Gli obblighi di pubblicazione per la PA alla luce del Decreto Trasparenza n. 97/2016

Gli obblighi di pubblicazione per la PA alla luce del Decreto Trasparenza n. 97/2016

QUESITO

“Esaminata la normativa di settore e le peculiarità della fattispecie in esame, valuti il Legale quali sono gli obblighi di pubblicazione per le Pubbliche Amministrazioni dei Permessi di costruire, Autorizzazioni paesaggistiche, SCIA, con particolare riferimento alla nuova forma di Accesso Civico generalizzato di cui al Decreto Trasparenza n. 97/2016”.

 

Sommario: 1. Disamina della normativa – 1.1. L’autorizzazione paesaggistica: cos’è, le novità recate dal D.P.R. n. 31/2017 ed il regime di pubblicità – 1.2. Le nozioni di Permesso di Costruire e Scia – 2. Obbligo di pubblicazione dei provvedimenti autorizzativi ed atti ad essi equiparati – 2.1. Posizione dell’ANAC – 2.2. Posizione del Garante Privacy –2.3. Posizione della giurisprudenza – 3. Esame dell’istanza specifica e diritto di Accesso agli atti – 3.1. Legge 241/1990 – 3.2. Il D.Lgs. 33/2013 – 3.3. Il nuovo accesso civico generalizzato alla luce del Decreto Trasparenza N. 97/2016 – 4. Conclusioni

 

1. Disamina della normativa

1.1. L’autorizzazione paesaggistica: cos’è, le novità recate dal D.P.R. n. 31/2017 ed il regime di pubblicità

E’ un provvedimento amministrativo obbligatorio per interventi in aree sottoposte a tutela paesaggistica, atto a garantire la compatibilità dell’intervento programmato con le peculiarità delle aree in cui insisteranno.

La relativa domanda va corredata da una relazione paesaggistica redatta da un tecnico abilitato. Le procedure possono essere di tre tipi:

  1. Autorizzazione paesaggistica ordinaria, la cui procedura può durare fino a 120 giorni. L’Amministrazione, effettuati gli accertamenti del caso ed acquisito il parere della Commissione per la qualità architettonica e il paesaggio, entro 40 giorni dalla ricezione della domanda trasmette la stessa alla Sopraintendenza. Quest’ultima ha ulteriori 40 giorni per rendere il proprio parere vincolante in merito, potendo chiedere integrazioni documentali ove rilevi delle incompletezze. In caso di mancato parere espresso, si riunisce la Conferenza dei Servizi. Entro 20 giorni dalla ricezione del parere, l’Amministrazione concede l’autorizzazione;

  2. Autorizzazione paesaggistica semplificata, il cui iter dura 60 giorni. L’amministrazione, entro 10 giorni dal ricevimento della domanda, potrà chiedere all’istante integrazioni documentali. Entro 20 giorni dalla presentazione dell’istanza, essa dovrà trasmetterla alla Soprintendenza, la quale avrà 20 giorni di tempo per rendere il proprio parere vincolante. Decorsi inutilmente 20 giorni senza del parere, esso si considera reso;

  3. Intervento libero, non vi è l’obbligo di richiedere l’autorizzazione, occorre soltanto il titolo edilizio.

L’autorizzazione è efficace per cinque anni, scaduti i quali si deve richiedere una autorizzazione. Qualora i lavori siano iniziato nel corso del quinquennio di efficacia dell’autorizzazione, possono essere conclusi entro e non oltre l’anno successivo la scadenza del quinquennio medesimo.

Sul regime di pubblicità delle stesse, l’art. 146, co. 13 del D.lgs n. 42  del 22 gennaio 2004, prevede che “presso ogni amministrazione competente al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica è istituito un elenco delle autorizzazioni rilasciate, aggiornato almeno ogni trenta giorni e liberamente consultabile, anche per via telematica, in cui è indicata la data di rilascio di ciascuna autorizzazione, con la annotazione sintetica del relativo oggetto”.

1.2. Le nozioni di Permesso di Costruire e Scia

Il Permesso di Costruire è un titolo autorizzativo rilasciato dal Comune di riferimento, necessario per eseguire interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia, disciplinato dal D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380.

Utilizzato per le nuove costruzioni, ampliamenti ed interventi rilevanti di ristrutturazione, è ottenibile previa istanza da presentare al Comune.

