Giudizio di rinvio a seguito di annullamento, la decisione del Riesame si deposita in trenta giorni
Commento alla sentenza delle SS.UU., Cass pen n. 47970 del 20.07.2017, depositata il 18.10.2017
A cura dell’Avv. Marco La Grotta
Fatto
Con ordinanza del 18 febbraio 2016 il G.I.P. presso il Tribunale di Vibo Valentia applicava nei confronti della sig.ra Tizia (indagata per i reati di rapina pluriaggravata e omicidio volontario) la misura cautelare in carcere.
Successivamente, in data 29 novembre 2016, la predetta misura veniva confermata dal Tribunale del riesame di Catanzaro che si riservava di depositare le motivazioni nel termine di giorni quarantacinque, adducendo quale causa di giustificazione del “ritardo” la complessità della vicenda e il gravoso carico di lavoro.
Infatti il Tribunale depositava le motivazioni del provvedimento in data 12 gennaio 2017.
Avverso tale provvedimento il difensore dell’indagata proponeva ricorso per cassazione lamentando l’erronea applicazione dell’art. 311, co. 5-bis, c.p.p., che stabilisce invece che la motivazione dell’ordinanza del riesame emessa in sede di rinvio debba essere depositata entro trenta giorni, senza operare alcun richiamo all’art. 309, co. 10, c.p.p., di conseguenza riteneva non applicabile la proroga disposta dal Tribunale.
La questione, dopo essere giunta dinanzi alla Prima Sezione della Suprema Corte, veniva rimessa con ordinanza alle Sezioni Unite per la risoluzione del contrasto giurisprudenziale inerente alla possibilità per il Tribunale del riesame, in sede di rinvio, di prorogare il termine per il deposito della motivazione sino al limite di quarantacinque giorni.
La questione di diritto era: “Se, nel giudizio di rinvio a seguito di annullamento della ordinanza applicativa di misura cautelare personale coercitiva, il tribunale del riesame possa disporre, nel caso di particolare complessità della motivazione, il deposito dell’ordinanza in un termine superiore ai giorni trenta di cui all’art. 311, comma 5-bis, cod. proc. pen., comunque non eccedente il termine di quarantacinque giorni di cui all’art. 309, comma 10, cod. proc. pen.”.
Diritto
Secondo un primo orientamento della Cassazione, il Tribunale può disporre per il deposito del provvedimento, nei casi in cui la stesura della motivazione sia particolarmente complessa per il numero di arrestati o la gravità delle imputazioni, un termine superiore ai trenta giorni indicati nell’art. 311, comma 5-bis, c.p.p., ma non superiore ai quarantacinque giorni dalla decisione, coerentemente con quanto disposto dall’art. 309, comma 10, c.p.p. (Cass. sez. V. n. 18571/2016).
Tale orientamento troverebbe fondamento nel comma 5-bis dell’art. 311 che avrebbe la funzione di equiparare la disciplina del procedimento a seguito di rinvio a quella ordinaria (art. 309).
A tale orientamento se ne contrappone un altro, che fa leva sull’interpretazione letterale del co. 5-bis dell’art. 311 c.p.p., secondo cui, deve essere applicato il termine di trenta giorni per il deposito dell’ordinanza resa in sede di rinvio a seguito di annullamento disposto dalla Corte di Cassazione su ricorso dell’indagato (Cass. n. 20248/2016 e Cass. 23583/2016).
La prima sentenza stabilisce inequivocabilmente che nel giudizio di rinvio a seguito di annullamento, il mancato rispetto del termine di trenta giorni per il deposito dell’ordinanza ne comporta la perdita di efficacia, perché la normativa vigente consente al Tribunale di disporre di un termine più lungo, non eccedente i quarantacinque giorni, per la sola ordinanza emessa ai sensi dell’art. 309 c.p.p.. (cfr. Cass. n. 20248/2016 cit.).
La seconda sentenza invece ribadisce che l’art. 311, co. 5-bis, costituisce una disciplina molto restrittiva, proprio in virtu’ dell’alto valore che la Costituzione (art. 13), nonché le Convenzioni internazionali attribuiscono alla tutela della libertà personale dell’indagato (art. 5 Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e art. 9 del Patto internazionale sui diritti civili e politici) (cfr. Cass. 23583/2016 cit.).
Le Sezioni Unite condividono l’orientamento piu’ restrittivo affermando che nel procedimento a seguito di rinvio deve trovare applicazione il termine di trenta giorni, applicando quindi l’interpretazione letterale dell’art. 311, co. 5-bis c.p.p..
La decisione trova fondamento anche nel diritto sovranazionale, in particolare nel richiamato art. 5 della CEDU che prevede l’applicazione di termini brevi nei giudizi cautelari al fine di tutelare la persona da detenzioni arbitrarie.
Anche la giurisprudenza della Corte di Strasburgo segue lo stesso orientamento, affermando che il principio di celerità deve essere considerato regola generale e riguardare tutti i procedimenti de libertate, di contro, ogni disposizione diretta a rallentarne l’iter deve essere considerata una eccezione.
Nel caso de quo le Sezioni Unite ribadiscono che se il predetto ragionamento giuridico trova applicazione nella generalità dei procedimenti de libertate, a maggior ragione l’esigenza di una decisione in tempi brevi è necessaria nei confronti di chi, a seguito dell’annullamento del provvedimento restrittivo, sia ancora privato della libertà personale.
La Suprema Corte, inoltre, non ritiene condivisibile la tesi favorevole all’applicazione analogica della disposizione che consente la proroga del termine per il deposito dell’ordinanza di riesame.
Rilevano gli Ermellini, che l’analogia, ai sensi dell’art. 12 preleggi, è un procedimento mediante il quale, qualora vi sia una lacuna nell’ordinamento, vengono applicate alla situazione da disciplinare le norme previste per i casi simili o materie analoghe, la c.d. analogia legis.
Nel caso in esame è evidente che non ricorrono tali presupposti in quanto il codice di rito disciplina con una norma specifica ed in modo esplicito il termine di trenta giorni per il deposito del provvedimento (art. 311, co. 5-bis, c.p.p.) che non può essere prorogato.
La decisione
In conclusione la Corta afferma il seguente principio di diritto: “Nel giudizio di rinvio a seguito di annullamento della ordinanza che ha disposto o confermato la misura coercitiva, il tribunale del riesame non può disporre, nel caso di particolare complessità della motivazione, il deposito dell’ordinanza in un termine non eccedente il quarantacinquesimo giorno, in analogia a quanto previsto dall’art. 309, comma 10, cod. proc. pen., ma deve depositare il provvedimento nel termine di trenta giorni previsto dall’art. 311, comma 5-bis, cod. proc. pen., a pena di perdita di efficacia della misura”.
La Corte quindi ha annullato senza rinvio l’ordinanza impugnata e ha disposto l’immediata scarcerazione della ricorrente se non detenuta per altra causa.
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Avv. Marco La Grotta
Laurea Magistrale in Giurisprudenza, conseguita presso Università degli Studi di Bari "Aldo Moro". Pratica forense svolta in ambito civile, penale ed amministrativo presso lo studio legale dell'Avv. Prof. Giuseppe Chiarelli del Foro di Taranto. Attestato di frequenza della Scuola Forense-Taranto. Attestato di partecipazione al corso biennale per difensore d'ufficio.
Attualmente iscritto presso l'Albo degli Avvocati di Taranto ed esercita la professione forense prevalentemente nell'ambito penale e della consulenza a società.
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