“Genitori-nonni”: confermata in Cassazione l’adottabilità della minore

“Genitori-nonni”: confermata in Cassazione l’adottabilità della minore

Nota a Cass. Civ., Sez. I, 14 febbraio 2018, n. 3594

Pres. Dott. F. Tirelli – Est. Dott. ssa M. Acierno

Massima: “Deve essere confermata la dichiarazione di adottabilità di una minore allorché siano emersi in corso di istruttoria una serie di elementi da cui trarre l’esistenza di una complessiva incapacità non emendabile da parte dei genitori di comprendere quali siano i bisogni emotivo – affettivi e pratici della minore”.

Sommario: 1. Il caso giudiziario – 2. La decisione – 3. Note critiche.

1. Il caso giudiziario

Con la sentenza n. 3594 del 14/02/2018 la I sezione della Corte di cassazione ha posto fine ad un’intricata vicenda giudiziaria che ha avuto come protagonisti due anziani genitori di Casale Monferrato e la loro figlia minore, nata tramite fecondazione eterologa, definitivamente dichiarata adottabile con la sentenza in esame.

La lunga vicenda giudiziaria, di cui la sentenza in commento dà contezza, ha tratto origine da un presunto episodio di abbandono in auto della minore, perpetrato dal padre nei confronti della piccola, allora di soli pochi mesi.

A seguito della segnalazione alle forze dell’ordine da parte dei vicini, parallelamente al giudizio penale per abbandono di minore, era stato aperto un procedimento volto a dichiarare l’adottabilità della piccola, che si era concluso negativamente per i due genitori.

La Corte d’Appello di Torino aveva deciso nello stesso senso, basando il giudizio di inidoneità genitoriale sull’episodio dell’abbandono in auto della bambina, avvenuto nel 2010, pochi mesi dopo la sua nascita, e sulla forte differenza di età fra i genitori e la stessa (il padre settantenne e la madre sessantatreenne).

Nel 2013 la Corte di Cassazione aveva confermato la decisione della Corte d’Appello di Torino.

Tuttavia, a seguito dell’intervenuta assoluzione in sede penale dall’accusa di abbandono di minore, i coniugi di Casale Monferrato avevano impugnato la precedente pronuncia per revocazione. La Suprema Corte, con la sentenza n. 13435 del 2016, aveva accolto il ricorso, ritenendo che la dichiarazione di adottabilità era stata fondata su una circostanza di fatto, ritenuta decisiva, ma rivelatasi non corrispondente alla verità. Aveva sottolineato, altresì, che nel nostro ordinamento nessuna disposizione pone un’età massima per essere genitori. Aveva cassato la decisione con rinvio, disponendo che la Corte di Appello di Torino effettuasse un nuovo esame dei presupposti di fatto e di diritto che avevano giustificato la dichiarazione di adottabilità della minore.

Ancora una volta, la Corte di Appello di Torino aveva concluso in senso negativo per i due coniugi.

La sentenza è stata impugnata per Cassazione.

La Suprema Corte, con la pronuncia in esame ha confermato la decisione, mettendo la parola fine ad un caso giudiziario lungo sette anni.

2. La decisione

La sentenza, emanata il 12 dicembre dello scorso anno e pubblicata il 14 febbraio del 2018, per come già detto, ha confermato la decisione bis della Corte d’Appello di Torino.

Ha, infatti, rigettato tutte e sei i motivi di ricorso proposti dai due coniugi di Casale Monferrato, e concluso per l’adottabilità della minore, che ha, nel frattempo, compiuto i sette anni.

I motivi di ricorso dei ricorrenti hanno fatto leva sulla presunta erroneità della valutazione dell’inidoneità genitoriale degli stessi. I ricorrenti hanno sottolineato come, dichiarando l’adottabilità della minore, lo Stato fosse venuto meno al suo dovere – sancito costituzionalmente – di preservare e conservare i rapporti familiari di origine, lasciando solo come extrema ratio l’ipotesi dell’adozione.

Hanno precisato, inoltre, come nella precedente valutazione fosse stato del tutto assente il requisito dello stato di abbandono, richiesto dalla L. 184/1983 ai fini della dichiarazione dello stato di adottabilità; circostanza questa, appurata anche in sede penale, ove il padre della bambina era stato assolto dall’accusa di abbandono di minore.

