Giudizio cautelare amministrativo: quando la celerità del procedimento rallenta la giustizia
Il presente scritto vuole brevemente soffermarsi sull’importanza che riveste il giudizio cautelare nel processo amministrativo e su alcune criticità riscontrate nella prassi, specialmente in relazione all’uso giudiziale del decreto monocratico d’urgenza, strumento di tutela utilissimo per evitare il verificarsi di eventi pregiudizievoli alle parti. Il predetto strumento deve, però, essere utilizzato con prudenza, altrimenti si può trasformare nelle più severe delle condanne, atteso che, ai sensi dell’art. 56 c.p.a., il decreto d’urgenza non è impugnabile.
Al fine di carpire la portata e gli effetti che il decreto monocratico ha nella vicenda processuale si analizzano, di seguito, alcuni recenti casi giudiziali riguardanti la materia dei concorsi pubblici.
Concorso 250 Vigili del Fuoco
Nel caso in esame, i ricorrenti impugnavano il Bando di Concorso, per titoli ed esami, per il reclutamento di 250 unità nella qualifica di vigile del fuoco del ruolo dei vigili del fuoco del Corpo nazionale dei vigili del fuoco – indetto con D.M. 676 del 18.10.2016 e pubblicato in data 15.11.2016 – nella parte in cui, all’art. 2, prevede tra i requisiti per l’ammissione al predetto concorso quello “di non aver compiuto 30 anni di età”.
Attesa la situazione di grave urgenza, i ricorrenti chiedevano disporsi misure cautelari monocratiche, ai sensi dell’art. 56 cod. proc. amm., respinte con decreto cautelare n. 378 del 25 gennaio 2017 emesso dal T.A.R. Lazio – Roma “Ritenuto che, dalla predetta istanza, non emergono concreti e specifici elementi, atti a comprovare una condizione di periculum in mora, suscettibile di poter essere positivamente apprezzata ai sensi dell’art. 56 cpa, nel periodo intercorrente fra la data odierna e quella della prima camera di consiglio del 15.2.2017, utile per consentire il rispetto dei termini a difesa della controparte, ai sensi dell’art. 55, comma 5°, cpa”. Pertanto, veniva fissata l’udienza collegiale, per la trattazione della domanda cautelare.
All’esito della camera di consiglio del giorno 15 febbraio 2017, poi, il T.A.R. riteneva, con ordinanza cautelare n. 820 del 17 febbraio 2017 “che il presente ricorso non appare assistito da fumus boni juris di immediata percepibilità all’esito di una delibazione sommaria, propria di questa fase cautelare”.
Vedendo interamente frustrate le istanze cautelari, i ricorrenti adivano il Consiglio di Stato proponendo appello cautelare avverso la predetta ordinanza chiedendo, altresì, misure cautelari monocratiche.
I giudici di Palazzo Spada, con decreto cautelare n. 2042 del 12 maggio 2017 finalmente accoglievano l’istanza “Considerato che, secondo quanto risulta dagli atti, la prova preselettiva del concorso si svolgerà tra il 29 maggio e il 12 giugno 2017; Ritenuto che, con riferimento a tale circostanza, è indubbia la ricorrenza del “periculum in mora” per gli odierni appellanti ma che anche è interesse dell’Amministrazione evitare, ove le pretese appellanti si rivelassero fondate, di dover rinnovare le prove o indire una successiva prova preselettiva suppletiva; Considerato, inoltre, che l’ammissione con riserva alle prove preselettive, nelle more della discussione collegiale in Camera di Consiglio, permetterà – da un lato – agli odierni appellanti di esaminare in modo approfondito ed in contraddittorio le proprie argomentazioni difensive mantenendo integra la possibilità di conseguire soddisfazione della loro pretesa; e d’altro canto, detta ammissione, trattandosi di prove preselettive, non determinerà per l’Amministrazione un danno significativo, giacché le fasi del concorso si svolgeranno allorché già questo Consiglio di Stato si sarà pronunciato in modo collegiale nella sede cautelare, sicché, conseguentemente, potranno essere adottate le iniziative – di ammissione o esclusione dalle prove concorsuali – necessarie”.
