Furto aggravato: per le SS.UU. occorre l’abilità straordinaria e non la semplice distrazione
L’aggravante della destrezza nel reato di furto, di cui all’art. 625, comma 1 n.4, è configurabile solo se il comportamento del reo è accompagnato o preceduto da accorgimenti tali da rilevare particolare abilità, astuzia o avvedutezza, idonei a sorprendere la normale sorveglianza della persona offesa sull’oggetto materiale del furto.
Le Sezioni Unite Penali con la sentenza del 12 luglio 2017, n. 34090 hanno chiarito che «la circostanza aggravante della destrezza di cui all’art. 625 cod. pen., comma 1, n. 4, richiede un comportamento dell’agente, posto in essere prima o durante l’impossessamento del bene mobile altrui, caratterizzato da particolare abilità, astuzia o avvedutezza, idoneo a sorprendere, attenuare o eludere la sorveglianza sul bene stesso; sicché non sussiste detta aggravante nell’ipotesi di furto commesso da chi si limiti ad approfittare di situazioni, dallo stesso non provocate, di disattenzione o di momentaneo allontanamento del detentore dalla cosa».
Le Sezioni Unite sono state chiamate ad evidenziare se la circostanza aggravante della destrezza è configurabile quando il soggetto agente si limiti ad approfittare di una situazione di temporanea distrazione della persona offesa.
Percorrendo l’iter pretorio, è da rilevare che secondo un primo orientamento l’aggravante in oggetto sussiste anche laddove l’agente, abbia approfittato della temporanea sospensione del controllo sul bene da parte del legittimo detentore (Cass. pen., Sez. V, 18 febbraio 2015, n. 20954; Cass. pen., Sez. V, 16 giugno 2016, n. 3807; Cass. pen., Sez. V, 24 novembre 2015, n. 6213).
Un secondo orientamento del 2009, ritiene, al contrario, che non sussiste l’aggravante ex art. 625, comma 1 n. 4, nel caso in cui vi sia stato un impossessamento della res a seguito di una distrazione o di un allontanamento, seppur temporaneo, della persona offesa dal bene (Cass. pen., Sez. IV, 10 novembre 2015, n. 46977; Cass. pen., Sez. II, 18 febbraio 2015, n. 9374; Cass. pen., Sez. V, 18 febbraio 2014, n. 12473).
La ragione di tale orientamento è da rinvenire nel fatto che, nelle ipotesi appena indicate, non vi è stata alcuna attività posta in essere dall’agente, con destrezza, abilità e scaltrezza, al fine di eludere un controllo dell’avente diritto sul bene oggetto di furto, ma , tutt’ al più, la temerarietà di sfidare la sorte o quanto meno la probabilità di essere sorpresi “con le mani nel sacco”.
Con accurata definizione la Corte, nel 2009, ha infatti ritenuto che «la condotta di destrezza è quella qualificata da modalità dell’azione – connotata da particolare agilità e sveltezza, con mosse o manovre particolarmente scaltre – che si aggiungono all’attività di impossessamento e che si connotano per la loro idoneità a eludere la sorveglianza dell’uomo medio, impedendogli di prevenire la sottrazione delle cose in suo possesso opponendovisi tempestivamente e in costanza del fatto» (Sez. 4, sent. n. 42672 del 19/04/2007), atteso che, ciò «che caratterizza la destrezza, infatti, è la circostanza che l’agente si avvalga di una sua particolare abilità per distrarre la persona offesa, per indurla a prestare attenzione ad altre circostanze o, in sintesi, ad attenuare comunque la sua attenzione difensiva contro gli atti di impossessamento delle sue cose» (Sez. 4, sent. n. 11079 del 22/12/2009).
Il legislatore non ha fornito una chiara e precisa definizione di “destrezza”, ma a parere della più unanime dottrina e giurisprudenza, secondo un canone teleologico, il concetto di destrezza, indica una particolare abilità, astuzia, sveltezza nel commettere il fatto, posto che la destrezza presuppone l’esistenza di una abilità straordinaria. Rilevato, poi, che la destrezza deve evidenziare una capacità superiore e tale comunque da saper evitare la vigilanza normale dell’uomo medio, va da sé che una azione tesa ad eludere ogni forma di vigilanza della persona offesa sul bene, può considerarsi tale nella misura in cui sia compiuta con abilità e con scaltrezza; cosa questa ben diversa dal limitarsi a un bene lasciato incustodito.
È necessario dunque, a parere della Corte, che l‘aggravante in oggetto abbia dei precisi limiti e dei chiari perimetri entro i quali sussistere. A tal proposito, le Sezioni Unite, aderendo all’orientamento del 2014, ritengono che la destrezza si configuri ogni qual volta l’agente abbia posto in essere una condotta connotata da destrezza e astuzia e soprattutto dotata di idonea capacità offensiva tale da portare a compimento il furto.
Orbene, «se il furto si realizza a fronte della distrazione del detentore, o dell’abbandono incustodito del bene, anche se per un breve lasso di tempo, che non siano preordinati e cagionati dall’autore, né accompagnati da altre modalità insidiose e abili che ne divergono l’attenzione dalla cosa, il fatto manifesta la sola ordinaria modalità furtiva, inidonea a ledere più intensamente e gravemente il bene tutelato ed è privo dell’ulteriore disvalore preteso per realizzare la circostanza aggravante e per giustificare punizione più seria».
Nella fattispecie, infatti, nessuna particolare abilità il reo ha posto in essere finalizzata a distrarre la persona offesa ovvero ad attenuare la propria attenzione difensiva a protezione dei propri beni.
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Antonio Pastore
p.Avvocato in diritto penale .
Ha svolto un tirocinio presso la Corte di Appello Penale di Napoli ( I Sezione).
Ha svolto uno stage presso la Banca d'Italia.
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