I punti principali del parere del Consiglio di Stato sul codice dei contratti pubblici

I punti principali del parere del Consiglio di Stato sul codice dei contratti pubblici

Il nuovo Codice dei contratti pubblici è stato approvato con d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, pubblicato nella G.U. n. 91 del 19 aprile 2016, Suppl. Ord. n. 10.

Contesto ordinamentale: il vecchio codice

I contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture sono una voce significativa della spesa pubblica, con la duplice implicazione di costituire una leva importante della politica economica e sociale di un Paese, e di essere particolarmente sensibili a pratiche corruttive e fenomeni di inquinamento del mercato da parte della criminalità organizzata.

Nella disciplina dei contratti pubblici occorre coniugare apertura del mercato, flessibilità e semplificazione burocratica con la tutela dei valori di trasparenza e lotta alla corruzione e criminalità organizzata.

La materia dei contratti pubblici è trasversale e conseguentemente il nuovo codice deve inserirsi armonicamente nel tessuto del vigente ordinamento, in termini di coerenza del linguaggio e uniformità degli istituti giuridici.

Finora in Italia i contratti pubblici relativi a lavori servizi e forniture sono stati regolati dal d.lgs. n. 163/2006 (codice dei contratti pubblici) e dal d.P.R. n. 207/2010 (regolamento di esecuzione e attuazione del codice), oltre a una serie di altri atti normativi, primari o secondari, per specifici settori.

Il codice del 2006 (che a sua volta recepiva due direttive comunitarie e sostituiva la c.d. legge Merloni) è stato sino ad oggi modificato da 52 atti normativi nazionali e da sei regolamenti comunitari. Solo in tre casi si è trattato dei fisiologici decreti legislativi correttivi (nell’arco del primo biennio); nel solo anno 2012 il codice è stato modificato con otto atti normativi, di cui sette decreti legge; nell’anno 2014 è stato modificato da nove atti normativi di cui otto decreti legge.

Il quadro normativo previgente conta, solo sommando codice e regolamento generale, 630 articoli e 37 allegati. Senza contare normative settoriali (appalti della difesa, beni culturali, servizi segreti),  norme isolate sparse, e, soprattutto le leggi regionali sui contratti pubblici, che possono essere veri e propri “codici” per le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano.

La Corte costituzionale è stata ripetutamente chiamata a dirimere i conflitti di competenza legislativa tra Stato, Regioni e Province autonome in materia di appalti.

Nel corso degli anni si sono sovrapposte norme e regimi transitori, con incertezza delle regole, aumento del contenzioso e dei costi amministrativi per le imprese, soprattutto piccole e medie.

Numerosi gli interventi interpretativi del giudice amministrativo e dell’ANAC: la sola adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha reso 48 decisioni in funzione nomofilattica dal 2010 ad oggi.

Il quadro normativo anteriore al nuovo codice sconta, oltre alla complessità delle fonti, una complessità soggettiva (sono state censite oltre 32.000 stazioni appaltanti) e procedurale (numerose procedure di gara atipiche rispetto ai modelli comunitari).

Infine, complesso è il quadro del contenzioso, essendo competenti sugli appalti pubblici, in diversi ambiti e sotto diverse angolazioni, il giudice amministrativo, il giudice civile, quello penale e quello contabile, senza contare gli interventi della Corte costituzionale e della Corte di giustizia dell’Unione europea. Non sempre è chiaro l’ambito di reciproca competenza e si genera così ulteriore contenzioso.

 Contesto ordinamentale: le nuove direttive

Le tre nuove direttive comunitarie (23, 24 e 25 del 2014) sugli appalti pubblici fanno parte della strategia Europa 2020 e perseguono obiettivi ambiziosi:

– rendere più efficiente l’uso dei fondi pubblici;

– garantire la dimensione europea del mercato dei contratti pubblici di lavori servizi e forniture, incentivando la concorrenza e  tutelando anche le piccole e medie imprese;

– l’uso strategico degli appalti pubblici, come strumento di politica economica e sociale;

– lotta alla corruzione attraverso procedure semplici e trasparenti, e certezza del quadro regolatorio.

