Gli impedimenti al matrimonio civile (prima parte): analisi degli articoli 84-86 c.c.

Gli impedimenti al matrimonio civile (prima parte): analisi degli articoli 84-86 c.c.

Sommario: 1.  Introduzione –  2.  Gli impedimenti matrimoniali: inquadramento generale – 3.  L’impedimento di età: analisi dell’art. 84 c.c. – 3.1. La maturità psicofisica 3.2. I gravi motivi 3.3. Profili processuali 3.4. Alcune conseguenze giuridiche 4. L’interdizione: analisi dell’art. 85 c.c. 4.1, La disciplina 4.2. Problematiche dell’art. 85 c.c. – 5. La libertà di stato: analisi dell’art. 86 c.c. –  5.1 I soggetti legittimati – 5.2 Il caso del precedente matrimonio contratto all’estero

 

1. Introduzione

Il presente studio intende affrontare, in via analitica, la natura e la funzione degli impedimenti relativi al matrimonio così come previsto dal Codice Civile. Stante la loro complessità, nonché la loro importanza, si ritiene opportuno suddividere tale analisi in due fasi provvedendo, dapprima ad evidenziare la loro collocazione all’interno del Codice e la loro funzione per poi procedere al loro singolo esame. In questa prima parte ci si occuperà dei primi tre impedimenti ovvero quello di età, di interdizione e quello relativo alla libertà di stato: nella seconda si procederà al loro completamento attraverso la descrizione dei rimanenti di cui agli artt.87 -89.

2. Gli impedimenti matrimoniali: inquadramento generale

Parlare di impedimento matrimoniale non è cosa semplice dal momento che lo stesso codice non offre una definizione in merito. Più in generale l’impedimento costituisce tutto ciò che ostacola il sorgere di un vincolo giuridico tra gli individui comportando conseguenze diverse in ordine alla loro entità e al loro peso. Applicando tale principio generale al matrimonio risulta essere piuttosto evidente la funzione propria degli impedimenti i quali non mirano tanto alla negazione dello ius connubi quanto ad una “limitazione della libertà matrimoniale, come diritto fondamentale della persona, nella misura in cui i requisiti richiesti non contrastino con i principi fondamentali dell’ordinamento volti a tutelare valori di particolare rilevanza” [1].

Da questo si deduce un’altra importante conseguenza che permette di inquadrare il discorso sugli impedimenti nel più ampio raggio dell’istituto matrimoniale. Quest’ultimo non sarà allora una res privata  con conseguenze solo tra gli sposi ma è anche – e soprattutto – una res sociale capace di creare nuove situazioni giuridiche dalle quali derivano nuovi diritti e doveri. Pur nell’assenza di una definizione, il matrimonio può essere visto come “l ‘atto mediante il quale l’uomo e la donna si impegnano a realizzare una comunione di vita e di affetti, una stabile convivenza cioè fondata sull’assistenza ed il rispetto reciproca e sulla ricerca di una unità di intenti”:[2] tale inciso, per quanto evidenzi con forza la dimensione unitiva sussistente tra i nubendi [3], solleva non poche perplessità in particolare, in relazione al suo contenuto. La stessa fraseologia utilizzata nel descrivere l’unione matrimoniale non risulta esente da rilievi critici: si parla così di communio totius vitae espressione questa che assorbe in sé due realtà: la prima di carattere soggettivo, la cd affettio coniugalis , l’altra di carattere oggettivo basata su una certa organizzazione di mensa la cui entità può essere di difficile accertamento [4].

Tuttavia ciò che conta – e ciò si riannoda alla ratio degli impedimenti – è la tutela legale accordata dal legislatore all’unione matrimoniale. In altre parole non occorre tanto soffermarsi sull’ “aspetto interiore” ovvero sulle ragioni che hanno portato due persone a contrarre matrimonio quanto su quello “esteriore” tenendo conto così della forma dell’atto e delle condizioni matrimoniali che lo rendono possibile [5]. Tale aspetto permette ancora di più, di inquadrare le ragioni per cui, in qualsiasi ordinamento, si tipizzano tutta una serie di fatti giuridicamente rilevanti che impediscono la nascita e la vigenza di un matrimonio.

