Factoring, cessione del credito e del contratto: analogie e differenze
Il principio consensualistico o dogma dell’efficacia traslativa del consenso di cui all’art. 1376 c.c. ha fatto venire meno l’antica dicotomia romanistica tra titulus e modus adquirendi, ragion per cui un contratto consensuale ad effetti reali si perfeziona per l’appunto con il solo consenso delle parti e tali effetti si producono immediatamente in sede di stipula del contratto stesso.
Orbene, sono assoggettate al principio in oggetto tanto la cessione del credito quanto quella del contratto, con la precisazione che la cessione é essa stessa un contratto.
Dall’art. 1260 c.c. si evince la libera cedibilità dei crediti e, in base al titolo da cui trae fondamento, la cessione può essere legale, giudiziale o negoziale.
Com’é intuibile, la prima si verifica ipso iure in virtù di una previsione normativa, la seconda richiede un decisum giudiziale e la terza, invece, un accordo tra le parti.
Quest’ultimo assurge a contratto tra cedente e cessionario, non richiedendosi pure il consenso del debitore ceduto che comunque deve accettare il trasferimento del credito o al quale lo stesso va notificato affinché acquisti efficacia anche nei suoi confronti.
Dunque, il cessionario acquista il credito cedutogli a titolo derivativo e ciò accade altresì nell’ipotesi di cessione del contratto ex art. 1406 c.c., con la differenza che in tale frangente l’acquisto del cessionario stesso ha ad oggetto l’intera posizione contrattuale del cedente, pertanto un complesso di diritti ed obblighi contrattuali.
Tra parentesi, in ciò risiede il discrimen rispetto al contratto per conto di chi spetta e a quello per persona da nominare.
Nel primo, che rimanda alla rappresentanza in incertam personam, in attesa che venga individuato il rappresentato, il rappresentante può dover eseguire l’intero rapporto contrattuale, ma non ne diviene mai parte.
Quanto al contratto per persona da nominare ex art. 1401 c.c., per effetto della c.d. electio amici effettuata entro il termine stabilito dalla legge o convenzionalmente fissato, posto che il terzo indicato accetti, orbene costui a titolo originario e non derivativo acquista i diritti e gli obblighi prima facenti capo al contrante che ha posto in essere la nomina del terzo medesimo.
Tornando alla cessione del contratto, tale cessione esige il consenso di cedente e cessionario e non anche del contraente ceduto, se questi vi ha acconsentito ex ante, per cui in tal caso la cessione dovrà essergli notificata o da lui dovrà essere accettata perché spieghi i suoi effetti.
Al contrario, mancando il previo assenso, la cessione de qua si riconfigura quale contratto plurilaterale per il cui perfezionamento non si può prescindere anche dal consenso del ceduto.
In relazione all’oggetto ovvero alla causa, per esempio donativa, del contratto di cessione, per quest’ultimo potrebbe essere necessaria la forma scritta ad substantiam, ossia a pena di nullità e analoga considerazione vale per quando viene trasferito inter vivos un singolo credito.
La cessione del contratto può avere titolo nella volontà delle parti, allora é negoziale, altrimenti in una previsione normativa e, in tal caso, é legale.
Si pensi alla cessione automatica del contratto di assicurazione, se viene venduta la cosa assicurata, salvo diversa volontà dell’acquirente o dell’assicuratore ovvero a quella del contratto di locazione, se sopravviene la vendita del bene locato.
Inoltre, ceduta un’azienda, ipso iure la stessa sorte tocca ai contratti afferenti all’azienda stessa, posto che non siano connotati da intuitus personae.
L’idea stessa di cessione, del credito come del contratto, attiene ai traffici economico – giuridici e, d’altro canto, in forza dell’art. 1260, co. 2 c.c. le parti possono di concerto tra loro escludere la trasferibilità di un credito, ma il patto non é opponibile al cessionario, se non provando la sua malafede al momento dell’acquisto.
A ciò si aggiunge il divieto legale di cessione dei crediti di natura strettamente personale, come pure dei crediti litigiosi per gli operatori del diritto.
Ulteriori proibizioni legali, rectius incapacità speciali sono ricavabili indirettamente dall’art. 1471 c.c. ai sensi del quale non sono suscettibili di compravendita i beni pubblici, quelli privati amministrati da altri per legge o per atto dell’autorità pubblica, quelli che i mandatari sono stati incaricati di vendere e le res vendute dagli ufficiali pubblici per loro ministero.
Si é detto che la notifica ovvero l’accettazione, a seconda dei casi, sono indefettibili perché la cessione del credito o del contratto possa avere effetto anche verso il ceduto, con la precisazione che quando viene ceduto il contratto, ebbene tale trasferimento esige il consenso pure del ceduto stesso, se costui non ha assentito ex ante.
Per quanto concerne i crediti, invero l’art. 1264, co. 2 c.c. stabilisce che il debitore ceduto, eseguita la prestazione in favore del cedente, é comunque liberato dall’obbligazione, se ignorava l’avvenuto trasferimento della pretesa creditoria, salvo che venga provata la sua mala fede.
