Frazionamento del credito ad un anno dalle SS.UU 4090 e 4091. Le posizioni della giurisprudenza di merito

Frazionamento del credito ad un anno dalle SS.UU 4090 e 4091. Le posizioni della giurisprudenza di merito

Il termine abuso del diritto trova origine nella dottrina francese in materia di proprietà1. In mancanza di espressa disciplina, il dibattito si era concentrato sulla tutelabilità da parte dell’ordinamento di quegli atti, pur compresi nell’ambito del diritto del proprietario, che fossero compiuti con l’intento di nuocere e/o privi di esigenze meritevoli di protezione. Su tale scia parte della dottrina italiana, ponendo in evidenza il criterio della funzione sociale, ha ritenuto configurabile l’ “abuso del diritto” allorquando l’esercizio dello stesso risulta essere “in contrasto con la finalità per cui è attribuito: ogni diritto soggettivo sarebbe caratterizzato da una propria funzione sociale e se la condotta del titolare non risponde alla suddetta funzione si realizzerebbe l’abuso”2.

Il divieto di abuso del diritto era, d’altronde, espressamente previsto nel progetto definitivo del codice civile del 1942 (l’art. 7 recitava: “nessuno può esercitare il proprio diritto in contrasto con lo scopo per il quale il diritto gli fu riconosciuto”) per poi essere eliminato nella versione definitiva del codice. L’assenza di una precisa disposizione codicistica non toglie il riconoscimento, pacifico, dell’esistenza di numerose disposizioni che permettono di affermare l’esistenza del divieto, quale categoria generale determinante il diniego di tutela del diritto nel caso in cui lo stesso sia esercitato fuori dai limiti generali dell’ordinamento.

Limiti che la dottrina prima e la giurisprudenza poi hanno rinvenuto nel principio di solidarietà ex art. 2 Cost. nonché nel principio di buona fede, generalmente ricondotto agli artt. 1175 e 1375 cc.

Quale principio trasversale dell’ordinamento, il divieto di abuso del diritto ha trovato applicazione ed evidenza in numerosa e variegata casistica giurisprudenziale: si va dall’abusiva concessione del credito3 all’abusiva pratica del c.d. dividend washing4, all’abuso di personalità giuridica, alla convocazione dell’assemblea richiesta dalla minoranza a fini esclusivamente dilatori ex art. 2367 c.c., solo per citare alcuni casi.

L’ipotesi attualmente più discussa è, tuttavia, quella del c.d. parcellizzazione del credito, definita come “la fattispecie in cui, a fronte di un unico rapporto obbligatorio, il creditore faccia valere il credito dallo stesso discendente non già attraverso un’unica domanda in sede giurisdizionale, bensì mediante l’esperimento di una pluralità di iniziative volte alla soddisfazione della pretesa di cui è titolare5.

Dottrina e giurisprudenza si sono chieste se tale modus agendi non fosse contrario alla clausola generale di buona fede e correttezza di cui agli artt. 1175 e 1375 cc nonché al principio di solidarietà ex art. 2 Cost.

Rimandando per un più approfondito esame anche ad altro contributo su questa rivista6, si intende qui ripercorrere le tappe fondamentali del ripercorse dalla giurisprudenza, sintetizzate dalle tre pronunce a Sezioni Unite susseguitesi in poco più di tre lustri.

Con un primo arresto (sent. 108/2000) le Sezioni Unite avevano ritenuto ammissibile la domanda frazionata del credito, basando la propria statuizione sulla base dell’art. 1181 cc che prevede la facoltà del creditore di rifiutare un adempimento parziale, e, di conseguenza (questo in estrema sintesi il ragionamento della Suprema Corte) la possibilità di accettare e, quindi, richiedere l’adempimento parziale.

A sette anni di distanza il revirement delle Sezioni Unite con la sentenza 23726/2007 che ha riconosciuto il carattere abusivo della richiesta frazionata a tutela giudiziale del credito in quanto in violazione della generale regola di correttezza e buona fede nonchè del dovere inderogabile di solidarietà ex art. 2 Cost, nonché del principio di giusto processo ex art. 111 della Carta Costituzionale7.

Come noto le Sezioni Unite si sono pronunciate sul tema nello scorso febbraio con le sentenze gemelle 4090 e 4091 del 2017.

