I decreti “Cura Italia” (DL n. 18/2020) e “Liquidità” (DL n.23/ 2020) nel contesto delle Comunicazioni della Commissione Europea
Sommario: Introduzione – 1. Le tipologie di aiuti erogabili dagli Stati membri in base al Quadro Temporaneo sugli Aiuti di Stato – 2. La misure introdotte dal decreto “cura Italia” (D.L. 18/2020) – 3. Le agevolazioni finanziarie previste nel “Decreto Liquidità” (D.L. 23/ 2020): rafforzamento delle garanzie pubbliche per l’accesso al credito – 3.1. La concessione di garanzie da parte del Fondo Centrale di Garanzia – 3.2. La concessioni di garanzie da parte della SACE – 3.3. Altre rilevanti misure introdotte dal “Decreto Liquidità” – 4. La sospensione dei versamenti fiscali e contributivi – 5. Confronto fra le misure introdotte con i decreti “cura Italia” e “liquidità” e le misure consentite dal Quadro Temporaneo sugli aiuti di Stato – 6. Considerazioni conclusive
Introduzione
Alla luce delle inevitabili difficoltà per le strutture produttive derivanti dai provvedimenti restrittivi introdotti per limitare la diffusione dell’ epidemia da Covid-19, la Commissione Europea ha emesso, in data 19 marzo 2020, una prima Comunicazione, la C(2020)1863, su un “Quadro Temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’ economia nell’ attuale emergenza del COVID-19″ (di seguito: Quadro Temporaneo), basato sull’ Art. 107, paragrafo 3, let. b), del Trattato sul Funzionamento dell’ Unione Europea (TFUE), in ragione del quale possono considerarsi compatibili con il mercato interno gli aiuti destinati a “porre rimedio a un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro”. Questa Comunicazione è stata seguita, in data 3 aprile 2020. da una seconda Comunicazione, la C(2020)2215, recante “Modifica del quadro temporaneo per le misure di aiuti di Stato a sostegno dell’ economia nell’ attuale emergenza del COVID-19“. Le due Comunicazioni indicano una serie di misure che la Commissione Europea può considerare compatibili con l’ Art. 107, paragrafo 3, let. b), del TFUE, e definisce le condizioni di compatibilità che la Commissione applicherà. Come specificato nella prima Comunicazione, “Considerando che l’epidemia di COVID-19 interessa tutti gli Stati membri e che le misure di contenimento adottate dagli Stati membri hanno un impatto sulle imprese, la Commissione ritiene che un aiuto di Stato sia giustificato e possa essere dichiarato compatibile con il mercato interno ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), del TFUE, per un periodo limitato, per ovviare alla carenza di liquidità delle imprese e garantire che le perturbazioni causate dall’epidemia di COVID-19 non ne compromettano la redditività, in particolare per quanto riguarda le PMI”, richiedendo dunque gli Stati membri di “dimostrare che le misure di aiuto di Stato notificate alla Commissione in applicazione della presente comunicazione sono necessarie, adeguate e proporzionate per porre rimedio a un grave turbamento dell’economia dello Stato membro interessato e che sono pienamente rispettate tutte le condizioni della presente comunicazione.” La prima Comunicazione indica cinque tipologie di aiuti fiscali e finanziari, alla quali la seconda Comunicazione aggiunge ulteriori forme. La Commissione richiama, nella C(2000)1863, le opzioni già preesistenti – come i regimi di aiuti per fronteggiare necessità acute di liquidità e sostenere le imprese in difficoltà finanziarie, anche dovute od aggravate dall’ epidemia, che gli Stati, come specificato negli orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione, possono notificare alla Commissione ex Art. 107, paragrafo 3, let. c), e la possibilità di indennizzare anche le imprese di settori particolarmente colpiti dall’epidemia (ad es., il settore dei trasporti, del turismo, della cultura, dell’accoglienza e del commercio al dettaglio) o gli organizzatori di eventi annullati per i danni subiti e direttamente causati dall’epidemia, in base all’ Art. 107, paragrafo 2, let. b) – e, con tale premessa, sottolinea che le misure indicate nello stesso Quadro Temporaneo sono finalizzate ad integrare le pre-esistenti possibilità.
Con specifico riferimento alle agevolazioni per le imprese, la gamma di possibili interventi contemplati dal Quadro Temporaneo ed il relativo obiettivo come indicato nella prima Comunicazione della Commissione, se confrontati con le disposizioni adottate in Italia tramite il D.L.18/2020 ed il successivo D.L. 23/2020, sembrano fornire indicazioni circa la misura in cui le possibilità riconosciute siano state completamente utilizzate o, viceversa, sotto-utilizzate. Al momento della stesura del presente contributo, la Commissione ha approvato anche le misure previste dal D.L. 23/2020.
1. Le tipologie di aiuti erogabili dagli Stati membri in base al Quadro Temporaneo sugli Aiuti di Stato
ll Quadro Temporaneo adottato dalla Commissione Europea, con la Comunicazione C(2020) 1863 del 19.03.2020, prevede che gli Stati membri possano concedere cinque tipi di aiuti: sovvenzioni dirette, agevolazioni fiscali selettive e acconti: contributi a fondo perduto fino ad a 800 000 €, od agevolazioni fiscali selettive od anticipi, ad ogni singola impresa che debba fronteggiare urgenti esigenze in materia di liquidità; garanzie di Stato per prestiti bancari contratti dalle imprese, al fine di permettere alle banche di continuare a erogare prestiti ai clienti commerciali che ne abbiano necessità, in modo da aiutare le imprese a sopperire al fabbisogno immediato di capitale di esercizio e per gli investimenti; aiuti in forma di tassi di interessi agevolati su prestiti, che risultino in prestiti con tassi di interesse favorevoli alle imprese, finalizzati ad aiutare le aiutare le imprese a coprire il fabbisogno immediato di capitale di esercizio e per gli investimenti; garanzie per le banche che veicolano gli aiuti di Stato all’economia reale, riguardo alle quali il Quadro chiarisce che tali garanzie sono considerati aiuti diretti a favore dei clienti delle banche e non delle banche stesse, e fornisce orientamenti per ridurre al minimo la distorsione della concorrenza tra le banche; assicurazione del credito all’esportazione a breve termine: il Quadro introduce un’ulteriore flessibilità riguardante il modo in cui dimostrare che alcuni paesi costituiscono rischi non assicurabili sul mercato, permettendo così agli Stati membri di offrire, ove necessario, una copertura assicurativa dei crediti all’esportazione a breve termine verso tali paesi.
