I poteri impositivi delle Regioni alla luce della Legge Costituzionale n. 3 del 2001

I poteri impositivi delle Regioni alla luce della Legge Costituzionale n. 3 del 2001

Che la Legge delega 9 maggio 2009, n. 42 abbia rappresentato la cornice normativa che, dopo molti anni, ha avuto il merito di dare attuazione all’articolo 119 della Costituzione italiana, è fuori discussione.

La dottrina maggioritaria, però, riconosce alla Legge Costituzionale n. 3 del 2001, modificativa del Titolo V della Costituzione italiana, il merito di aver posto le basi del “federalizing process” in Italia che, sebbene non abbia dotato gli enti locali italiani degli stessi e analoghi poteri di cui sono dotati le autonomie locali di uno Stato Federale, ha riconosciuto, nel rispetto di un quadro costituzionale in cui le prerogative statali sono prevalenti, ampi poteri in materia tributaria agli enti locali.

Non a caso, la dottrina, nell’analisi della Legge Costituzionale n. 3 del 2001, ha evidenziato come, a differenza del testo originario della Legge fondamentale che inquadrava Regioni, Province e Comuni quali “parti” della Repubblica, la suddetta riforma li trasformava in “elementi costitutivi”, al pari delle Città metropolitane, con pari dignità istituzionale, pur nella diversità delle rispettive competenze.

Ci si è chiesto se la modifica dinanzi menzionata dell’articolo 114, apportata dalla Legge Costituzionale n. 3 del 2001, comportasse una rivoluzione sostanziale oppure soltanto formale.

La Corte Costituzionale, in realtà, già nella sentenza 8 luglio 2003, n. 274, aveva precisato che l’articolo 114 novellato “non comporta affatto una totale equiparazione fra gli enti indicati, che dispongono di poteri profondamente diversi tra loro: basti considerare che solo allo Stato spetta il potere di revisione costituzionale e che i Comuni, le Città metropolitane e le Province (diverse da quelle autonome) non hanno potestà legislativa”.

Non a caso, esaminando attentamente il nuovo riparto delle competenze legislative tra Stato e Regioni, si comprende che lo Stato risulta titolare della potestà legislativa esclusiva in materia di sistema tributario e contabile dello Stato e di perequazione delle risorse finanziarie ( art. 117, comma 2, lett. e), istituisce un fondo perequativo per i territori con minore capacità fiscale per abitante ai sensi dell’articolo 119, comma 3 della Costituzione, destina risorse aggiuntive per la promozione dello sviluppo economico, della coesione e della solidarietà sociale ( art. 119, comma 5, Cost.), nonché determina i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali da garantire sull’intero territorio nazionale, ai sensi dell’articolo 117, comma 2, lett. m. della Costituzione.

Alla legislazione concorrente tra Stato e Regioni risulta affidato il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario (art. 117, comma 3, Cost.), mentre alle Regioni spetta la potestà legislativa residuale in riferimento ad ogni altra materia non espressamente riservata alla Legislazione dello Stato.

Queste modificazioni legislative che avevano come obiettivo garantire maggiori competenze alle Regioni e agli enti locali hanno condotto, nella prassi, soltanto ad innovazioni marginali; non è un caso che l’autonomia tributaria degli enti locali ha subito numerose compressioni, avallate non solo dai Governi che si sono succeduti ma anche dalle stesse autonomie locali che, salvo qualche encomiabile eccezione, hanno mostrato di non volersi impegnare nell’area della fiscalità. Si deve, inoltre, ricordare che, anche la Corte Costituzionale, con numerose sentenze, tra le quali si ricordano la sentenza 22 settembre 2003, n. 296 e n. 297, nonché la sentenza 2 ottobre 2003, n. 311, ha contribuito a garantire l’ultrattività del sistema anteriore alla riforma, specificando che i tributi anteriori alla riforma Costituzionale medesima, istituiti con leggi statali, ancorché con gettito riservato alle autonomie locali, non possono essere considerati tributi di quest’ultime e che solo lo Stato ha il potere di sopprimere o di modificare tali tributi, nonché che il nuovo sistema delle competenze non può avviarsi, se non con previa fissazione dei nuovi principi di coordinamento da parte della legge statale.

In altre parole, viene riconosciuto allo Stato il potere di fissare, con propria legge, non solo i principi cui i Legislatori regionali dovranno attenersi, ma anche di definire gli spazi e i limiti entro i quali potrà esplicarsi la potestà impositiva dello Stato medesimo, delle Regioni e degli Enti locali.

Ritornando sul tema, con la sentenza 26 gennaio 2004, n. 37, la Corte Costituzionale ha sancito che, in mancanza della predetta Legge statale, le Regioni potevano soltanto istituire tributi aventi presupposti diversi rispetto a quelli statali, ma era loro inibito il potere di istituire e disciplinare tributi propri aventi gli stessi presupposti dei tributi statali o di modificare i tributi esistenti e regolati dalle leggi dello Stato.

In conclusione, esaminando attentamente la riforma del Titolo V della Costituzione, si deve affermare che la stessa riconosce un sistema binario in cui, accanto al sistema dei tributi statali, disciplinato dalla normativa dello Stato, nel rispetto dell’articolo 23 della Costituzione, esiste il sistema dei tributi regionali e locali, disciplinato da legge statale limitatamente ai principi fondamentali del coordinamento, da leggi regionali, che non solo completano la disciplina di coordinamento ma stabiliscono, ai sensi dell’articolo 119 della Costituzione, tributi propri e quelli attribuiti alla gestione degli altri enti locali, e, infine, da fonti regolamentari e statutarie di competenza di questi ultimi.

Ancora nel 2008, però, la Corte Costituzionale, confermando il precedente indirizzo descritto, stabiliva nella sentenza del 13 febbraio, n. 102 che “il quadro normativo risultante dalla riforma costituzionale è stato interpretato nel senso… che l’esercizio del potere esclusivo delle Regione di autodeterminazione del prelievo è ristretto a quelle limitate ipotesi di tributi, per la maggior parte di “ scopo” o “corrispettivi”, aventi presupposti diversi da quelli degli esistenti tributi erariali.

Dopo aver valutato attentamente gli interventi giurisprudenziali sul tema, nonché le modifiche legislative apportate dalla Legge Costituzionale n. 3 del 2001, si può affermare che, nel sistema dei tributi delineato, sia stato lasciato poco spazio nei confronti dei tributi regionali propri.


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