Green Pass, profili penalistici e sanzioni
La Certificazione verde, ormai a tutti nota come “green pass”, è atta a comprovare:
– la guarigione dall’infezione derivante SARS CoV-2 (certificazione con durata di 180 giorni);
– l’avvenuta vaccinazione contro il SARS CoV-2 (certificazione con durata di 270 giorni – dopo la prima dose, la certificazione è utilizzabile fino alla dose successiva);
– l’effettuazione di un test molecolare, o in alternativa di un test antigenico rapido, con risultato negativo al SARS CoV-2 (certificazione con durata di 48h dal prelievo)
Il Green Pass, già necessario in Italia per partecipare alle cerimonie civili e religiose, entrare ed uscire dalle zone “rosse” ed “arancioni”, e per accedere ad alcune strutture, dal 6 Agosto 2021 è stata resa necessaria per accedere ad ulteriori attività e, dal 1° Settembre 2021, la sua esibizione è necessaria da parte del personale scolastico ed universitario, dagli studenti universitari, e da parte di coloro che utilizzano servizi di trasporto pubblico.
Sotto il profilo amministrativo, è prevista una sanzione pecuniaria che va da 400 a 1000 euro per chi, sprovvisto di green pass, acceda a locali o servizi per i quali esso è reso obbligatorio, e per l’esercente (che in caso di violazione reiterata, potrebbe incorrere nella chiusura del locale per un arco temporale che va da 1 a 3 giorni).
Ciò, salvo che il fatto costituisca reato. La condotta posta in essere dal soggetto può infatti avere anche rilevanza penale.
E’ bene tenere a mente le conseguenze penali che possono essere comportate dall’idea di eludere la normativa in tema di Green Pass affidandosi al “mercato nero” di Certificazioni che sta parallelamente nascendo (come certificati falsi venduti attraverso appositi gruppi Telegram, che non possono in alcun modo superare i controlli di autenticità).
A tal riguardo, è stata condotta l’Operazione Fake Pass, che ha portato alla chiusura di 32 Canali Telegram e all’indagine per truffa e falso (reati che avendo struttura diversa non sono soggetti al principio di specialità e possono coesistere) di alcuni soggetti che proponevano l’acquisto di Certificazioni false, dietro pagamento di corrispettivo monetario, assicurando che i green pass fossero generati da apposito personale medico che avrebbe proceduto ad inserire i dati forniti dall’acquirente all’interno della piattaforma del Ministero della Sanità.
La Certificazione, infatti, è erogata solamente attraverso la Piattaforma Nazionale del Ministero della Salute e contiene un QR Code che consente di comprovare l’autenticità e regolarità la della stessa attraverso un meccanismo di crittografia a doppia chiave, che ne rende inverosimile la falsificazione.
La sanzione per il mancato possesso del Green pass, è di natura amministrativa (pecuniaria o interdittiva).
Nel caso, invece, di esibizione di un certificato contraffatto, falso, od appartenente ad altra persona, viene integrata una condotta penalmente rilevante denunciabile da chiunque e procedibile d’ufficio, con l’istaurazione di un procedimento penale a carico dell’autore.
Falsità materiale commessa da privato – art. 482 c.p.
In caso di contraffazione o alterazione della certificazione verde, viene integrata la fattispecie di reato di cui all’art. 482 c.p. – falso materiale commesso da un privato.
Si tratta di un reato contro la fede pubblica, procedibile d’ufficio.
Ricade sotto la fattispecie di reato configurabile ex art. 482 c.p. sia la contraffazione vera e propria, che l’alterazione/modifica dell’atto.
La consumazione del reato è istantanea e la fattispecie criminosa come la contraffazione o alterazione penalmente rilevante viene perfezionata nell’immediatezza del fatto.
Essendo il green pass equiparabile ad un certificato o ad un’autorizzazione amministrativa, la pena prevista è quella della reclusione da 6 mesi a 3 anni (ex art. 477 c.p.)
Uso di atto falso – art. 489 c.p.
Trattasi del caso in cui un soggetto faccia uso di un green pass falso, senza aver concorso alla contraffazione.
Il presupposto applicativo della fattispecie di cui all’art. 489 c.p. è quindi la mancata partecipazione dell’agente alla consumazione del reato di cui all’art. 482 c.p. di cui sopra.
La condotta tipica si può riscontrare in qualsiasi utilizzazione “giuridicamente rilevante” del documento, che incida, attraverso la mutazione della realtà documentale, sull’affidamento che il terzo possa fare su tale realtà (ad es. esibizione di un green pass falso per accedere ad una mostra).
Si tratta di un reato istantaneo: la consumazione si esaurisce con l’uso.
L’elemento soggettivo è rappresentato dal dolo generico: intenzione di utilizzare la certificazione falsa come se fosse autentica, con la coscienza della sua falsità, e con l’ulteriore fine di procurare (a sé o ad altri) un vantaggio.
Sostituzione di persona – reato di cui all’art. 494 c.p.
Fattispecie di reato che si integra laddove, inducendo taluno in errore tramite la propria condotta, venga sostituita illegittimamente la propria all’altrui persona, attribuendo a sé o ad altri un falso nome o un falso stato, al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto vantaggio (o di recare ad altri un danno).
Tale reato viene punito con la reclusione fino ad un anno.
La verifica del QR Code attribuito al green pass (contenente nome e cognome; data di vaccinazione, data di guarigione dal virus o data del tampone effettuato) è rimessa, in forza del DPCM 17 giugno 2021 a: strutture sanitarie, socioassistenziali e sociosanitarie; pubblici ufficiali; vettori aerei, marittimi e terrestri; titolari di strutture ricettive e pubblici esercizi, luoghi e locali per cui è necessaria la certificazione; pubblici ufficiali; organizzatori di eventi e addetti ai servizi di controlli di attività di intrattenimento e spettacoli.
Attraverso una circolare del 10 Agosto 2021, il Viminale ha chiarito che mentre la verifica del green pass ricorre in ogni caso e indefettibilmente a carico dei soggetti a ciò deputati, quella dell’identità (che non può derivare immediatamente dall’esibizione del green pass, che non è munito di foto del titolare) ” ha natura discrezionale e si renderà comunque necessaria nei casi di abuso o elusione delle norme, come, ad esempio, quando appaia manifesta l’incongruenza con i dati anagrafici contenuti nella certificazione”. E’ il caso ad esempio di un green pass esibito da un uomo, che porti con sé un nome femminile. Viene precisato che “l’avventore è tenuto all’esibizione di un documento di identità, ancorché il verificatore richiedente non rientri nella categoria dei pubblici ufficiali”, e nel caso di mancata corrispondenza tra identità dell’avventore e dati contenuti nel green pass, colui che ha proceduto al controllo può sporgere denuncia, essendo i reati di cui sopra, procedibili d’ufficio.
Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
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Avv. Anita Lojacono
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