Questa gamma di possibili interventi è stata ulteriormente ampliata dalla Comunicazione C(2020) 2215 del 3 aprile 2020 tramite l’ indicazione di cinque ulteriori categorie di aiuti consentiti: a) aiuti per attività di ricerca e sviluppo in materia di Covid-19, consistenti in sovvenzioni dirette, anticipi rimborsabili o agevolazioni fiscali per attività di ricerca e sviluppo in materia di coronavirus e di terapie antivirali, ed in un sostegno supplementare a progetti transfrontalieri di cooperazione tra Stati membri; b) aiuti agli investimenti per le strutture di prova e upscaling, consistenti in contributi a fondo perduto, agevolazioni fiscali o anticipi rimborsabili e garanzie a copertura di perdite per sostenere investimenti, che consentano di costruire o ammodernare le infrastrutture necessarie per elaborare e testare prodotti (medicinali, vaccini e trattamenti; dispositivi e attrezzature mediche compresi i ventilatori meccanici, gli indumenti e i dispositivi di protezione e gli strumenti diagnostici, disinfettanti, strumenti per la raccolta e il trattamento dei dati utili per combattere la diffusione del virus) utilizzabili per fronteggiare la pandemia fino alla prima applicazione industriale; al fine di incoraggiare la cooperazione e sostenere la rapidità d’azione, le imprese potrebbero beneficiare di un sostegno supplementare se in esse investissero più Stati membri e se l’investimento venisse concluso entro due mesi dalla concessione dell’aiuto; c) aiuti agli investimenti per la produzione di prodotti connessi al Covid-19: consistente in sovvenzioni dirette, agevolazioni fiscali, anticipi rimborsabili e garanzie a copertura di perdite per sostenere investimenti che consentano di produrre rapidamente prodotti connessi al coronavirus (cioè medicinali e trattamenti, dispositivi ed attrezzature mediche, etc..); anche questi aiuti, al medesimo fine di incoraggiare la cooperazione e sostenere la rapidità d’azione, possono comprendere un sostegno supplementare per imprese in cui investano più Stati membri e che effettuino investimenti entro due mesi dalla concessione dell’aiuto; d) aiuti sotto forma di differimento del pagamento delle imposte e/o di sospensione del versamento dei contributi previdenziali, per i settori, le regioni od i tipi di imprese particolarmente colpite, al fine di ridurre ulteriormente i vincoli di liquidità cui devono far fronte le imprese a causa della crisi e di preservare l’occupazione, con la specificazione che, nel caso assuma portata generale e non favorisca talune imprese o la produzione di determinati beni, tale differimento non rientra nel concetto di aiuto di Stato; e) aiuti sotto forma di sovvenzioni per il pagamento dei salari ai dipendenti per evitare i licenziamenti durante la pandemia, consistenti in contributi da parte degli Stati membri ai costi salariali delle imprese (inclusi i lavoratori autonomi) che, a causa della pandemia, sarebbero altrimenti costretti a licenziare personale, con la specificazione, anche per tale forma di interventi, che essi comportano aiuti dii stato solamente se limitati a determinate regioni, settori o tipi di imprese.
La C(2020) 2215, emendando le originarie previsioni della C(2020)1863 in materia di cumulabilità fra diverse tipologie di aiuti ed ampliando anche le tipologie originariamente previste, indica due ulteriori aspetti di importanza generale. In primo luogo, tutti gli aiuti possono essere cumulati gli uni con gli altri, ad eccezione degli aiuti concessi in forma di garanzie ed in forma di tassi di interesse agevolati – se l’aiuto è concesso per lo stesso prestito sottostante e se l’importo complessivo del prestito per impresa supera determinate soglie stabilite in termini di spesa salariale annuale, del 25% del fatturato e del previsto fabbisogno di liquidità come risultante da autodichiarazione del beneficiario – e ad eccezione degli aiuti per la ricerca e sviluppo in materia di Covid, degli aiuti agli investimenti per le strutture di prova e upscaling, e degli aiuti agli investimenti per la produzione di prodotti connessi al Covid se l’aiuti riguardi gli stessi costi ammissibili. In secondo luogo, l’ importo complessivo dell’ aiuto, fino ad un massimo di € 800.00, può essere concesso sotto forma di sovvenzioni dirette, agevolazioni fiscali, agevolazioni di pagamento o altre forme quali anticipi rimborsabili, garanzie, prestiti e partecipazioni, a condizione che il valore nominale totale rimanga inferiore al massimale di € 800.000 per impresa.
Al riguardo, la Commissione sottolinea, a titolo esemplificativo, che la modifica consente agli Stati membri, fino al valore di 800. 000 € per ogni singola impresa, di concedere prestiti a tasso zero, di accordare garanzie su prestiti che coprono il 100 % del rischio, o di fornire capitale (sovvenzioni), anche in combinazione con gli aiuti in regime degli aiuti c.d. “de minimis” (cioè degli aiuti di ammontare non superiore a 200.000 € nell’arco di un triennio, elevando in questo caso l’aiuto per impresa a 1.000.000 €) e con altri tipi di aiuti. Tale possibilità dovrebbe risultare particolarmente utile per fronteggiare in modo molto veloce il fabbisogno urgente di liquidità delle piccole e medie imprese.
Complessivamente, il Quadro Temporaneo adottato per gli aiuti di Stato – che utilizza la flessibilità consentita dall’ Art. 107, 3 comma, let. b) del TFUE sulla constatazione di un grave turbamento dell’ economia dell’ intera UE – applicabile fino al 31 dicembre 2020, offre dunque molteplici possibilità rivolte da un lato a tutte le imprese che fronteggino problematiche di liquidità nella gestione corrente, dall’altro lato (ed indipendentemente dalla situazione di liquidità) ad imprese attive nello specifico settore sanitario. Nell’ ambito delle possibilità riconosciute ai singoli Stati, la concessione di contributi a fondo perduto fino al valore nominale di 800.000 € per fronteggiare carenze di liquidità costituirebbe, evidentemente, la più attrattiva opzione nell’ ottica delle imprese.
Anche per le imprese di determinati settori – agricoltura, pesca, acquacoltura – normalmente oggetto di specifiche limitazioni agli aiuti di Stato, il Quadro Temporaneo specifica massimali di aiuto erogabili per agevolare il superamento della fase emergenziale.
