I contratti fideiussori “a valle” e la discussa species di nullità c.d. “antitrust”: tra concorrenza e mercato
In attesa selle Sezioni Unite, brevi note a Cass. Civ., Sez. I, Ord. 30 aprile 2021, n. 11486
Sommario: 1. Una breve ricostruzione del fatto – 2. Natura giuridica della nullità c.d. “antitrust”: la relazione tra intesa “a monte” e contratti “a valle” di intesa anticompetitiva – 3. Applicabilità astratta dell’art 33 della legge n. 287/1990 e legittimazione all’azione di nullità e di risarcimento: è possibile un cumulo tra le tutele? – 4. Conclusioni
Abstract in italiano: Il presente lavoro, dopo aver ripercorso gli orientamenti dottrinali giurisprudenziali sulla nullità c.d. “antitrust” sui singoli contratti fideiussori “a valle”, mira a evidenziare alcuni rilievi critici all’Ordinanza, legati principalmente alla natura giuridica della nullità de qua; lo stesso ha l’obiettivo di ripercorrere, con un breve commento, – in chiave critica e pratica – le diverse ricostruzioni ermeneutiche in tema di perimetro applicativo della L. 287/1990, con particolare riguardo alle nullità de qua. Certificata la fallibilità dei tentativi di accomodamento delle risultanze in ambito assicurativo alle intese bancarie, le S.S. U.U. dovranno pronunciarsi sull’ammissibilità di un’azione di nullità, riconosciuta anche in capo al singolo contraente privato, da affiancare, eventualmente, alla pretesa risarcitoria, e a definirne natura e consistenza.
1. Una breve ricostruzione del fatto
Il Sig. B. conviene in giudizio un noto istituto di credito per far dichiarare la nullità dei contratti di fideiussione a garanzia di un rapporto di conto corrente e di un rapporto di mutuo intercorrente tra la A. S.p.A. e la banca medesima. L’attore desiderava far accertare che gli artt. 2, 6 e 8 dei contratti di fideiussione de quibus – che prevedevano la rinuncia ai termini di cui all’art. 1957 cod. civ. e la sopravvivenza della fideiussione alla inefficacia dei pagamenti o all’invalidità dell’obbligazione principale – erano stati predisposti dalla Banca in violazione dell’art. 2 della legge n. 287 del 1990, in quanto conformi ad uno schema contrattuale concordato dall’Associazione Bancaria Italiana con alcune organizzazioni di tutela dei consumatori, come accertato dalla Banca d’Italia con provvedimento del 2 maggio 2005.
I diversi profili di interesse sono tutti riconducibili alla questione di fondo, relativa all’individuazione del tipo di nullità, essendo state prospettate, ex multis, diverse ricostruzioni ermeneutiche: la prima, ad esempio, è quella per cui sarebbe configurabile una nullità per contrarietà a norme imperative o per illiceità della causa, una nullità per illiceità dell’oggetto (limitata al vantaggio che l’impresa ha tratto dalla stipulazione del contratto a valle); come sarà approfondito in seguito, taluni esponenti della dottrina hanno ravvisato, al contrario, una nullità derivata (riconducibile a quella dell’intesa a monte, in virtù del collegamento funzionale esistente con il contratto a valle); un terzo indirizzo ha ricondotto la nullità de qua ad una species peculiare di nullità relativa di protezione (prevista a tutela del soggetto danneggiato dall’intesa, e quindi deducibile esclusivamente da quest’ultimo).
Altro profilo di notevole interesse è la possibilità di estensione officiosa alle intese bancarie delle rimedialità “assicurative”, così come delineate in precedenti arresti giurisprudenziali.
Altra questione problematica affrontata nell’Ordinanza in commento è, altresì, la configurabilità di una nullità, in ragione della diversità delle parti del contratto “a valle”, rispetto a quelle dell’intesa “a monte”, e della conseguente difficoltà di stabilire se le prime avrebbero ugualmente prestato il proprio consenso, in mancanza delle clausole riproduttive del contenuto dell’intesa: indagine che, nel caso della fideiussione bancaria, potrebbe risultare superflua, nel caso in cui si consideri che, nonostante l’espunzione delle predette clausole, la Banca possa avere interesse a conservare la garanzia, non essendo certo che il debitore sia in grado di offrirne altre in sostituzione.
Ulteriore profilo di interesse – connesso a quanto sopra delineato – è riconducibile alla definizione del perimetro applicativo dell’art 33 della legge n. 287/1990. Al centro della questione – assai dibattuta in dottrina e in giurisprudenza – è la possibilità di riconoscere anche al consumatore la legittimazione a proporre le azioni previste dal comma secondo della menzionata disposizione, nonostante la sua estraneità all’intesa anticoncorrenziale, ed ammettendo il concorso tra la tutela risarcitoria e l’azione di nullità, ritenuta proponibile non solo nei confronti dell’intesa, ma anche nei confronti dei contratti c.d. a valle.
La Corte di Cassazione rimetteva gli atti al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione della causa alle Sezioni Unite, affinchè fosse stabilito se la coincidenza totale o parziale delle fideiussioni bancarie stipulate in conformità d’intese restrittive della concorrenza giustifichi la dichiarazione di nullità delle clausole accettate dal fideiussore o legittimi esclusivamente l’esercizio dell’azione di risarcimento del danno.
E’ evidente, dunque, secondo gli ermellini, la necessità di una rimeditazione dei principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di nullità dei contratti stipulati in conformità d’intese restrittive della concorrenza, finalizzata a verificarne l’applicabilità alle fideiussioni bancarie prestate in conformità delle condizioni uniformi predisposte dall’ABI. Secondo il Collegio è, in particolare, necessario stabilire:
a) se la coincidenza totale o parziale con le predette condizioni giustifichi la dichiarazione di nullità delle clausole accettate dal fideiussore o legittimi esclusivamente l’esercizio dell’azione di risarcimento del danno;
b) nel primo caso, quale sia il regime applicabile all’azione di nullità, sotto il profilo della tipologia del vizio e della legittimazione a farlo valere;
c) se sia ammissibile una dichiarazione di nullità parziale della fideiussione;
d) se l’indagine a tal fine richiesta debba avere ad oggetto, oltre alla predetta coincidenza, la potenziale volontà delle parti di prestare ugualmente il proprio consenso al rilascio della garanzia, ovvero l’esclusione di un mutamento dell’assetto d’interessi derivante dal contratto.
