Etica e legalità del lavoro pubblico
Esiste un’etica del lavoro pubblico? L’approccio etico alle relazioni di potere è connaturato con l’esigenza umana di dare ordine, razionalità e senso ai rapporti che intercorrono fra le persone in una società.
È necessaria un’etica del lavoro che non abbia un valore strumentale, che non sia cioè una necessità cui ci si deve sottomettere per poter vivere, ma che offra la possibilità di realizzare valori specifici, di arricchire, quindi, di senso la vita umana.
Tale etica assume, poi, una connotazione ancora più importante nel lavoro pubblico, nel quale il lavoratore ha come fine non i beni materiali, ma l’amministrazione del bene comune e dell’interesse generale [1].
Migliorare il legame tra i cittadini e la pubblica amministrazione comporta perfezionare il rapporto tra l’etica e la legalità nel pubblico impiego. Valorizzare il lavoro dei dipendenti pubblici esige il coinvolgimento degli stessi al cambiamento. E la loro motivazione.
Il Codice disciplinare e il Codice di comportamento dei dipendenti pubblici sono la base per correggere il pubblico impiego e per raggiungere lo sviluppo qualitativo della pubblica amministrazione [2].
Il Codice disciplinare
Il Codice disciplinare stabilisce le infrazioni e le relative sanzioni nelle procedure disciplinari dei dipendenti pubblici.
Il Decreto Legislativo 27 ottobre 2009 numero 150 “Attuazione della Legge 4 marzo 2009, numero 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni” ha modificato ed integrato le norme contrattuali preesistenti e, all’articolo 68, comma 2, ha previsto che, ferma la disciplina in materia di responsabilità civile, amministrativa, penale e contabile, ai rapporti di lavoro di cui al comma 1 si applica l’articolo 2106 del codice civile [3].
Salvo, inoltre, quanto previsto dalle disposizioni del Capo V del Titolo IV, la tipologia delle infrazioni e delle relative sanzioni è definita dai contratti collettivi.
La pubblicazione sul sito istituzionale dell’amministrazione del codice disciplinare, recante l’indicazione delle predette infrazioni e relative sanzioni, equivale a tutti gli effetti alla sua affissione all’ingresso della sede di lavoro.
Il Codice di comportamento dei dipendenti pubblici
Il Codice di comportamento dei dipendenti pubblici, approvato con decreto del Presidente della Repubblica numero 62 del 16 aprile 2013, ai sensi del vigente articolo 55, comma 2, del Decreto legislativo 165/2001 e dell’articolo 25, comma 8, del CCNL 16 maggio 1995 (come modificato dal CCNL 12 giugno 2003 e dal CCNL 14 settembre 2007), definisce, invece, obblighi di diligenza, lealtà, imparzialità e buona condotta che i pubblici dipendenti sono tenuti ad osservare [4].
Tali doveri di condotta sono estesi anche a tutti i collaboratori o consulenti della Pubblica Amministrazione, inclusi i collaboratori degli uffici di diretta collaborazione delle autorità politiche.
Il codice sancisce che la violazione degli obblighi previsti nel codice di comportamento, al pari delle prescrizioni contenute nel Piano per la prevenzione della corruzione, è fonte di responsabilità disciplinare, rilevante anche ai fini della responsabilità penale, civile, amministrativa e contabile. Quanto al tipo e all’entità della sanzione disciplinare concretamente applicabile è previsto che si debba tener conto della gravità del comportamento e del pregiudizio, anche morale, cagionato “al decoro o al prestigio dell’amministrazione di appartenenza”.
L’articolo 54, comma 5, del Decreto Legislativo 30 marzo 2001 numero 165, stabilisce, inoltre, che ciascuna amministrazione definisca, con procedura aperta alla partecipazione, un proprio Codice di comportamento, che integri e specifichi il Codice di comportamento generale approvato con DPR 16 aprile 2013 numero 62.
Note
[1] Carlo Maria Martini, L’etica del lavoro pubblico, EticaPA, 4 aprile 2021, disponibile all’indirizzo https://www.eticapa.it/eticapa/carlo-maria-martini-letica-del-lavoro-pubblico/
[2] Ibidem
[3] L’articolo 2106 del Codice Civile stabilisce che l’inosservanza dei doveri di diligenza, di obbedienza o dell’obbligo di fedeltà di cui agli articoli 2104 e 2105 espone il lavoratore all’applicazione di sanzioni disciplinari di entità proporzionata alla gravità dell’infrazione commessa [e in conformità delle norme corporative].
La sanzione è irrogabile purché vi sia sussistenza ed imputabilità del fatto e adeguatezza della sanzione, ovvero proporzionalità tra infrazione e sanzione.
Le norme corporative sono state abrogate, quali fonti di diritto, per effetto della soppressione dell’ordinamento corporativo, disposta con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721 e delle organizzazioni sindacali fasciste, disposta con D. Lgs. 23 novembre 1944, n. 369.
[4] Il Codice di comportamento dei dipendenti pubblici ha ora natura regolamentare.
Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
Direttore responsabile Avv. Giacomo Romano
Listed in ROAD, con patrocinio UNESCO
Copyrights © 2015 - ISSN 2464-9775
Ufficio Redazione: redazione@salvisjuribus.it
Ufficio Risorse Umane: recruitment@salvisjuribus.it
Ufficio Commerciale: info@salvisjuribus.it
***
Metti una stella e seguici anche su Google News
The following two tabs change content below.
Avv. Tullio Facciolini
Latest posts by Avv. Tullio Facciolini (see all)
- Le procedure ambientali: la VAS e la VIA - 16 July 2022
- La retrocessione dei beni espropriati - 26 April 2022
- L’utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico - 20 March 2022