2. La misure introdotte dal decreto “cura Italia” (D.L. 18/2020)
Il D.L. 18/2020, in fase di conversione al momento della stesura del presente contributo, prevede, con specifico riferimento alle imprese: a) l’ autorizzazione al Commissario straordinario per l’emergenza epidemiologica, previsto dall’ Art. 122 del medesimo decreto, ad erogare contributi a fondo perduto ed in conto gestione, e finanziamenti agevolati, a favore delle imprese produttrici di dispositivi medici e dispositivi di protezione individuale, avvalendosi di INVITALIA quale soggetto gestore della misura (art. 5); tale regime, coerente con le prime tre tipologie aggiuntive di aiuti indicate nella Comunicazione C(2020)2215 e tempestivamente approvato dalla Commissione Europea, consente di fruire del sostegno finanziario ad imprese che istituiscano nuovi impianti per la produzione di dispositivi medici o di protezione individuale, o ampliano la produzione delle strutture esistenti atte a produrre tali dispositivi, o convertono la loro linea di produzione per offrire i dispositivi stessi, cedendo in ogni caso i prodotti ai prezzi di mercato applicati a dicembre 2019 (al fine di prevenire rialzi nei prezzi); b) una estensione dell’ intervento della Cassa Integrazione Guadagni (Art. 19) a favore dei datori di lavoro che sospendono o riducono l’attività per eventi riconducibili all’ emergenza epidemiologica, misura completamente in linea con l’ obiettivo della forma di intervento, consistente in sovvenzioni per il pagamento dei salari ai dipendenti per evitare licenziamenti, prevista dalla Comunicazione C(2020)2215; c)il potenziamento e l’estensione dell’intervento del Fondo di Garanzia per le PMI, con interventi temporanei, in deroga alla disciplina ordinaria, tramite una disposizione (art. 49) in seguito sostituita dal decreto n. 23/2020; d) la concessione alle PMI ed alle micro imprese di una generale moratoria sui prestiti, consistente in una sospensione, fino al 30 settembre 2020, del pagamento delle rate dei mutui e sul mantenimento di fidi o altre forme di finanziamento bancario (art. 56); e) la concessione della garanzia statale sulle esposizioni assunte da Cassa Depositi e Prestiti in favore delle banche, e degli altri soggetti autorizzati all’esercizio del credito, che erogano ogni forma di finanziamenti alle imprese che hanno sofferto una riduzione del fatturato a causa dell’ emergenza sanitaria, fino ad un massimo dell’80% dell’esposizione assunta (art. 57); f) l’ incentivazione alla cessione, entro il 31 dicembre 2020. di crediti deteriorati, tramite la trasformazione in credito di imposta delle attività per imposte anticipate riferite a perdite fiscali non ancora computate in diminuzione del reddito imponibile ai sensi dell’ Art. 84 del TUIR (D.P.R.) 22 dicembre 1986, n. 917, ed all’ importo del rendimento nozionale eccedente il reddito complessivo netto di cui all’ Art. 1, comma 4, del D.L. 201/2011, convertito dalla L. n. 214/2011, non ancora dedotto né fruito tramite credito d’imposta alla data della cessione; g) il sostegno all’ internazionalizzazione in settori danneggiati dall’ emergenza sanitaria, tramite l’ autorizzazione al MEF al rilascio della garanzia dello Stato in favore di SACE Spa per operazioni nel settore crocieristico deliberate da SACE Spa entro la data di entrata in vigore del medesimo decreto n. 18/2020, fino all’importo massimo di 2,6 miliardi di euro (art. 53); h) una seconda forma di supporto all’ internazionalizzazione, tramite la sospensione fino a dodici mesi del pagamento della quota capitale e degli interessi delle rate in scadenza nel corso del 2020, per i finanziamenti a tasso agevolato concessi a favore delle imprese italiane che operano sui mercati esteri (art. 58); i) un ulteriore intervento di sostegno all’ internazionalizzazione, tramite l’ istituzione di un nuovo Fondo per la promozione integrata verso i mercati esteri, con una dotazione iniziale di 150 milioni di euro per l’anno 2020, finalizzato all’adozione di misure di comunicazione, di potenziamento delle attività di promozione del Made in Italy, di cofinanziamento di iniziative di promozione dei mercati esteri realizzate da altre pubbliche amministrazioni mediante apposite convenzioni e di cofinanziamento a fondo perduto, fino al 50% dei finanziamenti a tasso agevolato concessi alle imprese esportatrici a fronte di programmi di penetrazione commerciale in Paesi extra-UE, ai sensi dell’ Art. 2 del D.L. 251/1981 convertito nella Legge 394/1981 (art. 72, co. 1); l) agevolazioni specifiche per determinati settori (Art. 78, agricoltura e pesca; Art. 79, trasporto aereo) e sospensione dei versamenti delle ritenute, dei contributi previdenziali ed assistenziali e dei premi per assicurazione obbligatoria anche per i soggetti operanti in determinati settori (sportivo, culturale, della ristorazione ed altri specificamente indicati all’ Art. 61).
Questo primo decreto diretto a riconoscere agevolazioni di carattere generalizzato con validità estesa all’ intero territorio nazionale prevede in sostanza – con l’ eccezione delle accresciute possibilità di accesso alla Cassa Integrazione e degli aiuti per le imprese produttrici di dispositivi di protezione e degli aiuti per le imprese esportatrici in Paesi extra-UE – il sostegno alla liquidità principalmente in forma di concessione di garanzie pubbliche per l’accesso al credito e di riduzione od annullamento degli esborsi, forme entrambe ampliate dal successivo D.L. 23/2020.
3. Le agevolazioni finanziarie previste nel “Decreto Liquidità” (D.L. 23/ 2020): rafforzamento delle garanzie pubbliche per l’accesso al credito
Gli interventi di carattere finanziario previsti nel D.L. 23/2020 consistono in garanzie pubbliche, che reiterano interventi già previsti dal D.L. 18/2020 (“cura Italia”), finalizzate a facilitare la concessione di finanziamenti – da parte di banche e di altri intermediari abilitati all’esercizio del credito – a favore delle imprese e degli esercenti arti e professioni. Specificamente, vengono previste garanzie pubbliche da parte del Fondo Centrale di Garanzia per le PMI e da parte della SACE Spa, con carattere temporaneo limitato al 31.12.2020.
3.1. La concessione di garanzie da parte del Fondo Centrale di Garanzia
Gli interventi del Fondo Centrale di Garanzia sono disciplinati dall’ Art. 13 del D.L. 23/2020, che abroga l’ Art. 49 del D.L. 18/ 2020 riproponendo interventi già introdotti da tale ultima disposizione, ma ampliandone la portata. L’ Art. 13 del D.L. 23/2020 stabilisce norme derogatorie alla ordinaria disciplina del Fondo Centrale di Garanzia per le PMI (dettata dall’ Art. 2, comma 100, lett. a) della Legge 662/1996), destinate a restare in vigore fino al 31 dicembre 2020, in base alle quali la garanzia del Fondo viene concessa a titolo gratuito e vengono ampliati da un lato gli importi massimi garantiti, dall’altro il novero dei beneficiari. Vengono ammesse a garanzia le imprese con un numero di dipendenti non superiore a 499 e, riguardo agli importi garantiti, l’ammontare massimo per ciascuna impresa viene elevato da 2.500.000 € a 5.000.000 €, ma la percentuale di garanzia varia in base all’ importo totale del prestito concesso.
Nel caso di prestiti fino a 25.000 € – richiedibili da ogni operatore indipendentemente dalle dimensioni – che devono prevedere l’ inizio del rimborso del capitale dopo almeno 24 mesi dall’ erogazione ed una durata fino a 72 mesi (6 anni), la garanzia pubblica, tramite il Fondo di Garanzia per le PMI, copre il 100% dell’ importo del prestito, viene concessa automaticamente e senza valutazione del merito a imprese od esercenti arti e professioni che autocertifichino di aver avuto la propria attività danneggiata dall’ emergenza Covid-19. Con riferimento a tali prestiti, sono inoltre previsti un un tasso di interesse (garanzia diretta) o un premio complessivo di garanzia (riassicurazione) destinati a tenere conto della copertura dei soli costi di istruttoria e di gestione dell’operazione finanziaria, e, comunque, non superiori al tasso di Rendistato con durata residua da 4 anni e 7 mesi a 6 anni e 6 mesi, maggiorato della differenza tra il “Credit Default Swap” (CDS) Banche a 5 anni e il CDS ITA a 5 anni, maggiorato dello 0,20%.