Le tre nuove direttive perseguono gli obiettivi fissati attraverso importanti novità:

–  per la prima volta, una disciplina sistematica delle concessioni di beni e servizi;

– strumenti di aggiudicazione innovativi e flessibili;

– strumenti elettronici di negoziazione e aggiudicazione;

– utilizzo generalizzato di forme di comunicazione elettronica;

– centralizzazione della committenza;

– criteri di sostenibilità ambientale e sociale nell’affidamento e nell’esecuzione dei contratti;

– rafforzata tutela dei subappaltatori;

– introduzione del documento unico europeo di gara;

– disciplina dei conflitti di interesse;

– risoluzione dell’appalto, anche a distanza notevole di tempo, per stigmatizzare gravi violazioni commesse in sede di aggiudicazione.

Contesto ordinamentale: la legge delega

La legge delega n. 11 del 2016 prevede una operazione di codificazione settoriale, mediante recepimento delle tre direttive e al contempo riordino dell’intera disciplina.

La legge delega n. 11 del 2016 impone semplificazione e accelerazione delle procedure salvaguardando al contempo valori fondamentali quali la trasparenza, la prevenzione della corruzione e della infiltrazione della criminalità organizzata, la tutela ambientale e sociale.

La legge delega n. 11 del 2016 va oltre il recepimento delle tre direttive, introducendo ulteriori strumenti e istituti inediti, che, se ben declinati, potranno portare effettiva trasparenza e efficienza in un mercato non immune da vischiosità burocratica e illegalità.

La legge n. 11 del 2016 costituisce delega “lunga” e puntuale, per un totale di 71 principi, rispetto ai quattro principi della delega contenuta nella legge n. 62 del 2005, sulla base della quale fu varato il previgente codice degli appalti pubblici.

La legge delega impone una drastica riduzione dello stock normativo, perciò esige un codice snello, abbandona il modello del regolamento di esecuzione e introduce strumenti attuativi di soft law.

La legge delega pone il divieto di gold plating, ossia di oneri burocratici non essenziali.

La legge delega fissa obiettivi di qualità della regolazione intesa in senso formale (codificazione e semplificazione normativa) e sostanziale (semplificazione burocratica).

La legge delega contiene essa stessa alcune regole più severe rispetto a quelle comunitarie, in funzione di valori di trasparenza e concorrenza, quali la centralizzazione obbligatoria della committenza, la qualificazione obbligatoria delle stazioni appaltanti, la istituzione di un albo dei commissari di gara, la separazione tra progettazione e esecuzione, i criteri reputazionali per gli operatori economici, il conto corrente dedicato, regole di rigore per gli appalti della protezione civile e per le concessioni autostradali, il dibattito pubblico sulle grandi opere.

La legge delega disegna una governance efficace e efficiente del settore, attraverso la nuova cabina di regia presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il rafforzato ruolo dell’ANAC che coniuga i compiti di autorità anticorruzione e di vigilanza e regolazione del mercato degli appalti pubblici.

Il recepimento delle tre direttive costituisce occasione e sfida per un ripensamento complessivo del sistema degli appalti pubblici in Italia, in una nuova filosofia che coniuga flessibilità e rigore, semplificazione ed efficienza con la salvaguardia di insopprimibili valori sociali e ambientali.

La “sfida storica” del nuovo codice appalti è affidata a un delicato equilibrio in cui è assolutamente indispensabile tenere insieme “il combinato disposto” degli istituti previsti. Perciò:

– il codice “snello” deve essere tempestivamente seguito da atti attuativi chiari, tempestivi, coordinati tra loro;

– le stazioni appaltanti avranno maggiore discrezionalità, ma devono essere poche, ben organizzate e qualificate;

– se aumentano gli appalti sotto soglia, per la previsione dei lotti, e se le regole del sotto soglia sono più flessibili, occorrono controlli rigorosi e una tutela giurisdizionale efficace.

