Gli influencer e la pubblicità occulta su Instagram
L’influencer marketing
L’influencer marketing consiste nella condivisione su blog, vlog e social network (come Facebook, Instagram, Snapchat, Youtube, Twitter) di foto, video e commenti da parte di personaggi, cd. influencer, che manifestano la loro approvazione per specifici marchi, creando un effetto pubblicitario, pur senza manifestare in modo inequivocabile ai consumatori la finalità pubblicitaria della comunicazione.
La società di ricerche di mercato Mediakix, in un recente studio, stima che entro il 2019 l’influencer marketing supererà il traguardo dei 2,3 miliardi di dollari, raddoppiando in 24 mesi il miliardo di dollari previsto per il 2018[1]. Per intenderci, ad aprile 2017 gli utenti attivi mensili solo su Instagram, nel mondo, erano pari ai 700 milioni, ben 400 milioni giornalmente. Ciò fa comprendere, pertanto, come mai per le aziende siano molto più appetibili gli influencer e i social network che i classici canali di pubblicità (tv, radio o giornali), data l’enorme possibilità di arrivare ai gusti dei consumatori. Dati alla mano, secondo il summit del 2017 dell’OBE – Osservatorio Branded Entertainment, il mercato dell’influencer marketing vale circa 350 milioni di euro.
Ebbene, l’influencer è l’attore, la modella, il vip o star nascente del web che, per via del numeroso seguito che ha sui social network e su internet (follower), è in grado di indirizzare la moda e le tendenze, trasmettendo nuovi stili di vita, nuove idee e soprattutto nuove abitudini di consumo. Ormai sono numerose le celebrity che, piuttosto di curare gelosamente la loro privacy, risultano molto attive sui social network con foto e video della propria vita quotidiana, spesso in accoppiata con prodotti di noti brand.
Nell’enorme mole di foto e video pubblicati giornalmente in tutto il mondo si pone, dunque, il problema: si tratta di semplice voglia di condividere oppure di forme indirette di pubblicità a determinati marchi? Come è possibile distinguere un post a carattere commerciale da uno normale, tra i tanti condivisi giornalmente da un influencer?
Sul punto è intervenuto di recente il Giurì dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria, con la decisione n. 45 del 26 giugno 2018, sostenendo al riguardo che il post di un noto influencer sulla piattaforma Instagram va bloccato, in quanto non contenente alcuna esplicitazione della sua natura pubblicitaria. La decisione è di estrema importanza ed attualità in quanto si tratta del primo caso di una pronuncia del genere su uno dei settori emergenti della pubblicità e del marketing.
Il fatto
Oggetto della pronuncia è il video caricato dal rapper Fedez durante la visita allo stand Pegeout nel corso degli Internazionali di Tennis a Roma, di cui la casa automobilistica francese è sponsor ufficiale. In particolare, l’artista e influencer italiano, che conta quasi 6 milioni di seguaci su Instagram, aveva condiviso attraverso lo strumento di “instragram stories”, recentemente introdotto dal social network Instagram, un video nel quale, riprendendo gli ultimi modelli in casa Pegeout, affermava:
(…) mi stanno presentando tutte le nuove Peugeot che stanno uscendo e adesso ve le faccio vedere tutte, una ad una (…)” – “vedi, tu vieni agli internazionali di tennis, ti chiudi nella macchina in esposizione e metti il massaggiatore del sedile e sei a posto”
La decisione
L’art 7 del Codice di Autodisciplina in tema di trasparenza della pubblicità stabilisce espressamente che “La comunicazione commerciale deve essere sempre riconoscibile come tale. Nei mezzi e nelle forme di comunicazione commerciale in cui vengono diffusi contenuti e informazioni di altro genere, la comunicazione commerciale deve essere nettamente distinta per mezzo di idonei accorgimenti”.
Ciò comporta che, se oltre alla pubblicità, vengono diffusi anche contenuti o informazioni personali o di altro genere, in ogni caso, i messaggi a carattere pubblicitario vanno distinti e separati dal resto attraverso l’utilizzo di accorgimenti adatti allo scopo[2]. Evidente è la ratio di tale disposizione: tutelare la corretta competizione fra concorrenti e il buon funzionamento del mercato da indebite forme di pubblicità in grado di alterare o influenzare il comportamento dei consumatori – followers.