2. Natura giuridica della nullità c.d. “antitrust”: la relazione tra intesa “a monte” e contratti “a valle”
I giudici di legittimità hanno rilevato che l’analisi della questione della sorte dei contratti stipulati in conformità di intese anti-concorrenziali, già più volte sottoposta alla Corte, anche a Sezioni Unite, ha condotto a risultati interpretativi tutt’altro che univoci e comunque ormai non più adeguati rispetto alla frequenza con cui il fenomeno tende a riproporsi ed alla multiforme tipologia dallo stesso assunta negli anni più recenti.
La nullità del contratto “a valle” è stata, inoltre, variamente giustificata dalla dottrina.
Vi è infatti chi ritiene che il negozio “a valle” attuativo dell’intesa si ponga in diretto contrasto con la norma imperativa che vieta le intese anticoncorrenziali. (1)
Altri ipotizzano un’invalidità derivata di secondo grado trasmessa a valle da un precedente contratto a monte.
Nella pronuncia che si annota, ancora una volta, come anticipato, la Suprema Corte si è basata sul presupposto – ampiamente riconosciuto dalla CASS. CIV. 4/2/2005 n. 2207 – che la legge antitrust abbia come destinatari non soltanto gli imprenditori, ma anche gli altri soggetti del mercato. Il legislatore ha, infatti, inteso proibire in via generale la distorsione della concorrenza, che può essere anche frutto di comportamenti “non contrattuali” o “non negoziali”, anche successivi al negozio originario, ma che realizzino un ostacolo al gioco della concorrenza1.
Tale principio si rinviene e matura in ambito comunitario con l’adozione dell’Atto Unico Europeo del 1986, per poi trovare espressa menzione sia nel TUE del 1992 (Trattato di Maastricht) che nell’attuale TFUE (art. 3 e artt. 101 e ss.). Non si può poi non considerare che lo stesso ha trovato riconoscimento nella giurisprudenza della Corte di Giustizia ed è stato ribadito di recente dalla direttiva 2014/104/UE che riconosce al consumatore la legittimazione a domandare la tutela risarcitoria per il danno derivante da violazioni della disciplina antitrust europea e nazionale.
Indubbia la necessità di tutela del consumatore o parte debole, non ne risultano tuttavia immediatamente acclarate le conseguenze sulla sorte del contratto che dell’illecito antitrust sia stato veicolo (2).
La Cassazione, in taluni arresti, non esplicita, facendo un generico riferimento all’art. 1418 cod. civ. tout court, quale sia la ragione che porta a considerare nulli i contratti a valle, non chiarendo se la nullità di quest’ultimi sia una nullità derivata o viceversa diretta.
Secondo una diversa ricostruzione ermeneutica, si configurerebbe una cd. nullità di protezione che determina l’inefficacia del contratto a protezione di solo uno dei contraenti. La nullità di protezione è lo speciale rimedio posto a tutela della parte contrattuale debole – stante la sua asimmetria informativa – contro l’introduzione di clausole abusive che determinano un significativo squilibrio nell’assetto generale del contratto. Tale forma di nullità rappresenta una deroga rispetto al disposto di cui all’art. 1421 c.c., il quale prevede che la nullità possa essere fatta valere da chiunque abbia interesse, introducendo il concetto di relatività delle nullità, potendo la nullità di protezione essere fatta valere unicamente dalla parte debole destinataria di maggiore tutela. Tale peculiarità non elimina i caratteri propri della nullità e, quindi, anche quelle di protezione sono rilevabili d’ufficio, determinano l’inefficacia definitiva del contratto e le azioni sono imprescrittibili.
Occorre rilevare, altresì, che la configurabilità di una nullità parziale – ravvisata nel caso in esame – in ragione della diversità delle parti del contratto “a valle”, rispetto a quelle dell’intesa “a monte” pone rilevanti problematiche pratico-applicative. Esse rendono ancora più difficoltoso – a differenza di quanto avveniva nei contratti assicurativi – stabilire se le prime avrebbero ugualmente prestato il proprio consenso, in mancanza delle clausole riproduttive del contenuto dell’intesa (3).
L’Ordinanza in commento ha il pregio di evidenziare come la predetta tipologia di indagine, nel caso di specie, ossia della fideiussione bancaria, potrebbe, invero, risultare non risolutiva e finanche superflua: occorre considerare, secondo l’opinione di chi scrive, che, nonostante l’espunzione delle predette clausole, la Banca possa avere interesse – in concreto – a conservare la garanzia, non essendo certo che il debitore sia in grado di offrirne altre in sostituzione.
La Suprema Corte, nell’ordinanza de qua, pare superare la concezione per cui una fideiussione contenente clausole conformi allo schema predisposto dall’ABI e dichiarate contrarie alla normativa antitrust per violazione dell’art 2, comma 2, lett.a) della L. n. 287/1990 dal provvedimento della Banca d’Italia n. 55 del 2 maggio 2005, comportano la nullità dell’intero contratto, ai sensi dell’art. 1419 c.c (c.d.teoria della nullità totale).
L’Ordinanza – prima facie – sembra innestarsi nel filone giurisprudenziale che identifica nella nullità “antitrust” una nullità parziale a fini eminentemente protettivi.
La Corte di Cassazione sembra preservare la dichiarazione fideiussoria espungendo le clausole frutto di intese illecite, favorevoli alla banca, che non incidevano sulla struttura e sulla causa del contratto, non ha pregiudicato la posizione dei garanti, che risulta meglio tutelata proprio in ragione della declaratoria di nullità parziale.