Circa i prestiti per importi superiori, la percentuale di garanzia pubblica viene graduata in base all’ importo del finanziamento ed alla dimensione dei richiedenti in termini di ricavi.
A norma dell’ Art. 13, comma 1, let. c) del D.L. 23/2020 la garanzia viene concessa al 90% per i prestiti, con durata fino a 72 mesi, richiesti da soggetti di ogni dimensione, per un importo non superiore al maggiore fra tre parametri, dati dal 25% del fatturato del beneficiario nel 2019, dal doppio della spesa salariale annua del beneficiario nel 2019 (compresi gli oneri sociali e il costo del personale che lavora nel sito dell’impresa, ma che figura formalmente nel libro paga dei subcontraenti) e dal fabbisogno (da attestare mediante apposita autocertificazione resa dal beneficiario, ai sensi del DPR 445/2000) per costi del capitale di esercizio e per costi di investimento nei successivi 18 mesi, o nei successivi 12 per le imprese con numero di dipendenti compreso tra 250 e 499.
Questa garanzia del 90% del prestito, ai sensi dell’ Art. 13, comma 1, let. n), può essere, per beneficiari con un ammontare di ricavi non superiore a 3.200.000 €, cumulata per il restante 10% con una ulteriore garanzia concessa da Confidi o da altri soggetti abilitati al rilascio di garanzie, fino a copertura (congiunta fra le due garanzie) del 100% del finanziamento richiesto, per prestiti comunque di importo non superiore al 25% dei ricavi del beneficiario, cioè non di ammontare non eccedente 800.000 €, l’ammontare indicato dalla Commissione Europea nel Quadro Temporaneo.
Vengono, infine, ammesse alla garanzia del Fondo, nella misura dell’80% per le garanzie dirette e del 90% per le garanzie di riassicurazione (a condizione che le sottostanti garanzie dirette non superino la percentuale massima dell’80%), le operazioni di finanziamento finalizzate alla rinegoziazione del debito del soggetto beneficiario, a condizione che il nuovo finanziamento preveda l’erogazione, al medesimo soggetto, di credito aggiuntivo in misura pari ad almeno il 10% dell’ importo del debito accordato, ancora in essere, per il finanziamento oggetto di rinegoziazione.
Circa il profilo soggettivo delle imprese richiedenti, ai sensi dell’ Art. 13, comma 1, let. g) del D.L. 23/2020 la garanzia è concessa anche a beneficiari finali che, alla data della richiesta di garanzia, presentano esposizioni classificate (ai sensi della Circolare della Banca d’ Italia n. 272 del 30 luglio 2008, paragrafo 2, parte B) quali “scadute o sconfinati deteriorate” o “inadempienze probabili” nei confronti dell’ istituto di credito finanziatore, a condizione che tale classificazione non sia precedente al 31 gennaio 2020, ed alle imprese che, in data successiva al 31 dicembre 2019, siano state ammesse alla procedura di concordato preventivo con continuità aziendale ex Art. 186-bis del R.D. 267/1942 (Legge Fallimentare), abbiano stipulato un accordo di ristrutturazione dei debiti ex Art. 182-bis dello stesso R.D. 267/1942 o abbiano presentato un piano attestato ex Art. 67 della stessa legge fallimentare, alla triplice condizione che, alla data di entrata in vigore del D.L. 23/2020, le loro esposizioni non siano più classificabili come esposizioni deteriorate, non presentino più importi arretrati successivi alle misure di concessione e l’ istituto di credito possa ragionevolmente presumere il rimborso integrale dell’ esposizione alla scadenza sulla base dell’ analisi della situazione finanziaria del debitore. Queste disposizioni dell’ Art. 13, let. g) del D.L. 23/2020 mirano, evidentemente, a massimizzare la gamma di beneficiari della garanzia del Fondo senza includere tuttavia le “imprese in difficoltà” alla data del 31 Dicembre 2019, destinate a non entrare nel novero dei beneficiari degli aiuti alla luce del Quadro Temporaneo, ma l’efficacia delle disposizioni nel raggiungimento di tale obiettivo può suscitare dubbi, come di seguito indicato nel paragrafo 6.
Le indicate condizioni di intervento del Fondo Centrale di Garanzia per le PMI richiedono, in ogni caso, che il beneficiario contragga un prestito ulteriore rispetto all’ indebitamento già in essere. Nei casi di di garanzia pubblica inferiore al 100%, gli istituti di credito riceventi la richiesta devono comunque effettuare la valutazione del merito creditizio del richiedente, al fine della decisione circa la concessione della totalità del finanziamento.
Nell’ ottica degli intermediari finanziari concedenti i prestiti, l’ Art. 13, comma 2, del D.L.23/2020 introduce specifiche misure riguardante le garanzie sui propri portafogli di finanziamenti. In dettaglio, per le garanzie su portafogli di finanziamenti, anche senza piano d’ammortamento, costituiti per almeno il 20% da imprese aventi, alla data di inclusione dell’operazione nel portafoglio, un Rating non superiore alla classe “BB” della scala di valutazione dell’ Agenzia Standard & Poor’s, sono applicate le seguenti misure fino al 31 dicembre 2020: – l’ammontare massimo dei portafogli di finanziamenti viene innalzato ad € 500 milioni; – i finanziamenti con le caratteristiche di durata (fino a 72 mesi) e di importo indicate dal’ Art. 13, comma 1, let. c) richieste per la garanzia pubblica al 90% possono essere deliberati, perfezionati ed erogati dal finanziatore prima della richiesta di garanzia sul portafoglio di finanziamenti, ma comunque in data successiva al 31 gennaio 2020; – i soggetti beneficiari sono ammessi senza la valutazione del merito di credito da parte del Gestore del Fondo; – il punto di stacco e lo spessore della “tranche junior” del portafoglio di finanziamenti sono determinati utilizzando la probabilità di default calcolata dal richiedente tramite i propri modelli interni; – la garanzia viene concessa a copertura di una quota non superiore al 90% della tranche junior del portafoglio di finanziamenti; – la quota della tranche junior coperta dal Fondo non può superare il 15% dell’ammontare del portafoglio di finanziamenti, o il 18%, nel caso in cui il portafoglio abbia ad oggetto finanziamenti concessi a fronte della realizzazione di progetti di ricerca, sviluppo e innovazione e/o di programmi di investimenti; – in relazione ai singoli finanziamenti inclusi nel portafoglio garantito, il Fondo copre il 90% della perdita registrata sul singolo finanziamento.
Anche queste misure riguardanti le garanzie, se considerate congiuntamente al divieto di accesso agli aiuti per le imprese in difficoltà al 31 dicembre 2019, possono evidenziare criticità (v. paragrafo 6).