In altre parole, attraverso gli impedimenti, il legislatore accorda una speciale protezione all’istituto nunziale ritenendolo atto complesso dalle conseguenze altrettanto rilevanti: ciò non appare lesivo della libertà degli sposi – la quale, al contrario, appare rafforzata – ma mira a riconoscere, come già notato, l’aspetto sociale e relazionale che si origina dall’atto nuziale stesso.

Ciò spiega, altresì, la sostanziale eterogeneità degli impedimenti presenti all’interno del codice: Alcuni di essi, come l’impedimento di età (art.84) vengono considerati di ordine pubblico, vòlti così a garantire la piena e libera manifestazione del  consenso, mentre altri vengono considerati tali in quanto si richiamano a quei principi vigenti nel nostro ordinamento che risultano essere vincolati anche ad altri ordinamenti creando così una sorta di “parallelismo giuridico” che rendono possibile la loro esecuzione senza difficoltà [6].

Chiarita la ragione ed operata una prima distinzione, risulta opportuno richiamarsi alle classificazioni che tradizionalmente vengono poste allorché si procede ad un’analisi degli impedimenti. Alcuni di essi vengono considerati assoluti per cui essi  comportano l’esclusione del soggetto dalla celebrazione di qualsiasi matrimonio [7] e rendono impossibile la trascrizione [8] ed altri definiti, al contrario, relativi che impediscono, invece, la celebrazione con una determinata persona.

Vi è poi la distinctio tra impedimenti non dispensabili e dispensabili e cioè tra impedimenti per i quali non vi è può essere nessuna autorizzazione da parte del tribunale come nel caso del vincolo di parentela tra ascendenti ed altri per i quali, a certe condizioni, è possibile ottenere l’autorizzazione da parte dell’autorità giudiziaria[9].

Alla luce di quanto detto, si può intuire facilmente, l’importanza ma anche la problematicità dell’argomento in esame: tale complessità risulta, invero, non fine a sé stessa poiché essa si riferisce più in generale al matrimonio inteso come atto giuridico rilevante ai fini di legge: proprio per questi motivi il favor matrimonii , accordando una speciale protezione al contratto matrimoniale, pone tutta una serie di condizioni che subordinano la validità di quest’ultimo alla presenza di fattori che possono comportarne o invalidità o irregolarità a seconda del loro “peso” e della loro rilevanza nell’ordinamento.

3. L’impedimento di età: analisi dell’art. 84 c.c.

Il primo impedimento previsto dal codice civile risulta essere quello relativo all’età. Il primo comma dell’art.84, stabilisce, in maniera piuttosto netta, che i minori non possono contrarre matrimonio.

La ratio risulta di particolare evidenza: il matrimonio è di per sé un atto complesso che richiede un adeguato grado di comprensione riguardo alle sue complicazioni ed è per questo che è la stessa legge a presumere tale capacità solo al compimento del diciottesimo anno  escludendo così tutti coloro che non hanno raggiunto tale età anagrafica [10]. Dalla lettura del testo è possibile evincere come l’impedimento in questione sembra toccare, più da vicino, quella complessa trama di rapporti che legano l’individuo alla famiglia, alla società e dunque allo stesso matrimonio così che spesso, all’interesse del singolo si affiancano e si contrappongono, sovente, interessi di diverso raggio sia di natura economica sia di natura personale volti ad esercitare forme di controllo più o meno lesive della libertà personale [11]. In altre parole può accadere che la scelta nuziale non venga compiuta in piena libertà da parte dei nubendi con la conseguenza che vi siano altri soggetti – in primo luogo la famiglia – ad esercitare un effettivo controllo che produce, come si intuisce, nullità della stesso matrimonio. Tale impedimento può essere visto allora come un vero e proprio “indice di valore” delle scelte dell’individuo e della sua libertà e volontà, capace anche di smarcarsi dal nucleo d’origine come segno della propria maturità ed indipendenza. [12].

