Esame di abilitazione forense: correzione telematica degli scritti?
L’Esecutivo ha manifestato espressamente in più circostanze la volontà di riformare radicalmente l’esame di abilitazione alla professione di avvocato. L’ultima occasione, in ordine cronologico, è avvenuta in occasione della richiesta di parere al Consiglio di Stato sullo schema di regolamento recante una modifica alla disciplina dei corsi di formazione per i praticanti avvocato (regolati dal decreto ministeriale 9 febbraio 2018, n. 7). Questa modifica, che comporterà la proroga dell’entrata in vigore dell’obbligo di frequenza di questi corsi – previsto per gli iscritti a partire dal 1° aprile 2020 -, è stata motivata dal Governo con la prospettiva di una “prossima revisione della disciplina dell’esame di Stato”, da attuare entro l’orizzonte dei prossimi due anni.
La riforma delle modalità di accesso alla professione è, comunque, un’esigenza condivisa trasversalmente, ed avvertita da tutti gli operatori del settore, sebbene vi siano molte opinioni diverse sulle modalità e sui termini di attuazione.
In questo contesto, l’emergenza COVID-19 ha posto nuove problematiche in relazione allo svolgimento delle prove dell’esame di abilitazione, confermando tutta l’inadeguatezza del sistema attualmente in vigore. L’epidemia ha di fatto paralizzato il completamento degli esami orali della sessione 2018, la correzione delle prove scritte della sessione 2019, e mette un’ipoteca sullo svolgimento delle prove scritte della sessione 2020, il cui bando – di norma – dovrebbe uscire nel mese di giugno.
Una delle opzioni più in voga per uscire dall’impasse sembrerebbe essere lo svolgimento in modalità telematica degli orali 2018, e la correzione telematica delle prove scritte 2019.
Rispetto al primo scenario, non si pongono particolari problemi. In questi mesi abbiamo imparato che è possibile svolgere esami universitari, sedute di laurea e riunioni di organi collegiali in formato telematico, senza troppi stravolgimenti. Basta solo avere la possibilità di utilizzare una buona connessione internet.
Viceversa, rispetto alla correzione delle prove scritte in formato telematico, ad avviso di chi scrive, si pongono problemi di legittimità insormontabili.
Come il lettore forse saprà fin troppo bene, le prove scritte dell’esame di abilitazione alla professione di avvocato si tengono una volta l’anno, nel mese di dicembre. La legge impone che la prova debba svolgersi nelle stesse giornate in tutta Italia. Nei grandi distretti di Corte d’appello (Milano, Roma, Napoli) queste prove si tengono all’interno degli enormi ambienti delle strutture fieristiche. Si tratta di un’esperienza che segna tutti i candidati, a prescindere dall’esito; recentemente, la prova scritta è stata anche immortalata sul grande schermo in un gradevole film interpretato, tra gli altri, da Sergio Castellitto.
Le tre prove (un parere motivato in materia regolata dal codice civile, un parere motivato in materia regolata dal codice penale, un atto giudiziario a scelta tra un atto civile, penale o amministrativo) sono svolte su fogli protocollo vidimati e sottoscritti dal Presidente della Commissione distrettuale. Sulla “bella” del compito non devono apparire segni distintivi, correzioni o abrasioni. Ognuna delle tre prove, una volta svolta, viene imbustata in un plico numerato di colore diverso per le tre prove. Al termine della tre giorni di prova, i talloncini con il numero identificativo del candidato vengono rimossi dalle buste contenenti i compiti, che vengono identificate con un altro numero – a fini di garantirne l’anonimato -, e sono trasmesse ad altro distretto di Corte d’appello per la correzione da parte della commissione distrettuale.
La commissione è un collegio perfetto, e come tale dovrebbe procedere alla correzione delle prove una per una, tramite un esame congiunto da parte di tutti i commissari, che si estende sia della regolarità formale della prova che all’esame dei contenuti sostanziali. Per valutare l’elaborato, ogni commissario ha a disposizione dieci punti, ed il giudizio dovrebbe essere motivato.
Ebbene, è sufficiente questa descrizione per comprendere come non sembri possibile affermare la legittimità della correzione telematica degli elaborati, in quanto non sarebbe consentito a tutti i commissari di prendere visione della regolarità formale della prova. Immaginare una correzione telematica, infatti, presuppone che un commissario, al massimo due, e/o un funzionario della Corte d’appello siano presenti materialmente nei locali dove vengono custoditi i compiti, e che solo loro prendano visione dell’elaborato, rilevandone gli eventuali vizi dal punto di vista formale. Gli altri commissari si dovrebbero necessariamente associare nel giudizio sulla regolarità formale del compito. Quid iuris, laddove i commissari presenti non si accorgano od omettano di individuare irregolarità formali del compito, ad es. sbianchettature, abrasioni, correzioni, segni distintivi di vario genere, redazione su fogli non vidimati o comunque non regolari? Il giudizio espresso dalla commissione su quel compito sarà ancora valido?
Chi scrive è ben conscio di come avvenga, in realtà, oggi, la correzione degli elaborati, dal momento che le esigenze di serenità della valutazione cozzano con quella celerità imposta dallo stesso decreto ministeriale 48 del 25 febbraio 2016, che regolamenta le modalità di svolgimento dell’esame, fissando come termine ultimo per la correzione delle prove scritte sei mesi dallo svolgimento delle prove (quindi, di regola, la fine di giugno), prorogabili fino a novanta giorni per eccezionali ragioni.
Il problema della regolare conclusione della procedura dell’esame di abilitazione della sessione 2019 mette il dito nella piaga di una procedura di esame barocca, inefficiente ed inefficace, di una lunghezza esasperante per i candidati ed i commissari stessi, che non garantisce né un accesso meritocratico alla professione né un rapido accesso dei giovani giuristi al mondo del lavoro, ricordando che l’abilitazione all’esercizio della professione non è condicio sine qua non solo per l’iscrizione all’Albo, ma anche per la partecipazione a taluni concorsi pubblici. L’emergenza causata dal COVID-19 ha fatto solo cadere la foglia di fico su un esame che non sta al passo con i tempi né con le esigenze di nessuno degli stakeholders. Una riforma radicale dell’esame di abilitazione alla professione forense è ormai ineludibile.
Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
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