3.2. La concessioni di garanzie da parte della SACE
La SACE spa, ai sensi dell’ Art. 1 del D.L. 23/2020, può prestare garanzie per finanziamenti sotto ogni forma sia alle grandi imprese che alle PMI, inclusi i lavoratori autonomi ed i liberi professionisti titolari di partita IVA, soltanto dopo la piena utilizzazione, da parte degli interessati, della propria capacità di accesso al Fondo Centrale di Garanzia. Ciò suppone che gli interessati dovrebbero in primo luogo cercare l’ accesso al Fondo Centrale di Garanzia e, soltanto qualora abbiano già fruito dell’ intervento del Fondo Centrale di Garanzia, richiedere la garanzia della SACE. La garanzia rilasciata da SACE spa non è gratuita (l’ Art. 1, co. 2 lett. e) stabilisce l’entità delle commissioni annuali), e risulta soggetta ad una triplice condizione: a) l’ impresa non rientrava, al 31 dicembre 2019, tra le “imprese in difficoltà” ai sensi del Regolamento UE 651/2014 (cioè del Regolamento che identifica le categorie di aiuti di Stato compatibili con il mercato interno in applicazione degli Articoli 107 e 108 del TFUE); b) il finanziamento deve essere di durata non superiore a 6 anni, con la possibilità per il beneficiario di avvalersi di un pre-ammortamento di durata fino a 24 mesi; c) lo stesso finanziamento non deve superare l’ importo maggiore tra due cifre: il 25% del fatturato del beneficiario nel 2019, come risultante dal bilancio o dalla dichiarazione fiscale, ed il doppio della spesa salariale annua del beneficiario nel 2019, come risultanti dal bilancio ovvero da dati certificati se l’impresa non ha approvato il bilancio. La garanzia copre una percentuale del finanziamento inversamente proporzionale alle dimensioni dell’ impresa richiedente: il 90%, per le imprese con meno di 5.000 dipendenti in Italia e valore del fatturato fino a 1,5 miliardi di euro; l’80%, per le imprese con più di 5.000 dipendenti in Italia e valore del fatturato tra 1,5 e 5 miliardi di euro; il 70%, per le imprese con valore del fatturato superiore a 5 miliardi di euro. La condizione soggettiva riguardante l’ impresa richiedente quale impresa non in difficoltà alla data del 31 dicembre 2019, dunque precedentemente all’ emergenza epidemiologica – che risponde evidentemente alla ratio di destinare l’ intervento alle imprese che si siano venute a trovare in difficoltà a causa della stessa emergenza sanitaria – determina l’ esclusione dalla garanzia delle imprese che, al 31 dicembre 2019, dovevano già essere considerate in difficoltà ai sensi del Regolamento 651/2014.
Quest’ ultimo, all’ Art. 2, 1 comma, n. 18), definisce una impresa quale impresa in difficoltà – anche mediante un rinvio alla Direttiva n. 2013/34/UE sui bilanci di esercizio, sui bilanci consolidati e su specifiche relazioni – al verificarsi di almeno una delle seguenti circostanze: a) nel caso di società di capitali (diverse dalle PMI costituitesi da meno di tre anni o, ai fini dell’ammissibilità a beneficiare di aiuti al finanziamento del rischio, dalle PMI nei sette anni dalla prima vendita commerciale ammissibili a beneficiare di investimenti per il finanziamento del rischio a seguito della due diligence da parte dell’intermediario finanziario selezionato), qualora abbiano perso più della metà del capitale sociale sottoscritto a causa di perdite cumulate, circostanza che si materializza quando la deduzione delle perdite cumulate dalle riserve (e da tutte le altre voci generalmente considerate come parte dei fondi propri della società) dà luogo a un importo cumulativo negativo superiore alla metà del capitale sociale sottoscritto; b) nel caso di società di persone (diverse dalle PMI costituitesi da meno di tre anni o, ai fini dell’ammissibilità a beneficiare di aiuti al finanziamento del rischio, dalle PMI nei sette anni dalla prima vendita commerciale ammissibili a beneficiare di investimenti per il finanziamento del rischio a seguito della due diligence da parte dell’intermediario finanziario selezionato), qualora abbia perso più della metà dei fondi propri, quali indicati nei conti della società, a causa di perdite cumulate; c) l’impresa in procedura concorsuale per insolvenza od impresa che soddisfi le condizioni previste dal diritto nazionale per l’apertura nei suoi confronti di una tale procedura su richiesta dei suoi creditori; d) l’impresa abbia che ricevuto un aiuto per il salvataggio e non abbia ancora rimborsato il prestito o revocato la garanzia, o abbia ricevuto un aiuto per la ristrutturazione e sia ancora soggetta a un piano di ristrutturazione; e) nel caso di un’impresa diversa da una PMI, qualora, negli ultimi due anni: 1) il rapporto debito/patrimonio netto contabile dell’impresa sia stato superiore a 7,5; e 2) il quoziente di copertura degli interessi dell’impresa (EBITDA/interessi) sia stato inferiore a 1,0″
Una volta accertato di non essere una “impresa in difficoltà” al 31 dicembre 2019, l’ impresa interessata deve dunque procedere alla richiesta di finanziamenti di durata ed importo in linea con le specifiche condizioni sopra indicate. Considerata tuttavia la copertura parziale (dal 70% al 90%) della garanzia pubblica rilasciata anche dalla SACE, gli istituti di credito riceventi dovranno egualmente effettuare l’ istruttoria ai fini della valutazione del merito creditizio e della decisione, discrezionale, circa la concessione o meno dell’ intero finanziamento. Anche ai finanziamenti richiesti con la garanzia rilasciata dalla SACE vengono applicati interessi, comunque inferiori rispetto agli interessi sui prestiti non garantiti: le caratteristiche dei prestiti a fronte dei quali viene offerta la garanzia della SACE (quali la minor durata e la percentuale in ogni caso inferiore al 100% della garanzia) li renderebbe, inoltre, comunque meno attrattivi nell’ ottica delle imprese rispetto ai finanziamenti per i quali viene concessa la garanzia del Fondo Centrale di Garanzia per le PMI.
3.3. Altre rilevanti misure introdotte dal “Decreto Liquidità”
In aggiunta alle garanzie destinate a facilitare l’accesso al credito, il D.L. 23/2020 prevede (Art. 11) la sospensione dei termini di scadenza dei titoli di credito, al fine di evitare riduzioni di liquidità per i debitori. In particolare, il decreto prevede la sospensione per i vaglia cambiari, cambiali e altri titoli di credito, emessi prima della data di entrata in vigore del decreto, e per ogni altro atto avente efficacia esecutiva, ricadenti o decorrenti nel periodo dal 9 marzo 2020 al 30 aprile 2020. La sospensione può essere utilizzata per lo stesso periodo da debitori e obbligati anche in via di regresso o di garanzia, salva la facoltà degli stessi di rinunciarvi espressamente.
Ai sensi, inoltre, dell’ Art. 8, ai finanziamenti effettuati a favore delle Società dalla data di entrata in vigore del D.L. 23/2020 e fino al 31 dicembre 2020 non si applicano gli Artt. 2467 e 2497-quinquies del Codice Civile; viene dunque sospesa l’attivazione dei meccanismi di postergazione dei rimborsi dei finanziamenti dei soci o di coloro che esercitino l’ attività di direzione e coordinamento.