Il nuovo codice e il parere del Consiglio di Stato

Il “codice degli appalti pubblici” e delle concessioni è il primo codice di diritto amministrativo elaborato nella presente legislatura, così auspicabilmente riaprendo una “stagione di codici”, necessari in funzione di semplificazione e chiarezza del quadro regolatorio.

Il codice potrebbe avere un “nome di battesimo”  meglio rispondente ai suoi obiettivi ambiziosi, ed essere denominato “codice dei contratti pubblici”.

Il codice è stato elaborato in via preliminare in poco più di un mese. Il Governo ha meritoriamente optato per un’attuazione della delega in un solo tempo, entro il 18 aprile 2016.

I tempi stretti per il recepimento della delega (meno di tre mesi) hanno dettato una tabella di marcia veloce al Governo e agli organi consultivi.

Il Consiglio di Stato ha ricevuto lo schema di codice il 7 marzo 2016 e ha reso il suo parere in venticinque giorni, nei quali è stata istituita (il 12 marzo) una Commissione speciale di diciannove Magistrati, che ha ripartito i suoi lavori in cinque sottocommissioni, ciascuna coordinata da un Presidente di sezione. La Commissione speciale si è riunita in sede plenaria nell’adunanza del 21 marzo; il parere è stato successivamente redatto e infine pubblicato il 1° aprile.

L’apporto consultivo del Consiglio di Stato si è mosso lungo tre direzioni:

– esame di questioni di carattere generale;

– esame dei singoli articoli con formulazione di osservazioni puntuali e di agevole recepimento;

– esame dei singoli articoli con formulazione di osservazioni che richiedono maggior tempo e dovranno essere affidate ai decreti correttivi.

Dopo il varo del codice, il Consiglio di Stato potrà dare il proprio apporto consultivo per l’elaborazione dei decreti correttivi e degli atti attuativi, o rispondendo a specifici quesiti sulla nuova disciplina.

L’elaborazione di un codice richiede ordinariamente tempi molto lunghi. I tempi stretti di redazione hanno comportato inevitabili refusi, incoerenze e difetti, che potranno essere in parte rimediati da subito attraverso il recepimento dei pareri, in parte mediante gli altri strumenti apprestati dall’ordinamento (avvisi di rettifica, errata corrige, decreti correttivi).

A fini di maggior chiarezza il codice andrebbe corredato da tabelle di corrispondenza delle sue disposizioni a quelle delle direttive e del previgente codice.

Quanto più il codice riuscirà a essere chiaro e completo, tanto più esso avrà raggiunto gli obiettivi di semplificazione del quadro regolatorio, di certezza delle regole, di prevenzione e riduzione del contenzioso.

Il codice e il sistema delle fonti del diritto sovraordinate o pariordinate: rapporto con direttive, legge delega, leggi regionali

Un primo gruppo di problemi di carattere generale attiene alla collocazione del codice nel sistema delle fonti del diritto di rango sovranazionale e costituzionale e delle fonti di rango primario: rispetto delle direttive comunitarie, rispetto della legge delega sotto il duplice profilo della mancata o inesatta attuazione, rispetto delle competenze legislative regionali.

Il primo problema generale è il rapporto tra direttive, legge delega e codice, quanto al divieto di gold plating (inserimento di oneri aggiuntivi rispetto al livello minimo prescritto dalle direttive).

Tale divieto va riferito agli oneri burocratici fini a sé stessi, non alle prescrizioni poste a tutela di valori costituzionali ritenuti più pregnanti del valore competitività, quali la tutela del lavoro, della salute, dell’ambiente, la trasparenza e prevenzione della corruzione e delle infiltrazioni criminali.

La legge delega, che pone il divieto di gold plating nel recepimento delle direttive, può essa stessa derogarvi a tutela di detti valori.

Anche il codice può, in circostanze eccezionali, derogare al divieto di gold plating, dandone conto con adeguata motivazione (nella scheda di analisi di impatto della regolamentazione). Si giustificano così alcune opzioni di maggior rigore (ad esempio in materia di subappalto, o concessioni), già fatte dal codice.