Chiara la funzione, è opportuno sottolineare l’evoluzione legislativa dell’impedimento de quo. Nel codice del 1942 infatti, il legislatore prevedeva come limite minimo l’età di quattordici anni per la donna e sedici anni per l’uomo creando così un vero e proprio parallelismo con le norme canoniche come previsto dall’allora 1067 p.1 CIC ’17. Tuttavia, già intorno agli anni sessanta – complice il mutato assetto sociale – si iniziò a discutere circa una riforma dell’impedimento in questione mediante un innalzamento dell’età minima per poter contrarre validamente matrimonio. Sarà la L. n.151 del 1 maggio 1975 a sancire – indipendentemente dal sesso degli sposi – l’obbligo della maggiore età vale a dire quella prevista dal  nostro ordinamento per poter compiere atti giuridicamente validi. La riforma, modificando l’età prevista – non solo si è smarcata dal diritto canonico [13] ma ha inteso rafforzare l’assoluta centralità del consenso inteso come causa efficiens dello stesso matrimonio e soprattutto il voler sottolineare come  l’unione sponsale non si riduca al solo aspetto della sessualità ma  sia l’incontro tra due personalità sufficientemente mature  per poter strutturare un consortium ed una communitas [14]. 

Se il legislatore, per le ragioni sopra accennate prevede un’età minima non vi è, al contrario, un limite massimo per contrarre il matrimonio come del resto dimostrato ampiamente dalla prassi attuale.

Ulteriore conseguenza della riforma dell’età matrimoniale è l’aver voluto estirpare definitivamente qualunque forma di assenso paterno alla celebrazione delle nozze conferendo alla volontà degli sposi manifestata mediante consenso la sua pienezza e rilevanza. Ciò appare evidente dalle altre disposizioni presenti dell’art. 84, vere e proprie “epifanie giuridiche” [15] verso cui si pone la nostra attenzione.

Il secondo paragrafo del suddetto articolo dispone che: “Il tribunale, su istanza dell’interessato, accertata la sua maturità psico-fisica e la fondatezza delle ragioni addotte, sentito il pubblico ministero, i genitori o il tutore , può con decreto emesso in camera di consiglio ammettere per gravi motivi al matrimonio chi abbia compiuto i sedici anni”. La norma dall’evidente complessità richiede una certa cautela interpretativa per le conseguenze che comporta.

Anzitutto, riallacciandoci a quanto previsto in precedenza, la disposizione del secondo paragrafo esclude qualsiasi potere di intervento da parte dei genitori o del tutore circa la legittimazione alle nozze limitando tale diritto al solo minore. Da ciò si evince che, il legislatore, pur avendo stabilito come età minima il compimento dei diciotto anni può, a certe condizioni, concedere lo ius connubi al soggetto di sedici anni che lo richiede. Il ruolo dei genitori o del tutore si limita semplicemente a fornire elementi probanti che possono essere utili ai fini della decisione del giudice: in altre parole quest’ultimi non hanno alcun tipo di diritto né una pretesa affinché si conceda tale possibilità finendo per essere semplici latori di elementi di varia natura ritenuti rilevanti per l’effettiva valutazione [16]. Chiarito il punto, va comunque precisato che la norma che qui si esamina non deroga rispetto al primo paragrafo: di per sé i minori non possono contrarre valido matrimonio: tuttavia il tribunale, su istanza dell’interessato ed accertata la sua maturità e le ragioni addotte , può ammettere il sedicenne a contrarre matrimonio [17]. Ci si domanda quindi quali siano le condizioni per cui l’autorità giudiziaria può concedere tale possibilità stante il tenore piuttosto generale  previsto dalle disposizioni dal secondo comma del suddetto articolo.