Nonostante alcuni roboanti titoli apparsi qua e là su numerosi blog, una lettura seria della richiamata pronuncia ha posto in evidenza come la stessa abbia in sostanza confermato il principio enunciato dalla precedente pronuncia del consesso nomofilattico, avendo cura di meglio precisare quando si configuri l’abuso del diritto, quando, cioè, il frazionamento della domanda risulti lesivo del principio di solidarietà (gravando sulla parte convenuta le ripetute azioni giudiziari) e finisca per oberare il sistema giudiziario, “risorsa della collettività … che deve essere impiegata in maniera razionale8 , in mancanza di interesse oggettivamente valutabile alla proposizione separata di azioni relative a crediti riferibili al medesimo rapporto di durata9.

Tale essendo il quadro di riferimento, con il presente contributo si intende evidenziare come la giurisprudenza di merito abbia interpretato e fatto applicazione dei principi sopra riportati, alla luce delle sentenze 4090 e 4091 delle Sezioni Unite.

– Di particolare interesse la recentissima pronuncia della Corte di Appello di Napoli (sent. n.137 pubblicata il 15.01.2018) avente ad oggetto la richiesta frazionata di importi relativi ad un contratto di appalto.

Nel dichiarare l’inammissibilità , con la quale il collegio, dopo aver richiamato il principio enunciato dalla Cass. civ. SS UU sent. 23726/07 (come riportato in nota 7), afferma: “Tale iter argomentativo è stato in sostanza ribadito dalle Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n. 4090/17 […] Quel che rileva è che il creditore abbia un interesse oggettivamente valutabile alla proposizione separata di azioni relative a crediti riferibili al medesimo rapporto di durata, ed inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un ipotizzabile giudicato, ovvero fondati sul medesimo fatto costitutivo. […] Dunque le Sezioni Unite, nella sentenza n. 4090/17, pongono l’accento sulla necessità di evitare duplicazione di attività istruttoria, e quindi una dispersione della conoscenza di una medesima vicenda sostanziale (in altri termini, deve rinvenirsi in capo al creditore agente un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata).” La Corte distrettuale, nel affermare la violazione del divieto di frazionamento del credito, evidenzia in particolare la circostanza che “la parte attrice alcun cenno alle ragioni per le quali si è ritenuto di non chiedere con unico atto di citazione la liquidazione di tutte le voci di danno (appunto, non si rinviene alcuna giustificazione rispetto al ricorso ad una tutela processuale frazionata)” e che la stessa “aveva a sua disposizione tutti gli elementi, in fatto ed in diritto, per chiedere anche le voci di danno, poi oggetto della seconda citazione, notificata il 4 Febbraio 2002. Tutti i presupposti delle due voci di danno (poi invocate da x srl a mezzo della citazione del 2002) erano già perfettamente conosciuti dalla società danneggiata, all’epoca della citazione notificata il 14.4.1999”.

Due gli aspetti di maggior rilievo: 1) l’affermazione di sostanziale continuità tra la pronuncia a SS UU del 2007 e quella del 2017; 2) l’aver rinvenuto la mancanza di interesse oggettivo al frazionamento della domanda dalla mancata enunciazione da parte dell’attore dei motivi a giustificazione al generale principio di unicità della domanda e dalla circostanza che parte attrice avesse a propria disposizione tutti gli elementi necessari e sufficienti per proporre la domanda in via unitaria.

– In maniera, se possibile, ancora più chiara si è pronunciato il Tribunale di Napoli con sentenza n. 4275 del 11.4.2017, resa in occasione di procedimento avente ad oggetto la richiesta frazionata di compensi professionali: “E’ opportuno aggiungere che con recentissima sentenza n.4090 del 16/2/2017, la Suprema Corte di Cassazione ha ancora precisato che, […] nel caso in cui dette pretese creditorie, oltre a far capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti, siano anche iscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, siano fondate sullo stesso fatto costitutivo, le relative domande possono essere formulate in distinti giudizi solo se risulti in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata, mentre, laddove manchi la deduzione di un siffatto interesse, va dichiarata la improcedibilità delle molteplici azioni autonomamente proposte.”

– Sempre del Trib.le di Napoli -sez. Ischia- è la sentenza n. 12118/2017 che ha evidenziato la proponibilità della domanda di risarcimento per lesioni subite in seguito a sinistro stradale, proposta separatamente e dopo quella per danni a cose scaturite dallo stesso sinistro. Invero, si evidenzia in tale pronuncia, “l’attore aveva un interesse oggettivamente valutabile – rappresentato dalla più agile e più pronta soddisfazione del primo credito azionato, nonché dalla possibilità per esso di azionare un rito più snello – alla proposizione separata di azioni”.