Nell’Ordinanza in commento, tuttavia, la Suprema Corte mitiga in parte il menzionato secondo orientamento, prendendo le mosse dall’art. 1419 c.c. (4)
La citata norma dispone in particolare, che la nullità parziale di un contratto o la nullità di singole clausole importa la nullità dell’intero contratto, se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita dalla nullità.
Tanto premesso, la Corte di Cassazione evidenzia immediatamente come – nel caso di specie- non riesca a determinare effettivamente se si ricada o meno nell’alveo della nullità parziale o totale, vista l’eterogeneità degli interessi tra banca (desiderosa di conservare la garanzia) e cliente, parte debole (avente un interesse contrario).
La prima Sezione richiama i principi statuiti dalle Sezioni Unite, con CASS. CIV. del 4/2/2005 n. 2207, in materia di polizze di assicurazione. Le SS.UU. –come ripercorso dall’Ordinanza – furono allora chiamate a pronunciarsi sull’individuazione del giudice competente in ordine all’azione di restituzione del maggior importo versato a titolo di premio per una polizza di assicurazione r.c.a. stipulata in conformità delle condizioni stabilite dal cartello delle compagnie assicuratrici; le SS.UU., in particolare, ritennero che la competenza spettasse alla Corte d’Appello, ai sensi dell’art. 33, rubricato “Competenza giurisdizionale”, della legge n. 287 del 1990. Tale indirizzo – che si ritiene di condividere in toto – ha riconosciuto altresì al consumatore la legittimazione a proporre le azioni previste dal comma secondo di tale disposizione ossia l’azione di nullità e di risarcimento del danno, nonché i ricorsi intesi ad ottenere provvedimenti di urgenza in relazione alla violazione delle relative disposizioni, nonostante la sua estraneità all’intesa anticoncorrenziale, ed ammettendo il concorso tra la tutela risarcitoria e l’azione di nullità, ritenuta proponibile non solo nei confronti dell’intesa a monte, ma anche nei confronti dei contratti c.d. a valle (5).
La prima Sezione della Cassazione, con l’ordinanza interlocutoria n. 11486/2021, richiamando quanto espresso dalle Sezioni Unite con la sentenza menzionata lamenta in maniera manifesta che le pronunzie più recenti avrebbero comportato un ingiustificato indebolimento del rapporto tra i contratti a valle (nel caso di specie, le fideiussioni) e l’intesa a monte di cui allo schema Abi.
L’Ordinanza, peraltro, ha il pregio di evidenziare come questa conclusione comporterebbe esiti contraddittori e illogici, avendo la più recente giurisprudenza affermato che dalla declaratoria di nullità di un’intesa tra imprese per lesione della libera concorrenza – emessa dall’Autorità Antitrust ai sensi dell’art. 2 della legge n. 287 del 1990 – non discende automaticamente la nullità di tutti i contratti posti in essere dalle imprese aderenti all’intesa, i quali mantengono la loro validità e possono dar luogo solo ad azione di risarcimento danni nei confronti delle imprese da parte dei clienti; per altro verso la Corte non esclude che in concreto la nullità del contratto “a valle” debba essere valutata dal giudice adito alla stregua degli artt. 1418 cod. civ. e ss. e che possa trovare applicazione l’art. 1419 cod. civ. laddove l’assetto degli interessi in gioco non venga pregiudicato da una pronuncia di nullità parziale, limitata alle clausole rivenienti dalle intese illecite”. Stanti le menzionate peculiarità del caso concreto, la Suprema Corte giustifica la rimessione degli atti al Primo Presidente, ai sensi dell’art. 374 cod. proc. civ., affinché valuti – in concreto – la sussistenza dei presupposti per l’assegnazione della causa alle Sezioni Unite.
Si ritiene, sulla base del percorso argomentativo e logico-giuridico della Suprema Corte, che le SS.UU. – verosimilmente – opteranno per la qualificazione della nullità “antitrust” come “selettiva” e “protettiva”. A parere di chi scrive, si potrebbe prendere le mosse dall’argomentazione – estendendola in via estensiva – che – seppure in ambiti diversi da quelli in analisi (ossia in tema di contratti di investimento) – ha portato illustre dottrina, a definire la nullità de qua come “di protezione” o “selettiva”.
Non può negarsi che le due species di nullità, applicate alle intese anticompetitive (c.d. nullità Antitrust) e ai contratti di investimento, siano espressive di una medesima ratio. Essa consiste nel tutelare il consumatore (investitore-cliente), stante la sua posizione di debolezza strutturale, in considerazione della predetta asimmetria informativa.
Verosimilmente, le Sezioni Unite opteranno, dunque, per una risoluzione del presente caso, utilizzando le categorie generali del sistema del diritto civile, senza tralasciare la rilevanza e la centralità della clausola generale della buona fede oggettiva e della solidarietà sociale (artt. 1375 c.c., 1337 c.c. e 2 Cost.).
3. Applicabilità astratta dell’art 33 della legge n. 287/1990 e legittimazione all’azione di nullità e di risarcimento: è possibile un cumulo tra le tutele?
La Suprema Corte sembra porsi – anticipando, in parte, l’intervento delle Sezioni Unite – all’interno di un filone giurisprudenziale volto ad affermare la legittimazione in capo al sia dell’azione risarcitoria, sia di quella di nullità. La legittimazione del consumatore sussiste, dunque, anche nel caso in cui sia stata proposta un’azione restitutoria, ai sensi dell’art. 2033 c.c., poiché il soggetto che chiede la restituzione di ciò che asserisce di aver pagato per effetto di un’intesa nulla allega l’intesa anticoncorrenziale medesima, inidonea a produrre effetti, poiché nulla.
In particolare, nell’Ordinanza in commento, si ribadisce come già le Sezioni Unite, in tema di assicurazione RCA, riconobbero anche al consumatore la legittimazione a proporre le azioni previste dal secondo comma dell’art. 33 della legge n. 287 del 1990, nonostante la sua estraneità all’intesa anticoncorrenziale. In tale ottica, dunque, si ammise il concorso tra la tutela risarcitoria e l’azione di nullità, ritenuta proponibile non solo nei confronti dell’intesa, ma anche nei confronti dei contratti c.d. “a valle”.