3.1. La maturità psicofisica

Cercare di comprendere esattamente il vero significato di questo  inciso non risulta essere agevole: di per sé il concetto di maturità di cui qui si parla deve essere letto in chiave onnicomprensiva ovvero non separando l’aspetto fisico e biologico da quello psicologico soprattutto in relazione alle conseguenze  che il matrimonio comporta. Sarà pertanto necessario procedere ad una valutazione onnicomprensiva sulla quale “[…] confluiranno non solo le intenzioni e i proposti espressi dai nubendi, ma anche la condotta e gli atteggiamenti tenuti dagli stessi” [10]. Ovvio che un ruolo importante verrà giocato dai servizi di assistenza sociale che possono fornire materiale utile per orientare la decisione finale.

Va segnalato, tuttavia, che l’accertamento della maturità psicofisica risulta essere spesso declinato in modo piuttosto generale,  secondo formule astratte non cogliendo, pertanto, il suo vero significato. Nel silenzio della legge, la giurisprudenza ha elaborato una casistica piuttosto ampia intorno alla quale non mancano, tuttavia, pareri critici. Sono stati ricompresi nella fattispecie de quo casi come la durata non breve del rapporto effettivo, alcune esperienze di vita compiute insieme, il valore attribuito al matrimonio nonché – caso piuttosto critico – l’età prossima ai diciotto anni [19].

3.2. I gravi motivi

Neppure l’espressione “gravi motivi” presente nell’art.84 par.2 gode di chiarezza contenutistica. Se è vero che tale concetto risulta essere più agevole rispetto al precedente, va precisato altresì che si tratta di una clausola generale la cui ratio sostanziale non è esente da rilievi problematici. Va da sé che l’accertamento di quest’ultimi ha subito, nel corso degli anni, una certa evoluzione nel suo contenuto -sintomatica evidentemente del mutato costume sociale. Così, per es. è stato ritenuto grave lo stato di gravidanza e l’avvenuta  generazione  al fine di legittimare il bambino e favorire il suo sviluppo all’interno di una famiglia adeguata [19] mentre il semplice matrimonio cd riparatore non sembra essere, da solo, capace di  integrare tale fattispecie richiedendo la presenza di altri fattori come nel caso in cui non sia possibile rinviare le nozze stesse.

L’incertezza da un lato e la casistica piuttosto eterogenea rendono l’inciso in esame piuttosto complesso; è probabile che per risolvere con precisione il contenuto di questa espressione si debba procedere in via eminemente pratica ovvero confrontando la situazione concreta con l’interesse – costituzionalmente garantito – del minore affinché questi si realizzi pienamente come persona [20]. In altri termini, nel caso esaminato- in verità oggi piuttosto residuale – de quo  la valutazione sui “gravi motivi” dovrà tener conto di più variabili fermo restando, come poc’anzi accennato, l’interesse primario del minore interessato.

2.3. Profili processuali

Competente a concedere l’autorizzazione è il tribunale dei minori del luogo di residenza del minore [21]. Tale autorizzazione rientra all’interno dei provvedimenti di volontaria giurisdizione di cui agli artt. 737 e ss, previsti dal codice di procedura civile.

Soggetto attivo è solo l’interessato ovvero il minore sedicenne il quale procede personalmente  senza aver bisogno dell’intervento dei genitori o di chi esercita la responsabilità genitoriale: costoro, tuttavia, dovranno essere ascoltati dal giudice competente che procederà, altresì, all’audizione dello stesso minorenne. Non risulta essere incoerente quanto previsto dalla seconda parte dell’art. 84 par.2 secondo cui la decisione viene presa in camera di consiglio; ciò si giustifica in relazione ai soggetti coinvolti nel procedimento dal momento che occorre tener conto oltre che dell’audizione dell’interessato e dei suoi genitori (o tutore) anche del pubblico ministero al fine di provvedere ad un’analisi puntuale e chiara di tutti gli elementi posti in gioco.

Al termine del procedimento, il giudice provvede ad emanare un decreto il quale sarà, ex. art. 84 par.3, comunicato al pubblico ministero, agli sposi, ai genitori e al tutore Tale decreto, come si intuisce, potrà essere o affermativo o negativo; in questo secondo caso è possibile proporre reclamo alla Corte d’Appello sezione dei minorenni entro dieci giorni dalla sua comunicazione agli interessati [22].