– Con sentenza n.10359 depositata in data 19.12.2017 il Trib.le di Roma -sezione lavoro- ha ribadito che non vige il divieto di frazionamento laddove “si tratta di diritti fondati su fatti diversi (la prestazione di attività lavorativa per un certo periodo e la percezione di una determinata complessiva retribuzione a fondamento del TFR, il mancato godimento di ferie e permessi a fondamento del diritto alla corrispondente indennità) senza che l’accertamento dell’uno possa influire sull’accertamento dell’altro e senza che le indagini istruttorie per ciascuno dei due giudizi potessero vertere sulle medesime circostanze […] il lavoratore ha azionato due diversi crediti e cioè quello per tratta-mento di fine rapporto (oggetto del decreto ingiuntivo n. 7201/2016) e quello per indennità di ferie e permessi non goduti (oggetto del decreto ingiuntivo n. 1339/2017), sicché non ricorre l’ipotesi di frazionamento del medesimo credito”.

– Si segnala, infine, la sentenza n.143 pubblicata in data 25.1.2018 della Corte di Appello di Bari che, nel rigettare l’appello proposto, a conferma, per quanto di interesse, della statuizione di improponibilità, ha, in primo luogo, affermato il seguente, interessante, principio: “Invero il principio dell’unità, dal punto di vista sostanziale, del diritto al risarcimento del danno (sia da inadempimento contrattuale sia da illecito extracontrattuale) ha come logico corollario sul piano processuale il principio condiviso da dottrina e giurisprudenza della cd. infrazionabilità o inscindibilità del giudizio di liquidazione del danno, il quale esige che alla liquidazione, di regola, si faccia luogo in un unico, complessivo, contesto e quindi in un solo processo (cfr. Cass. civ., sez. un., 15 novembre 2007 n. 23726; Cass. civ., sez. un., 22 dicembre 2009, n. 26961; Cass. civ., sez. lav., 3 dicembre 2013, n. 27064)” e, in secondo luogo, ha ritenuto che il caso alla sua attenzione non rientrasse tra le ipotesi di frazionabilità della domanda, giusta sentenza 4090/17, in quanto, non si trattava “di crediti diversi derivanti da un unico rapporto, ma della stessa pretesa risarcitoria da ritardata consegna degli immobili”.

Ad un anno dalle pronunce a Sezioni Unite si può affermare che, lungi dall’aver rivoluzionato il generale principio della non frazionabilità della richiesta giurisdizionale del credito, le stesse abbiano ricondotto a sistema tale divieto, ponendo l’attenzione, in particolare, sulle fattispecie relative ai rapporti di durata, richiedendo in tal caso, ai fini della proponibilità, che vi sia un interesse oggettivo che va attentamente vagliato in caso di crediti che “oltre a far capo ad un medesimo rapporto di durata tra le stesse parti, sono anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o comunque “fondati” sul medesimo fatto costitutivo”.


1S. PATTI, Abuso del diritto , in Dig. Disc. Priv., Torino, 1987, 2 ss.

2R. T. BONANZINGA, Abuso del diritto e rimedi esperibili, su www.comparazionedirittocivile.it

3C. CALDERINI, La concessione abusiva del credito da parte di un istituto bancario nei confronti di un cliente in stato di insolvenza, in www.salvisjuribus.it

4Cass. civ., sent. 22994/2010

5G.ALLIERI, Il divieto di frazionamento del credito. Quale ambito di applicazione dopo Cass. civ., sez. un, 16 febbraio 2017, n. 4090, in www.associazionemagistrati.it portale ufficiale ANM

6M. PECORARO, Il frazionamento del credito dopo la sentenza 4090/2017, in www.salvisjuribus.it

7Cass. civ. SS UU sent. 23726/07: Non è consentito al creditore di una determinata somma di danaro, dovuta in forza di un unico rapporto obbligatorio, di frazionare il credito in plurime richieste giudiziali di adempimento, contestuali o scaglionate nel tempo, in quanto tale scissione del contenuto della obbligazione, operata dal creditore per sua esclusiva utilità, si pone in contrasto sia con il principio di correttezza e buona fede, sia con il principio costituzionale del giusto processo, traducendosi la parcellizzazione della domanda giudiziale, diretta alla soddisfazione della pretesa creditoria, in un abuso degli strumenti processuali che l’ordinamento offre alla parte.”

8Cass. civ. SS.UU., sent. n. 21260/2016

9Cass. civ. SS UU sent. 4090/17: “Le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, anche se relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi. Se tuttavia i suddetti diritti di credito, oltre a far capo ad un medesimo rapporto di durata tra le stesse parti, sono anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o comunque “fondati” sul medesimo fatto costitutivo – sì da non poter essere accertati separatamente se non a costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza di una medesima vicenda sostanziale -, le relative domande possono essere proposte in separati giudizi solo se risulta in capo al creditore agente un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata”.


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