Gli schemi particolari di conclusione del contratto, con specifico riferimento ai contratti unilaterali
Al di là dello schema generale di conclusione del contratto (disciplinato, come noto, dall’art. 1326 c.c.), che si applica a tutte le fattispecie contrattuali per le quali non sia previsto uno modello diverso, vi sono anche modalità particolari. Quest’ultime possono avere matrice legale o giurisprudenziale, in quanto sono contemplate da disposizione codicistiche oppure sono ricavabili dalle pronunce dei giudici.
Gli schemi particolari sono altresì classificabili in semplificanti o aggravanti, a seconda che, appunto, semplifichino o aggravino il modello generale, in ordine agli interessi delle parti parti che il medesimo schema intende regolare. Un classico esempio di schema particolare aggravante di conclusione del contratto è rappresentato dai contratti reale. Tale aggravio deriva dalla circostanza in base alla quale la conclusione del contratto avviene mediante la consegna della cosa. La c.d. ‘traditio‘ rappresenta, quindi, l’aspetto ulteriore rispetto allo schema generale e determinante, dal momento che in sua assenza il vincolo contrattuale non si forma.
Per quanto concerne, invece, gli schemi particolari semplificanti di conclusione del contratto, il principale esempio è costituito dall’art. 1327 c.c. Tale disposizione prevede che il contratto è concluso mediante l’esecuzione della prestazione da parte dell’oblato, senza che quest’ultimo abbia reso conoscibile preventivamente l’accettazione della proposta al proponente. Lo schema, pertanto, semplifica la conclusione del negozio poiché deroga al requisito della conoscenza (o quantomeno della conoscibilità) dell’accettazione da parte del proponente. La ratio sottesa a tale ipotesi risiede nell’attribuire una maggior celerità all’operazione, laddove tale interesse sia preponderante per il proponente, a discapito delle garanzie derivanti dallo schema generale.
Sempre nell’ambito delle modalità particolari di natura semplificante conclusione del contratto si innestano i c.d. ‘contratti unilaterali’, disciplinati dall’art. 1333 c.c. e rubricati come ‘contratti con obbligazioni del solo proponente’. La semplificazione, in questo caso, deriva dal fatto che il contratto si conclude senza l’accettazione dell’oblato. Nello specifico, questi, una volta ricevuta la proposta, può rifiutarla nel termine richiesto dalla natura dell’affare o dagli usi. Pertanto, in assenza di un tempestivo rifiuto dell’oblato, il contratto si considera concluso. La ratio sottesa alla fattispecie in esame risiede nella circostanza per cui, dato che le obbligazioni sono soltanto a carico del proponente, l’accettazione dell’oblato risulterebbe pleonastica dal momento che il contratto si presente evidentemente nel suo interesse.
Nel novero dei contratti unilaterali rientrano senz’altro i contratti gratuiti, in virtù dei quali è esclusivamente il proponente che assume obblighi nei confronti dell’oblato. Ne resta esclusa, tuttavia, la donazione formale, che invece richiede l’accettazione dell’oblato. Il mancato rifiuto, come precedentemente evidenziato, dunque rappresenta l’aspetto determinante per la conclusione del contratto.
In merito alla natura del rifiuto di cui trattasi, un primo orientamento ritiene che esso deve essere inteso come accettazione tacita, ossia come silenzio-assenso. Nel caso di specie, il silenzio è qualificato dalla regola legale secondo la quale il contratto, non prevedendo obbligazioni in capo all’oblato, renda ragionevolmente prevedibile l’accettazione da parte di quest’ultimo, attribuendo in questo modo al silenzio un valore di positiva determinazione ai fini della conclusione della fattispecie negoziale.
Un diverso orientamento, invece, ritiene ammissibile un contratto senza accettazione. Difatti, i sostenitori di tale tesi, ritengono che il classico schema proposta-accettazione si rivolge ai contratti con formazione bilaterale. Tuttavia, tale caratteristica non è esclusiva, ed infatti vi sono contratti a formazione unilaterale, i quali si fondano su uno schema che, ai fini della loro conclusione, ritiene sufficiente il mancato rifiuto, prescindendo così dall’accettazione. In sostanza, il contratto si può concludere anche tramite mancato rifiuto, sebbene esso non equivalga ad accettazione.
In ordine al suddetto orientamento una critica è stata avanzata da chi riteneva che la mancanza dell’accettazione implicasse l’assenza dell’accordo. Tale speculazione, tuttavia, non sembrerebbe essere condivisa poiché l’accettazione della proposta, sebbene rappresenti la modalità più forte per sancire l’accordo, non è comunque l’unica. Difatti, possono aversi contratti c.d. ‘a struttura leggera’, i quali vengono qualificati in questo modo in virtù di ciò che si considera socialmente sufficiente a manifestare il consenso in ordine a quella specifica fattispecie negoziale.
Occorre altresì rilevare che l’eventuale rifiuto dell’oblato produce l’effetto di bloccare la conclusione del contratto soltanto laddove sia tempestivo, ossia nel caso in cui intervenga, ai sensi dell’art. 1333 c.c., nel termine richiesto dalla natura dell’affare o dagli usi. È necessario, inoltre, che entro tale termine il rifiuto sia portato a conoscenza. Il rifiuto, così inteso, ha un valore più penetrante rispetto a quello rivolto nei confronti di una normale proposta, poiché esso impedisce la conclusione di un contratto che altrimenti, in assenza del suesposto, sarebbe avvenuta.
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Federico Sergio
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