sicché se ne possano inferire le sue personali capacità di assimilazione, di apprendimento e di rielaborazione degli argomenti da sviluppare.
Ne consegue che la fattispecie rientra nella previsione di cui all’art. 23, ult. co., R.D. 37/1934 cit., che, come abbiamo visto, prevede l’annullamento degli elaborati qualora si accerti che il lavoro sia in tutto o in parte copiato da altro lavoro o da qualche pubblicazione.
A ciò consegue che la Commissione, qualora in sede di correzione degli elaborati riscontri che il contenuto dell’elaborato appaia conforme e sostanzialmente sovrapponibile a pubblicazioni non ammesse ai sensi della richiamata disposizione, può ragionevolmente ritenere che tale circostanza sia conseguente all’inosservanza del divieto di cui si è detto.
Difatti, per il solo fatto della loro identità o similarità totale o parziale, è ragionevole ritenere che l’elaborato sia stato redatto in violazione delle regole di comportamento stabilite dalla legge per la compilazione delle prove scritte, regole poste a garanzia della correttezza degli esami e a tutela della par condicio dei concorrenti (Cons. Stato 616/2004).
In casi del genere, non può ritenersi che l’identità degli elaborati possa spiegarsi per il tramite dei princìpi di diritto tratti dai codici commentati che legittimamente i candidati possono consultare in sede di esame.
Innanzitutto, i codici commentati devono contenere solo massime e il richiamo a massime giurisprudenziali riportate nei codici annotati è consentito a condizione che i relativi riferimenti testuali siano adeguatamente virgolettati e siano indicati gli estremi della decisione citata.
Ciò significa che la consultabilità della giurisprudenza in forma di sole massime non consente una copia indiscriminata ma, al contrario, costituisce un potenziale elemento di innalzamento del livello culturale dell’elaborato, nel senso che il “parere” della prova pratica deve essere “costruito” nella consapevolezza degli orientamenti giurisprudenziali vigenti, al fine poi di segnalare l’uniformità della propria tesi agli stessi o la motivata difformità dagli indirizzi dominanti (Tar Campania 1045/2011), dimostrandosi rilevante la capacità di argomentare adeguatamente le conclusioni tratte anche se difformi dal prevalente indirizzo giurisprudenziale o dottrinario (Tar Reggio Calabria 590/2015).
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