Legittimato all’impugnazione – nel caso in cui il decreto è di diniego – è il solo minorenne mentre, nel caso contrario, saranno il p,m, i genitori e il tutore. Instaurato il procedimento davanti alla Corte d’Appello, quest’ultima decide con ordinanza non impugnabile, tuttavia, in Cassazione.

3.4. Alcune conseguenze giuridiche 

Con il decreto di cui sopra il minore può contrarre matrimonio. Va comunque precisato che si tratta di una possibilità e non di un obbligo cosicché il minore è libero di celebrare o meno le nozze. Nel caso in cui l’istanza stata respinta, è possibile presentarne un’altra fondata, tuttavia, su ragioni diverse e neppure equivalenti [23]. Il minore alle nozze acquista , ex lege , la capacità di stipulare personale le convenzioni matrimoniali con l’assistenza dei genitori. Inoltre è previsto le disposizioni in materia di donazione di cui artt.774 e ss. Con il matrimonio, infine, il minore diviene emancipato.

4. L’interdizione: analisi dell’art. 85 c.c.

4.1. La disciplina

Dispone l’art.85 cc par.1: “ non può contrarre matrimonio l’interdetto per infermità di mente”. La norma, perentoria nella sua semplicità, fa riferimento alla sola incapacità giudiziale e non a quella legale; di conseguenza l’applicazione della suddetta disposizione deve essere limitata alla sola ipotesi poc’anzi espressa non estendendosi né all’inabilitato [24 ] né opera nel caso di incapacità naturale trovando applicazione, in questa ultima fattispecie, il disposto dell’art.120 in termini non di invalidità ma di annullabilità (delle nozze). 

Tale impedimento è di ordine pubblico e non è dispensabile operando anche nel caso di un matrimonio celebrato da uno straniero in Italia anche quando la legge del proprio stato lo preveda [25]. L’impedimento in esame produce i suoi effetti sin dal momento della pubblicazione della sentenza di interdizione non essendo richiesto-  sebbene il punto sia discusso – il passaggio in giudicato [26 ].A tal proposito il secondo par. dell’art.85 stabilisce che se l’istanza viene promossa durante il procedimento, il pubblico ministero ha la facoltà di chiedere la sospensione della celebrazione del matrimonio il quale non potrà essere celebrato se non dopo che la sentenza de quo sia passata in giudicato. Il punto va precisato: anzitutto il p.m. non ha un obbligo quanto una semplice facoltà lasciata alla sua valutazione e non già su istanza di altri interessati. [27]. Tale disposizione sembra apparentemente in contrasto con l’art. 102 che dispone l’obbligo da parte del pubblico ministero di opporsi alla celebrazione del matrimonio “ se consta dell’infermità di uno degli sposi” ; la norma in esame, non modificata dalla riforma del diritto di famiglia, appare, invero, residuale poiché l’infermità di mente  dovrebbe risultare dall’indagine compiuta dal tribunale dei minori senza, dunque l’intervento del pubblico ministero: si tratta, in realtà , come nota attentamente la dottrina di un relitto giuridico la cui previsione normativa è scarsamente praticabile [28].Più controversa è la questione che attiene al potere da parte di p.m. di provocare la sospensione del matrimonio sopratutto in relazione all’autorità di riferimento verso cui si si rivolge. In passato si riteneva che fosse l’ufficiale di stato mentre oggi, a motivo delle riforme circa i poteri di vigilanza e di tutela, propende, al contrario, a favore del tribunale.

4.2. Problematiche dell’art. 85 c.c.

L’art.85 cc solleva, tuttavia, una serie di rilievi critici che suscitano ancora oggi l’interesse della dottrina in particolar modo in relazione alla stessa figura dell’interdetto e delle conseguenze giuridiche che ne conseguono.

