I mafiosi stanno “veramente” uscendo dal carcere?
E’ vero che si permette ai mafiosi detenuti di uscire dal carcere per preservarli dal rischio del contagio da Coronavirus (Covid-19)?
Le proteste dei detenuti e dei loro familiari riguardanti le condizioni degli Istituti penitenziari in cui sono ristretti e le forti richieste di poter continuare ad espiare la loro pena in regimi diversi da quello carcerario sono state così decise e pressanti da fare in modo che il Governo riservasse parte del Decreto Cura Italia anche alla tutela di questi interessi.
Dopo tale intervento normativo, le proteste continuano, ma stavolta provengono dai cittadini che hanno paura che i detenuti più pericolosi, tra cui rientrano sicuramente i detenuti per reato di associazione di tipo mafioso, sfruttando la situazione creata dall’emergenza “Coronavirus” possano evitare il carcere o addirittura una volta rientrati nelle loro abitazioni, fuggire ed iniziare una lunga latitanza, così da non scontare la pena che gli è stata inflitta per i reati commessi.
Cosa dice il Decreto Cura Italia?
Precisamente l’art. 123 del citato Decreto legge stabilisce che dal 17/03/2020 e fino al 30/06/2020, i detenuti per una pena non superiore a 18 mesi potranno scontarla non in carcere, ma in detenzione domiciliare (ai domiciliari insomma). Tale previsione è prevista anche per i detenuti ai quali restano 18 mesi da scontare anche se originariamente erano stati condannati ad una pena superiore.
Il Governo però sancisce che alcuni detenuti, anche se rientrano nel limite dei 18 mesi, non possono scontare la pena detentiva ai domiciliari, tra questi vi sono anche quelli condannati al reato di associazione di tipo mafioso.
Il Governo stabilisce anche che chi deve scontare una pena compresa tra i 6 e i 18 mesi potrà scontarla ai domiciliari, ma solo con gli appositi mezzi elettronici di controllo (braccialetto elettronico). Chi, invece, deve scontare una pena inferiore o uguale ai 6 mesi può accedere ai domiciliari senza l’uso del braccialetto. (1)
Che cos’è la detenzione domiciliare?
La detenzione domiciliare è una misura alternativa alla detenzione che viene disposta dal Tribunale di Sorveglianza nei confronti delle persone che sono già state condannate in via definitiva ad una pena detentiva. I condannati ad una pena inferiore a 4 anni possono fare richiesta e vedersi concesso il beneficio di scontarla nel proprio domicilio se rientrano almeno in una delle situazioni previste dalla legge: -donna incinta o madre di prole di età inferiore ad anni 10 con lei convivente; -padre, esercente la potestà, di prole di età inferiore ad anni 10 con lui convivente, quando la madre sia deceduta o altrimenti assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole; -condizioni di salute particolarmente gravi che richiedono costanti contatti con i presidi sanitari territoriali; -età superiore a sessanta anni, se inabile anche parzialmente; -età minore di 21 anni per comprovate esigenze di salute, studio, lavoro e famiglia.
Quindi se i detenuti si trovano in una delle situazioni appena descritte e se la pena che resta da espiare è inferiore a 4 anni potranno espiarla nel proprio domicilio. (2)
I detenuti ai quali resta da scontare una pena inferiore ai 18 mesi possono accedere alla misura alternativa della detenzione domiciliare anche se non versano in nessuna delle situazioni particolari previste dall’art. 47 ter o.p. (3)
I detenuti con più di 70 anni possono scontare la pena nel proprio domicilio se non siano stati dichiarati delinquenti abituali, professionali, per tendenza o recidivi.
I mafiosi rientrano in questa disciplina?
La detenzione domiciliare è esclusa per i condannati a reati particolarmente gravi e di spiccato allarme sociale. Il reato di associazione di tipo mafioso è sicuramente tra questi.
I condannati per il reato in questione possono accedere alla detenzione domiciliare soltanto se collaborano con la giustizia (diventano cioè collaboratori di giustizia), se dimostrano seriamente di non avere più rapporti con la criminalità organizzata e se rientrano in una delle situazioni che abbiamo descritto sopra. (4)
La collaborazione con la giustizia non deve essere superficiale, ma deve consistere in un’attività finalizzata ad aiutare nel concreto l’autorità di Polizia a contrastare l’attività criminale, magari contribuendo anche all’individuazione e alla cattura degli autori dei reati. (5)
Ma allora cosa sta succedendo oggi?
L’allarme è scaturito da qualche scarcerazione eccellente e da una circolare del Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria dove si chiedeva agli Istituti penitenziari di fornire informazioni all’Autorità giudiziaria sullo stato di salute e sull’età dei detenuti lì presenti. (6)
In realtà, alcune scarcerazioni non sono avvenute per applicazione dei domiciliari ai boss mafiosi detenuti, che come abbiamo visto possono avvenire solo in presenza di determinati requisiti, ma sono avvenute per sospensione e rinvio dell’esecuzione della pena per motivi di salute (in altre parole, per differimento dell’esecuzione della pena).
I detenuti si trovavano in condizioni di grave infermità fisica e, dunque, in maggior pericolo a causa dell’emergenza epidemiologica. Per queste ragioni, il giudice di sorveglianza ha deciso di rinviare l’esecuzione della pena ad un momento meno rischioso per la loro vita.
Ovviamente, prima di disporre il rinvio, il giudice ha dovuto accertare che non sussisteva il pericolo di commissione di altri delitti e quindi che il detenuto non fosse più socialmente pericoloso. (7)
Dobbiamo specificare che il periodo passato in detenzione domiciliare vale come esecuzione della pena, mentre quando l’esecuzione della pena viene rinviata, il periodo trascorso fuori dall’Istituto penitenziario non si conterà come pena espiata.
Per concludere
La circolare del Dipartimento di Amministrazione penitenziaria, ad oggi, rimane solo una richiesta di informazioni da trasmettere all’Autorità giudiziaria.
La detenzione domiciliare rimane una misura difficilmente applicabile ai detenuti per reato di associazione di tipo mafioso, ma comunque le norme che la disciplinano sono entrate in vigore da molti anni ormai.
Per quanto riguarda il Decreto Cura Italia, il Governo ha espressamente vietato l’applicazione automatica della detenzione domiciliare ai detenuti del reato in questione e anche se dovessero rientrare nel limite dei 18 mesi comunque non ne potrebbero beneficiare.
Le scarcerazioni dei boss avvengono applicando la legge in vigore dell’ordinamento penitenziario e non certo per il Decreto Cura Italia da poco emanato.
(1) Art. 123 del D.L. n. 18/2020.
(2) Art. 47-ter L. n. 354/1975.
(3) Art. 1 L. n. 199/2010.
(4) Art. 4-bis L.n. 354/1975.
(5) Art. 58-ter L.n. 354/1975.
(6) Circolare del DAP del 21 Marzo 2020.
(7) Art. 147 del codice penale.
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