Furto al supermercato: la punibilità si ferma al tentativo

Furto al supermercato: la punibilità si ferma al tentativo

Il furto al Supermercato o nelle grandi catene di distribuzione di generi alimentari di prima necessità e non solo, rappresenta un appuntamento costante da parte dei malviventi. Invero, a fronte di una reiterazione della fattispecie, si evidenzia un vero e proprio laccio lenitivo della forza del braccio della legge.

La punibilità del furto, in questi casi, infatti, è spesso costretta a fermarsi sulla soglia del tentativo per effetto di un conflitto giurisprudenziale che ha favorito la difesa in giudizio del reo, riducendone l’entità della pena per il fatto illecito posto.

Sospeso tra la consumazione ed il tentativo, con la bilancia degli ermellini protesa più verso quest’ultimo, spesso per un legale di fiducia non risulta essere difficile dimostrare che il bene sottratto dallo scaffale non sia entrato, di fatto, nella sfera di possesso del reo, determinandone la condanna per il reato di furto a titolo di tentativo ex art.56 c.p secondo cui gli atti idonei e diretti in modo non equivoco a commettere un delitto non escludono la punibilità se l’azione non si realizza o l’evento non si verifica.

Ebbene, occorre chiedersi cosa succeda qualora un soggetto si introduca in un supermercato, prelevando dagli espositori alcuni prodotti per poi occultarne alcuni nelle proprie tasche, salvo pagare quelli posizionati nel carrello della spesa.

Nel momento in cui il reo si allontana dall’edificio, essendo il proprio comportamento monitorato dalle telecamere a circuito chiuso, dopo essere stato tratto in arresto, è lecito comprendere se la sua condotta integri la fattispecie del reato di furto ex art.624 c.p. o se dell’illecito dovrà rispondere a titolo di tentativo.

In particolare, sul punto, la Corte di Cassazione (sentenza n. 1701 del 2013) ha sancito con un primo orientamento giurisprudenziale che l’occultamento e la sottrazione dei prodotti esposti sugli scaffali degli esercizi commerciali configuri il reato di furto consumato e non di tentativo.

Di contro, con sentenza di diverso tenore (n. 5843 del 2013) gli ermellini sostenevano che ai fini della consumazione del reato di furto è sufficiente che la cosa sottratta, seppur per brevissimo tempo, passi sotto l’autonoma disponibilità dell’agente a delinquere. Pertanto, secondo tale orientamento, il furto si consuma anche a seguito della perdita immediata del bene rubato per effetto dell’intervento delle forze dell’ordine.

Tale orientamento giurisprudenziale, di poi, è stato superato da una sentenza a Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sentenza n. 52117 del 2014) secondo cui, in caso di furto al supermercato, il monitoraggio dell’azione furtiva, effettuato mediante l’uso di adeguati strumenti di rilevazione automatica del movimento della merce o sulla base dell’osservazione del reo, si sofferma sulla soglia della consumazione. A sostegno di tale tesi, la Suprema Corte ha ritenuto che per una parte dei prodotti prelevati dagli scaffali del supermercato, di fatto, non consegue, neppure momentaneamente, l’autonoma disponibilità della refurtiva, la quale, pertanto, non risulta essere ancora uscita dalla sfera giuridica di vigilanza e di controllo della vittima del reato.

In caso di imputazione del furto in supermercato, la difesa sorretta sul non impossessamento neppure momentaneamente della refurtiva, potrebbe ottenere quale risultato la commutazione del titolo del reato di furto da consumato a tentato.


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