I negozi con causa esterna
Il nostro sistema giuridico accoglie il principio della causa e rifiuta il contrapposto principio di astrazione causale, presente in altri sistemi, come ad esempio quello tedesco (che riprende la tradizione romanistica).
La causa è un elemento essenziale del contratto (art. 1325 n.2 c.c)e rappresenta la ragione giustificatrice del contratto, nell’ottica della teoria della causa in concreto.
La previsione della necessaria causalità del contratto, peraltro, trova il suo pendant nell’articolo 2041 c.c. che vieta gli arricchimenti privi di giustificazione causale, enunciando un analogo principio causalistico.
La causa rappresenta un elemento interno del contratto, nel senso che ogni contratto, rinviene al suo interno la propria giustificazione causale.
Ci sono, però, dei casi in cui la causa del contratto non è interna, bensì esterna.
Nel nostro ordinamento, infatti, esistono i negozi con causa esterna che sono diretti a trasferire diritti reali, per attuare una preesistente obbligazione, avente ad oggetto il trasferimento del bene.
Tali negozi giuridici, rappresentano una deroga al principio del consenso traslativo di cui all’articolo 1376 c.c.: l’effetto traslativo in questa ipotesi avviene attraverso la scissione tra titulus e modus adquirendi.
Nel codice civile si possono rinvenire diverse ipotesi di negozi con causa esterna.
L’articolo 1706, co. 2 c.c., in tema di mandato senza rappresentanza ad alienare beni immobili, prevede che il mandatario ha l’obbligo di ritrasferire al mandante le cose acquistate se si tratta di beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici registri.
L’atto di ritrasferimento costituisce un negozio a causa esterna, che rinviene la propria giustificazione causale nell’adempimento dell’obbligazione che nasce dal contratto di mandato.
Anche l’articolo 651 co. 1 c.c., che disciplina il legato di cosa dell’onerato o del terzo, nel prevedere la possibilità per l’onerato di trasferire il bene al legatario, individua un altro negozio con causa esterna.
Altri esempi si possono rinvenire, anche, nella fiducia testamentaria o nell’adempimento dell’obbligazione naturale che avviene mediante il trasferimento di un diritto.
La tesi prevalente ritiene che ai fini della validità di un negozio con causa esterna, oltre alla necessaria esistenza della causa, occorre un ulteriore elemento formale rappresentato dall’ expressio causae, cioè l’enunciazione dello scopo che giustifica il trasferimento del bene.
L’assenza dell’ expressio causae determina la nullità del negozio.
Un dibattito, che va segnalato, riguarda le conseguenze derivanti dalla mancanza della causa oggettiva, cioè del pregresso rapporto obbligatorio.
La tesi maggioritaria ritiene che tale mancanza determinerebbe la nullità del successivo negozio traslativo per difetto di causa.
La tesi minoritaria, invece, ritiene che si avrebbe una ripetibilità della prestazione, con conseguente applicazione della disciplina dell’indebito.
Le conseguenze applicative sono rilevanti, dal momento che se si accede alla tesi maggioritaria, l’alienante può agire anche nei confronti dei terzi, cui la nullità è applicabile, salva l’applicazione dell’articolo 1153 c.c. per i beni mobili e l’articolo 2652 n. 6 c.c. per i beni immobili.
Qualora, invece, si accogliesse la tesi minoritaria, l’alienante per recuperare il bene trasferito in assenza di un valido rapporto obbligatorio, avrebbe a disposizione un’azione personale esperibile nei confronti dell’accipiens, e non anche nei confronti dei terzi che farebbero salvo il loro acquisto ai sensi dell’articolo 2038 c.c.
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Michela Falcone
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