Si ritiene di aderire pienamente al predetto orientamento.
Anche in tal caso, infatti, così come avvenuto per la natura giuridica della nullità “antitrust”, la Corte sembra aderire ad un orientamento di favor rispetto alle pretese del consumatore parte debole.
La Corte ripercorre – seppur brevemente – taluni arresti giurisprudenziali quali manifestazioni di una lettura estensiva e teleologica dell’art. 33 della L.287/1990. Prendendo le mosse da un orientamento giurisprudenziale maggioritario, la Corte, in particolare, definisce la L. Antitrust come “legge dei soggetti del mercato”, ovvero di chiunque abbia interesse, processualmente rilevante, alla conservazione del suo carattere competitivo, al punto da poter allegare uno specifico pregiudizio conseguente alla rottura o alla diminuzione di tale carattere.
Invero, la Corte evidenzia come tale norma fu al centro di un annoso dibattito in tema di contratti assicurativi. La stessa sottolinea, peraltro, come – nel caso dei contratti di R.C.A. – fu rilevato che il contratto a valle costituisce lo sbocco dell’intesa, essenziale a realizzarne gli effetti, in quanto attuativo della stessa.
In tal modo si rileva come ab absurdo negare la legittimazione del consumatore per ottenere la nullità dei contratti “a valle” e delle intese sarebbe come svilire la ratio stessa della L. 287/1990, ossia quella di assicurare il libero gioco della concorrenza, in ottica protettiva del consumatore, parte debole.
Si ritiene assolutamente non condivisibile una interpretazione restrittiva e letterale della disposizione citata.
In tal modo, si otterrebbe un assetto prospettico – non rispondente alla voluntas legis – che vede privilegiata l’impresa operante sul mercato. In altri termini, non pare condivisibile l’orientamento per cui la tutela prevista dall’art. 33, comma secondo, deve ritenersi preclusa al consumatore finale, il cui ruolo era destinato ad esaurirsi nella sollecitazione dell’esercizio dei poteri riconosciuti agli organi individuati dalla medesima legge, ossia all’Autorità Garante.
Diversamente si “spoglierebbe” il consumatore di una tutela adeguata ai propri interessi, ingenerando un palese squilibrio tra interessi, diritti e obblighi in capo alle imprese e al consumatore, a svantaggio di quest’ultimo.
Si ritiene, dunque, che non possa aderirsi all’indirizzo risalente della Suprema Corte per cui la citata norma sarebbe riferita esclusivamente alle intese anticoncorrenziali, e non anche i contratti a valle, i quali mantengono la loro validità, anche a fronte della dichiarazione di nullità dell’intesa, e potevano quindi dar luogo soltanto ad azione di risarcimento del danno da parte degli utenti (6).
Tale conclusione – condivisa dal predetto indirizzo – pare del tutto illogica. Non si vede quale tutela concreta possa ottenere il consumatore facendo dichiarare la nullità dell’intesa anticoncorrenziale, ove siano tenuti “in piedi” i contratti a valle. Essa sarebbe una “tutela fallace” e “fittizia”, dal punto di vista concreto.
Tale assunto sembra non porre la giusta attenzione sulle conseguenze pratico-applicative della nullità de qua. Pare chiaro – a parere di chi scrive – come la nullità dell’intesa debba provocare – in un’ottica di tutela concreta ed attuale del consumatore – la nullità derivata dei contratti “a valle”.
Una siffatta ricostruzione sembra essere in contrasto con la tesi per cui il contratto quadro, può essere qualificato come contratto normativo con il quale si predetermina il contenuto di eventuali futuri contratti che le parti, però, non si obbligano a stipulare (se però tali contratti verranno effettivamente conclusi, sarà vincolante per le parti il contenuto previsto nel contratto normativo).
Peraltro, si ritiene che l’interpretazione restrittiva dell’art. 33 della L. 287/1990 con il differente indirizzo che assimila il contratto quadro alla figura del mandato (art. 1703 c.c.); in tale ottica, gli ordini di acquisto costituiscono atti esecutivi di quest’ultimo, restando maggiormente dubbia la loro riconducibilità alla categoria del contratto.
Tale indirizzo letterale sembra, apparentemente e solo prima facie, maggiormente compatibile con l’indirizzo dottrinale che identifica gli stessi come veri e propri contratti.
Una simile ricostruzione ermeneutica, come accennato, non sembra, tuttavia, minimamente compatibile con la ratio di tutela della libera concorrenza della Legge Antitrust.
Si ritiene condivisibile l’assunto per cui la L.287/1990 non è e non può essere soltanto la legge degli imprenditori e dell’impresa, ma è la legge dei soggetti del mercato, ovvero di chiunque abbia interesse (a fortiori del consumatore o fideiussore), processualmente rilevante, alla conservazione del suo carattere competitivo, al punto da poter allegare uno specifico pregiudizio conseguente alla rottura o alla diminuzione di tale carattere. Peraltro, non è possibile negare che il contratto a valle assurga a sbocco (e risultato vietato) dell’intesa. Esso è essenziale alla realizzazione degli effetti della stessa. Il contratto “a valle” è non solo manifestazione della estrensicazione dell’intesa, ma anche esecutivo e attuativo della stessa. E’ tale contratto attuativo-esecutivo che raggiunge e esplica il risultato vietato dalla Legge Antitrust: esso – in concreto – limita o elude la possibilità di libera scelta da parte del consumatore.
Si ritiene, inoltre, che la previsione del risarcimento del danno sarebbe meramente retorica se si dovesse ignorare, considerandolo circostanza negoziale distinta dalla “cospirazione anticompetitiva” e come tale estranea al carattere illecito di questa: al contrario, come già accennato, esso, nelle sue peculiarità, rappresenta lo strumento attraverso il quale i partecipi all’intesa (anticoncorrenziale e, in quanto tale vietata, rectius nulla) realizzano il vantaggio che la legge intende inibire (7).
