Esame avvocato: sull’illegittima composizione della commissione esaminatrice alle prove orali

Esame avvocato: sull’illegittima composizione della commissione esaminatrice alle prove orali

T.A.R. Molise – Campobasso, sez. I, 17 agosto 2016, n. 335

a cura di Giacomo Romano

Una candidata all’esame di abilitazione all’esercizio della professione forense sessione 2014-2015 impugnava il provvedimento con il quale veniva ritenuta, all’esito della prova orale, non idonea. Agiva, così, per l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, del predetto provvedimento.

Secondo la ricorrente anche nell’espletamento delle singole prove la Commissione dovrebbe essere formata da rappresentanti delle tre categorie (avvocati, magistrati e professori universitari) sulla base della proporzione indicata dall’art. 47 della l. n. 247/2012. Tale disposizione sarebbe poi di immediata applicazione, con la conseguente illegittimità della valutazione compiuta alla seduta del 19 novembre mancando il magistrato nella commissione che ha svolto l’esame orale;

In base alla nuova disciplina introdotta dalla l. n. 247/2012 tutte le componenti previste all’art. 47 (avvocati, magistrati e professori universitari) dovrebbero essere presenti in ogni momento dello svolgimento dei lavori, essendo venuta meno la previsione di cui all’art. 22, co. 5, del R.D. n. 1578/1933 secondo cui i membri supplenti potevano supplire qualunque membro effettivo assente, a prescindere dalla categoria di appartenenza.

Sul punto, occorre preliminarmente distinguere tra le previsioni della nuova disciplina dell’ordinamento forense che riguardano le modalità di svolgimento delle prove da quelle che attengono ai criteri di composizione della commissione.

La distinzione rileva perché la disciplina transitoria, che prevede un rinvio di quattro anni dell’entrata in vigore delle disposizioni sugli esami di avvocato, non riguarda le disposizioni concernenti la composizione della commissione, riferendosi solo alle prescrizioni relative alle “prove scritte” e alle “prove orali” oltre che alle “modalità di esame”.

Né varrebbe obiettare che in quest’ultima locuzione sarebbero inclusi anche gli aspetti relativi alla composizione della Commissione, perché, su di un piano strettamente logico-formale, le “modalità” dell’esame attengono all’esercizio della funzione, non al soggetto che la compie. Pertanto, la natura di norma eccezionale dell’art. 49 (in quanto pone una deroga all’entrata in vigore della Riforma) e la conseguente interpretazione letterale della stessa non consentono di ravvisare i presupposti per ritenere ammissibile la diversa composizione della Sottocommissione d’esame rispetto a quanto risulta essere stato osservato (cfr., tra le altre, TAR Lazio, sez. II ter, 6 maggio 2016, n. 5325).

A favore della tesi dell’immediata applicabilità della nuova disciplina in tema di composizione delle commissioni depone inoltre la circostanza che l’amministrazione ha provveduto alla nomina della Sottocommissione nella composizione prevista dalla nuova disciplina (tre avvocati, un magistrato ed un professore o ricercatore universitario), anziché in quella prevista dalla disciplina previgente (cfr. TAR Lombardia, sez. III, 11 aprile 2016, n. 692).

Ravvisata l’applicabilità anche alla fattispecie in esame della nuova disciplina concernente la composizione della commissione dell’esame di abilitazione all’esercizio della professione di avvocato, occorre stabilire se tali regole consentano ancora la piena fungibilità tra membri effettivi e supplenti di guisa che questi ultimi possano sostituire qualunque membro effettivo anche se appartenente a categoria diversa, ovvero se, invece, le tre categorie professionali che il Legislatore ha indicato (avvocati, magistrati e professori universitari) debbano invariabilmente partecipare a tutte le operazioni di esame.

Giova prendere le mosse dall’art. 47 della l. n. 247/2012 a mente del quale: «1. La commissione di esame è nominata, con decreto, dal Ministro della giustizia ed è composta da cinque membri effettivi e cinque supplenti, dei quali: tre effettivi e tre supplenti sono avvocati designati dal CNF tra gli iscritti all’albo speciale per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori, uno dei quali la presiede; un effettivo e un supplente sono di regola prioritariamente magistrati in pensione, e solo in seconda istanza magistrati in servizio; un effettivo e un supplente sono professori universitari o ricercatori confermati in materie giuridiche. 2. Con il medesimo decreto, presso ogni sede di corte d’appello, è nominata una sottocommissione avente composizione identica alla commissione di cui al comma 1. 3. Presso ogni corte d’appello, ove il numero dei candidati lo richieda, possono essere formate con lo stesso criterio ulteriori sottocommissioni per gruppi sino a trecento candidati».