Il Consiglio di Stato invita il Governo a valutare, in certi ambiti, la possibilità di una disciplina di maggior rigore a tutela di fondamentali valori: in tema di appalti sotto soglia, subappalto, contratti esclusi.

Il divieto di gold plating dovrà essere rispettato anche in sede di adozione degli atti attuativi del codice.

Il mancato o incompleto recepimento di alcuni punti della legge delega costituisce una scelta politica del Governo, non sindacabile in sede di parere di legittimità; con il warning che l’omessa attuazione della delega non potrà essere rimediata mediante i decreti correttivi.

È mancato il completo recepimento dei principi di delega relativi ai conti correnti dedicati, alle concessioni del servizio idrico, agli obblighi di esternalizzazione e avvio tempestivo delle nuove gare per le concessioni nuove.

La complessità della delega e i tempi stretti per la sua attuazione hanno determinato nel codice alcune imprecisioni, che vanno corrette per fugare dubbi di eccesso di delega.

Dubbi di violazione della delega sorgono con riguardo alla gara informale negli appalti sotto soglia con un numero minimo di tre concorrenti, in luogo del minimo di cinque fissato dalla delega, alla disciplina degli appalti della protezione civile e a quella del dibattito pubblico.

Le competenze legislative dello Stato e delle Regioni (ordinarie e speciali) nonché delle Province autonome di Trento e Bolzano, in materia di contratti pubblici, vanno verificate alla luce sia del vigente art. 117 Cost.  che del futuro (in itinere) art. 117 Cost.

È sconsigliabile l’elaborazione di una norma codicistica che delinei tale riparto di competenza tra Stato e Regioni (che compete alla Costituzione), e in subordine va impiegata una formulazione elastica, compatibile sia con il vigente che con il futuro art. 117 Cost.

La nuova disciplina delle Commissioni di gara può ascriversi alla competenza esclusiva statale, nella prospettiva del suo carattere pro concorrenziale e di tutela della trasparenza.

Il codice e la qualità della regolazione formale e sostanziale

Un secondo gruppo di questioni di carattere generale attiene ai profili della codificazione nella prospettiva dei parametri, anche internazionali, di better regulation, e ai rapporti tra codice e suoi atti attuativi.

Il codice va analizzato anzitutto secondo i parametri della qualità formale della regolamentazione.

Sotto il profilo della completezza del riordino, si chiede che si riproducano e/o abroghino tutte le fonti previgenti, secondo il primato dell’abrogazione espressa su quella tacita; andrà (prima o poi) riordinata nel codice anche la legislazione di contabilità di Stato, ormai “ultranovantenne”.

Si auspica (futura) stabilità normativa, dovendosi evitare modifiche continue delle disposizioni sugli appalti; a tal fine, non essendo sufficiente, se non come monito morale ed esegetico, la clausola di riserva di codice, andrebbero de iure condendo utilizzati strumenti quali la legge annuale sugli appalti, o apposite sessioni parlamentari.

Il codice deve rispettare il canone della chiarezza formale, declinata come

– chiarezza del linguaggio utilizzato, univoco e coerente con l’intero ordinamento giuridico nazionale;

– chiarezza dei singoli articoli, che devono essere snelli e sintetici; “peccano” per eccesso l’art. 3 del codice, con 83 definizioni, enumerate arrivandosi fino alla lettera vvvv), e il comma 7 dell’art. 93, articolato in sei lunghe frasi a loro volta composte di numerosi periodi sintattici;

– coerenza interna del codice, quanto a rinvii interni, definizioni, rubriche degli articoli;

– coerenza esterna del codice, con definizioni e norme contenute in altre discipline settoriali, vigenti o in corso di approvazione, quali il codice dell’amministrazione digitale, della trasparenza, la disciplina delle società pubbliche, il codice dei beni culturali, il codice penale, il testo unico del casellario giudiziale, la legge quadro sul procedimento amministrativo.

Il codice e i suoi atti attuativi. Natura degli atti attuativi di soft law

Il codice va analizzato anche secondo il parametro della qualità sostanziale della regolamentazione.

