ESCLUSIONE: illegittima se determinata dalla mera pendenza di un procedimento penale
Cons. Stato, sez. IV, Pres. Giaccardi – Rel. Russo, 26 febbraio 2015, n. 965
L’esclusione di un candidato, motivata con riferimento alla mera pendenza di un procedimento penale al momento della presentazione della domanda di partecipazione ad una procedura concorsuale, adottata prescindendo del tutto dalla valutazione circa l’esito di tale procedimento, quand’esso – come nella specie – sia favorevole al candidato, nel frattempo pure immesso in servizio, si inserisce in un’ottica di rigida applicazione delle norme: ne deriva una lettura formalistica della documentazione, avulsa dal riscontro oggettivo dei fatti, che si risolve, in ultima analisi, in una distorsione dei canoni di legittimità e buon andamento dell’azione amministrativa.
Il fatto
Nel caso di specie, un volontario in ferma breve dell’Esercito Italiano, a seguito di una colluttazione veniva sottoposto ad indagini per il delitto di cui all’art. 588 co. 2 c.p. da parte della Procura di Verona; successivamente, egli assumeva lo status di imputato a seguito delle richieste del P.M..
Nel frattempo, il militare presentava domanda di partecipazione al concorso per l’ammissione di 1750 unità nel ruolo di volontari di truppa in servizio permanente dell’Esercito Italiano.
All’esito della procedura comparativa, il candidato si collocava in posizione utile ai fini dell’ammissione e veniva immesso nel ruolo dei volontari in servizio permanente dell’Esercito, con contestuale promozione al grado di I Caporal Maggiore.
A distanza di circa sei mesi dall’approvazione della graduatoria, veniva notificata al militare la comunicazione di avvio del procedimento di decadenza dalla nomina a vincitore di concorso ai sensi dell’art. 2 co. 2 e 4 del bando di concorso. In particolare veniva evidenziata la carenza del requisito previsto dell’art. 2 co. 1 lett. e) del bando (secondo cui i concorrenti all’atto di presentazione della domanda avrebbero dovuto dichiarare di “non avere procedimenti penali in corso per delitti non colposi”).
Sicché, veniva notificata al militare la decadenza dalla nomina a volontario di truppa in servizio permanente, a causa dell’esclusione dalla relativa graduatoria: conseguentemente, il servizio prestato in qualità di volontario di truppa in servizio permanente, era considerato eseguito in via di fatto dalla data di immissione in servizio.
Successivamente, il Tribunale di Verona pronunciava, in favore del militare, sentenza di assoluzione per il delitto a lui ascritto “perché il fatto non sussiste”.
Con ricorso al T.A.R. per il Veneto, il militare impugnava il provvedimento con cui era stato dichiarato decaduto dalla nomina di volontario di truppa in servizio permanente, affermandone l’illegittimità in quanto fondato su un’erronea interpretazione del bando, nonché per violazione di legge e difetto di motivazione.
Il T.A.R. per il Veneto, con sentenza n. 343 del 17 marzo 2014, respingeva il ricorso, ritenendo immune da censure l’operato dell’amministrazione.
Proposto gravame, il militare impugnava la decisione del T.A.R. deducendo, tra l’altro, che i requisiti di partecipazione alla procedura non sarebbero stati interpretati alla luce dei principi costituzionali: l’irragionevolezza dell’operato dell’amministrazione risulterebbe evidente in quanto il militare veniva escluso dalla graduatoria a causa della sua qualità di indagato, nonostante il bando richiedesse, quale requisito soggettivo, l’assenza di imputazioni per reati non colposi. In tal modo, sarebbe stata lesa la presunzione di innocenza di cui all’art. 27 co. 2 Cost..
La decisione
Il Consiglio di Stato ha, in primis, ribadito che il criterio di ragionevolezza impone di far prevalere la sostanza sulla forma qualora si sia in presenza di vizi meramente formali o procedimentali, in relazione a posizioni che abbiano assunto una consistenza tale da ingenerare un legittimo affidamento circa la loro regolarità (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 14 novembre 2014 n. 5609; id. 18 agosto 2009 n. 4958; id. 2 ottobre 2007, n. 5074).
Inoltre, il principio di proporzionalità va inteso “nella sua accezione etimologica e dunque da riferire al senso di equità e di giustizia, che deve sempre caratterizzare la soluzione del caso concreto, non solo in sede amministrativa, ma anche in sede giurisdizionale” (cfr. da ultimo Cons. Stato, sez. V, 21 gennaio 2015 n. 284).
Ebbene, nel caso di specie, il bando di concorso, all’art. 2 co. 1 lett. e) indicava, fra i requisiti di partecipazione, l’assenza di imputazioni in procedimenti penali in corso per delitti non colposi; il successivo co. 2 prevedeva, invece, che i requisiti “debbono essere posseduti alla data di scadenza del termine di presentazione della domanda di partecipazione al concorso e mantenuti fino alla data […] di decorrenza giuridica per l’immissione in servizio permanente”.
I giudici di Palazzo Spada hanno affermato che l’atto di approvazione della graduatoria, relativa alla procedura concorsuale, implica un preventivo esame, da parte dell’amministrazione, delle singole domande degli aspiranti volontari in servizio permanente: pertanto, è in tale sede che dovrebbero emergere eventuali criticità e carenze di requisiti tali da escludere taluno dei partecipanti.
Soffermandosi, poi, sul periodo di tempo indicato dall’art. 2 co. 2 del bando entro il quale i candidati devono possedere e mantenere i requisiti di moralità, i giudici hanno rilevato che una rigorosa applicazione della disposizione in esame determinerebbe una disparità di trattamento in violazione dell’art. 3 Cost.: in effetti mentre, correttamente, nessuna possibilità di esclusione sussiste nei confronti di chi non subisce un procedimento penale, viceversa dovrebbero essere esclusi dalla procedura i concorrenti nei cui confronti pende un procedimento penale nel periodo di tempo contemplato dalla norma, ancorché lo stesso si concluda con un’assoluzione.
Inoltre, con la conclusione del processo penale, da un lato, veniva meno ex post ogni formale motivo ostativo alla partecipazione alla procedura concorsuale indetta dalla Direzione Generale per il Personale Militare e, dall’altro lato, risulta privo di fondamento il provvedimento con cui il militare veniva dichiarato decaduto.
In definitiva, l’inizio di un procedimento penale non consente di emettere un giudizio definitivo circa la moralità e la professionalità di un aspirante volontario in ferma permanente, in coerenza con quanto disposto dall’art. 27 co. 2 Cost.. Di conseguenza, venuta meno l’imputazione a carico di un individuo, nessun dubbio può essere sollevato circa la sua idoneità morale a ricoprire quel determinato ruolo.
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Avv. Giacomo Romano
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