4. La sospensione dei versamenti fiscali e contributivi
Circa gli adempimenti fiscali e contributivi per le imprese, il D.L. 23/2020 ha reiterato ed esteso sospensioni già disposte dall’ Art. 62 del D.L. 18/2020. In particolare: -a beneficio di imprese e lavoratori autonomi con sede nel territorio dello Stato, che abbiano subìto nei mesi di marzo ed aprile 2020, rispetto ai medesimi mesi del 2019, una riduzione del fatturato o dei corrispettivi di almeno il 33% in caso di ricavi o compensi nell’anno precedente inferiori a 50 milioni di €, od una riduzione di almeno il 50% in caso di ricavi o compensi nell’ anno precedente superiore a 50 milioni di €, viene disposta la sospensione dei versamenti in autoliquidazione, scadenti ad aprile e/o maggio 2020, delle ritenute alla fonte, delle trattenute relative all’addizionale e regionale sui redditi da lavoro dipendente ed assimilati, dell’ IVA, e dei contributi previdenziali ed assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria (Art. 18); tali versamenti possono essere effettuati, senza sanzioni né interessi, in unica soluzione entro il 30 giugno 2020 o ratealmente, fino ad un massimo di 5 rate, a decorrere da giugno 2020; -a beneficio dei soggetti residenti con ricavi o compensi non superiori a 400.000,00 € nell’ anno di imposta precedente all’ anno in corso al 17 marzo 2020, senza dipendenti o assimilati nel mese precedente, viene disposto l’ esonero da ritenute di acconto sui redditi di lavoro autonomo e su provvigioni per rapporti di commissione, di agenzia, di mediazione, di rappresentanza di commercio e di mediazione di affari (Art. 19); la non applicazione delle ritenute opera per i ricavi e compensi percepiti dal 17 marzo al 31 maggio 2020 e le ritenute non effettuate sono versate dai percettori dei redditi interessati in unica soluzione, senza sanzioni né interessi, entro il 31 luglio 2020 o ratealmente, fino ad un massimo di 5 rate mensili da luglio 2020.
La sospensione di cui all’ Art. 18 del D.L. 23/2020 viene riconosciuta, ai sensi del comma 5, anche ad imprese e ad esercenti arti e professioni che abbiano iniziato l’attività in data successiva al 31 marzo 2019, ma le condizioni in termini di riduzione del fatturato nei mesi di marzo 2020 ed aprile 2020 rispetto ai mesi di marzo 2019 ed aprile 2019 sollevano, come di seguito indicato (v. paragrafo 6), dubbi interpretativi relativamente al trattamento di imprese create ad. es. al 1 aprile 2019 ed al 1 luglio 2019, dubbi non (ancora) risolti nel contesto delle risposte fornite dall’ Agenzia delle Entrate nella Circolare 9/E del 13 aprile 2020.
A sua volta, il versamento di somme derivanti da cartelle di pagamento e da accertamenti esecutivi, da accertamenti esecutivi doganali, da ingiunzioni fiscali degli enti territoriali e da accertamenti esecutivi degli enti locali, scadente dall’ 8 marzo al 31 maggio 2020, è stato sospeso dal D.L. 18/2020, che ha differito al 31 maggio anche il termine per il pagamento delle rate relative alle definizioni agevolate e al saldo e stralcio dei debiti tributari (Art. 68 del D.L. 18/2020). Con Circolare 6/E del 23 Marzo 2020 l’Agenzia delle Entrate ha fornito i primi chiarimenti sulla sospensione dei termini e sull’accertamento con adesione. Sono stati inoltre introdotti, di interesse generale per le imprese, un credito d’imposta per la sanificazione degli ambienti e degli strumenti di lavoro, utilizzabile anche per l’acquisto di dispositivi di protezione nei luoghi di lavoro (art. 64 del D.L. 18/2020 ed Art. 30 del D.L. 23/2020) ed un credito di imposta pari al 60 per cento del canone di locazione, relativo al mese di marzo, di negozi e botteghe (art. 65 del D.L. 18/2020).
Viene, infine, sospesa dall’ 8 marzo fino al 31 maggio 2020 l’attività svolta dall’amministrazione finanziaria in materia di accertamento, riscossione, risposte a istanze dei contribuenti (art. 67 del D.L. 18/2020), e sono stati sospesi i termini per i procedimenti presso le Commissioni Tributarie inclusa la notifica dei ricorsi in primo grado (la sospensione iniziale per il periodo dal 9 marzo al 15 aprile, disposta dall’ Art. 83 del D.L. 18/2020, è stata estesa fino al giorno 11 maggio dall’ Art. 36 del D.L. 23/2020).
5. Confronto fra le misure introdotte con i decreti “cura Italia” e “liquidità” e le misure consentite dal Quadro Temporaneo sugli aiuti di Stato
Il confronto fra le misure introdotte con i decreti 18/2020 e 23/2020 e le possibilità consentite dal Quadro Temporaneo sugli aiuti di Stato, indica che i decreti “cura Italia” e “Liquidità” risultano completamente in linea con il Quadro Temporaneo con riferimento ai contributi a fondo perduto per le imprese produttrici di dispositivi in grado di contribuire al contenimento dell’epidemia latamente identificati, alle garanzie pubbliche volte a facilitare l’ accesso al credito, al sostegno per il credito all’ export ed alla sospensione dei versamenti fiscali e contributivi; emergono tuttavia due profili sotto i quali le misure introdotte da un lato non esauriscono la gamma oggettiva degli interventi potenzialmente consentiti in base al Quadro Temporaneo, dall’altro lato sembrano poter travalicare il perimetro soggettivo dei beneficiari contemplati dal Quadro stesso.
Nella prima ottica (gamma degli interventi oggettivi consentiti) deve essere segnalato un duplice aspetto. Da una parte, circa la scelta di limitare la garanzia pubblica diretta del 100%, tramite il Fondo di Garanzia delle PMI, ai soli prestiti di ammontare non superiore a 25.000 €, la limitazione della garanzia integrale a questo importo non trova corrispondenza nella possibilità di concessione di garanzie pubbliche come indicata dalla Commissione Europea. Il Quadro Temporaneo non specifica la percentuale massima della garanzia ottenibile, lasciando così aperta la possibilità di una garanzia pubblica del 100% anche su importi (ben) superiori. Dall’altra parte, la scelta effettuata di limitare la concessione di contributi a fondo perduto alle imprese in grado di produrre dispositivi in grado di contribuire al contenimento ed al superamento dell’ epidemia, ed alle imprese esportatrici in mercati extracomunitari – quindi la scelta di escludere sovvenzioni dirette quale strumento generalizzato per superare la crisi di liquidità di imprese di tutti i settori – non deriva da alcun vincolo indicato nel Quadro, che, con la sua formulazione generale, consentirebbe di erogare sovvenzioni a fondo perduto anche ad imprese di ogni settore che soffrano l’ impatto della pandemia in termini di mancanza o carenza di liquidità.
In particolare, la scelta di dirigere i contributi a fondo perduto solamente in base ad un criterio settoriale e di collocazione geografica del mercato – nonostante la sua coerenza con la necessità di disporre di dispositivi di protezione dalla malattia e di consentire la “tenuta” delle imprese esportatrici sui mercati mondiali – lascia ad imprese (non ancora classificabili come “imprese in difficoltà” ma) già indebitate o comunque sotto-capitalizzate, che siano escluse dall’ambito soggettivo dei contributi a fondo perduto e che fronteggino una crisi di liquidità, l’ unica opzione di contrarre ulteriore indebitamento per beneficiare degli interventi inizialmente previsti dal D.L. 18/2020 ed in seguito ampliati dal D.L. 23/2020 in termini di garanzie pubbliche. A sia volta, gli ulteriori prestiti, ove concessi, rischierebbero di determinare un avvitamento in una spirale debitoria ed un aggravamento dello squilibrio in termini di struttura finanziaria.
