Fisco, l’ammissibilità del ricorso in caso di piano di rateizzo seguito dalla dilazione di pagamento

Fisco, l’ammissibilità del ricorso in caso di piano di rateizzo seguito dalla dilazione di pagamento

L’ammissibilità del ricorso in caso di piano di rateizzo seguito dalla dilazione di pagamento è una questione da tempo discussa nella giurisprudenza di merito.

Più volte la Corte di Cassazione ha emesso sentenze per cui l’accettazione del piano non implica di per sé una volontà esplicita di pagare il debito tributario perché questa può dipendere dalla necessità di evitare futuri gravami anche potenziali sul patrimonio del debitore quali ipoteche o pignoramenti.

Tuttavia, l’ammissibilità del ricorso non implica il riconoscimento da parte del fisco delle pretese del contribuente di non far fronte a quanto stabilito nel piano stesso. Questo perché il pagamento delle rate comporta da un lato la volontà esplicita di far fronte alle pretese dell’erario, dall’altro l’esigenza di tutelare il creditore.

L’accettazione in sé del piano di rateizzo non significa però accettazione implicita od esplicita del debito per i motivi su indicati ma il pagamento anche parziale di quanto previsto dalla rateizzazione dell’obbligazione tributaria porta all’accettazione definitiva di quanto pattuito tra contribuente ed agenzia delle entrate servizio di riscossione.

Diverse commissioni tributarie hanno emesso sentenze a favore del contribuente ritenendo che il ricorso deve essere considerato sempre ammissibile in caso di inesistenza anche a fronte del parziale pagamento del piano previsto (CTP Caltanissetta sentenza n. 1072/1/2014).

Stesso orientamento ha assunto la CTR Sicilia stabilendo che non costiuisce acquiescenza l’accettazione del piano stesso perché non configura riconoscimento del debito ma solo l’impegno a pagare.

Anche la CTP di Varese ha deciso con sentenza n. 156/05/15 che “il pagamento della cartella non può considerarsi riconoscimento del debito, poiché tale atto non solo deve provenire dal soggetto che abbia poteri dispositivi dello stesso, ma anche e soprattutto deve manifestare, in modo chiaro ed univoco, l’intenzione ricognitiva del diritto altrui. Quindi il dies a quo da cui far decorrere la prescrizione di un tributo non può individuarsi nel momento in cui i1 contribuente proceda al pagamento del debito iscritto a ruolo, ben potendo, tale pagamento, essere stato effettuato a soli scopi cautelativi”.

Ultimamente la Suprema Corte, con sentenza del 26 aprile 2017, n. 10327 relativa ad omissione contributiva da parte di un’azienda, ha rinvenuto il comportamento oggettivamente incompatibile con la volontà di non riconoscere la pretesa dell’INPS non solo nella domanda di rateizzazione ma anche nei singoli pagamenti trimestrali posti in essere dalla società che costuiscono mera adesione alla modalità agevolata di estinzione dell’intera obbligazione contributiva. I singoli pagamenti valgono, quindi, quali atti interruttivi del termine quinquennale di prescrizione in quanto prima di detto pagamento alcuna volontà concreta ed esplicita si sarebbe potuta formare.

Dunque, costiuisce atto interruttivo della prescrizione il pagamento dell’ultima rata perchè con essa il contribuente dimostra la volontà evidente di voler far fronte al debito. Molti, invece, ritengono che la prescrizione decorra dalla prima rata.

La volontà di voler pagare realmente il debito può tuttavia dipendere da esigenze che i giudici devono prendere in considerazione quale la situazione concreta del debitore che può subire cambiamenti notevoli durante il periodo prestabilito dal piano di pagamento per cui si può provvedere a  rideterminare le rate o, in alcuni casi, ad apporre ipoteche o pignoramenti.

Questo per tutelare l’interesse del creditore che sarebbe soggetto alle esigenze del solo debitore e quindi leso nel suo diritto soggettivo ad essere soddisfatto nel credito vantato se si accettasse l’interruzione della dilazione di pagamento come una ragione valida per annullare il debito.

Anche il Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria – sentenza n. 4821 del 26.9.2013 – ha aderito all’orientamento  espresso dalla Cassazione che, con sentenza n. 3347 del 8 febbraio 2017, ha sanciro definitivamente che la dilazione formulata ed accettata da Equitalia non comporta acquiescenza dei debiti fiscali dilazionati. In altri termini, anche dopo avere formulato la rateazione, gli stessi importi possono essere impugnati avanti al Giudice.

La Cassazione (richiamando una vecchia pronuncia n. 2463 del 1975) ha precisato che Costituisce principio generale nel diritto tributario che non si possa attribuire al puro e semplice riconoscimento, esplicito o implicito (….), l’effetto di precludere ogni contestazione in ordine all’an debeatur, salvo che non  siano scaduti i termini di impugnazione e non possa considerarsi estinto il rapporto tributario”.

Questo è l’orientamento accolto dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza 23397/2016 in riferimento ai contributi Inps, ma è applicabile anche ad altri tributi.

Lo ha chiarito la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia nella sentenza n. 2925/2018 pronunciandosi sulla vicenda di un contribuente che aveva impugnato la cartella di pagamento scaturita da un controllo ex art.36-bis del d.P.R. n. 600/73 e art. 54-bis del d.P.R. n. 633/72 sulla dichiarazione Unico 2012.

Lo stesso orientamento ha espresso la CTR Campania che con sentenza n. 5406 del 25/05/2018  ha stabilito che il pagamento della ultima rata interrompe i termini di prescrizione dei tributi.

Ancora con sentenza n. 9209 del 24 ottobre 2018 la stessa ha stabilito che l’accettazione del piano di rateizzo, pur non essendo incompatibile con l’ammissibilità del ricorso, interrompe i termini di prescrizione poiché, se è vero che di per sè in materia tributaria non può costituire acquiescenza da parte del contribuente l’avere chiesto ed ottenuto la rateizzazione degli importi indicati nelle cartelle di pagamento, nondimeno il riconoscimento del debito comporta in ogni caso l’interruzione del decorso del termine di prescrizione e si pone quindi in maniera incompatibile con l’allegazione del contribuente di non avere ricevuto notifica delle cartelle.

In contrasto con la sentenza precedente la Cassazione, con la recente Ordinanza n. 7820 del 27/03/2017, ha infatti confermato il proprio orientamento (si veda Cass. 4234/2010) secondo cui il pagamento parziale della dilazione concessa dall’agente della riscossione non è idoneo ad interrompere il corso della prescrizione dell’obbligazione tributaria.


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Luca Labano

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