Gli effetti del Covid-19 sull’inadempimento contrattuale
L’adozione di provvedimenti per gestire ed arginare l’emergenza della pandemia ha comportato inevitabili effetti negativi nel comparto produttivo nazionale.
Tali misure hanno rallentato e, in alcuni casi, sospeso e interrotto la produzione e la circolazione di beni e servizi, dapprima nella zona rossa circoscritta alle regioni Lombardia e Veneto, e, successivamente, sono state estese a tutto il Paese.
Da ciò derivano le difficoltà di far fronte alle obbligazioni contrattuali che sono state sottoscritte e che impongono il rispetto e l’adempimento in termini temporali, quantitativi e qualitativi previsti nell’accordo.
Al fine di pervenire alle soluzioni giuridiche opportune, è necessario individuare ed analizzare le norme previste nel codice civile nelle ipotesi del verificarsi di eventi straordinari e imprevedibili che colpiscono una parte contrattuale italiana nell’esecuzione delle obbligazioni assunte e da adempiere all’interno del territorio nazionale o anche all’estero.
A livello internazionale la definizione di forza maggiore è contemplata, oltre che nella Convenzione di Vienna del 1980 e nei principi Unidroit, altresì come specifica clausola standard dalla Camera di Commercio internazionale.
Dettagliatamente, l’art. 79 della Convenzione di Vienna sulla vendita internazionale di merci, ratificata dall’Italia e dalla Cina, definisce la forza maggiore come l’impedimento fuori dal controllo di una parte, non ragionevolmente prevedibile al momento della sottoscrizione del contratto, inevitabile e non superabile.
Secondo l’Unidroit, l’Istituto internazionale per l’unificazione del diritto privato, le cause di forza maggiore sono quelle che esulano dal controllo della parte obbligata e quelle che implicano un impedimento, o delle conseguenze, che la parte non poteva prevedere al momento della stipula del contratto, che non poteva evitare o superare.
Infine, nel 2003, la CCI ha predisposto un modello di clausola di forza maggiore – Force Majeure Clause – con l’obiettivo di far fronte alle problematiche di diritto internazionale collegate, appunto, alla forza maggiore.
La parte che intenda avvalersi della causa di forza maggiore soggiace all’onere di notificare all’altra parte il verificarsi dell’evento, manifestando l’intenzione di avvalersi della clausola in questione, di fornire le informazioni sul divenire della situazione, e, quindi, anche di manifestare la propria volontà di risolvere il contratto per l’intercorso verificarsi di detta causa.
Pertanto, nel caso concreto, laddove le parti abbiano indicato tra gli eventi costituenti causa di forza maggiore l’evento specifico dell’epidemia in corso, opera l’esimente da responsabilità della parte inadempiente per motivi legati all’epidemia medesima, proprio perché le parti lo hanno espressamente previsto contrattualmente.
A contrario, se le parti non abbiano previsto in modo espresso detta clausola, l’odierna situazione straordinaria e le conseguenti implicazioni in termini di prestazioni contrattuali dovranno essere esaminate alla luce dei principi di forza maggiore, onde verificare in ogni caso la sussistenza di un’esimente.
Diversamente nel sistema giuridico italiano non vi è una definizione specifica di “forza maggiore”.
Cionondimeno, il concetto emerge negli articoli 1256 (rubricato Impossibilità definitiva e impossibilità temporanea ) e 1463 (rubricato Impossibilità totale) del codice civile.
Ebbene, l’art. 1256 c.c., primo comma, prevede che, qualora, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione dedotta in contratto diventi definitivamente impossibile, l’obbligazione si estingue, e quindi il debitore è liberato. Ciò al pari di quanto sancito dall’art. 1218 c.c., che si occupa di impossibilità sopravveniente sotto il diverso profilo dell’esonero del debitore dalla responsabilità derivante dall’inadempimento o dal ritardo nell’esecuzione della prestazione.
Se, invece, l’impossibilità è temporanea, il debitore non è responsabile del ritardo nell’inadempimento durante la permanenza di essa, così come stabilito dall’art. 1256, secondo comma.
Tra le cause invocabili ai fini dell’impossibilità della prestazione ex art. 1256 c.c., devono ricomprendersi gli ordini o i divieti sopravvenuti dell’ autorità legislativa/ amministrativa/ giudiziaria, che sono qualificati factum principis.
Concretamente, si sostanziano in provvedimenti legislativi o amministrativi, scanditi da interessi generali, che rendono impossibile la prestazione, e ciò a prescindere dalla condotta tenuta dalla parte obbligata.
In breve, si identificano in circostanze che operano quali esimenti della responsabilità della parte debitrice, all’infuori delle previsioni contrattuali vigenti.
Ad ogni modo, la giurisprudenza precisa che l’impossibilità dell’adempimento dovuta all’emanazione di tali atti non può comunque essere invocata se l’intervento governativo era prevedibile nel momento in cui il contratto è stato concluso e se il debitore non si è adoperato per cercare un rimedio lecito che gli permettesse di eseguire, anche in altra maniera, la propria prestazione.
L’articolo 1463 c.c., invece, disciplina le vicende relative l’impossibilità oggettiva, la quale dipende da fatti estranei alla volontà del debitore o al suo controllo perché si realizzi l’effetto liberatorio in suo favore. Tali fatti sono rinvenibili in accadimenti che non si possono né prevedere, né dominare.
Il giudizio sul carattere prevedibile e straordinario dell’evento va riferito a criteri obiettivi, anche mediante il ricorso ad una normale capacità ed alla diligenza del quisque de populo.
Per rimediare a detto squilibrio nell’esecuzione che l’evento straordinario e imprevedibile ha generato, è prescritta la risoluzione del contratto ai sensi dell’articolo 1467 c.c., il quale concerne l’eccessiva onerosità dei contratti a prestazioni corrispettive.
L’eccessiva onerosità sopravvenuta consiste in un evento non rientrante nella normale alea del contratto e che non rende impossibile l’esecuzione di una prestazione contrattuale, ma rendendola più costosa rispetto a quanto previsto dalla parte obbligata prima del verificarsi dell’evento.
Se la prestazione di una delle parti è diventata eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve la prestazione può domandare la risoluzione del contratto, ma l’altra parte può proporre di mantenere in vita il contratto modificandone le condizioni in modo da riequilibrare le prestazioni.
Sono richiesti, dunque, i due requisiti della straordinarietà e dell’imprevedibilità: secondo la giurisprudenza, il primo ha carattere oggettivo, essendo quantificabile sulla base di elementi quali l’intensità e l’entità del fatto; mentre il secondo ha natura soggettiva, in quanto riguarda la possibilità che il debitore aveva di conoscere il fatto.
Atteso ciò, se il Covid – 19 fosse effettivamente considerato causa di forza maggiore, questo non escluderebbe una certa responsabilità da parte del soggetto inadempiente.
Invero, sono da valutarsi: l’incidenza diretta sulla prestazione; il modo in cui l’evento ha condizionato l’adempimento delle obbligazioni contrattuali; il rispetto degli obblighi stabiliti dal contratto; la diligenza da parte del debitore una volta verificatosi l’evento.
In conclusione, in via teorica il Coronavirus può considerarsi una causa di forza maggiore che genera inadempimento contrattuale.
Nella pratica, ogni caso dovrà essere valutato a sé, in quanto occorre comunque valutare rigorosamente se l’evento può essere considerato causa di una sopravvenuta onerosità delle prestazioni contrattuali interessate.
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