Esame Avvocato: il Consiglio di Stato decide di non attendere la decisione dell’Adunanza plenaria
Consiglio di Stato, sez. IV, 17 luglio 2017, n. 3480
Una candidata partecipava all’esame per l’abilitazione all’esercizio della professione forense e, all’esito della correzione degli elaborati, veniva valutata negativamente e non ammessa alla fase delle prove orali.
La candidata impugnava il provvedimento a lei avverso con un ricorso che il T.A.R. per la Puglia, sez. II, accoglieva con sentenza in forma semplificata 28 ottobre 2015, n. 1384, annullando i giudizi impugnati e disponendone la rinnovazione, con garanzia dell’anonimato.
Il Tribunale regionale riteneva fondata la censura di difetto di motivazione in quanto la commissione esaminatrice istituita presso la Corte d’appello locale: a) si sarebbe limitata a recepire i criteri generali definiti dalla commissione centrale, riportandoli in via tralaticia e senza ulteriori integrazioni e specificazioni; b) avrebbe espresso una valutazione in forma puramente numerica, dunque con metodo insufficiente proprio in considerazione sia del carattere generico dei criteri della commissione centrale sia della totale mancanza, negli elaborati, di alcuna traccia di indicazioni o sottolineature o correzioni operate dagli esaminatori; ciò, anche in violazione dell’art. 46, comma 5, della legge 3 dicembre 2012, n. 247, che, sebbene non ancora immediatamente applicabile ratione temporis, costituirebbe idoneo supporto interpretativo in linea con i principi di trasparenza e con il generale obbligo di motivazione; c) in definitiva, gli atti non rilevavano alcun segno, grafico o testuale, che potesse fungere da tramite logico-argomentativo tra i criteri generali e l’espressione finale numerica del singolo giudizio.
Ebbene, il Collegio, ribadendo un orientamento largamente prevalente, “se non quasi univoco“, del Consiglio di Stato e della Sezione in particolare, ha affermato che: a) in tema di esami per l’accesso alla professione di avvocato, il potere di valutazione esercitato dalle commissioni di esame è espressione di ampia e qualificata discrezionalità tecnica, il cui concreto esercizio può essere soggetto al sindacato di legittimità del giudice amministrativo limitatamente al riscontro del vizio di eccesso di potere per manifesta illogicità, con riferimento ad ipotesi di erroneità o irragionevolezza riscontrabili ab externo e ictu oculi dalla sola lettura degli atti (cfr. da ultimo sez. IV, 2 marzo 2017, n. 973); b) la circostanza che la commissione esaminatrice abbia adottato tout court i criteri dettati dalla commissione centrale non integra alcun vizio, trattandosi di una decisione che rientra pienamente in una sfera di discrezionalità tecnica esercitata in modo non irragionevole e dunque insindacabile; come, all’inverso, non spiega alcun effetto invalidante l’inosservanza delle raccomandazioni formulate dalla commissione centrale in tema di modalità procedimentali aggiuntive, che non hanno carattere cogente (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 973/2017, cit., ove riferimenti ulteriori); c) ai fini della motivazione, il voto numerico è pienamente sufficiente, anche alla luce della nota decisione della Corte costituzionale (sentenza 8 giugno 2011, n. 175; e sulla scia, fra le tante, sez. V, 26 maggio 2015, n. 2629; sez. IV, 23 maggio 2016, n. 2110; sez. IV, ordinanza 29 luglio 2016, n. 3141; sez. IV, 27 settembre 2016, n. 3946; sez. IV, ordinanza 4 novembre 2016, n. 4952; sez. IV, 8 febbraio 2017, n. 558) e tenuto conto della sufficienza dei criteri generali relativi alla correzione degli elaborati, che non richiedono da parte delle sottocommissioni alcuna ulteriore specificazione o collegamento con l’estrinsecazione strettamente docimologica della valutazione; d) non ha alcun rilievo l’assenza di segni di correzione, laddove al contrario solo se la commissione ritenga di apporre sottolineature o segni può ammettersi la valutazione della loro coerenza con affermazioni, concetti e principi espressi nell’elaborato;e) non consente alcun dubbio interpretativo (nel senso di una pretesa immediata applicabilità immediata) la disposizione dell’art. 46, comma 5, della legge n. 247/2012, in combinato disposto con il chiarissimo tenore del successivo art. 49, che tiene ferma l’applicabilità delle norme previgenti “sia per quanto riguarda le prove scritte e le prove orali, sia per quanto riguarda le modalità di esame” per i primi due (poi quattro, ora cinque) anni successivi all’entrata in vigore della legge, anche in disparte la considerazione che il comma 6 dell’art. 46 rinvia comunque ad apposito regolamento del Ministro della giustizia, da emanare sentito il Consiglio Nazionale Forense, per disciplinare le “le modalità e le procedure di svolgimento dell’esame di Stato e quelle di valutazione delle prove scritte ed orali”, sia pure sulla base dei criteri generali enunciati dal medesimo comma 6 (cfr. sez. IV, 30 settembre 2016, n. 4040; sez. IV, 21 aprile 2017, n. 1873).
A proposito degli indirizzi giurisprudenziali appena rammentati, il Collegio non ha ignorato il diverso orientamento che ha indotto il C.G.A.R.S. a deferire all’Adunanza plenaria – con ordinanza 2 maggio 2017, n. 206 – le questioni: a) se l’art. 49 della legge 247/2012 escluda l’(immediata) applicazione dell’art. 46, comma 5, della stessa legge; b) se il voto numerico sia capace di esprimere e sintetizzare il giudizio tecnico – discrezionale della commissione senza ulteriori oneri motivazionali.
Tuttavia, anche valutate le ragioni esposte dal Consiglio siciliano (nell’ordinanza di rimessione e, ancor prima, nell’ordinanza cautelare 21 novembre 2016, n. 725), il Collegio ha ritenuto di non doversi discostare da quella che “la stessa ordinanza di rimessione considera la giurisprudenza prevalente del Consiglio di Stato” e di conseguenza, anche in difetto di richiesta della parte privata (peraltro non costituita), non ha scorto motivo per sospendere il giudizio in attesa della decisione che l’Adunanza plenaria adotterà sulle questioni sollevate.
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