I DPCM sono legittimi?

I DPCM sono legittimi?

Cosa si intende per DPCM? “DPCM” è certamente l’acronimo più utilizzato negli ultimi mesi.

Per DPCM si intende Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, il quale è un atto amministrativo che non ha forza di legge e che, come i decreti ministeriali, ha carattere di fonte normativa secondaria e serve per dare attuazione a norme o varare regolamenti. Anche Il Decreto del Presidente della Repubblica rientra in questa categoria di atti amministrativi e serve per emanare atti di nomina o regolamenti.

Esso, dunque, può derivare da norme di legge, ma non può autonomamente promuoverle.

Inoltre, è un atto che non viene sottoposto ad alcun intervento di verifica, come ad esempio avviene per il decreto legge che, necessitando della firma del Capo dello Stato, avrebbe almeno un minimo controllo preventivo e, soprattutto, entro 60 giorni, dovendo essere convertito dalle Camere, pena la sua inefficacia, verrebbe sottoposto al giudizio dell’organo legislativo.

Si badi, ancora, che disposizioni che limitano, seppur con adeguate motivazioni, alcune libertà espressamente garantite dalla Costituzione dovrebbero avere carattere di legge o di atto avente forza di legge.

Dunque, perché il Presidente del Consiglio utilizza lo strumento del DPCM? Così facendo viola la legge? Che valore ha un DPCM? A tal proposito, è opportuno distinguere i DPCM emanati in virtù del Decreto Legge n. 6 del 23 febbraio 2020 e quelli adottati dopo il Decreto Legge n. 19 del 25 marzo 2020.

Prima di analizzare i decreti legge citati, è necessario evidenziare che la nostra Costituzione prevede solo in caso di Guerra, previa deliberazione delle Camere, la possibilità di conferire poteri straordinari al governo, e comunque sempre e soltanto su delega del parlamento, mentre l’unica possibilità di limitare alcuni diritti costituzionali per ragioni di sanità o di incolumità pubblica non può che avvenire per legge (principio della riserva di legge).

In tale contesto derogativo si collocano alcune fonti normative primarie previste per le situazioni di emergenza, approvate ben prima dell’epidemia di Coronavirus.

Prima fra tutte, il decreto legislativo n. 1/2018 (Codice della Protezione Civile), in base al quale (artt. 24 e 25), al verificarsi di un’emergenza nazionale, il Consiglio dei ministri delibera lo stato di emergenza e autorizza il Presidente del Consiglio dei ministri, d’intesa con le Regioni interessate, ad adottare ordinanze in deroga a ogni disposizione vigente, purché sia espressamente dichiarato quali sono le disposizioni di legge che s’intende derogare e siano rispettati i principi generali dell’ordinamento e il diritto dell’Unione Europea.

La legge n. 833/1978, istitutiva del Servizio sanitario nazionale, attribuisce (art. 32) al Ministro della Sanità il potere di emettere ordinanze in materia di igiene e sanità pubblica.

Decreti Legge 6/2020 e 19/2020: cosa prevedono? Ciò detto, il Decreto Legge 6/2020 stabiliva che, allo scopo di evitare il diffondersi del COVID-19, le autorità competenti sono tenute ad adottare ogni misura di contenimento e gestione adeguata e proporzionata all’evolversi della situazione epidemiologica.

Esso, però, non specificava quale fosse lo strumento normativo da utilizzare.

Il Decreto Legge 19/2020, invece, prevede espressamente che le misure di contenimento di cui prima sono adottate con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri.

In casi di estrema necessità e urgenza, nelle more dell’approvazione del DPCM, le misure di contenimento possono essere adottate dal Ministro della Salute con ordinanza emanata ai sensi dell’art. 32 della legge n. 833/1978 citata.

L’emanazione del DPCM fa poi venir meno l’ordinanza.

Tutti i provvedimenti adottati, sia i DPCM che le Ordinanze del Ministro della Salute, devono essere poi comunicati alle Camere entro il giorno successivo all’emanazione, ed il Presidente del Consiglio dei ministri o un Ministro da lui delegato riferiscono ogni 15 giorni al Parlamento sulle misure adottate.

È, altresì, previsto che in caso di aggravamento del rischio sanitario sul territorio regionale, nelle more dell’approvazione del DPCM, i Presidenti di Regione possono, con propria ordinanza, introdurre misure ulteriormente restrittive tra quelle elencate nell’art. 1 del decreto-legge n. 19/2020.

L’emanazione del DPCM fa, poi, venir meno l’ordinanza regionale.

Dipanando qualunque dubbio interpretativo, viene chiarito in modo definitivo che i Sindaci e tutte le altre autorità titolari di poteri di ordinanza non possono, invece, adottare ordinanze in contrasto con quelle adottate dallo Stato.

Conclusioni. Pertanto, mentre non pare ci siano dubbi sulla legittimità dei DPCM emanati successivamente al DL 19/2020, sussistono dubbi sulla legittimità degli stessi che siano stati adottati prima di tale Decreto Legge.

In particolare, le perplessità riguardano la natura dei DPCM, cioè se abbiano natura sostanziale di regolamenti o di ordinanze.

Per un verso, si pongono come disposizioni attuative dei decreti-legge, dunque, sarebbero regolamenti.

Per altro verso, rinviano alla dichiarazione di stato di emergenza e prevedono la fine della propria vigenza (sono provvisori), dunque, sarebbero ordinanze.

Qualificare i DPCM in un senso o nell’altro non è irrilevante, dal momento che le ordinanze hanno, di regola, una forza derogatoria della legislazione vigente, forza che i regolamenti non hanno.


Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
Direttore responsabile Avv. Giacomo Romano
Listed in ROAD, con patrocinio UNESCO
Copyrights © 2015 - ISSN 2464-9775
Ufficio Redazione: redazione@salvisjuribus.it
Ufficio Risorse Umane: recruitment@salvisjuribus.it
Ufficio Commerciale: info@salvisjuribus.it
***
Metti una stella e seguici anche su Google News
The following two tabs change content below.

Avv. Giuseppe Simeone

Avvocato, Autore, Giudice di Ciclismo

Articoli inerenti