Considerando che gli ulteriori prestiti ottenuti non sarebbero inoltre esenti da interessi, l’ ulteriore indebitamento determinerebbe oneri finanziari aggiuntivi, che – in caso di prolungata crisi di mercato e difficoltà di recupero del fatturato – potrebbero risultare in un costo del capitale di terzi superiore al rendimento del capitale complessivamente investito (cioé in una c.d. “leva finanziaria” negativa per l’impresa) con il rischio ultimo di amplificare le perdite di esercizio o comunque di ridurre gli utili. Questo effetto diverrebbe difficilmente conciliabile con l’ obiettivo, indicato nella Comunicazione C(2020)1863 sul Quadro Temporaneo, di garantire, per le imprese “..che le perturbazioni causate dall’epidemia di COVID-19 non ne compromettano la redditività, in particolare per quanto riguarda le PMI”. Egualmente, la scelta di sospensione dei versamenti fiscali e contributivi nei limiti in precedenza indicati – in termini temporali ed in termini di condizioni (quali ad es. la diminuzione di almeno il 33% od il 50% del fatturato) – non deriva da vincoli indicati nel Quadro, che non avrebbe dunque precluso una sospensione per un periodo più protratto e/o una sospensione legata a condizioni più agevolmente dimostrabili come, ad esempio, sarebbe risultato opportuno nell’ ottica di imprese create soltanto nel secondo semestre del 2019 e che, pur essendo danneggiate nella propria attività, si trovino nell’ impossibilità di soddisfare determinate condizioni richieste dalle norme del D.L. 23/2020 per la sospensione dei versamenti tributari.
In proposito, la specificazione, da parte dell’ Art. 18, comma 5, del D.L. 23/2020 per la quale tale sospensione viene riconosciuta anche ai soggetti che abbiano iniziato l’attività di impresa, arte o professione in data successiva al 31 marzo 2019, creerebbe evidentemente una differenza di trattamento fra una impresa che abbia iniziato l’attività in data 1 aprile 2019 e che sia in grado di dimostrare una diminuzione del 33% del fatturato per il mese di aprile 2020 rispetto al mese di aprile 2019, ed una impresa che abbia iniziato l’attività ad es. in data 1 luglio 2019, che si trovi in regime ordinario e che non riuscirebbe dunque a dimostrare di aver subìto una diminuzione del fatturato di almeno il 33% neanche nel mese di aprile 2020 rispetto ad aprile 2019, nonostante l’ impresa creata in data 1 luglio 2019, se in fase di prima penetrazione sul mercato, possa risultare anche maggiormente danneggiata dalle misure restrittive introdotte a seguito della pandemia sia rispetto ad una impresa già in attività da anni precedenti il 2019 e con un mercato consolidato, che rispetto ad una impresa creata il 1 aprile 2019. Tale disparità di trattamento – che risulterebbe in una impossibilità di accesso alla sospensione per l’ impresa creata al 1 luglio 2019 data la mancanza di dimostrazione delle condizioni anche per il solo mese di aprile – emergerebbe qualora il comma 5, riferendosi ad attività avviate in data successiva al 31 marzo 2019, fosse interpretabile come necessità, in tali casi, di dimostrare la condizione circa la diminuzione del fatturato con riferimento al solo mese di aprile 2020 rispetto al mese di aprile 2019, e sarebbe a sua volta difficilmente conciliabile con l’ obiettivo indicato nel Quadro Temporaneo di non compromettere la redditività delle imprese, con particolare riguardo alle PMI, obiettivo indicato senza distinzioni basate sulla data di avvio dell’ attività. La disparità di trattamento sarebbe evitabile solamente qualora il comma 5, disponendo la sospensione anche per i soggetti che abbiano avviato l’attività in data successiva al 31 marzo 2019, fosse interpretabile come totale assenza delle condizioni riguardanti la riduzione del fatturato per tutti i soggetti in considerazione.
Nella seconda ottica (parametro soggettivo dei beneficiari degli aiuti), riguardo alla quale il Quadro indica, fra le condizioni, che l’ impresa non debba essere classificata come “impresa in difficoltà” al 31 dicembre 2019 – condizione espressamente richiamata anche dall’ Art. 1 del D.L. 23/2020 – occorre rilevare come le norme dell’ Art. 13, comma 2, del D.L. 23/2020 e dell’ Art. 13, comma 1, let. g), possano, incidentalmente, avere l’ effetto di determinare l’ inclusione, fra i beneficiari delle garanzie, anche di tali imprese, salva una decisione generalizzata degli istituti di crediti di restringere l’ erogazione dei prestiti escludendo tutte le categorie di imprese espressamente indicate da queste due disposizioni.
Da un lato, una impresa in difficoltà al 31 dicembre 2019 ai sensi del Regolamento 651/2014 avrebbe, inevitabilmente, anche un Rating certamente non superiore a BB nella scala Standards’ Poors, come richiesto dall’ Art. 13, comma 2, del D.L. 23/2020 per le specifiche misure riguardanti le garanzie sui finanziamenti. Ad un intermediario che, in ipotesi, non abbia nel proprio portafoglio almeno un 20% di finanziamenti ad imprese con Rating non superiore a BB senza includere “imprese in difficoltà” al 31 dicembre 2019, non si applicherebbero dunque le misure sulle garanzie previste dall’ Art. 13, comma 2, nemmeno per i finanziamenti erogabili alle altre imprese.
Dall’altro lato, la disposizione dell’ Art. 13, comma 1, let. g) – includendo fra i beneficiari della garanzia del Fondo anche imprese che, alla data della richiesta di garanzia, presentano esposizioni classificate come “scadute o sconfinati deteriorate” o “inadempienze probabili” nei confronti dell’ istituto di credito finanziatore, a condizione che tale classificazione non sia precedente al 31 gennaio 2020, e le imprese che, in data successiva al 31 dicembre 2019, siano state coinvolte in procedure concorsuali disciplinate dalla Legge fallimentare – può produrre il medesimo risultato di possibile estensione della garanzia a soggetti che, in base al Quadro Temporaneo, dovrebbero invece non rientrarvi. In effetti, la classificazione delle esposizioni come “scadute o sconfinati deteriorate” o come “inadempienze probabili”, anche se successiva al 31 gennaio 2020, può trovare la propria origine in situazioni corrispondenti a squilibri economico-finanziari e patrimoniali delle imprese in considerazione già esistenti al 31 dicembre 2019 e che caratterizzano proprio la definizione di “imprese in difficoltà”. Tali squilibri economico-finanziari e patrimoniali già esistenti al 31 dicembre 2019, se non già evidenti dai bilanci disponibili e riferiti al 31 dicembre 2018, potrebbero infatti emergere tardivamente, a maggior ragione dato il differimento dei termini per (la predisposizione e) l’approvazione assembleare del bilanci riferiti al 31 dicembre 2019 operato dall’ Art. 106 del D.L. 18/2020. Conseguentemente, un possibile risultato di estendere alle “imprese in difficoltà” al 31 dicembre 2019 la forma di aiuto statale consistente nella garanzia pubblica tramite il Fondo Centrale di Garanzia delle PMI, anche se contrastante con il Quadro Temporaneo, potrebbe verificarsi, salvo un orientamento restrittivo degli istituti di credito nella concessione dei finanziamenti che escluda le imprese in esame, rendendo così inutilizzabile la garanzia statale ma vanificando, con tale scelta, anche l’ obiettivo perseguito dallo stesso D.L. 23/2020 con l’inclusione di tali soggetti fra i beneficiari della garanzia.