La richiesta va corredata dal titolo di legittimazione, gli elaborati progettuali richiesti dallo specifico intervento e dalla dichiarazione del progettista abilitato asseverante la conformità del progetto agli strumenti urbanistici, ai regolamenti edilizi ed altre normative di settore (antisismiche, sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, efficienza energetica).

La domanda va presentata allo Sportello Unico per l’Edilizia, il quale entro 10 giorni dalla ricezione della stessa, comunica all’interessato il nominativo del responsabile del procedimento, che, entro 60 giorni da detta presentazione, dovrà curare l’istruttoria acquisendo pareri ed atti di assenso eventualmente necessari.

La Segnalazione Certificata di Inizio Attività ex art. 19 della Legge n. 241/1990, ideata al fine di facilitare l’attività di impresa, condiziona l’inizio della stessa, non più ad un atto della pubblica amministrazione – l’autorizzazione – bensì ad un’iniziativa del privato interessato.

Quest’ultimo deve presentare la segnalazione corredata da autocertificazioni, attestazioni, asseverazioni di tecnici abilitati.

L’attività cui si riferisce la segnalazione, può essere iniziata immediatamente, alla data di presentazione della stessa all’amministrazione competente, salvo la possibilità per quest’ultima di emettere eventuali divieti di prosecuzione e/o inviti a conformarsi al dictum normativo.

2. Obbligo di pubblicazione dei provvedimenti autorizzativi ed atti ad essi equiparati

2.1 Posizione dell’ANAC

L’art. 22 del D.lgs. n. 97/2016 ha abrogato le disposizioni dell’art. 23 del D.lgs n. 33/2013, sulla pubblicazione degli elenchi dei provvedimenti finali dei procedimenti relativi ad autorizzazioni e concessioni.

Ciononostante, l’ANAC, nelle “Prime Linee guida recanti indicazioni sull’attuazione degli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni contenute nel d.lgs. 33/2013 come modificato dal D.lgs. 97/2016”, afferma che i suddetti obblighi “permangono in quanto sono previsti dall’art. 1, co. 16 lett. a) della Legge n. 190/2012 non abrogato”.

Ad avviso dell’Autorità, detti obblighi sono stati eliminati dal testo dell’art. 23 del D.lgs n. 33/2013 esclusivamente per ragioni di coordinamento ed armonizzazione normativa, anche al fine di evitare duplicazioni di previsioni normative”.

In un secondo momento, l’ANAC ha ritrattato la sua posizione iniziale, muovendo da alcune osservazioni, di seguito riportate.

Ai sensi dell’art. 15 delle Preleggi, le leggi possono essere abrogate per dichiarazione espressa del legislatore o per incompatibilità tra le nuove norme e le precedenti o perché la nuova legge regola l’intera materia già regolata da quella anteriore.

L’obbligo di cui si discorre, infatti, non è chiaramente rinvenibile all’art. 1, comma 16 della Legge n. 190/2012.

Considerato, peraltro, che la finalità del D.lgs n. 33/2013 è di riordinare la disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, è giusto ritenere che, qualora l’intenzione del legislatore fosse effettivamente stata quella di mantenere in vita il suddetto obbligo di pubblicazione, le ipotizzate esigenze di coordinamento e armonizzazione normativa lo avrebbero indotto, piuttosto, a modificare la richiamata disposizione della Legge n. 190/2012.

Ulteriore conferma indiretta della volontà del legislatore di eliminare, in un’ottica di semplificazione, un obbligo estremamente gravoso per le amministrazioni (la previsione normativa abrogata prevedeva, semplicisticamente, che la pubblicazione potesse avvenire “nella forma di una scheda sintetica, prodotta automaticamente in sede di formazione del documento che contiene l’atto”), oltre che di dubbia utilità in termini di trasparenza dell’azione amministrativa (si tratterebbe di pubblicare elenchi contenenti gli estremi di diverse centinaia di provvedimenti) è data dalla circostanza che all’art. 23 è stato, invece, mantenuto l’obbligo di pubblicazione degli estremi dei provvedimenti relativi alla scelta del contraente per l’affidamento di lavori, forniture e servizi, anche con riferimento alla modalità prescelta ai sensi del codice dei contratti pubblici (dicitura che si sovrappone alla lett. b) dell’art. 1, comma 16 della Legge n. 190/2012).