In primo luogo si sostiene che la limitazione dello ius connubi per l’interdetto appaia legata ad un certo retaggio che ancora alla sola capacità d’agire e al suo relativo accertamento il compimento di atti di natura negoziale come il matrimonio. Tale scelta risulta, invero, estremamente lesiva per l’interdetto il quale, al contrario, è spesso in grado di instaurare un solido legame di coppia e che, invece, stante il suddetto impedimento, si trova a dover limitarsi ad una semplice convivenza di fatto [29] con la conseguenza che la misura in esame, più che impeditiva risulta essere particolarmente pregiudizievole per l’interessato il quale subisce come si intuisce facilmente, una vera propria e compressione dei suoi diritti [30]. Non è un caso che si siano levate voci contro il disposto del suddetto articolo sollevando dubbi di legittimità costituzionale [31] essendo evidente che più che assolvere ad una funzione impeditiva tale norma porta con sé un’efficacia pregiudizievole e discriminatoria scricto sensu.  Tale aspetto si è manifestato ancora più ampiamente con la L. n.6 del 9 gennaio 2004 che, limitando l’intervento interdittivo ai soli atti di amministrazione del patrimonio, non ha invece modificato le altre “incapacità speciali” tra cui quella di contrarre matrimonio [32]. Proprio l’aver introdotto nel nostro ordinamento piuttosto la figura dell’amministrazione di sostegno rende l’impedimento in questione applicabile in ipotesi remote e residuali. Il giudice, laddove ritenesse l’infermo ancora inidoneo al matrimonio, anziché escludere tale diritto, potrebbe limitare la sua capacità processuale per un certo tempo in attesa – cioè – di una più scelta matura di consapevolezza. [33] 

A tutt’oggi – nonostante l’ampia letteratura in merito – l’impedimento per interdizione continua ad essere norma vigente a tutti gli effetti: necessario ed anche tempestivo un intervento ad hoc da parte del legislatore al fine di modificare la suddetta disposizione e favorire – un adeguato contemperamento tra diversificati tra di loro ovvero tra protezione e promozione dell’infermo, tutela della sua vita privata e la sua piena sociale quale la passa anche per gli interessi nella celebrazione del matrimonio e la creazione di un vincolo stabile [34 ].

5. La libertà di stato: analisi dell’art.86 c.c.

Il terzo impedimento previsto dall’attuale codice è quello della libertà di stato. Dispone infatti l’art.86 che non può contrarre matrimonio chi è vincolato da un matrimonio o da un’unione civile tra persone dello stesso sesso precedente. La norma, oggetto di una recente riforma [35], risulta essere “figlia” dell’abrogato art.56 del codice civile del 1865 che sanciva il divieto di contrarre matrimonio stante la sussistenza di un precedente vincolo. La ratio è evidente: il divieto, nel nostro ordinamento, della poligamia e della poliginia a favore cioè della monogamia.

Tale impedimento sorge in presenza di un qualsiasi precedente vincolo matrimoniale contratto in forma: di per sé la norma non si applica al matrimonio cd canonico – quello cioè celebrato in Chiesa e non passibile di trascrizione – mentre sarà applicabile nel caso di un matrimonio celebrato dal capitano di una nave (artt. 204 -834 del codice della navigazione), o secondo il disposto degli artt. 115 e 116 cc come del resto anche nel caso di una precedente unione civile stante la novella del 2016. Come si può facilmente intuire, nel caso dell’impedimento in esame, la prova sulla libertà grava nei confronti di colui che intende contrarre matrimonio ovvero che richiede la pubblicazione all’ufficiale di stato. La questione risulta essere in verità complessa e può essere compresa alla luce dell’art.51 del d.p.r 354/2000 il quale dispone che tale prova dovrà essere fornita da parte di chi chiede le pubblicazioni del matrimonio che dovrà, pertanto, provare l’insussistenza di un precedente vincolo e l’esistenza della libertà di stato in capo agli sposi. In ogni caso spetta all’ufficiale di stato civile verificare l’effettiva insussistenza di un altro matrimonio potendo, altresì, acquisire ex officio documenti che possono ritenersi utili ai fini della suddetta verifica.[36 ].

Alla luce di quanto detto tale impedimento non sorge in assenza di un qualunque vincolo precedente ancorché valido nell’ordinamento italiano come del resto non sussiste nel caso di morte presunta che, pur non integrando certezza, esprime una probabilità fondata tale – cioè – da integrare la fattispecie prevista [37].