La Legge Antitrust è funzionale ed efficace per la tutela del consumatore (cfr. art., 4 L. 287/1990.)8; in secondo luogo, l’illiceità dell’intesa tra imprese si ripercuote irrimediabilmente sul consumatore, parte debole, privandolo del suo diritto di scelta vera tra i prodotti che dovrebbero circolare nel rispetto del principio di libera concorrenza; in terzo luogo, la possibilità di scelta del consumatore è un “interesse rilevante” (in quale assume il carattere della concretezza e dell’attualità) per l’ordinamento giuridico. Esso integra quello che si definisce il danno ingiusto ex art. 2043 c.c., rendendo quindi applicabile l’art. 33, l. 287/1990. La dottrina prevalente è, peraltro. concorde con l’interpretazione della Corte di cassazione, che ha qualificato il diritto alla concorrenza come un diritto soggettivo del consumatore, anche se vi sono orientamenti che si discostano da questa impostazione. Ad esempio una ricostruzione ermeneutica sostiene la nullità delle intese in quanto ritenute “oggetto” di comportamenti illeciti tout court.
Inoltre, vi è chi considera la violazione di legge antitrust come la “causa” di un illecito civile.
Occorre valutare se si tratti di “norme di validità” – come ritenuto da una rilevante giurisprudenza di merito- o “norme di condotta”, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità. A parere di chi scrive, la differenza d’impostazione e di ricostruzione non è irrilevante. Essa consiste nel fatto che nel primo caso il contratto non è valido, mentre nel secondo caso l’adempimento dell’intermediario verso il cliente è quella la ragione di risarcimento del danno. La conseguenza logica di ciò è che il contratto a valle attua direttamente l’intesa e quindi genera la fattispecie anticoncorrenziale contro la legge; il mancato rispetto di regole di condotta – al contrario – non genera un contratto contro l’ordinamento giuridico, ma mina . in via irrimediabile – le garanzie che devono tutelare il contraente “debole”, nella fase che precede la stipulazione del contratto stesso. Vi sono altre interpretazioni mediane e alcune che si limitano ad individuare nell’equità lo strumento più idoneo per dirimere le controversie di questo tipo.
4. Conclusioni
Si ritiene tuttavia – analogamente a quanto affermato nella precedente connessa questione – che la tutela concreta consumeristica, non può che consistere nel far dichiarare nullo il contratto ex art. 1343 c.c., secondo una nullità definibile “di protezione”, come principio generale dell’ordinamento contro gli squilibri fra contraenti, riconducendo il diritto di richiesta della nullità contrattuale proprio solo al consumatore, una nullità relativa non totale, cioè idonea a sostituire la clausola che rende possibile l’abuso. Il medesimo ragionamento può essere esteso anche alle intese in ambito del contratto “a valle”. I privati si trovano spesso per vari motivi in uno stato di soggezione di fronte alle imprese
Si rientra nell’alveo dei “contratti c.d. asimmetrici” ovvero quei contratti, quali ad esempio i contratti del consumatore, i contratti tra professionisti o i contratti tra imprese, in cui la parti oggetto dello schema contrattuale sono fisiologicamente asimmetriche per forza negoziale, possibilità informativa, economica o relazionale.
In particolare, l’asimmetria si atteggia in maniera differente a seconda della qualifica della parte contrattuale e, infatti, nel caso in cui il contraente debole sia il consumatore, l’asimmetria è di tipo prettamente informativo, all’opposto, nel caso in cui sia l’imprenditore ad essere la parte “debole” del rapporto contrattuale, l’asimmetria sarà di tipo prettamente economico, in quanto si farà riferimento alla posizione dello stesso nelle operazioni commerciali, ovvero alla mancanza di alternative che il mercato offre al soggetto per poter scegliere liberamente con chi e come negoziare.
Il consumatore – come suesposto – rientra nella categoria del contraente debole, ovvero del soggetto che riveste una posizione contrattuale intrinsecamente inferiore rispetto a quella della controparte che, all’opposto, ha di fatto il potere di regolare liberamente ed unilateralmente gli aspetti del contratto.
L’intervento comunitario più significativo, volto alla necessità di tutelare gli interessi di un soggetto considerato “debole” dal nostro ordinamento, in quanto impossibilitato ad influire sul contenuto contrattuale che lo vede coinvolto, è rappresentato dalla Direttiva 93/13/CE in materia di clausole abusive inserite nei contratti tra consumatore e professionista che ha portato all’introduzione, all’interno del nostro codice civile, di un apposito capo intitolato “Dei contratti del consumatore” ex artt. 1469-bis ss. c.c.
Nello specifico, i contratti del consumatore, trattandosi generalmente di contratti istantanei, muovono dalla qualificazione formale delle parti, e cioè dalla debolezza strutturale e presunta del consumatore; diversamente i contratti tra imprenditori, che il più delle volte sono contratti di durata, si imperniano su criteri e modalità volti ad accertare in concreto il carattere “debole” di una delle parti contrattuali.
Tanto premesso, non può che condividersi la ricostruzione – che si ritiene sarà fatta propria delle SS.UU. – per cui il cliente-consumatore è sicuramente legittimato a proporre le azioni previste dal comma secondo dell’art 33 della L. 287/1990, nonostante la sua estraneità all’intesa anticoncorrenziale. Nondimeno, ciò è desumibile sulla scorta di una interpretazione teleologica della menzionata norma. (c.d. ratio di tutela e di protezione), che è immanente in tutto il sistema delle disposizioni della L. Antitrust, assieme alla finalità di assicurare il libero gioco della concorrenza (8). Tale finalità, invero, devono considerarsi come due volti della stessa medaglia. Non può assicurarsi l’una senza promuovere la seconda. Sulla scorta di quanto suesposto, si ritiene che –verosimilmente – le Sezioni Unite affermeranno – anche sulla base di una lettura sistematica e combinata del codice civile e della L. Antitrust – il concorso tra la tutela risarcitoria e l’azione di nullità in capo al consumatore. Essa, pertanto, sarà ritenuta proponibile non soltanto nei confronti dell’intesa, ma anche nei confronti dei contratti c.d. a valle
Solo in tal modo – secondo l’opinione di chi scrive – potrà essere assicurata al fideiussore una tutela concreta e attuale, non già “fallace”.
