Furbetti del cartellino, no alla particolare tenuità se la condotta è abituale

Furbetti del cartellino, no alla particolare tenuità se la condotta è abituale

Perciò, come fosse un sussurro, un sorriso, un battito di mani e si  apre il sipario.

Crisalo: Non mi piacciono questi Parmenoni e Siri che rubano ai padroni solo due o tre mine. Non c’è niente di peggio di un servo senza fantasia, senza un’intelligenza potente e versatile: ogniqualvolta ce ne sia bisogno, deve saper attingere alla sua intelligenza.

Le Bacchidi, Tito Maccio Plauto.

Frammenti di pellicola della celebre sequenza di un film comico proiettato  nelle sale  qualche hanno fa  acquistano sconvolgente vigore nella presentazione accelerata della  pronuncia n° 38997 del  27/08/2018 della Suprema Corte.

Una sentenza che morde.  Fluente  passa quasi attraverso il riso per dimostrarsi incisiva  nei contenuti.

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La norma di riferimento.

Ai sensi dell’art. 640 c.p. risponde del  il reato di truffa il pubblico ufficiale, che si allontani senza far risultare i periodi di assenza, mediante timbratura del cartellino e della scheda magnetica,  sempre che siano  economicamente apprezzabili.

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Il fatto.

L’imputato veniva rinviato a giudizio, processato e condannato per il reato di truffa aggravata perché, nella sua qualità di medico dipendente della ASL di Brindisi, con artifici e raggiri consistiti nell’aver fatto marcare il proprio badge nell’orologio segnatempo ad altre persone, si era allontanato senza giustificazione dal luogo di lavoro conseguendo così un ingiusto profitto.La Corte di appello di Lecce confermava la condanna rideterminando la pena da tre in anni due di reclusione  e 900 euro di multa e confermava nel resto la sentenza.

Propone ricorso per Cassazione l’imputato  che , in una carambola di cinque motivi,  diagnostica  il male oscuro della sentenza impugnata: 1.  violazione di legge  quanto alla mancata applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis c.p.;  2.  violazione di legge e vizio di motivazione di quanto emerso nel corso del dibattimento stante la mancanza della prova effettiva dell’assenza del medico dal nosocomio ; 3.  violazione di legge e vizio di motivazione quanto al mancato riconoscimento della irrilevanza penale del fatto; 4.  violazione di legge e vizio di motivazione quanto  al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ed a quella di cui all’art. 62 n. 4 c.p. ed alla sospensione condizionale della pena; 5. violazione di legge  quanto al trattamento sanzionatorio in relazione all’art. 133 c.p.

E non resiste alla tentazione di condurre la reiterazione degli episodi riscontrati in giudizio  nella “continuazione” che, precisa,  non può precludere l’applicazione della “non punibilità” per “particolare tenuità del fatto”.

Il rigetto del ricorso frantuma in  un attimo  il chiasmo di enunciati.

La Suprema Corte riconsegna un giudizio convincente e oppone, all’ inattendibile rappresentazione, dati certi.

Il giudice territoriale “ha correttamente escluso  che alla condotta possa applicarsi la causa di esclusione della punibilita’ di cui all’art. 131-bis cod. pen.  per il quale la punibilita puo’ essere esclusa solo se l’offesa e’ di particolare tenuita ed il comportamento risulta non abituale”. Il terzo comma dello stesso articolo, poi,  precisa   cosa debba intendersi per comportamento abituale, cioe’, per quello che riguarda il caso di specie, “…piu’ reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuita’, nonche’ nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate”.

In queste ipotesi, continua la sentenza della Suprema  Corte, nelle quali il soggetto evidenzia una sostanziale consuetudine a porre in essere comportamenti illeciti, il fatto non puo’ ritenersi tenue e la punibilita’ non puo’ essere esclusa.

Di qui la necessità di evidenziare  che l’abitualità, d’altro canto, come di contro in qualche modo prospettato in ricorso dall’imputato, non coincide con l’istituto della continuazione e con questo non può essere confusa.

Ovviamente  risulta corretta la formazione del convincimento dei singoli giudici di merito: nel caso di specie, la Corte territoriale, con motivazione insindacabile, ha evidenziato che il medico aveva posto in essere un modus operandi “abituale” che costituiva un vero e proprio stile di vita.


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