Il codice di autodisciplina è, inoltre, attento nel definire“comunicazione commerciale” ogni forma di comunicazione o réclame in grado di promuovere la vendita di beni o servizi, qualsiasi siano le modalità utilizzate, potendo quindi rientrare anche la pubblicità tramite blog, vlog o social network.
Pertanto, l’endorsement fatto dall’artista alla casa automobilistica tramite il richiamo al marchio Pegeout, l’encomio ai prodotti mostrati, l’inserimento di un tag a richiamo del marchio, oltre alla preesistenza di una relazione di sponsorizzazione tra Fedez e la Pegeout, sono elementi che inducono il Collegio a qualificare come promozionale il video diffuso e, conseguentemente, a inibirne la diffusione.
Più precisamente, le linee guida dettate dalla Digital Chart dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria (IAP) nel 2016, pur non indicando modalità obbligatorie per segnalare agli utenti il fine promozionale del contenuto espresso, suggeriscono alle celebrity/influencer/blogger, per rendere riconoscibile la natura promozionale dei contenuti postati sui social mediae sui siti di content sharing,di inserire in modo ben distinguibile nella parte iniziale del post la dicitura: “Pubblicità /Advertising”, o “Promosso da … brand/Promoted by…brand”o “Sponsorizzato da…brand/Sponsored by…brand”o “in collaborazione con …brand” o “in partnership with …brand”; e/o entro i primi tre hashtag (#) una delle seguenti diciture: “#Pubblicità/#Advertising”, o “#Sponsorizzato da … brand/#Sponsored by… brand ”o “#ad” unitamente a “#brand”[3].
Orbene, la mancanza di ogni riferimento al carattere promozionale nel video del rapper, giustifica, quindi, la pronuncia inibitoria nei confronti della Pegeout da parte del Giurì, colpevole di aver concorso nella sponsorizzazione dei propri veicoli.
La pronuncia in esame si caratterizza, soprattutto, per aver rilevato una violazione dell’art. 7 in un contenuto pubblicitario di durata temporale limitata. Invero, le “instagram stories” si distinguono proprio per la possibilità di condividere contenuti dalla durata di sole 24 ore dal loro caricamento. Ciò, tuttavia, non ha impedito al Giurì di decidere nel merito la questione, pronunciandosi a tutela sistema pubblicitario.
Il precedente
La pronuncia del Giurì si inserisce nella sempre maggiore attenzione apprestata dalle autorità al fenomeno dell’influencer marketing.
Sul punto è intervenuta recentemente anche l’Autorità Antitrust che, con la collaborazione del Nucleo speciale Antitrust della Guardia di Finanza, ha inviato lettere di moral suasion ad alcuni dei principali influencer e alle società titolari dei marchi visualizzati senza l’indicazione evidente della possibile natura promozionale della comunicazione, al fine di sollecitare la massima trasparenza sull’eventuale carattere pubblicitario.
Precisamente, l’Autorità ha individuato criteri generali di comportamento finalizzati a rendere evidente la finalità promozionale attraverso l’aggiunta di specifici tag, quali, ad esempio, #pubblicità, #sponsorizzato, #advertising, #inserzioneapagamento, seguite dal nome del marchio.
[1] Secondo lo studio “The State of the Influencer Marketing” di Klear, nel 2017 sono stati taggati con #ad, tag che ne indica la natura pubblicitaria, ben 1 milione e mezzo di post, il doppio del 2016. In un anno il business è cresciuto del 198%.
[2] M. Bonini – Controllare le idee: profili costituzionali della pubblicità commerciale, 2007.
[3] Nel diverso caso in cui il rapporto fra celebrity/influencer/blogger e inserzionista si limiti all’invio occasionale da parte dell’inserzionista dei propri prodotti gratuitamente o per un modico valore, e la celebrity/influencer/blogger li citi, li utilizzi o li mostri nei propri post, in questi ultimi non dovranno essere inserite le avvertenze di cui sopra, ma soltanto un disclaimer ben leggibile, ad esempio del seguente tenore: “prodotto inviato da…brand”.
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Giacomo Tasca
Il dottor Giacomo Tasca consegue la Laurea Magistrale in Giurisprudenza, presso l'Università degli Studi di Catania, discutendo una tesi in Diritto dell'Esecuzione civile su "La successione nel processo esecutivo". E' specializzato presso la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali dell'Università degli Studi di Catania. Attualmente è altresì abilitato alla professione di avvocato.
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