Note bibliografiche
(1) SCODITTI E., La violazione delle regole di comportamento dell’intermediario finanziario e le sezioni unite, Foro it., 2008, I, 785 ss.; SCODITTI E., Regole di comportamento e regole di validità nei contratti su strumenti finanziari: la questione alle Sezioni unite, in Foro it., 2007, I, 2093 ss; SICCHIERO G., Nullità per inadempimento?, in Contr. e impr., 2006; ID., La tutela degli acquirenti d’immobili da costruire, 2005; SPENA A., L’inquadramento delle nullità previste dall’art. 127 del TUB, nella categoria della nullità relativa. Ricostruzione della disciplina, in Innovazione e Diritto 2/2015
(2) Cfr CASS. CIV., 26/9/ 2019, n. 24044, cit. In tal senso anche, APP. BRESCIA 29/1/2019, n. 161, in banca dati DeJure; TRIB. MANTOVA, 16/1/2019. Est. Bernardi, in http://www.ilcaso.it/; CASS. CIV. 26/9/2019, n. 24044, cit.; CASS. CIV, 11/6/2003, n. 9384, cit., 275 ss.; in tema CASS. CIV.,. 13/2/ 2009, n. 3640, in Foro it., 2010, I, 1901; CASS. CIV. 20/6/2011, n. 13486, in Foro it., 2011, I, 2674.
(3) Si vedano ex multis G. CALABRESE, Fideiussione omnibus “a valle”: illecito antitrust e nullità (parziale?), in Nuova giur. civ. comm., 2019, III, 522; F. RALL, Nullità fideiussioni redatte su schema abi. Cassazione Civile, Sentenza n 13846 del 22 Maggio 2019, in https://www.expartedebitoris.it/nullita-fideiussioni-redatte-su-schema-abicassazione-civile-sentenza-n-13846-del-22-maggio-2019/; V. PISAPIA, Fideiussione omnibus e normativa antitrust. Prime considerazioni su Cassazione, 22 maggio 2019, n. 13846, in http://www.dirittobancario.it.: A. SGANZERLA, La Cassazione ribadisce la nullità delle fideiussioni omnibus redatte su schema Abi, in www.diritto24.ilsole24ore.com
(4) A. GUCCIONE, Intese vietate e contratti individuali a valle: alcune considerazioni sulla invalidità derivata, in Giur. comm., 1999, II, 449. L’autore rileva che le clausole trasfuse nei contratti stipulati a valle “costituiscono una violazione del principio di libertà di concorrenza che, in linea di principio, si configura come una delle caratteristiche della libertà di iniziativa economica sancita dall’art. 41 Cost. In tal modo risulta violato il cosiddetto ordine pubblico economico e la clausola contrattuale è nulla per illiceità della causa ai sensi dell’art. 1343 cod. civ.”. Anche secondo L. DELLI PRISCOLI, La dichiarazione di nullità dell’intesa anticoncorrenziale da parte del giudice ordinario, in Giur. comm., 1999, II, 237, i downstream contracts sono “nulli, ex art. 1418, comma 2, c.c. per illiceità della causa perché conclusi in violazione della norma imperativa rappresentata dal comma 2 dell’art. 2 che vieta la fissazione concordata dei prezzi di vendita”. In tal senso già CASS. CIV., 1/2/1999, n. 827, in Danno resp., 2000, 1, 57 con nota di L. NIVARRA, “Interesse pubblico” e antitrust: qualche osservazione; in Giur. it., 1999, 1223 ss., con nota di B. LIBONATI, Intese orizzontali e aperture in tema di concorrenza e di mercato nella giurisprudenza della Cassazione; ivi, 2000, 939 ss., con nota di G. AFFERNI, Le intese restrittive della concorrenza anteriori alla legge antitrust: legge retroattiva o nullità speciale?
(5) LAGHEZZA P., Rilevabilità d’ufficio delle nullità del contratto: la svolta delle sezioni unite, in Danno e responsabilità, 3/2013; LA PORTA U., Limiti all’autonomia nei contratti di scambio, in Spontaneità del mercato e regole giuridiche, Atti del XXXIX Congresso nazionale del notariato, Milano, 2002; LA SPINA A., La nullità relativa degli accordi in materia di ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, in Rass. dir. civ., 2003; LENER G., Quale sorte per la caparra confirmatoria manifestamente eccessiva?, in Foro It., 2014, I, 2035 ss.; LENER R., La nuova disciplina delle clausole vessatorie nei contratti con i consumatori, in Foro It, 1996, V, 156.; LENER R., I valori mobiliari, in Tratt. dir. priv., Rescigno U. (diretto da), Torino, 1985, vol. 16, 708 ss; LENZI R., La tutela degli acquirenti di immobili da costruire, in Il diritto vivente nell’età dell’incertezza. Saggi sull’art. 28 ed il procedimento disciplinare riformato, a cura di S. Pagliantini, Giappichelli Editore, Torino 2012; LIPARI N., Il ruolo del notaio nella nuova realtà delle nullità contrattuali, in Spontaneità del mercato e regole giuridiche. Il ruolo del notaio, Atti del XXXIX Congresso nazionale del notariato, Milano 2002; LONGU T., Il divieto di abuso di dipendenza economica nei rapporti tra le imprese, in Riv. dir. civ., 2000, II; LUMINOSO A., Sulla predeterminazione legale del contenuto dei contratti di acquisto di immobili da costruire, in Riv. dir. civ., 2005, II; LUZI A., La nullità di protezione nei rapporti di consumo, in internet; MACARIO F., Il contenuto della garanzia fideiussoria ex D.Lgs. 122/2005 e le conseguenze della sua incompletezza ed erroneità, in Tutela dell’acquirente degli immobili da costruire: applicazione del D.Lgs. 122/2005 e prospettive, I quaderni della Fondazione Italiana del Notariato, 2006; ID., Norme in attuazione di direttive comunitarie, in Nuove leggi civ. comm., 1994; MALVAGNA U., Le Sezioni Unite e la nullità di protezione ex art. 127 TUB, in Rivista di Diritto bancario 2/2015; MANIGLIO G., Il diritto di prelazione ai sensi dell’art. 9 del d.lgs.122/2005, in Vita not., 2008, III, p. 1713 ss.; MANTOVANI M., Le nullità e il contratto nullo, in I rimedi, a cura di Gentili, vol. IV del Trattato del contratto diretto da Roppo, Milano 2006; MARTORANO F., Trasparenza e parità di trattamento nelle operazioni bancarie, in Banca, Borsa e tit. cred., 1991, I; MASSETANI G., Ingiustificate limitazioni alla rilevabilità d’ufficio della nullità del contratto, in Foro it., 1989, I; MAZZAMUTO S., L’inefficacia delle clausole abusive, in Europa e Diritto privato, 1998; MENGONI L., Problemi di integrazione della disciplina dei “contratti dei consumatori” nel sistema del codice civile, in Studi P. Rescigno, III.2, Milano, 1998.