Inoltre, la relazione illustrativa dello schema di decreto afferma che “non è stato accolto il suggerimento del Consiglio di Stato di mantenere gli obblighi di pubblicazione relativi ai provvedimenti finali di autorizzazione e concessione poiché si tratta di documenti e atti soggetti ad accesso civico e questa nuova forma di trasparenza consente di eliminare l’obbligo di pubblicazione, riducendo notevolmente gli oneri per le amministrazioni, in relazione a documenti che di regola non interessano la totalità dei cittadini”.

Appare dunque chiara la volontà del legislatore, dovendosi pertanto affermare che, pur rilevandosi un difetto di coordinamento con la legge 190/2012, che all’art. 1, co. 16, lett. a) e d), continua a fare riferimento alla trasparenza dei suddetti procedimenti, tali obblighi devono ritenersi abrogati.

Resta ferma la possibilità di esercitare il diritto di accesso civico generalizzato ai provvedimenti sopra indicati, ai sensi degli artt. 5, co. 2 e 5 bis del D.lgs. 33/2013.

2.2. Posizione del Garante Privacy

Secondo quanto previsto per l’accesso civico, le pronunce del Garante della Privacy – nn. 360 del 10.08.17 e 426 del 19.07.18 negano la possibilità per il cittadino di poter accedere a tali atti.

In entrambe le pronunce, il Garante parte del presupposto che il D.lgs n. 97/2016 ha abrogato l’art. 23, comma 1, lett. a) del D.lgs n. 33/2013, disposizione che prevedeva l’obbligo di pubblicare sul sito web istituzionale gli elenchi dei provvedimenti finali dei procedimenti di autorizzazione o concessione, ai quali – secondo l´orientamento ANAC n. 11/2014 – dovevano ritenersi equiparati anche DIA e SCIA.

In ogni caso, nelle disposizioni previgenti non era previsto l’obbligo di pubblicazione online dei “provvedimenti integrali”, ma solo di una “scheda sintetica” degli elementi previsti dalla disposizione, ossia “il contenuto, l´oggetto, la eventuale spesa prevista e gli estremi relativi ai principali documenti contenuti nel fascicolo relativo al procedimento” (art. 23, comma 2, del D.lgs n. 33/2013, abrogato), senza specifici riferimenti alla pubblicazione di dati personali ivi contenuti.

In merito, l’ANAC ritiene che “tali obblighi devono ritenersi abrogati. Resta ferma la possibilità di esercitare il diritto di accesso civico generalizzato, ai sensi degli artt. 5, co. 2 e 5 bis del D.lgs n. 33/2013”.

Pertanto, secondo il Garante della Privacy, non esiste un obbligo di pubblicazione da parte delle pp.aa. delle SCIA, né in forma integrale né in forma riassuntiva.

Il Garante muove da un’interpretazione rigorosa e letterale dell’art. 20, co. 6, del D.P.R. 380/2001, disposizione che – statuendo la necessaria pubblicazione nell´albo pretorio del provvedimento di rilascio del permesso di costruire – deporrebbe a favore di un esteso regime pubblicitario in subiecta materia, nel quale poco spazio rimarrebbe alla tutela della protezione dei dati personali.

Essa, in realtà, prevede la pubblicazione sull´albo pretorio della mera notizia dell’avvenuto rilascio del permesso di costruire (i cui estremi sono peraltro indicati nel cartello esposto presso il cantiere, secondo le modalità stabilite dal regolamento edilizio).

In ogni caso, si tratta di una norma di settore attinente al solo procedimento per il rilascio del permesso di costruire che non è ripetuta (né richiamata) per i procedimenti relativi agli altri titoli edilizi, come la SCIA, ai quali, di conseguenza, non è applicabile lo stesso regime di pubblicità previsto per la notizia dell´avvenuto rilascio del permesso di costruire.

2.3. Posizione della giurisprudenza

La ricostruzione del Garante della Privacy è pienamente compatibile con quanto riportato dal TAR Marche-Ancona, Sez. I, 7 novembre 2014 n. 923, la quale sostiene che “l´art. 20, comma 6, del D.P.R. n. 380/2001, nella parte in cui stabilisce che dell´avvenuto rilascio di un titolo edilizio va dato avviso all´albo pretorio, non può che essere interpretato nel senso che tale onere di pubblicazione è funzionale a consentire a qualsiasi soggetto interessato di visionare gli atti del procedimento, in ragione di quel controllo diffuso sull´attività edilizia che il legislatore ha inteso garantire”.