D’altra parte, il debitore non é certamente liberato dal vincolo obbligatorio, se paga al cedente anziché al cessionario, dopo che la cessione gli é stata notificata o che lui l’ha accettata.
Pertanto, comunicazione e notificazione, una volta effettuate, fanno cadere i presupposti della tutela della buona fede del debitore medesimo, ormai reso edotto del fatto di avere un nuovo creditore e potendo opporgli, tra l’altro, le stesse eccezioni che poteva opporre al cedente, dunque quelle antecedenti alla comunicazione e alla notificazione stesse.
Qualora sia ceduto un contratto, ex art. 1409 c.c. il contraente ceduto può opporre al cessionario, che é la sua nuova controparte, le sole eccezioni afferenti al rapporto contrattuale originario tra ceduto e cedente, non anche quelle basate su altri rapporti, salvo che egli ne abbia fatto espressa riserva.
In forza poi dell’art. 1408 c.c. il cedente é liberato dai suoi obblighi, se il ceduto vi ha acconsentito, altrimenti costui può rivolgersi proprio al cedente in caso di inadempimento del cessionario ed é chiamato a farlo entro il termine perentorio di quindici giorni per non essere condannato a risarcire il danno causato al cedente medesimo.
A questo punto, viene in rilievo il discorso sulle garanzie e l’art. 1410, sempre in materia di cessione del contratto, obbliga il cedente a garantire al cessionario l’esistenza e la validità del contratto.
Ergo, se al cessionario non viene trasferito alcun contratto oppure un contratto diverso, il cedente incorre nella responsabilità da inadempimento di un’obbligazione contrattuale ex art. 1218 c.c.
Tra parentesi, tale responsabilità e il connesso principio consensualistico riguardano pure la cessione onerosa di crediti, eventualmente anche futuri e altrui, con la sola differenza che qui l’effetto reale o traslativo é differito.
Se la cessione é gratuita, si applicano le sole norme sulla garanzia per evizione a carico del donante, mentre se il credito é ceduto a più acquirenti, prevale la cessione che per prima é stata notificata al debitore ceduto o da questi accettata.
Circa, invece, la garanzia dell’adempimento, quindi della solvenza del ceduto, orbene tale garanzia é facoltativa per il cedente – fideiussore, se la cessione verte su un contratto.
Se in luogo del contratto vi é una singola pretesa creditoria, allora bisogna volgere lo sguardo all’art. 1266 c.c. a mente del quale la cessione é di regola pro soluto, a meno che non sia pro solvendo, ovverosia col cedente che garantisce non solo l’effetto traslativo, ma anche il pagamento da parte del debitore ceduto.
Egli, allora, risponde nei limiti del corrispettivo ricevuto per la cessione con l’aggiunta, peraltro, degli interessi e del risarcimento del danno.
Tuttavia, la garanzia cessa di esistere, se il mancato ottenimento della prestazione é dipeso dallo stesso cessionario che nel promuovere o nel proseguire un’istanza contro il debitore ceduto é stato negligente.
Aspetto conclusivo meritevole di trattazione é il factoring, ossia il contratto di cessione di crediti di impresa, tipizzato dalla l. 52/1991.
Due, allora, sono gli elementi specializzanti rispetto alla cessione dei crediti di diritto comune : in primis l’oggetto, consistente in crediti afferenti all’esercizio di un’attività di impresa e, in secundis, la qualifica del factor o cessionario di tali crediti che deve essere una banca o un intermediario finanziario, quindi un professionista iscritto in un apposito albo.
Dunque, al cessionario vengono trasferiti in massa crediti d’impresa, anche futuri, purché derivandi da contratti alla cui stipula bisogna addivenire entro il termine massimo di 24 mesi dalla cessione in parola.
Il factor, dal canto suo, offre al cedente-imprenditore taluni servizi come, ad esempio, la contabilizzazione e l’incasso dei crediti cedutigli.
Se nella cessione ordinaria, come rammentato, la garanzia della solvenza del ceduto é facoltativa, all’opposto nel factoring tale garanzia é immanente ed automatica, salvo che il cessionario vi rinunci in tutto o in parte. Infine, quanto all’efficacia verso terzi della cessione di crediti d’impresa, la l. 52/1991 art. 5 si limita a richiedere che il pagamento abbia data certa.
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Jacopo Bracciale
Dopo aver conseguito la maturità classica con una votazione finale di 100/100, mi sono laureato cum laude in Giurisprudenza presso l'Università degli studi di Teramo con una tesi in Teoria generale del diritto dal titolo "Il problema dei principi generali del diritto nella filosofia giuridica italiana". In seguito, ho svolto con esito positivo presso il Tribunale di Teramo il tirocinio formativo teorico - pratico di 18 mesi ex art. 73 D.L. 69/2013 : per un anno nella Sezione Penale e, nei restanti sei mesi, in quella Civile. Parallelamente ho frequentato e, ancora oggi, frequento il corso di Rocco Galli per la preparazione al concorso in magistratura. Dal mese di novembre del 2020 collaboro con la rivista scientifica Salvis Juribus come autore di articoli di diritto civile, penale ed amministrativo.