I dubbi sulla continuità normativa dell’articolo 570-bis c.p.

I dubbi sulla continuità normativa dell’articolo 570-bis c.p.

Con il decreto legislativo n. 21 del 1 marzo 2018, il legislatore delegato ha introdotto all’articolo 3 bis del Codice Penale il principio della “riserva di codice”, sulla base della quale “nuove disposizioni che prevedono reati possono essere introdotte nell’ordinamento solo se modificano il codice penale ovvero sono inserite in leggi che disciplinano in modo organico la materia”.

Al contempo, numerose disposizioni incriminatrici di singole leggi speciali sono state trasfuse nel Codice Penale, al fine di progredire nell’opera di riordino dell’ordinamento penale e di contrasto alla tecnica legislativa “a macchia di leopardo”, criticata da una parte della dottrina poiché considerata pregiudizievole per l’effettiva conoscenza dei precetti penali e delle relative sanzioni.

Ciò ha comportato il trasferimento nel nuovo articolo 570 bis c.p. dell’articolo 12 sexies della legge 898 del 1970 e dell’articolo 3 della legge 54 del 2006, disposizioni – ora abrogate – entrambe volte a sanzionare l’inadempimento degli obblighi patrimoniali posti a carico di un coniuge nei confronti dell’altro coniuge ovvero nei confronti dei figli.

In particolare, l’articolo 570 bis, incrimina la condotta del coniuge che “si sottrae all’obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero viola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli”.

Nulla quaestio, quindi?

In realtà, da subito, nei primi commenti alla riforma, è stata evidenziata la necessità di verificare la piena continuità normativa tra la nuova disposizione codicistica ed il sistema di incriminazione precedente.

Se, a fronte dell’inadempimento dell’obbligo di versare gli assegni di mantenimento, con l’articolo 12 sexies della legge sul divorzio era estesa tutela penale al coniuge divorziato e con gli articoli 3 e 4 della legge 54 del 2006 anche ai figli maggiorenni non autosufficienti e ai figli di genitori divorziati, equiparati a figli di genitori separati, la nuova norma sembra configurare situazioni non pienamente sovrapponibili rispetto all’assetto precedente.

Per quanto riguarda i rapporti tra i coniugi, si segnala che l’articolo 570 bis incrimina qualsivoglia sottrazione all’obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno, estendendo – apparentemente – anche al coniuge separato la tutela prevista a favore dei figli dall’articolo 3 della legge 54 del 2006, nonostante, secondo l’interpretazione giurisprudenziale precedente alla novella del 2018, soltanto questi ultimi fossero gli unici destinatari della norma citata.

Ciò comporterebbe una modifica sostanziale della situazione precedente, introducendo un’ipotesi delittuosa prima inesistente, con conseguente violazione della limitazione contenuta nella legge delega, che autorizzava la mera traslazione di figure criminose già esistenti, senza creazione di nuove.

Per quanto riguarda, invece, i rapporti tra i genitori e i figli, è determinante la mancata trasposizione nel 570 bis del contenuto dell’articolo 4 della legge 54 del 2006, che aveva la funzione, avallata da un orientamento giurisprudenziale, di estendere la tutela penale anche ai figli di genitori non coniugati. Ciò al fine di evitare vi fosse disparità di trattamento tra i figli dei genitori coniugati, tutelati dall’articolo 3, e quelli nati fuori dal matrimonio.

Il mancato riferimento al disposto dell’articolo 4 comporterebbe, pertanto, che i figli di genitori non coniugati non potrebbero ricevere alcuna protezione penalistica a fronte del mero inadempimento delle obbligazioni patrimoniali del genitore obbligato, salvo la sussistenza di uno stato di bisogno determinato dal comportamento del genitore stesso, presupposto applicativo della più stringente previsione dell’articolo 570, comma 2, c.p..

In questo caso, quindi, dovrebbe riconoscersi l’abolitio criminis di una condotta incriminata sotto il previgente panorama penalistico, con conseguente applicazione delle ordinarie regole di successione delle norme penali nel tempo per le condotte commesse nel tempo antecedente la novella del 2018.

Anche per tale ipotesi, comunque, si è da subito ipotizzato l’eccesso nell’esercizio della delega da parte degli autori della riforma, che, tuttavia, si sono tradotti in una previsione favorevole al reo, con conseguenti maggiori difficoltà nell’ammissibilità di una questione di legittimità costituzionale che, traducendosi in una pronuncia di allargamento dello spazio del penalmente rilevante, contrasterebbe con il principio di riserva di legge vigente nell’ordinamento penale.

Terzo, ed ultimo, dubbio concerne l’utilizzo della dicitura “affidamento condiviso dei figli”, senza che vi sia alcun riferimento alle ipotesi di affidamento esclusivo.

Come nel caso precedente, se si dovesse tenere in considerazione soltanto il confronto letterale tra il nuovo articolo 570 bis e il precedente articolo 3 della legge 54 del 2006, che non distingueva tra le diverse ipotesi di affido, si dovrebbe configurare un altro caso di abolitio criminis: la violazione degli obblighi di natura economica a favore dei figli, conseguenti alla separazione, non sarebbe penalmente rilevante nel caso in cui vi fosse l’affido degli stessi in capo a soltanto uno dei genitori.

Queste sono soltanto alcune delle perplessità evidenziate dalla dottrina che per prima si è pronunciata sul nuovo articolo 570 bis. Certo è che ora si attende l’opera di “sistemazione” della giurisprudenza di merito e di legittimità, chiamata a correggere la lodevole, ma a prima vista imprecisa, iniziativa di “ristrutturazione” del legislatore delegato.


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Gianlorenzo Franceschini

Gianlorenzo Franceschini nasce nel 1990 e si laurea in Giurisprudenza nel 2015, con il voto di 110/110, scrivendo una tesi in Economia dell'impresa e dell'innovazione dal titolo "Barriere all’Innovazione. Il loro impatto sulla performance dell’impresa e le strategie di intervento". Perfeziona, in seguito, anche la pratica forense in uno studio legale, occupandosi prevalentemente di diritto civile e di diritto di famiglia, ed il tirocinio formativo di cui all'articolo 73 D.L. 69/13 presso la Procura della Repubblica di Pesaro. Nell'ottobre del 2018 consegue l'abilitazione all'esercizio della professione forense.

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