I contratti di investimento “monofirma”
La fattispecie dei contratti cc.dd. “mono-firma” si è, di recente, nuovamente imposta all’attenzione degli operatori giuridici a fonte dell’ordinanza di rimessione (n.1044/2017) con cui la I sezione della S.C. ha rimesso la causa al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, affinché compongano il contrasto insorto sulla questione se il requisito della forma scritta del contratto di investimento esige, accanto a quella dell’investitore, anche la sottoscrizione ad substantiam dell’intermediario.
La questione è occasionata dalla prassi vigente nel settore bancario per cui la conclusione del contratto-quadro avviene con la sottoscrizione da parte del cliente del contratto (che resta in possesso della banca), seguita dalla consegna al cliente di un altro documento identico a firma della banca, così che ciascuna parte abbia la disponibilità del documento sottoscritto dall’altra.
In tale contesto sono maturati i dubbi interpretativi circa l’effettiva portata della disposizione di cui all’art. 23, d.lgs. n. 58/1998, referente normativo cui guardare per la disciplina dei contratti di investimento; ciò in quanto, sulla scorta dell’elaborazione giurisprudenziale (Cfr.Cass.n.5919/2016), è stata prospettata l’invalidità del contratto sottoscritto dal solo cliente, ritenendosi non integrato il requisito della forma scritta di cui al cit. art. 23. La pronuncia del 2016 è intervenuta nel solco di un orientamento costante si segno contrario, così facendo emergere i nodi problematici che hanno condotto alla formulazione della predetta ordinanza di rimessione.
Sul punto non può prescindersi dalla previsione di cui all’art. 23 cit. che, in tema di contratti conclusi nello svolgimento dell’attività finanziaria, dispone che i contratti relativi alla prestazione di servizi di investimento, salvo le eccezioni espressamente menzionate, sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti; e che nei casi inosservanza della forma prescritta il contratto è nullo. Inoltre, al 3°co., il legislatore precisa che tale nullità può essere fatta valere solo dal cliente, così tipizzando un’ipotesi di nullità relativa.
In ordine alla portata della disposizione citata si registrano, come rilevato nell’ordinanza di rimessione, due orientamenti.
In base ad una prima impostazione, non si configura la nullità del contratto-quadro sottoscritto dal solo cliente; ciò in quanto è soddisfatto il requisito di legge di cui all’art.23 cit. che nulla dice in ordine alla necessità della sottoscrizione dell’istituto di credito, ai fini del perfezionamento e della validità del contratto.
Altra prospettazione, invece, ritiene di dover attribuire al requisito della forma scritta, una portata tale per cui lo stesso sia da intendere come forma bilaterale ad substantiam negotii. In particolare, secondo tale orientamento, il requisito della forma scritta ad substantiam è soddisfatto anche se le sottoscrizioni delle parti sono contenute in documenti distinti, purché risulti il collegamento inscindibile del secondo documento al primo, così da evidenziare inequivocabilmente la formazione dell’accordo (e purché entrambe le scritture siano prodotte in giudizio), quale estrinsecazione diretta della volontà contrattuale. Pertanto, si afferma che la mera consegna della documentazione da parte della banca non implica, di per sé sola, il perfezionamento del contratto, ma si pone quale comportamento esecutivo, attuativo dello stesso.
La tesi propugnata dalla sezione rimettente, volta ad affermare la validità del contratto recante la sola sottoscrizione del cliente, pone a sostegno argomentativo considerazioni di carattere teleologico e sistematico valorizzando, innanzitutto, la ratio della disposizione e la teorica sulla forma del contratto.
Si osserva, dunque, che la norma riveste una finalità di protezione del contraente debole, che trova conferma nella previsione del regime della nullità comminata in caso di violazione del requisito sulla forma scritta che, appunto, può essere fatta valere dal solo cliente e, cioè, dalla sola parte nel cui interesse la norma è posta. Ne deriva che la sottoscrizione del cliente, quale parte debole, soddisfa il requisito ivi prescritto, sia dal punto di vista formale che dal punto di vista sostanziale del fondamento protettivo sotteso al cit. art. 23. Inoltre, la Corte, evidenzia che nell’ambito della teorica della forma contrattuale deve, attualmente, farsi riferimento al c.d. pluralismo dei formalismi, tale per cui le prescrizioni legali in tema di forma non hanno tutte la medesima funzione. È opportuno, infatti distinguere tra rapporti paritari e rapporti asimmetrici. In relazione alla prima ipotesi, la forma funge da criterio di imputazione della dichiarazione ed è strumentale alla ponderazione dell’impegno assunto con la conclusione del contratto. Diversamente, ove si riscontri un’asimmetria tra le posizioni contrattuali, rispetto alla quali vi è una parte qualificabile “debole” ed un’altra come “forte”, il requisito formale serve a scongiurare il rischio di approfittamento. Proprio alla luce di tali considerazioni si coglie come, in tale seconda fattispecie, la forma assume un ruolo “di protezione” e, ciò soprattutto, al fine di colmare l’asimmetria informativa esistente tra le parti, che potrebbe compromettere la libertà negoziale, nella specie, del cliente, vulnerandone la libertà di scelta. Così intesa, la forma contrattuale non va riconnessa al solo atto, formalmente inteso, ma va rapportata alla complessiva attività svolta, che deve essere improntata ai canoni di chiarezza, trasparenza ed adeguatezza informativa. In tale ottica, per cui la forma è intesa quale veicolo di informazioni, la sottoscrizione del solo cliente è ritenuta, non solo idonea ai fini del perfezionamento del contratto, ma anche ai fini della validità ed efficacia dello stesso, dovendosi ritenere integrato il requisito previsto dalla legge. Sul punto, giova rilevare che la sottoscrizione della banca è ritenuta irrilevante per la conclusione del contratto, nel senso che non è prescitta “ad substantiam” accanto a quella del cliente; ciò in quanto non sussistono esigenze “protettive” nei confronti del soggetto “forte” della contrattazione che ha predisposto il relativo contratto. Pertanto, è sufficiente che detta sottoscrizione sia apposta all’esemplare che la banca consegna al cliente.
In attesa della pronuncia delle Sez. Un., è opportuno rilevare come sul tema si confrontano due ordini di interessi parimenti rilevanti quali, la tutela del contraente debole da un lato, ed il dinamismo e l’efficienza del mercato dall’altro; interessi che, secondo la tesi prospettata dalla sezione rimettente ed in contrasto con i recenti orientamento giurisprudenziali, sarebbero sottese e contemperate proprio dalla previsione di una nullità di protezione, azionabile dalla sola parte “debole” e non già da chiunque vi abbia interesse.
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Tiziana Di Mauro
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