I modelli di giustizia costituzionali “puri”: una sfida eterna
Da sempre, in materia di giustizia costituzionale, si assiste ad un “duello” tra il modello statunitense ed il modello austriaco.
1. Il modello statunitense: la filosofia della “norma superiore”
Formata da 9 membri nominati dal Capo dello Stato su consenso del Senato, la Supreme Court costituisce un modello esemplare di legalità costituzionale, tanto da meritarsi l’appellativo di “Costituente”.
Tuttavia, occorre sottolineare che, fino al 1806, la Supreme Court non detiene alcun potere di controllo, potere che la stessa si attribuisce in occasione della risoluzione di un caso: si tratta della nota sentenza Marbury to Madison.
Negli Stati Uniti vige un alta concezione della norma suprema: la Legge Fondamentale. La giustizia costituzionale più antica del mondo prevede che, nel caso in cui un giudice comune ravvisi la contrarietà della legge rispetto ad un principio fondamentale, possa immediatamente disapplicarla. La pronuncia, inter partes, produce effetti ex tunc. Tale sistema consente di scongiurare eventuali danni che potrebbero derivare dall’attesa decisione di un Tribunale ad hoc.
A tal proposito, non può sottacersi il rischio di una disparità di trattamento, attenuata in virtù del principio secondo cui il giudice inferiore deve sottostare alla pronuncia del giudice superiore (la decisione del giudice superiore viene così a produrre effetti erga ormes nei confronti del giudice inferiore). A fronte di ciò, la Supreme Court ottiene la qualifica di Corte Costituzionale.
2. Il modello austriaco: una valida alternativa
Nel Vecchio Continente, il modello più interessante di giustizia costituzionale è quello austriaco (di cui fu promotore Kelsen, noto per essere il fondatore della “Scuola di Vienna”).
A parte la classica funzione di risoluzione delle controversie, la versione “pura” di tale modello prevede non tanto la tutela soggettiva delle situazioni giuridiche personali, quanto invece la tutela oggettiva delle norme costituzionali.
Il ricorso può essere preventivo (nel caso di una delibera dei Lander) o successivo (ove sia avanzato da uno dei soggetti legittimati). In tale modello, la legge, pur incostituzionale, continua ad essere efficace sino alla pronuncia del Tribunale costituzionale. Quest’ultimo “cassa” la legge con effetti ex nunc o addirittura pro futuro.
3. L’approdo ai modelli “misti”
Appare evidente la diversità tra i due modelli. Lasciando per un attimo da parte i loro tratti caratteristici, deve evidenziarsi un dato di fatto: mentre il modello americano trova riscontro senza subire alcuna modifica, il legislatore austriaco con due novelle introduce delle novità: la prima consiste in un ricorso al Tribunale costituzionale spettante inizialmente al Consiglio di Stato e alla Corte di Cassazione e poi esteso a tutti i giudici di secondo grado; il secondo, invece, attiene alla possibilità da parte del cittadino di rivolgersi direttamente al Tribunale costituzionale nel caso in cui abbia esperito ogni grado di giudizio. Tali modifiche accostano inevitabilmente il modello austriaco a quelli misti di Italia, Spagna e Repubblica Federale Tedesca.
La peculiarietà dei modelli misti risiede nel presentare le caratteristiche di entrambe le versioni “pure”. In linea generale, le caratteristiche dei modelli misti sono le seguenti: sindacato accentrato, accesso concreto e diffuso e sentenza costitutiva con effetti in parte ex tunc. La presenza di un sindacato accentrato (volto a garantire l’uniformità del diritto) e di un accesso concreto e diffuso (teso a tutelare la situazione giuridica lesa) richiedevano da un lato, un nesso funzionale tra il processo principale ed il sindacato costituzionale (in Italia, tale meccanismo prende il nome di “rilevanza”) e dall’altro, una pronuncia costitutiva con effetti in parte ex tunc.
Alla luce dell’evoluzione della giustizia costituzionale in quattro fasi storiche (conflitti mondiali, post-1945, anni ’70 e anni ’90), i modelli tradizionali di un tempo sembrano non trovare riscontro nella realtà multiforme odierna.
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Dott.ssa Luana Leo
La dottoressa Luana Leo è dottoranda di ricerca in "Teoria generale del processo" presso l'Università LUM Jean Monnet.
È cultrice di Diritto pubblico generale e Diritto costituzionale nell'Università del Salento.
Ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza presso il medesimo ateneo discutendo una tesi in Diritto Processuale Civile dal titolo ”Famiglie al collasso: nuovi approcci alla gestione della crisi coniugale”.
È co-autrice dell'opera "Il Presidente di tutti".
Ha compiuto un percorso di perfezionamento in Diritto costituzionale presso l´Università di Firenze.
Ha preso parte al Congresso annuale DPCE con una relazione intitolata ”La scalata delle ordinanze sindacali ”.
Ha presentato una relazione intitolata ”La crisi del costituzionalismo italiano. Verso il tramonto?” al Global Summit ”The International Forum on the Future of Constitutionalism”.
È stata borsista del Corso di Alta Formazione in Diritto costituzionale 2020 (“Tutela dell’ambiente: diritti e politiche”) presso l´Università del Piemonte Orientale.
È autore di molteplici pubblicazioni sulle più importanti riviste scientifiche in materia.
Si occupa principalmente di tematiche legate alla sfera familiare, ai diritti fondamentali, alle dinamiche istituzionali, al meretricio, alla figura della donna e dello straniero.
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