I lavoratori esposti all’inalazione di polveri di amianto e diritto al risarcimento del danno per paura di ammalarsi

I lavoratori esposti all’inalazione di polveri di amianto e diritto al risarcimento del danno per paura di ammalarsi

Norme a tutela dei lavoratori per i rischi connessi all’esposizione dell’amianto

Nonostante la previsione di un quadro legislativo, la tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori nei luoghi risultava e risulta spesso compromessa.

In particolare, nel passato, in molte imprese si assisteva all’utilizzo dell’amianto, un materiale estremamente versatile per il suo basso costo e per la sua resistenza alla degradazione e al calore, le cui fibre durante lo svolgimento dei lavoratori venivano disperse nell’ambiente circostante ed erano facilmente inalabili attraverso la bocca e il naso, causandone gravi malattie per l’apparato respiratorio quali principalmente l’asbestosi, il carcinoma ed il mesotelioma.

Con la Legge n. 257 del 27 marzo 1992 sono state vietate l’estrazione, l’importazione , la commercializzazione e la produzione di amianto, di prodotti di amianto o di prodotti contenenti amianto, secondo un programma di dismissione il cui termine ultimo era fissato al 28 aprile 1994 e, venivano regolamentate misure di sostegno per i dipendenti e per i datori di lavori interessati nella gestione di tale materiale. La pericolosità dell’amianto era già stata prevista dalla legge n. 445 del 1943 la quale prevedeva l’estensione dell’assicurazione contro le malattie professionali all’asbestosi, provocata da inalazione di polveri di amianto.

Ebbene, diverse normative sono state poste a protezione dei lavoratori contro i rischi connessi con un’esposizione all’amianto durante lo svolgimento delle mansioni.

L’art 18 della direttiva CEE 83/477 obbligava gli Stati ad introdurre una regolamentazione più completa per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori entro gennaio 1987. Tale obbligo di recepimento è stato adempiuto con l’emanazione del D.Lgs n. 277/1991, il quale ha individuato valori di soglie di tolleranza di amianto.

Inoltre, in attuazione della Legge n. 257/1992, il D.M. 6/9/1994 ha introdotto norme di protezione per la tutela dei lavoratori impiegati nell’attività di cessazione dell’amianto. Successivamente, tali provvedimenti legislativi sono stati ripresi dapprima dal d.lgs. n. 257 del 2006 e, poi dal d.lgs. n. 81/2008 (Testo unico per la sicurezza sul lavoro) nell’apposito Capo III del Titolo IX relativo alla protezione dei rischi connessi all’esposizione all’amianto (artt. 246 – 261) il quale ha previsto appositi obblighi di tutela in capo al datore di lavoro.

La responsabilità del datore di lavoro ex art 2087 c.c. e riparto dell’onore probatorio

Orbene, preme evidenziare che a prescindere di una disciplina specifica sulla tutela alla salute del lavoratore, il diritto alla salute è espressamente previsto e tutelato dalla Costituzione (artt. 32,38,41 Cost.).

In termini generali, bisogna fare dunque riferimento all’art 2087 c.c. rubricato “Tutela delle condizioni di lavoro” il quale recita che “l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.

La responsabilità del datore di lavoro per inadempimento dell’obbligo di prevenzione non è una responsabilità oggettiva ma contrattuale, per cui ai fini del relativo accertamento, incombi sul lavoratore che lamenti di aver subito a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l’onere di provare, l’esistenza di tale, come pure la nocività dell’ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l’uno o l’altro elemento.

Nello specifico, la prova liberatoria del datore di lavoro consiste nel dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno cioè deve dimostrare che il pregiudizio che colpisce la controparte derivi da causa a lui non imputabile.

Pertanto, occorre evidenziare che la responsabilità ex art 2087 c.c. non è circoscritta alla violazione di regole d’esperienza o di regole tecniche preesistenti e collaudate ma è volta anche a sanzionare alla luce delle garanzie costituzionali del lavoratore, l’omessa predisposizione da parte del datore di lavoro di tutte quelle misure e cautele atte a preservare l’integrità psicofisica e la salute del lavoratore nel luogo di lavoro, tenuto conto della concreta realtà aziendale e della sua maggiore o minore possibilità di venire a conoscenza e di indagare sull’esistenza di fattori di rischio in un determinato momento storico (Cass. sent. n.17344/2012, Cass. sent. n.1477 /2014 in senso conforme Cass. sez. lav. sent. n. 24217/ 2017, Cass. n. 27952/2018, Cass. sent. n. 20634/2019). Ne consegue che può affermarsi il seguente principio di diritto, secondo il quale è onere del datore di lavoro provare di avere adottato, pur in difetto di una specifica disposizione preventiva, le misure generiche di prudenza necessarie alla tutela della salute dal rischio espositivo secondo le conoscenze del tempo di insorgenza della malattia, essendo irrilevante la circostanza che il rapporto di lavoro si sia svolto in epoca antecedente all’introduzione di specifiche norme per il trattamento dei materiali contenenti amianto, quali quelle contenute nel d.lgs. 15 agosto 1991, n. 277, successivamente abrogato dal d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 (Cass.  n. 13946/2012, Cass. sent. n. 10425/2014, Cass. n. 15561/2019).

Il lavoratore impiegato in cantiere esposto all’inalazione di polveri amianto anche se non ha contratto malattia può chiedere il risarcimento del danno da paura di ammalarsi?

Si tratta di un danno causato dalla percezione di pericolo di per sé idoneo a provocare-a prescindere dal verificarsi o meno del danno-effetti peggiorativi della condizione del soggetto esposto al rischio.

Il pregiudizio non patrimoniale è integrata dalla lesione del bene supremo della tranquillità, derivante dal timore suscitato dal fatto che abbia soltanto minacciato l’integrità fisica.

La situazione di turbamento psichico conseguente al pericolo di contrarre un male incurabile, se non può formare oggetto di prova diretta, al pari di qualsiasi altro stato psichico interiore del soggetto, può essere tuttavia desunta da altre circostanze di fatto esterne, quali la presenza di malattie psicomatiche, insonnia, inappetenze, disturbi del comportamento o altro.

Conseguentemente, il lavoratore che, impiegato in cantiere esposto all’inalazione di polveri di amianto, chiede il risarcimento dei danni per l’esposizione ad agenti patogeni, pur non avendo contratto alcuna malattia, non è liberato dalla prova di aver subito un effettivo turbamento psichico e questa prospettata situazione di sofferenze e disagio non può essere desunta dalla mera prestazione lavorativa in ambiente inquinato.


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Dott.ssa Morena Similia

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