5.1. I soggetti legittimati

Legittimati ad impugnare sono i soggetti indicati dall’art. 117 cc, ovvero i coniugi, il pubblico ministero e tutti coloro che hanno un interesse legittimo ed attuale per l’impugnazione. La suddetta espressione richiede qualche osservazione in merito al fine di evidenziare la sua reale portata a motivo della sua evidente elasticità. Si tratta, in vero, di un inciso che intende limitare tale diritto solo a chi risulta titolare di un interesse meritevole di tutela tanto sotto il profilo strutturale tanto sotto quello sostanziale. Per esempio, la fattispecie in esame si ritiene sussistente nel caso degli eredi di un coniuge di una persona che, in prime nozze, aveva sposato un binubo ovvero in presenza di un congiunto che vanti una pretesa successoria ereditaria sulla quota del patrimonio  devoluta per successione legittima al coniuge del de cuius in cui l’annullamento del matrimonio ripristina l’ordine dei successivi [37].

Soggetti legittimati risultano essere altresì la vedova del coniuge che abbia contratto un precedente matrimonio con una bigama , poi deceduta a condizione che la vedova sia portatrice di un interesse attuale ed ai sensi dell’art. 117 mentre non è stato ritenuto ritenuto ad impugnare l’ere del bigamo al fine di dichiarare la nullità per bigamia in presenza di un matrimonio concordatario. Per ciò che attiene alla prova, l’onere spetta al convenuto mentre l’attore dovrà semplicemente dimostrare l’esistenza del precedente vincolo [38]

5.2. Il caso del precedente matrimonio contratto all’estero

Come suggerito in precedenza, l’impedimento in questione. stante la sua natura di diritto pubblico, opera anche nel caso di un matrimonio contratto all’estero da parte di uno straniero in nazioni dove, diversamente dalla previsione vigente in Italia, vale la poliandria o la poligamia. Sul punto va chiarito che la dottrina si presenta uniforme nell’affermare la sussistenza di tale divieto pur riconoscendo, nel caso di un individuo di religione mussulmana, il diritto al ricongiungimento con la seconda o terza moglie che aveva nel paese d’origine [39] .Va ricordato, infine  che il requisito della libertà di stato anche nel confronto del cittadino italiano che abbia già contratto matrimonio all’estero [40].

 

 

 

 

 