I coniugi hanno poi sottolineato, concordemente alla precedente sentenza in revocazione della Cassazione, che la differenza di età fra i genitori e la bambina non poteva essere posta a fondamento di alcuna dichiarazione di inidoneità genitoriale, in quanto nel nostro ordinamento nessuna disposizione prevede un limite massimo di età per diventare genitori.

La Corte ha analizzato separatamente i vari motivi di ricorso, rigettandoli in toto, sulla base delle considerazioni che verranno di seguito, brevemente, esposte.

Innanzitutto, la Suprema Corte ha statuito che, in merito all’idoneità/inidoneità genitoriale, la Corte di Appello di Torino aveva svolto un accertamento di fatto incensurabile in sede di giudizio di legittimità.

Tuttavia, ha dato contezza di tale accertamento, basato su “precisi e plurimi elementi di fatto, confortati univocamente dalle indagini tecniche svolte dai consulenti d’ufficio, i quali sono pervenuti a conclusioni del tutto omogenee”.

Tra gli elementi fattuali valutati nel giudizio di merito, la Corte ha menzionato varie circostanze, fra cui la dichiarazione di non idoneità dei coniugi per la procedura di adozione internazionale – precedente alla nascita della minore -, la necessità di sostegno alla genitorialità riscontrata prima del parto e confermata dopo la nascita, rifiutata dalla madre; le forti difficoltà nell’accudimento pratico ed emotivo della minore. L’episodio dell’abbandono in auto, sebbene non avesse avuto risvolti penali, e la differenza di età, sono stati valutati dai consulenti, e dai giudici di merito, non come elementi determinanti, ma come ulteriori indici che deponevano nel senso di una non consapevolezza dei bisogni e delle esigenze della minore da parte dei genitori.

Dalle consulenze tecniche espletate era emersa, infatti, una “complessiva incapacità non emendabile di comprendere quali siano i bisogni emotivo-affettivi e pratici della minore risultando il padre totalmente dipendente dalle aspettative e desideri della moglie e quest’ultima chiusa in un processo narcisistico che le impedisce di percepire la minore come un investimento affettivo”.

3. Criticità

La statuizione circa l’adottabilità della minore, confermata dalla Corte di Cassazione, ha avuto grande eco mediatica.

Non poche sono state le critiche nei confronti della decisione, sia perché agli occhi dell’opinione pubblica è stato automatico il binomio “età avanzata – inidoneità genitoriale”, sia perché il criterio della “comprensione dei bisogni della minore” utilizzato dalla Corte, è apparso come inevitabilmente influenzato dai sette anni di distanza fra i genitori e la figlia, a causa della complessa vicenda giudiziaria.

La piccola, infatti, subito dopo la denuncia da parte dei vicini per l’episodio dell’abbandono, era stata allontanata dai due coniugi e successivamente affidata ad una nuova famiglia.

Sebbene nel corso degli anni fossero stati garantiti gli incontri, facilitati dai servizi incaricati, la distanza fra i genitori e la bambina non ha potuto che acuirsi, facendo definitivamente venir meno la possibilità per i coniugi di maturare quella “comprensione dei bisogni della minore”, imprescindibile ai fini della positiva valutazione dell’idoneità genitoriale.

D’altro canto, però, tutti i gradi di giudizio fin qui espletati – quindi fin dal primo, iniziato sette anni fa, – ed addirittura le valutazioni effettuate prima della nascita della bambina, sono stati univocamente diretti ad escludere l’idoneità genitoriale dei due coniugi di Casale Monferrato. Così per come la Corte ha motivato, l’extrema ratio dell’adottabilità, in questo caso, è stata ritenuta sussistente, anche se non si trattava di uno stato di “abbandono” strictu sensu.

Infatti, alla luce delle consulenze specialistiche espletate, è stato ritenuto che il superiore interesse della minore fosse quello di rimanere nel nuovo nucleo familiare, a cui la piccola era già stata affidata, piuttosto che quello teso a rafforzare il legame con famiglia originaria, che l’avrebbe fatta tornare dai genitori biologici.


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