La giurisprudenza amministrativa ha affermato che nell’accesso civico, di cui al D.lgs n. 97/2016, “le esigenze di controllo diffuso del cittadino devono consentire un accesso meno in profondità ma più esteso, avendo presente che l’accesso in questo caso comporta, di fatto, una larga conoscibilità e diffusione di dati, documenti e informazioni” (così T.A.R. Lazio-Roma, Sez. I, n. 1126 del 2018).

Per converso, sono tutt’altro che infrequenti le richieste di accesso volte a verificare la legittimità degli interventi in campo edilizio effettuati dal proprietario o dall’impresa che segue i lavori e la loro conformità degli interventi alla normativa urbanistico–edilizia. Anche in questo settore dovrà essere verificata l’esistenza di una posizione giuridica soggettiva anche meramente potenziale (v. TAR Puglia-Lecce n. 1125 del 2018; TAR Basilicata n. 612 del 2018).

Nel bilanciamento degli interessi, il giudice amministrativo ritiene pacificamente che “i titoli edilizi sono atti pubblici, perciò chi esegue le opere non può opporre un diritto di riservatezza”  (cfr. T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. II 4 febbraio 2016 n. 374; TAR Lazio, Sez. II bis, 22 ottobre 2018, n. 7542).

3. Esame dell’istanza e diritto di Accesso agli atti

3.1. Legge 7 agosto n. 241/1990

La disposizione di cui all’art. 22 afferma che: “Il diritto di accesso agli atti consiste nel diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti relativi ad ogni tipologia di attività della Pubblica Amministrazione”.

Pertanto, possono accedere ai documenti amministrativi compete a tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento.

Il diritto di accesso si esercita mediante richiesta motivata rivolta all’amministrazione che ha formato il documento per esaminarlo o estrarne copia.

La P.A. nel caso in cui ritenga di non dover accogliere la richiesta può respingerla se la stessa abbia ad oggetto documenti esclusi dal diritto di accesso, limitarla in riferimento ad alcuni dei documenti richiesti e differirla laddove la conoscenza dei documenti possa impedire o gravemente ostacolare lo svolgimento dell’azione amministrativa.

3.2. Il D.Lgs. n. 33/2013

Con lo strumento dell’accesso civico, “chiunque ha il potere di controllare democraticamente la conformità dell’attività dell’amministrazione” (Circolare Funzione Pubblica n. 3/2013).

L’art. 5 del D.lgs n. 33/2013, riconosce a chiunque il diritto di richiedere alle Amministrazioni documenti, informazioni o dati per i quali è prevista la pubblicazione obbligatoria, nei casi in cui gli stessi non siano stati pubblicati nella sezione “Amministrazione trasparente” del sito web istituzionale.

3.3. Il nuovo accesso civico generalizzato alla luce del Decreto Trasparenza

Ai sensi dell’art. 5, co. 2 del D.lgs n. 33/2013, “allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall’art. 5 bis”.

Tale istituto non prevede limitazioni in ordine alla legittimazione soggettiva del richiedente, dovendosi quest’ultimo limitare ad identificare i dati, le informazioni o i documenti richiesti, senza motivazione alcuna.

L’istanza di accesso civico identifica i dati, le informazioni o i documenti richiesti; pertanto è inammissibile una richiesta meramente esplorativa, volta semplicemente a “scoprire” di quali informazioni l’amministrazione dispone.

Le richieste non devono essere generiche, ma consentire l’individuazione del dato, del documento o dell’informazione.

Inoltre, in quanto quest’ultime riguardano i dati e i documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, resta escluso che – per rispondere a tale richiesta – l’amministrazione sia tenuta a formare o raccogliere o altrimenti procurarsi informazioni che non siano già in suo possesso.

L’amministrazione cui è indirizzata la richiesta di accesso, se individua soggetti controinteressati, è tenuta a dare comunicazione agli stessi, i quali entro 10 giorni dalla ricezione della comunicazione, potranno presentare una motivata opposizione alla richiesta di accesso.

Il procedimento di accesso civico deve concludersi con provvedimento espresso e motivato nel termine di 30 giorni dalla presentazione dell’istanza con la comunicazione al richiedente e agli eventuali controinteressati.