Si condivide l’abbandono del modello dell’unico regolamento di attuazione, che sinora non ha dato buona prova (per iperregolamentazione di dettaglio e tempi lunghi di adozione).

Si esprime preoccupazione per l’attuazione del codice affidata a oltre 50 atti attuativi, analiticamente censiti. Anche gli atti attuativi dovranno attenersi al divieto di gold plating.

Sarà necessario un costante monitoraggio e verifica di impatto della nuova disciplina codicistica, anche per i futuri correttivi.

Si richiede che la cabina di regia istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri elabori un piano di azione della fase attuativa del codice, coordinando gli interventi di competenza dei diversi Ministeri, assicurando la tempestiva e ordinata attuazione, e evitando sovrapposizioni e duplicazioni.

La cabina di regia dovrà avere un ruolo cruciale anche per il monitoraggio e la verifica di impatto del codice.

Una seria verifica di impatto richiede un tempo minimo di due anni: il termine per l’adozione dei correttivi, fissato in un anno, appare troppo breve, e si auspica che il Parlamento possa portarlo a due anni.

Si ipotizza un doppio ruolo dei decreti correttivi: un correttivo in senso “atecnico” per emendare da subito errori inevitabili stante la complessità dell’attuazione della delega e i tempi stretti; uno o più correttivi in senso “tecnico” dopo un congruo e effettivo periodo di monitoraggio e verifica di impatto della regolamentazione.

Gli atti attuativi, dopo l’adozione, devono essere raccolti in testi unici da ciascuna Autorità competente (in particolare MIT e ANAC).

Nella fase attuativa il Consiglio di Stato potrà esplicare la sua funzione consultiva mediante risposta a quesiti specifici o parere sui singoli atti attuativi.

Il delicato tema della natura giuridica della c.d. soft law, va affrontato analizzando le tre tipologie di linee guida previste dalla delega, tutte, secondo la delega, giustiziabili davanti al giudice amministrativo.

I decreti ministeriali contenenti le linee guida adottate su proposta dell’ANAC, e sottoposti a parere delle commissioni parlamentari, sono veri e propri regolamenti, che seguiranno lo schema procedimentale disegnato dall’art. 17, legge n. 400 del 1988 (ivi compreso il parere del Consiglio di Stato).

Le linee guida “vincolanti” dell’ANAC, sono (non regolamenti, bensì) atti di regolazione di un’Autorità indipendente, che devono seguire alcune garanzie procedimentali minime: consultazione pubblica, metodi di analisi e di verifica di impatto della regolazione, metodologie di qualità della regolazione, compresa la codificazione, adeguata pubblicità e pubblicazione, se del caso parere (facoltativo) del Consiglio di Stato.

Le linee guida non vincolanti dell’ANAC avranno un valore di indirizzo a fini di orientamento dei comportamenti di stazioni appaltanti e operatori economici.

Nel “regolamento di confini” tra materie assegnate alle linee guida ministeriali e alle linee guida dell’ANAC, la qualificazione, attenendo a requisiti e status soggettivi, è tipicamente affidata a regole generali e astratte che completano le norme di rango primario, e dovrebbe essere affidata a fonte regolamentare, quali sono i decreti ministeriali. La competenza dell’ANAC troverebbe comunque piena esplicazione attraverso il potere di proposta, essendo la proposta un atto tipico che predetermina il contenuto del provvedimento finale.

La disciplina transitoria

Un ultimo, ma non per ordine di importanza, problema di carattere generale è quello della fase  transitoria. Essendo molteplici gli atti attuativi del codice che dovranno sostituire l’attuale, pressoché unico, regolamento generale, è auspicabile che detto regolamento non sia abrogato con effetto immediato, il che creerebbe un vuoto normativo, ma dalla data di adozione dei singoli atti attuativi (che opereranno una ricognizione delle disposizioni sostituite) e comunque con una “ghigliottina” allo scadere di due anni (circa) dall’entrata in vigore del codice.