(6) MORELLO U., Clausole vessatorie, clausole abusive: le linee di fondo di una nuova disciplina, in Not., 1996; MORELLI M.R., Materiali per una riflessione sull’applicazione diretta delle norme costituzionali da parte dei giudici, in Gius. Civ., 1999, 3 ss.; MORELLI M.R., La buona fede come limite all’autonomia negoziale e fonte di integrazione del contratto nel quadro dei congegni di conformazione delle situazioni soggettive alle esigenze di tutela degli interessi sottostanti, in Giust. civ., 1994, I, 2168 ss. MORERA U., Contratti bancari (disciplina generale), in Banca, borsa e tit. cred., 2008, I; MUSIO A. Violazione degli obblighi di informazione tra regole di validità e regole di correttezza, 2010, in internet; NARDI S., Nullità del contratto e potere-dovere del giudice, in Riv. dir. civ., 2012, II NUZZO M., I contratti del consumatore tra legislazione speciale e disciplina generale dei contratti, in Rass. dir. civ., 1998; ID., Art. 1469 quinquies, in Comm. al capo XIVbis del c.c.: dei contratti del consumatore, a cura di Bianca e Busnelli, Padova, 1999; ORESTANO A., L’inefficacia delle clausole vessatorie: contratti del consumatore e condizioni generali, in Riv. crit. dir. priv., 1996; ID., I contratti con i consumatori e le clausole abusive nella direttiva comunitaria: prime note, in Riv. crit. dir. priv., 1992; ID., Rilevabilità di ufficio della vessatorietà delle clausole, in Europa e diritto privato, 2000, 4; PACE T., La rilevabilità d’ufficio della nullità contrattuale. Nota a Cassazione civile, sezione seconda, ordinanza n. 16630 del 3 luglio 2013, in La Nuova Procedura Civile, 1, 2014; PAGLIANTINI S., La rilevabilità officiosa della nullità secondo il canone delle Sezioni Unite “Eppur si muove”?, in I contratti, 11/2012; ID., Autonomia privata e divieto di convalida del contratto nullo, Torino, 2007; ID., Rilevabilità officiosa e risolubilità degli effetti: la doppia motivazione della Cassazione … a mò di bussola per rivedere Itaca, in I contratti 2/2015; ID., Il valore dell’eccezione: glosse a margine dell’art. 1423 c.c., in Pagliantini, Quadri e Sinesio, Scritti in onore di Marco Comporti, Giuffrè editore, 2008; ID., Spigolando a margine di Cass. 26242 e 26243/2014: le nullità tra sanzione e protezione nel prisma delle prime precomprensioni interpretative, Persona e mercato 4/2014; ID., Sulle nullità. Itinerario di uno studio, Edizioni Scientifiche Italiane, 2020; ID., La vaghezza del principio di “non vincolativita” delle clausole vessatorie secondo la Corte di giustizia: ultimo atto?, in Persona e Mercato 3/2010; ID., L’integrazione del contratto tra Corte di Giustizia e nuova disciplina sui ritardi di pagamento: il segmentarsi dei rimedi, in Persona e Mercato 1/ 2013; ID., A proposito dell’ordinanza interlocutoria 21083/2012 e dintorni: rilievo d’ufficio della nullità all’ultimo atto?, in Corr. giur. 2013; ID., Nullità formali bancarie e restituzioni (a margine di una recente decisione dell’A.b.f.), in NGCC 2013, parte seconda; ID., Il restatement della Corte di Giustizia sull’integrazione del contratto del consumatore nel prisma armonizzato delle fonti, in NGCC 2015 parte prima; ID., Struttura e funzione dell’azione di nullità contrattuale, in Rivista di diritto civile, 2011, 6; PAGNI I., La riforma del processo civile: la dialettica tra il giudice e le parti ( e i loro difensori) nel nuovo processo di primo grado, in Corr. Giur. 2009; ID., Il sistema delle impugnative negoziali dopo le Sezioni Unite, in Giur. it., 2015;
(7) PASSAGNOLI G., Nullità speciali, Milano 1995; ID. Responsabilità notarile, nullità relativa e clausole vessatorie, in Riv. dir. priv., 2001; ID., Art. 1469 quinquies, commi 1°, 3° e 5° , in Materiali e commenti sul nuovo diritto dei contratti, a cura di Vettori, Padova, 1999; ID., Note critiche in tema di sanabilità e rinunziabilità delle nullità di protezione, in Persona e mercato, 2012; ID., Commento sub artt. 36-38, in Codice del Consumo, Commentario, a cura di G. Vettori, Cedam, 2007; PASSARELLA A. Rilevabilità d’ufficio della nullità del contratto, in I Contratti 1/2013; PATTI F.P., La determinazione convenzionale del danno. Clausole tipizzate e prassi del mercato. Autonomia privata e intervento del giudice, Napoli, 2015; PATTI F.P., Il controllo giudiziale della caparra confirmatoria, in Foro It., 2014, I, 382 ss. e in Riv. dir. civ., 2014, 685 ss.; PATTI G. – PATTI S., Responsabilità precontrattuale e contratti standard. Artt. 1337-1342 c.c., in Comm. cod. civ., Schlesinger P. (diretto da), 1993, Milano, 83; PATTI S., Diritto privato e codificazioni europee, Milano, 2007; PECCENINI F., Sub art. 1421 c.c. in Simulazione. Nullità. Annullabilità del contratto in Commentario del Codice Civile, Scialoja-Branca, a cura di Galgano, 1998; PERLINGIERI G., Atti dispositivi “nulli” e acquisto dell’eredità. Contributo allo studio della gestione conservativa, Napoli, 2002; ID., La convalida delle nullità di protezione e la sanatoria dei negozi giuridici, Edizioni Scientifiche Italiane, 2010; ID., Funzione notarile e clausole vessatorie, A margine dell’art. 28 l.16 febbraio 1913, n.89, in Rass.dir.civ., 2006, III; ID., Regole e comportamenti nella formazione del contratto. Una rilettura dell’art. 1337 del codice civile, Napoli, 2003; PERLINGIERI P., Forma dei negozi e formalismo degli interpreti, Edizioni Scientifiche Italiane, 1990
