Esigenze cautelari: attualità del pericolo di reiterazione del delitto
Con la sentenza n. 24476 del 13/06/2016, la VI Sezione Penale della Corte di Cassazione coglie l’occasione per esprimersi sul rilievo del requisito dell’attualità del concreto pericolo di reiterazione del reato, inserito all’art. 274, co. 1 lett. c) c.p.p. dalla L. n. 47/2015.
Alla base del provvedimento in commento, vi è la vicenda di un socio dipendente di una S.r.l. indagato per turbativa d’asta nel viterbese, in relazione a due bandi di gara del 2014 e del 2015, e sottoposto alla misura degli arresti domiciliari con ordinanza emessa dal GIP del Tribunale di Viterbo l’8 febbraio 2016, che aveva ricevuto conferma da parte dell’adito Tribunale del Riesame di Roma.
Le statuizioni del Tribunale della Libertà venivano, tuttavia, impugnate dalla difesa dell’indagato, lamentando il vizio di motivazione in relazione alla sussistenza sia dei gravi indizi di colpevolezza a suo carico, sia della ritenuta esigenza cautelare connessa al pericolo di reiterazione del delitto, e prospettando altresì l’inosservanza dell’art. 292 c.p.p. in relazione all’art. 274, co. 1 lett. c) c.p.p.
In particolare, per quanto concerne tale ultimo rilievo, si sosteneva l’omessa valutazione dell’attualità del pericolo di recidiva, sottolineando come le intervenute dimissioni dell’indagato e l’attestarsi dei fatti allo stesso contestati ad un lasso temporale ben circoscritto e risalente ad almeno un anno prima rispetto al giudizio di riesame deponessero, invero, nel senso di escludere la ritenuta esigenza cautelare.
Con la sentenza n. 24476, la VI Sezione Penale accoglieva le doglianze formulate dall’indagato esclusivamente in merito alle esigenze cautelari, particolarmente circa la mancanza di attualità del pericolo, rigettando per converso il proposto ricorso in punto di gravità indiziaria.
Nello specifico, la Corte Suprema rammentava come, a seguito della novella del 2015, il giudice sia tenuto a verificare che il pericolo di reiteratio criminis si presenti non più solo in termini di concretezza, ma altresì come “attuale”.
Ed invero, il requisito dell’attualità del pericolo non rappresenta una novità in materia di esigenze cautelari. Infatti, già nella sua formulazione antecedente alle modifiche apportate con L. n. 47/2015, il disposto dell’art. 274 c.p.p. indicava tale criterio quale elemento necessario ai fini della valutazione del pericolo per l’acquisizione e la genuinità del materiale probatorio, di cui alla lett. a) della norma citata.
Sin in epoca anteriore alla recente riforma, i giudici di legittimità si erano, peraltro, già trovati a delineare il significato di attualità del pericolo, mettendo in luce come la stessa presupponga una prognosi positiva circa il prossimo verificarsi di occasioni utili a consentire al soggetto di porre in essere il fatto temuto[1].
Partendo da tali presupposti si evidenziava, pertanto, come il concetto di concretezza si distinguesse nettamente da quello di attualità del pericolo: mentre il primo, infatti, richiede unicamente la presenza di dati reali ed effettivi mediante i quali è possibile affermare che il reo tornerà a delinquere, il secondo si basa sull’esistenza di occasioni prossime favorevoli alla reiterazione del delitto[2].
Facendo proprie tali linee interpretative, non si può quindi convenire con quella tesi, per vero rimasta isolata, che, all’indomani dell’entrata in vigore della novella del 2015, aveva tentato di ridimensionare il rilievo dell’espresso inserimento del requisito dell’attualità nel contesto della lett. c) dell’art. 274 c.p.p., sino a prospettarne il mero valore simbolico, quale rafforzativo di un principio già insito nel concetto di concretezza[3].
A seguito di tale arresto, la Corte Suprema era, del resto, già ritornata sui suoi passi, rimarcando a più riprese la netta distinzione tra i due giudizi. Infatti, mentre il pericolo può dirsi concreto laddove possa affermarsi che qualora se ne presenti l’opportunità, sicuramente il reo commetterà altri reati della stessa specie di quello già oggetto di giudizio, per potersi ritenere che lo stesso sia anche attuale è necessario che la medesima certezza prognostica involga altresì il prossimo verificarsi dell’occasione di reiterare il delitto[4].
Aderendo a tale orientamento, la sentenza in commento mette pertanto in luce come, lungi dal rappresentare un’endiadi priva di risvolti pratici, l’inserimento del requisito dell’attualità accanto a quello della concretezza del pericolo di reiterazione del delitto, imponga al giudice una più compiuta valutazione dell’effettiva pericolosità del reo.
Dovendo, infatti, il pericolo di reiteratio criminis presentarsi come attuale, oltre che concreto, il giudizio prognostico non può più fondarsi esclusivamente sull’assunto ipotetico che se si presenterà l’occasione, sicuramente (o con elevato grado di probabilità) il prevenuto reitererà il delitto, ma è necessario seguire il seguente schema logico: siccome è certo (o altamente probabile) che si presenterà l’opportunità, altrettanto certamente (o con elevato grado di probabilità) la persona sottoposta alle indagini tornerà a delinquere[5].
A ben vedere, peraltro, la modifica apportata all’art. 274 c.p.p. consente di individuare la ratio complessiva della riforma attuata con L. n. 47/2015 nella necessità di richiedere al Giudice un più profondo sforzo motivazionale in materia di misure cautelari, che si rivela tanto più stringente quanto maggiore sia il lasso di tempo intercorso tra la commissione del reato e l’adozione dell’ordinanza cautelare. Esigenza, quest’ultima, che già era stata evidenziata dalla Corte di legittimità[6] in epoca anteriore all’entrata in vigore della novella, nell’esprimersi sul rilievo del riferimento al tempo trascorso dal delitto di cui all’art. 292, co. 1 lett. c) c.p.p.
[1] Cass. Pen., Sez. 6, sent. 28618 del 05/04/2013;
[2] In tal senso, ad es., Cass. Pen., Sez. 1, sent. 25214 del 03/06/2009 e Cass. Pen., Sez. 1, sent. 10327 del 15/03/2012;
[3] Cass. Pen., Sez. 1, sent. 5787 del 21/10/2015;
[4] Si vedano sul punto, tra le altre, Cass. Pen., Sez. 3, sent. 49218 del 27/10/2015 e Cass. Pen., Sez. 2, sent. 50343 del 03/12/2015;
[5] In tal senso si era già espressa Cass. Pen., Sez. 3, sent. 37087 del 19/05/2015;
[6] Su tutti SS.UU., sent. 40538 del 24/09/2009.
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Claudia Bogatto
Avvocato del Foro di Bologna.
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