Questioni specifiche maggiormente rilevanti

Riguardo alle disposizioni più rilevanti dell’articolato, il Consiglio di Stato ha richiesto che:

Ø  sia espunta la previsione che fa salve speciali disposizioni vigenti per amministrazioni, organismi e organi dello Stato dotati di autonomia finanziaria e contabile, apparendo generica, eccentrica, non conforme alle direttive e alla legge delega (art. 1);

Ø  la regola di riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni sia flessibile e coerente sia con il vigente che con il futuro art. 117 Cost. (art. 2);

Ø  le definizioni siano chiare, leggibili, coerenti con gli articoli specifici (art. 3);

Ø  l’in house sia meglio coordinato con la disciplina (in itinere) sui limiti alla costituzione delle società pubbliche (artt. 5 e 192);

Ø  vi sia prudenza nel tasso di semplificazione degli affidamenti sotto soglia e dei contratti esclusi, che potrebbe esitare in una riduzione eccessiva di concorrenza e trasparenza; alla gara informale si invitino almeno cinque concorrenti (artt. 4 e 36);

Ø  l’obiettivo, innovativo e centrale, della riduzione del numero delle stazioni appaltanti, attraverso la loro qualificazione e centralizzazione obbligatorie, sia perseguito con determinazione, mediante una celere adozione degli atti attuativi, e salvaguardando meglio le piccole e medie imprese nei confronti della grande committenza (artt. 37-41);

Ø  la disciplina dei requisiti morali dei concorrenti abbia maggior rigore, mediante ampliamento del novero delle condanne penali ad effetto escludente e mediante ripescaggio di altre fattispecie escludenti previste dal vecchio codice (art. 80);

Ø  la disciplina dei requisiti reputazionali non sia  punitiva degli operatori che esercitano in modo legittimo e non emulativo o pretestuoso il diritto di difesa in giudizio (art 84);

Ø  il soccorso istruttorio sia chiaro nei suoi presupposti e limiti, e non sia mai oneroso (art. 83);

Ø  la qualificazione degli operatori economici sia affidata a principi codicistici e regole attuative (di natura sostanzialmente regolamentare) chiare; il sistema SOA sia ripensato all’esito della revisione straordinaria affidata all’ANAC (artt. 83 e 84);

Ø  sia chiaro il coordinamento tra codice appalti e codice della disciplina antimafia (art. 80);

Ø  la disciplina dell’avvalimento, sia completata con la previsione del contratto di avvalimento, mentre è corretta la mancata riproduzione dei divieti di avvalimento plurimo, frazionato, e infra-ATI (art. 89);

Ø  il preferenziale criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa non sia vanificato da fughe elusive nel criterio del prezzo più basso, e sia garantito per tutti i servizi a contenuto intellettuale (art. 95);

Ø  nella disciplina delle offerte anomale si ripristinino garanzie procedimentali minime della fase di verifica in contraddittorio, e si valuti il ripristino dell’esclusione automatica per le offerte anomale sotto soglia; si ripristini la facoltà di estendere la verifica di anomalia anche a offerte che non superano la soglia matematica di anomalia (art. 97);

Ø  il principio di tendenziale separazione tra progettazione e esecuzione non sia eluso mediante contratti atipici di partenariato pubblico-privato (art. 180);

Ø  le deroghe alla gara pubblica in caso di eventi di protezione civile siano di stretta interpretazione e limitate allo stretto necessario; sia circoscritto il presupposto della previsione di un evento imminente, che non può che essere una previsione fondata su parametri scientifici e riferita alla probabile oltre che imminente verificazione dell’evento; siano abrogate espressamente le previgenti regole derogatorie specifiche dettate per singoli eventi (artt. 63 e 163);

Ø  per gli appalti nei settori speciali, sia chiaro e definito il regime derogatorio; mentre è corretta l’estensione di disposizioni di maggior rigore a tutela della trasparenza, della partecipazione e della concorrenza, sia chiarito l’ambito della disciplina applicabile alla fase di esecuzione (artt. 114 ss.);

Ø  nelle concessioni il rischio sia l’effettivo elemento differenziale dall’appalto; si valuti il completamento dell’attuazione della delega in tema di concessioni autostradali (ivi compresi il divieto di proroga e l’avvio tempestivo delle procedure di gara) e obblighi di esternalizzazione (artt. 164, 165, 177, 178);