Riferimenti bibliografici
[1] Così T. AULETTA, Diritto di famiglia, Torino, 2022, 26.
[2] Ibidem, 18.
[3] Già il diritto romano aveva sottolineato la dimensione unitiva sussistente tra i nubendi. A tal proposito si veda quanto affermato da Ulpiano e Modestino. Per il primo: “ Viri et mulieris coniunctio individuam consuetudinem vitae contines” mentre per il secondo: “ Nuptiae sunt coniunctio maris et feminae et consortium omnis vitae, divini et humani iuris communicatio”.
[4] Cfr. F. GAZZONI, Manuale di diritto privato, Torino, 2021, 335; ID, Amore e Diritto ovverosia i diritti dell’amore, Napoli, 1994, 135.
[5] Cfr. F. GAZZONI, Manuale di diritto privato, 335.
[6] Cfr. P. ZATTI, Trattato di diritto di famiglia , vol. Io, famiglia e matrimonio , Torino, 2011, 766.
[7] Cfr. T. AULETTA, Diritto di famiglia, 7,
[8] Cfr. F. GAZZONI, Scritti giuridici minori, Milano, 2016, 334.
[9] Si veda P. ZATTI, Trattato di diritto di famiglia, 787.
[10] Cfr. T. AULETTA, Diritto di famiglia, 26.
[11] Cfr. G. FERRANDO, Il matrimonio, Milano, 2015,286
[12] Cfr. P. MATERA – G. SALITO, Dei singoli impedimenti matrimoniali, in G. AUTORINO STANZIONE (a cura di), Il matrimonio, Le unioni di fatto, I rapporti personali , Vol. I, Torino, 2011, 100.
[13] Sulla normativa canonica: L. SABBARESE , Il matrimonio canonico nell’ordine della natura e della grazia. Commento al Codice di diritto canonico. Libro IV, Parte I, Titolo VII, Città del Vaticano, 2016, 204.
[14] Così G. FERRANDO, Il matrimonio, 288.
[15] Così si esprimono P. MATERA – G. SALITO, Dei singoli impedimenti matrimoniali, 102.
[16] Ibidem, 103.
[17] Da ciò si deduce facilmente che il minore avente un’età inferiore a sedici anni non può, in ogni caso, contrarre matrimonio.
[18] P. MATERA – G. SALITO, Dei singoli impedimenti matrimoniali, 106.
[19] Ibidem, 107. Cfr. T. AULETTA, Diritto di famiglia, 27.
[20] Cfr. M. BIANCA, Diritto civile. Vol.2.1: la famiglia, Milano, 2017, 49-50.
[21] Ovvero, nel caso di un procedimento di separazione o divorzio operante nei confronti dei genitori dell’interessato, tribunale competente è  quello ordinario.
[22] Il termine di dieci giorni è di natura perentoria.
[23] Cfr. T. AULETTA, Diritto di famiglia , 28.
[24] Si veda N. LIPARI, Del matrimonio celebrato davanti all’ufficiale di stato civile: interdizione per infermità di mente, in Commentario al diritto italiano di famiglia Cian-Oppo – Trabucchi, Padova, 1992,142.
[25] Cfr. G. FERRANDO, Il matrimonio, 103.
[26] P. MATERA – G. SALITO, Dei singoli impedimenti matrimoniali, 106. Si veda anche T. AULETTA, Dritto di famiglia, 29.
[27] Il p.m. non è tenuto ad agire, per esempio, su richiesta dei genitori del soggetto.
[28] Sul punto F. FINOCCHIARIO, Matrimonio civile: formazione, validità e amore, Milano, 1997, 34.
[29] Il punto è segnalato da T. AULETTA, Diritto di famiglia, 29.
[30] Sull’argomento la letteratura è amplissima. Si veda P. STANZIONE, Capacità, in Studi di diritto civile, Napoli, 1986, 73 e ss. ID., Dell’infermità di mente, dell’interdizione e dell’inabilitazione , in P. PERLINGERI (a cura di), Codice civile annotato, vol. I, Napoli, 1991, 918.
[31] Cfr. G. LISELLA, Interdizione “giudiziale” e tutela della persona. Gli effetti dell’incapacità legale, Napoli, 1984.
[32] Per tutti P. MATERA – G. SALITO, Dei singoli impedimenti matrimoniali, 123.
[33] Cfr. T. AULETTA, Diritto di famiglia, 29.
[34] Per alcune critiche si rimanda a P. MATERA – G. SALITO, Dei singoli impedimenti matrimoniali, 124.
[35] Facciamo riferimento all’art. 1 comma 32 della L. 20 maggio 2016 n. 76 relativa alle unioni civili.
[36] Per approfondimenti in materia cfr. P. MATERA – G. SALITO, Dei singoli impedimenti matrimoniali, 126.
[37] Ibidem, 130
[38] Ibidem, 131.
[39] Cfr. A. GALLOPPINI, Ricongiungimento familiare e poligamia, in Il diritto della famiglia e delle persone, 29, 2000, 739 – 757.
[40] Per alcuni approfondimenti giurisprudenziali cfr. P. MATERA – G. SALITO, Dei singoli impedimenti matrimoniali, 133.

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Giancarlo Ruggiero

Nato a Ceccano (Fr) il 9 febbraio 1993, ho conseguito la laurea magistrale in Giurisprudenza il 21 aprile 2017 presso l'Università degli Studi di Roma Tor Vergata. Il 17 giugno 2020 ho terminato gli studi presso la Pontificia Università Lateranense Summa cum Laude: attualmente sono dottorando in Diritto Canonico presso la Pontificia Università Gregoriana, studente dello Studio Rotale. Difensore del Vincolo ad acta presso il Tribunale diocesano di Frosinone

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