La legge 247/2012 non riproduce la norma, contenuta nel previgente art. 22, comma 5, del RD 27 novembre 1933, n. 1578, recante Ordinamento delle professioni di avvocato e di procuratore, in base alla quale: «…I supplenti intervengono nella commissione e nelle sottocommissioni in sostituzione di qualsiasi membro effettivo…», su cui si fondava lo stabile orientamento giurisprudenziale, formatosi nel vigore delle previgenti disposizioni legislative, secondo cui i componenti delle commissioni giudicatrici degli esami di abilitazione all’esercizio della professione forense sono fra loro pienamente fungibili (ex plurimis, Cons. Stato, Sez. IV, 17 settembre 2004, n. 6155).

Tale mancata riproduzione costituisce, secondo il Collegio, un forte indizio della necessaria presenza nelle singole sedute della commissione di esame delle tre diverse realtà del mondo giuridico (forense, magistratuale ed accademica) nelle proporzioni stabilite dal citato comma 1 dell’art. 47, sul presupposto che gli esponenti di ciascuna delle tre predette categorie sia portatrice di sensibilità giuridiche connotate da diversi accenti e sfumature, che verosimilmente condurrà l’esponente di ciascuna professionalità a valorizzare, in sede di correzione degli elaborati, differenti aspetti delle prove di esame, cosicché l’alterazione del peso delle componenti interne alla commissione potrebbe determinare un diverso esito dell’esame.

Del resto, se così non fosse e se si consentisse la piena fungibilità tra i membri, la previsione della nuova legge che dispone che anche i supplenti debbano essere designati rispettando lo stesso criterio di rappresentatività ovvero tre avvocati un professore universitario e un magistrato, potrebbe restare nell’applicazione pratica del tutto frustrata.

Sul punto della piena fungibilità non si ignora un orientamento della giurisprudenza di merito ritiene ancora applicabile la previsione di cui all’art. 22, co. 5, del R.D. n. 1578/1933, in quanto formalmente non abrogato dalla nuova legge (cfr. TAR Lazio sez. II ter, 9 maggio 2016, n. 5430), tuttavia, oltre alle considerazioni appena esposte, si rileva in contrario come la partecipazione ai lavori della Commissione anche di categorie professionali diverse dagli avvocati costituisca un logico predicato della ratio che pervade la riforma e che è tesa a limitare i conflitti di interesse e le logiche corporative interne alla categoria forense.

Ciò induce a ritenere che la volontà del Legislatore sia nel senso di far venire meno il principio di fungibilità fra membri effettivi e membri supplenti indipendentemente dalla qualifica professionale (in tal senso TAR Sicilia – Catania, Sez. IV, 27 novembre 2015, n. 2784).

Inoltre l’art. 65, co. 1, della nuova legge 247/2012 prevede che le disposizioni del R.d. 1578/1933 non abrogate espressamente, tra cui l’art. 22, co. 5, anche se non richiamate si applichino solo “se necessario” fino alla data di entrata in vigore dei regolamenti previsti nella legge stessa.

Sennonché la disciplina della composizione delle commissioni è stata interamente ed organicamente regolata dall’art. 47 della legge 247/2012, tanto che la disposizione appare in grado di assicurare in via autonoma l’attività delle commissioni, le quali possono operare senza necessità di ulteriori norme, senza quindi bisogno di ricorrere all’art. 22, comma 5, del RD 1578/1933.

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Avv. Giacomo Romano

Ideatore e Coordinatore at Salvis Juribus
Nato a Napoli nel 1989, ha conseguito la laurea in giurisprudenza nell’ottobre 2012 con pieni voti e lode, presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II, discutendo una tesi in diritto amministrativo dal titolo "Le c.d. clausole esorbitanti nell’esecuzione dell’appalto di opere pubbliche", relatore Prof. Fiorenzo Liguori. Nel luglio 2014 ha conseguito il diploma presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali dell'Università degli Studi di Napoli Federico II. Subito dopo, ha collaborato per un anno con l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli occupandosi, prevalentemente, del contenzioso amministrativo. Nell’anno successivo, ha collaborato con uno studio legale napoletano operante nel settore amministrativo. Successivamente, si è occupato del contenzioso bancario e amministrativo presso studi legali con sede in Napoli e Verona. La passione per l’editoria gli ha permesso di intrattenere una collaborazione professionale con una nota casa editrice italiana. È autore di innumerevoli pubblicazioni sulla rivista “Gazzetta Forense” con la quale collabora assiduamente da giugno 2013. Ad oggi, intrattiene collaborazioni professionali con svariate riviste di settore e studi professionali. È titolare di “Salvis Juribus Law Firm”, studio legale presso cui, insieme ai suoi collaboratori, svolge quotidianamente l’attività professionale avendo modo di occuparsi, in particolare, di problematiche giuridiche relative ai Concorsi Pubblici, Esami di Stato, Esami d’Abilitazione, Urbanistica ed Edilizia, Contratti Pubblici ed Appalti.

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