Il predetto decreto d’urgenza veniva, poi, confermato con successiva ordinanza cautelare n. 2784 del 30 giugno 2017 (emessa, quindi, dopo l’espletamento delle prove preselettive svoltesi, come sopra esposto, tra il 29 maggio e il 12 giugno 2017), “restando assolutamente impregiudicata ogni questione di merito”.
La vicenda descritta dimostra, invero, che il Supremo Consesso ha tenuto nel massimo conto le esigenze cautelari dei ricorrenti ed, in particolare, del loro interesse principale a partecipare alle prove preselettive del concorso pubblico in esame attesa l’evidente situazione di estrema urgenza sopra descritta.
Questo dovrebbe essere il senso del giudizio cautelare. Appunto, dovrebbe.
Concorso 800 Assistenti Giudiziari
Recentissimamente, infatti, è capitato che un giudice, dott. Carmine Volpe, ha completamente svilito di significato il giudizio cautelare amministrativo e lo ha fatto emettendo un decreto monocratico dal sapore amaro e giuridicamente incomprensibile.
Si tratta del decreto cautelare n. 3136 del 26 giugno 2017. I ricorrenti, dopo aver appreso di non aver superato le prove preselettive, agivano per ottenere l’ammissione alle prove scritte del concorso pubblico a n. 800 posti a tempo indeterminato per il profilo professionale di Assistente giudiziario, area funzionale II, fascia economica F2, nei ruoli del personale del Ministero della giustizia, indetto con Decreto 18 novembre 2016 del Ministero della Giustizia.
Le prove scritte (alle quali si poteva accedere superando le prove preselettive) erano state già calendate dall’Amministrazione per i giorni 26, 27 e 28 giugno 2017, con evidentissimo pericolo ed urgenza per le istanze dei ricorrenti.
Ebbene, il dott. Carmine Volpe, in modo veramente ingiustificato ha respinto l’istanza cautelare avanzata dai ricorrenti sulla scorta della seguente ed unica motivazione: “anche sulla base dei motivi di ricorso, non sussistono i requisiti prescritti dall’art. 56, comma 1, del d.lgs. n. 104/2010 cod. proc. amm.”.
Ora, in disparte la questione che non è stato affatto valutato il periculum in mora, che deve invece costituire l’unico parametro per il giudice al fine della tutela cautelare d’urgenza, la cosa che lascia davvero sbigottiti è che, con la descritta motivazione, il giudice ha compiuto una valutazione non consentita dal codice del processo amministrativo, valutando il fumus boni iuris del ricorso, nonostante l’evidenza dell’estrema urgenza prospettata dai ricorrenti. La cosa bizzarra è che il giudice ha, poi, fissato per la trattazione collegiale la camera di consiglio del 19 luglio 2017, data successiva allo svolgimento delle prove scritte, cui i ricorrenti ambivano a partecipare. In questo modo mortificando del tutto le istanze di giustizia dei candidati esclusi.
Come, infatti, si è posto in evidenza supra la funzione del provvedimento cautelare monocratico d’urgenza non è quella di anticipare l’esito del giudizio, bensì quella di prevenire il formarsi di situazioni gravemente pregiudizievoli e altresì irreversibili, ossia tali da non poter essere rimediate neppure con una ordinanza collegiale emessa alla prima camera di consiglio utile (nel caso descritto, il magistrato, pur avendo potuto prevenire il pregiudizio ha, invece, contribuito in maniera esclusiva a crearlo (sic!) respingendo l’istanza e rinviando per la trattazione collegiale ad una udienza fissata dopo le prove scritte!).