In caso di accoglimento, l’amministrazione provvede a trasmettere tempestivamente al richiedente i dati o i documenti richiesti, ovvero, nel caso in cui l’istanza riguardi dati, informazioni o documenti oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi del presente decreto, a pubblicare sul sito i dati, le informazioni o i documenti richiesti e a comunicare al richiedente l’avvenuta pubblicazione dello stesso, indicandogli il relativo collegamento ipertestuale.

Il rifiuto, il differimento e la limitazione dell’accesso devono essere motivati con riferimento ai casi e ai limiti stabiliti dall’art. 5 bis.

Al 1° comma esso prevede che l’accesso è rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno degli interessi pubblici inerenti a: a) la sicurezza pubblica e l’ordine pubblico; b) la sicurezza nazionale; c) la difesa e le questioni militari; d) le relazioni internazionali; e) la politica e la stabilità finanziaria ed economica dello Stato; f) la conduzione di indagini sui reati e il loro perseguimento; g) il regolare svolgimento di attività ispettive.

L’accesso è altresì rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno dei seguenti interessi privatia) la protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia; b) la libertà e la segretezza della corrispondenza; c) gli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d’autore e i segreti commerciali.

Nel caso di specie la richiesta è annoverabile nel genus accesso civico generalizzato e l’unica cautela da apprestare prima del rilascio dei dati richiesti, riguarda la tutela della privacy.

4. Conclusioni

Dall’esame della normativa e degli arresti giurisprudenziali in materia, si evince come con il passare degli anni il Legislatore abbia dato sempre più spazio alla trasparenza ed all’accesso dei documenti amministrativi.

La Pubblica Amministrazione, alla stregua di una vera e propria “Casa di Vetro”, deve poter essere controllabile ab externo sia in virtù degli effetti collettivi dell’attività che essa esercita, sia al fine di poter reprimere le condotte corruttive.

Alla luce dell’intervenuta abrogazione dell’art. 23, co. 1, lett. a) del D.lgs n. 33/2013, risulta insussistente un onere di pubblicazione dei provvedimenti di autorizzazione e concessione.

Tuttavia, le richieste degli interessati, qualora circostanziate e non meramente esplorative, sono meritevoli di accoglimento, previo  contemperamento delle esigenze conoscitive con quelle di riservatezza dei diretti interessati.

Vi è pertanto l’onere dell’Amministrazione di provvedere alla pubblicazione della notizia dell’avvenuto rilascio di dette autorizzazioni, ivi compresi i provvedimenti equiparati, nella Sezione all’uopo preposta.

La pubblicazione dei provvedimenti in questione dovrà avvenire con modalità tali da consentire il rispetto della normativa della privacy vigente.

In secundis, è fatta salva la possibilità per l´istante di effettuare l’accesso civico generalizzato di cui all’art. 5, co. 2 del D.lgs n. 33/2013, purché non siano lesi, con la pubblicazione di quanto richiesto, gli interessi pubblici e privati riportati dall’art. 5 bis, legittimanti il diniego.

Il richiedente potrà accedere a tutta documentazione richiesta, anche con i dati personali in chiaro, laddove, formulando una domanda di accesso agli atti amministrativi ex artt. 22 ss. della Legge n. 241/1990, dimostri di possedere “un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l´accesso”.


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Augusto Valente

Avv. Augusto Valente Nel 2020 ha conseguito l'abilitazione forense presso la Corte d'Appello di Roma, è iscritto presso il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Cassino (FR). Ha conseguito, in entrambi i casi presso l'Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale, la laurea in Servizi Giuridici per lo Sport, discutendo la tesi in Diritto del Lavoro Sportivo con il Prof. Luca Miranda, e la laurea magistrale in Giurisprudenza discutendo la tesi in Diritto Processuale Amministrativo con la Prof.ssa Margherita Interlandi.Ha collaborato, negli anni accademici 2018 e 2019 con le cattedre di Diritto Amministrativo e Diritto Processuale Amministrativo del Prof. avv. Raffaele Montefusco, presso l'Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale. Ha svolto la pratica forense presso lo Studio Legale Santopietro in Pontecorvo (FR), occupandosi prevalentemente di Diritto Civile e Diritto Amministrativo. Dal 2019 fa parte dello studio CLAvis - Consultants Lawyers & Accountants di Roma, occupandosi di Diritto Civile, Amministrativo e Sportivo. È autore di diverse pubblicazioni sulla rivista scientifica online Salvis Juribus.

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