Analoga risultato ultimo può derivare dalla ulteriore scelta effettuata dall’ Art. 13, comma 1, let. g) del DL 23/2020, di includere fra i beneficiari della garanzia – alla triplice condizione che, alla data di entrata in vigore del D.L. 23/2020, le loro esposizioni non siano più classificabili come esposizioni deteriorate, che non presentino più importi arretrati successivi alle misure di concessione e che l’ istituto di credito possa ragionevolmente presumere il rimborso integrale dell’ esposizione alla scadenza sulla base dell’ analisi della situazione finanziaria del debitore – le imprese che siano state ammesse alla procedura di concordato preventivo con continuità aziendale ex Art. 186-bis della Legge Fallimentare, abbiano stipulato un accordo di ristrutturazione dei debiti ex Art. 182-bis della medesima Legge Fallimentare o che abbiano presentato un piano attestato ex Art. 67 della stessa legge (cioè un piano che, ai sensi dell’ Art. 67, 2° comma, let. d), appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell’ impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria, attestato da un professionista indipendente iscritto nel registro dei Revisori legali). Anche queste imprese difficilmente potrebbero, infatti, non rientrare nella definizione di “imprese in difficoltà” alla data del 31 dicembre 2019, considerando come tale definizione includa proprio, ex Art. 2, comma 1, n. 18 del Regolamento UE 651/2014, “l’impresa in procedura concorsuale per insolvenza od impresa che soddisfi le condizioni previste dal diritto nazionale per l’apertura nei suoi confronti di una tale procedura su richiesta dei suoi creditori”.
Anche prescindendo dalla considerazione che il Quadro Temporaneo, nella sua esclusione delle “imprese in difficoltà” al 31 dicembre 2019, non indica circostanze in cui tale esclusione non debba operare, l’ istituto di credito potrebbe difficilmente essere in grado di condurre una analisi della situazione finanziaria del debitore in grado di lasciar dedurre il rimborso integrale del prestito alla scadenza senza disporre, all’ atto stesso di una eventuale richiesta di garanzia, di una situazione economico-finanziaria e patrimoniale aggiornata. Un rifiuto del finanziamento da parte dell’ istituto di credito – ragionevolmente prevedibile – renderebbe superflua la garanzia statale ma, anche in questo caso, finirebbe per vanificare lo scopo di massimizzare la gamma dei beneficiari dell’ accesso al credito perseguita dal D.L. 23/2020.
In generale, nell’ ottica degli istituti di credito riceventi anche le richieste di prestiti garantiti al 100%, appare naturalmente verosimile prevedere un atteggiamento di preferenza ad evitare di escutere la garanzia statale, cioè una preferenza alla concessione di prestiti, malgrado la limitazione a 25.000 €, ad imprese che possano essere ritenute in grado di restituire autonomamente il prestito.
In ultima analisi, per tali ragioni in termini di certezza del conseguimento dell’ obiettivo di procurare liquidità, la maggior efficacia – fra le principali misure introdotte dal D.L. 18/2020 e 23/2020 fino al momento attuale – può essere raggiunta, ex post, dalle misure dirette a perseguire tale finalità in via indiretta, cioè dalle misure intese a differire riduzioni di risorse finanziarie, quali la moratoria sui prestiti bancari fino al 30 settembre 2019 (Art. 56 del D.L. 18/2020) e la sospensione dell’ efficacia dei titoli di credito (Art. 11 D.L. 23/2020), oltre che dalla temporanea sospensione dei versamenti fiscali e contributivi. Queste misure, dato il loro carattere generalizzato, esulano comunque dal concetto di aiuto di Stato.
6. Considerazioni conclusive
Il confronto fra la gamma di possibilità riconosciute ai singoli Stati dal Quadro Temporaneo e le principali misure introdotte in Italia tramite i D.M. 18/2’020 e 23/2020 rivela, in conclusione, da una parte una potenziale eccedenza delle misure introdotte in Italia rispetto alle indicazioni fornite dalla Commissione Europea riguardo nell’ ipotesi – comunque improbabile – in cui anche imprese classificabili quali “imprese in difficoltà” al 31 dicembre 2019 fruissero concretamente della garanzia pubblica per l’accesso al credito, ma indica una sotto-utilizzazione, dall’altra parte, delle forme di aiuto consentite. Introdotti in una situazione di tensione ed emergenza, i D.M. 18/2020 e 23/2020 sembrano aver omesso di considerare che un sistema basato in via principale su contributi a fondo perduto da rendere facilmente accessibili – in luogo di garanzie – quale primo strumento per sopperire a carenze di liquidità (ove provocate dalla pandemia) per le imprese di tutti i settori, raggiungerebbe una maggior efficacia quale veicolo per superare crisi indotte da assenza o carenza di liquidità, rendendo non più necessarie le valutazioni del merito creditizio (attualmente inevitabili, in particolare per i prestiti di importo superiore a 25.000 €) così come il lasso di tempo necessario per tali valutazione e prevenendo il peggioramento di eventuali situazioni di squilibrio finanziario già esistenti (anche per imprese non classificabili come “imprese in difficoltà” al 31 dicembre 2019). La permanenza, in ogni caso, del Quadro Temporaneo fino al 31 dicembre 2020 offre ancora la possibilità di introdurre – tramite nuove misure – un sistema di sovvenzioni dirette per le imprese finalizzato al superamento dell’ emergenza economico-finanziaria. Malgrado l’effetto deterrente che il quadro della finanza pubblica italiana (con il dibattito in corso sugli strumenti più appropriati per finanziare gli interventi già previsti) potrebbe produrre verso l’ ipotesi di un sistema basato principalmente su contributi a fondo perduto in luogo dell’ accesso a prestiti, un “trade-off” apparirebbe infatti opportuno fra il costo dell’ introduzione di un tale sistema ed il costo di una possibile disgregazione di buona parte di un tessuto imprenditoriale composto principalmente da PMI, una disgregazione derivante da crisi di liquidità e da una possibile scarsa efficacia pratica, nel loro complesso, delle misure finora introdotte dai D.M. 18/2020 e 23/2020. Qualora tale scenario si materializzasse, verrebbero infatti, in ultima analisi, vanificati gli obiettivi di ovviare alla crisi di liquidità e di preservare la redditività delle imprese, con particolare riferimento alle PMI, indicati nello stesso Quadro Temporaneo.
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