(8) BASSO R., La trasparenza delle condizioni contrattuali, in Il governo delle banche in Italia: commento al Testo Unico bancario e alla normativa collegata a cura di Razzante e Lacaita, Torino, 2006; BELISARIO A., Nullità dei contratti di commercializzazione a distanza dei servizi finanziari ai consumatori, Università Degli Studi Roma Tre, su http://dspaceroma3.caspur.it/handle/2307/4501; BELLELLI A., Art. 1469 quinquies 1° e 3° comma, in Le clausole vessatorie nei contratti con i consumatori, a cura di Alpa e S. Patti, I, Milano, 1997; BELVEDERE A., Nullità nel codice civile e nella legislazione speciale, in AA. VV., Abusivismo edilizio ed invalidità negoziale, Milano, 1994; BENEDETTI G., Tutela del consumatore e autonomia contrattuale, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1998; BERTOLO G., Squilibrio normativo e buona fede nei contratti dei consumatori, in Giur. comm., 2003, II; BIANCA C.M., Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 2000; BIANCHINI M., Art. 1469 quinquies ( Inefficacia ), in La nuova disciplina delle clausole vessatorie nel codice civile, a cura di Barenghi, Napoli, 1996; BIGLIAZZI GERI L., Commento sub art. 1469-bis, comma 1, in Bianca – Busnelli (a cura di), Comm. al capo XIV-bis del codice civile: dei contratti del consumatore, in Nuove leggi civ. comm., 1997; BILÒ G., Rilevabilità d’ufficio e potere di convalida nelle nullità di protezione del consumatore, in Rivista trimestrale di diritto e procedura civile, 2011, 2; BIN M., Clausole vessatorie: una svolta storica (ma si attuano così le direttive comunitarie?), in Contr. Impr. Eur., 1996, II; BIVONA E., Rilevabilità d’ufficio della nullità tra regole sul contratto e regole sul processo, in I contratti 8/9 del 2016; BONFIGLIO G., La rilevabilità d’ufficio della nullità di protezione, in Riv. dir. priv., 2004; BONTEMPI, P., Manuale di Diritto Bancario e Finanziario, Giuffrè, ed 2019; BRUNO, G., FAUCELIA, D., Schemi e concetti di diritto privato, Universitalia, 2016; BUSNELLI F.D., Una possibile traccia per una analisi sistematica della disciplina delle clausole abusive, in Comm. al capo XIV bis del c.c.: dei contratti del consumatore, a cura di Bianca e Busnelli, Padova, 1999; CALVO R., Il Codice del consumo tra consolidazione di leggi e autonomia privata, in Contr. Impr. Eur., 2006; CALZOLAIO E., Il valore di precedente delle sentenze della Corte di giustizia, in Riv. crit. dir. priv., 2009; CAMARDI C., Contratti di consumo e contratti tra imprese. Riflessioni sull’autonomia contrattuale nei rapporti di scambio e nei rapporti «reticolari», in Riv. crit. dir. priv., 2005; CAMARDI C., Tecniche di controllo dell’autonomia contrattuale nella prospettiva del diritto europeo, in Eur. dir. priv., 2008; CAPOBIANCO E., La protezione del consumatore tra obiettivi di razionalizzazione normativa e costruzione del sistema nell’esperienza del codice del consumo, in Vita not., 2008; CAPRIGLIONE, F., Manuale di Diritto Bancario e Finanziario, CEDAM, ed 2019 CARBONE V., Risoluzione del contratto e rilevabilità d’ufficio della nullità, in Corriere Giuridico, 2012; CARIOTA FERRARA P., Il negozio giuridico nel diritto privato italiano, Napoli, s.d.; CARRABBA A.A., Tutela degli acquirenti di immobili da costruire e tutela dei consumatori: il divieto di cui all’art. 8 del D. Lgs. 20 giugno 2005, n.122, in Notariato 2006, IV; CARRESI F., Il contratto, Giuffrè Editore, 1987; CASARANO F., La garanzia fideiussoria, Atti del Convegno Paradigma, Milano, 14 aprile 2005; CHIARLONI S., Sulla rilevabilità in sede di gravame della nullità ex art. 101, 2° comma, c.p.c., in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2011, suppl. al n. 1; CHIRICO P., Art. 1469 quinquies, in Clausole vessatorie e contratto del consumatore, a cura di Cesaro, I, Padova, 2001
Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
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Giuseppe Maria Marsico
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