FISCO: non decade il consigliere comunale in caso di mancato accertamento del debito tributario
Cass.civ., sez. I, Sent. 27 maggio 2015, n. 10947
a cura di Sara Scapin
La “ratio” della causa di incompatibilità correlata allo status di debitore di tributi o tasse nei confronti dell’Amministrazione presso la quale si ricopra una carica politica, deve essere ricercata nell’esigenza di scongiurare il rischio di un non corretto esercizio delle relative funzioni da parte dell’eletto, stante la potenziale situazione di conflitto di interessi. Detto stato di insolvenza, tuttavia, deve essere oggetto di specifico accertamento, richiedendo la legge in materia che il debito sia stato cristallizzato nel relativo avviso di pagamento e sia stato richiesto con cartella esattoriale ritualmente notificata a mente dell’art. 46, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, come novellato dalla riforma introdotta dal D. Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.
Il fatto
La pronuncia in analisi nasce a seguito del ricorso proposto dalla parte attrice contro una delibera del Comune nel quale ricopriva la carica di consigliere comunale con la quale era stato estromesso dalla propria carica.
Quest’ultimo veniva accusato, nello specifico, di trovarsi nella posizione di incompatibilità prevista dall’art. 63, comma 1, n. 6, D. Lgs. n. 267 del 2000 (in base al quale non può ricoprire la carica di consigliere comunale colui che ha un debito liquido ed esigibile nei confronti del comune e per lo stesso è stato messo in mora oppure ha ricevuto invano la notifica della cartella di pagamento) poichè non aveva pagato per 13 anni l’Ici.
Il ricorrente contestava la succitata pronuncia di incompatibilità, rilevando come non gli fosse mai pervenuto l’avviso di mora, specificando come la ricezione di quest’ultimo costituisca condizione necessaria affinchè operi la predetta condizione di incompatibilità.
Tale richiesta veniva rigettata sia dai giudici di merito che dalla competente Corte di Appello. Quest’ultima, in particolare, sottolineava come la mancanza dell’avviso di mora non potesse assumere una rilevanza cosi fondamentale nella vicenda, in quanto il consigliere non solo non aveva tempestivamente impugnato i vari avvisi di accertamento tributario in passato pervenutigli, ma aveva anche attivato la procedura di accertamento con adesione, con la quale aveva finito per riconoscere implicitamente il proprio debito mai saldato (come attestato anche da un verbale redatto in contraddittorio con il Comune).
La decisione
La Suprema Corte ha rilevato come sia lodevole la motivazione posta alla base del ragionamento della Corte di Appello, e cioè evitare il rischio di un non corretto esercizio della funzione pubblica da parte dell’eletto che vanti un debito nei confronti dello stesso ente nel quale presti servizio, situazione certamente foriera di un potenziale conflitto di interessi.
Tuttavia, ha rilevato il Supremo Consesso, non è possibile sopperire alla mancanza dell’invio della messa in mora e della cartella esattoriale utilizzando quali mezzi di presunzione elementi non esplicitamente previsti da norme tributarie (come, nel caso di specie, la mancata impugnazione dell’avviso di accertamento e il verbale).
La Corte territoriale aveva, infatti, ritenuto erroneamente configurata la causa di incompatibilità di cui sopra nonostante il mancato ricevimento dell’avviso di intimazione ad adempiere e senza verificare se la cartella esattoriale fosse stata correttamente notificata al contribuente.
La Cassazione ha rilevato come, nel corso degli anni, la legislazione tributaria avesse subito numerose modifiche e come nella sua formulazione vigente, a differenza delle disposizioni passate, l’agente tributario possa procedere all’espropriazione forzata trascorsi 60 giorni dalla notificazione della cartella. Quest’ultima, difatti, oggi costituisce da sola atto sufficiente ai fini della riscossione, dovendo essa contenere sia il titolo esecutivo che l’avvertimento di procedere all’esecuzione forzata in mancanza di tempestivo pagamento.
A differenza delle disposizioni previgenti l’avviso di mora rappresenta un atto meramente eventuale: esso, pertanto, serve unicamente a cristallizzare un accertamento definitivo dell’esistenza di un debito tributario, ma non può prescindere dall’esistenza di una cartella esattoriale notificata e non impugnata (o impugnata con esito negativo).
Per avvalorare tale ultima affermazione il Supremo Consesso ha citato l’art. 63, comma 1, n. 4, D. Lgs. n. 267 del 2000, il quale, con lo stabilire che «la pendenza di una lite in materia tributaria […] non determina l’incompatibilità», lascia intuire come la causa di incompatibilità non possa operare finché la pretesa tributaria non sia stata definitivamente accertata.
In conclusione, condividendo i rilievi mossi dal ricorrente, gli Ermellini hanno rimesso alla Corte di Appello in nuova composizione l’accertamento dell’esistenza di una eventuale cartella esattoriale della quale in secondo grado non si era appurata l’esistenza.
Sara Scapin
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