A questi fini l’estremo della gravità ed irreparabilità del danno può risultare anche da una prudente valutazione comparativa degli interessi contrapposti della parte ricorrente e delle controparti pubbliche e private.
Sotto questo profilo, nel caso in esame si è verificato che la mancata concessione della misura cautelare richiesta (ammissione con riserva alle prove del concorso) ha prodotto senza dubbio per i ricorrenti un pregiudizio notevole, mentre la concessione di detta misura cautelare non avrebbe inciso in modo altrettanto sensibile sugli interessi contrapposti.
In effetti, l’ammissione con riserva di un candidato la cui posizione è sub iudice non altera in modo apprezzabile lo svolgimento delle prove (a maggior ragione quando il numero dei concorrenti è assai elevato, come risultava provato per tabulas nel caso in caso in esame) ed, anzi, in un certo senso è utile alla stessa amministrazione, in quanto previene il rischio che un eventuale accoglimento a posteriori del ricorso comporti l’annullamento dell’intera procedura (così come anche rilevato dal Supremo Consesso nel decreto monocratico n. 2042 del 12 maggio 2017 sopra richiamato).
Conclusioni
Il decreto monocratico d’urgenza deve solo valutare il periculum in mora e non può, in alcun modo, sindacare circa la bontà dei motivi di ricorso, cosa che realizzerebbe un’ingiustificata anticipazione del giudizio, non consentita dal codice del processo amministrativo.
Un decreto di tal fatta mortifica la ratio stessa della tutela d’urgenza ed annulla completamente le istanze di tutela dei ricorrenti costringendoli, nelle more della camera di consiglio, a vedere realizzarsi il pregiudizio che la misura cautelare monocratica avrebbe, invece, dovuto evitare.
È chiaro che siamo al paradosso!
Già in altro articolo di questa Rivista si è auspicato l’intervento del Legislatore sull’art. 56 c.p.a. nel senso di rendere esperibile un rimedio, un’impugnazione avverso il decreto “abnorme” che appunto costituisce un atto completamente nuovo rispetto allo schema previsto dalla norma.
Il cittadino non può subire due volte il peso dell’ingiustizia (per mano dell’Amministrazione e per mano del giudice) e merita, invece, una giustizia veloce ma al tempo stesso in grado di capire e soddisfare pienamente le proprie istanze di tutela.
Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
Direttore responsabile Avv. Giacomo Romano
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Avv. Giacomo Romano
Ideatore e Coordinatore at Salvis Juribus
Nato a Napoli nel 1989, ha conseguito la laurea in giurisprudenza nell’ottobre 2012 con pieni voti e lode, presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II, discutendo una tesi in diritto amministrativo dal titolo "Le c.d. clausole esorbitanti nell’esecuzione dell’appalto di opere pubbliche", relatore Prof. Fiorenzo Liguori. Nel luglio 2014 ha conseguito il diploma presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali dell'Università degli Studi di Napoli Federico II. Subito dopo, ha collaborato per un anno con l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli occupandosi, prevalentemente, del contenzioso amministrativo. Nell’anno successivo, ha collaborato con uno studio legale napoletano operante nel settore amministrativo. Successivamente, si è occupato del contenzioso bancario e amministrativo presso studi legali con sede in Napoli e Verona. La passione per l’editoria gli ha permesso di intrattenere una collaborazione professionale con una nota casa editrice italiana. È autore di innumerevoli pubblicazioni sulla rivista “Gazzetta Forense” con la quale collabora assiduamente da giugno 2013. Ad oggi, intrattiene collaborazioni professionali con svariate riviste di settore e studi professionali. È titolare di “Salvis Juribus Law Firm”, studio legale presso cui, insieme ai suoi collaboratori, svolge quotidianamente l’attività professionale avendo modo di occuparsi, in particolare, di problematiche giuridiche relative ai Concorsi Pubblici, Esami di Stato, Esami d’Abilitazione, Urbanistica ed Edilizia, Contratti Pubblici ed Appalti.