Ø  nella cornice generale del partenariato pubblico-privato siano chiari la definizione, l’ambito, la portata del rischio e l’ambito della progettazione a carico del partner privato (art. 180);

Ø  il precontenzioso sia disciplinato con modalità chiare, per evitare che si generi un “contenzioso sul precontenzioso” (art. 211);

Ø  la decisione dell’ANAC resa in sede precontenziosa sull’accordo delle parti, che vincola le parti, sia impugnabile entro un termine breve, e si preveda che il giudice valuterà la condotta della parte soccombente ai fini della lite temeraria (art. 211);

Ø  si rimoduli il potere dell’ANAC di sollecito dell’autotutela delle stazioni appaltanti, trasformandolo da potere sanzionatorio a potere impugnatorio secondo il modello AGCM (controllo collaborativo) (art. 211);

Ø  l’immediata impugnazione degli atti di ammissione e esclusione dalle gare sia accompagnata da tempi certi di conoscenza e accesso agli atti; si valuti una riduzione della misura del contributo unificato; non si sopprima la tutela cautelare nel rito superspeciale (artt. 204, 29, 76);

Ø  il dibattito pubblico sia da subito obbligatorio, e si chiarisca l’ambito dei soggetti ammessi al dibattito, mentre è corretta l’estensione dell’istituto ai settori speciali (art. 22).

Altre questioni specifiche

Riguardo alle disposizioni più rilevanti dell’articolato, il Consiglio di Stato ha richiesto che:

Ø   non si restringano eccessivamente i tempi per la verifica preventiva di interesse archeologico (art. 25);

Ø   nella scansione delle fasi delle procedure di affidamento, si elimini ogni riferimento all’aggiudicazione provvisoria e definitiva, da qualificare, più propriamente, e rispettivamente, come proposta di aggiudicazione e aggiudicazione tout court (art. 32);

Ø   non si eludano le regole dello stand-still nell’avvio di urgenza dell’esecuzione del contratto (art. 32);

Ø   sia chiaro l’uso delle espressioni sotto soglia, sopra soglia, pari alla soglia (art. 35 e articoli che lo richiamano);

Ø   nella scelta delle procedure sia meglio chiarito il rapporto tra regola (procedure aperte e ristrette) e eccezioni (procedure negoziate con e senza bando, dialogo competitivo, partenariato per l’innovazione) (art. 59);

Ø   nella procedura negoziata senza bando per ragioni di estrema urgenza a causa di eventi imprevedibili non si menzionino tipi nominati, quali le bonifiche e la protezione civile, che non possono essere ipotesi aggiuntive, ma solo esemplificative (art. 63);

Ø   nel dialogo competitivo non sia ricopiata la vecchia definizione non più attuale (artt. 3 e 64);

Ø   nella disciplina dell’albo dei commissari di gara si fissino per legge i principi sui requisiti dei commissari (artt. 77 e 78);

Ø   siano meglio precisati i presupposti per la partecipazione alle gare e per la prosecuzione dei contratti in caso di sottoposizione dell’operatore economico a procedure concorsuali (art. 110);

Ø   sia espressamente motivato nell’AIR il divieto di avvalimento per gli appalti nel settore dei beni culturali (art. 146);

Ø   nella cessione di immobili pubblici in cambio di opere sia meglio circoscritta e garantita la possibilità di trasferimento della proprietà del bene pubblico prima del completamento dei lavori (art. 191);

Ø   nella disciplina del contraente generale siano più chiari deroghe e rinvii alla disciplina generale, e si valuti la competenza transitoria sul sistema di qualificazione (artt. 194 ss.);

Ø   le discipline transitorie contenute nel codice siano tutte accorpate in un unico articolo finale (art. 216);

Ø   sia integrato l’elenco delle abrogazioni espresse con una puntuale ricognizione del quadro normativo vigente (art. 217).

Per approfondimenti:
Consulta il sito della Giustizia Amministrativa

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