I reati culturalmente orientati: analisi della rilevanza penale attribuita al fattore culturale
La nostra società non è più una società monoculturale: i flussi migratori hanno sostituito il concetto di unico, lasciando il posto al concetto di molteplice e di variegato. Si fa sempre più strada la necessità di ricercare un punto di incontro tra gli istituti del Diritto Penale, incentrati e costruiti sulla unitarietà della nazione, e la diversità culturale che sempre più caratterizza il nostro paese.
Infatti, è noto come, al giorno d’oggi, la società sia caratterizzata dalla presenza di individui provenienti da diverse parti del mondo e, in quanto tali, possessori di un proprio bagaglio culturale, intriso di usi e di costumi che ne rispecchiano l’origine e le tradizioni. Le società contemporanee sono, dunque, sempre più definite come delle società “multiculturali”. La crescita esponenziale dei flussi migratori ha causato, e causa tutt’oggi, un incontro scontro tra “patrimoni” totalmente differenti e, spesso, in inevitabile contrasto. La presenza di questo nuovo panorama determina la necessità di fare i conti con una realtà rinnovata, con una “società al plurale”, nella quale etnie, religioni, linguaggi rivendicano le loro autonomie, in una universale corsa alla autodeterminazione e al pieno riconoscimento delle identità.
In un contesto così variegato, si presenta la possibilità che individui appartenenti ad un ambiente culturale differente da quello ospitante, indotti dal rispetto dei propri principi e dall’osservanza delle proprie tradizioni, vogliano, e in certi casi persino debbano, attenersi a comportamenti che siano conformi alle proprie usanze e porre in essere condotte che per la cultura ospitante sono non condivisibili o del tutto deplorevoli. Spesso questi stessi individui non richiedono esclusivamente che le proprie tradizioni ed usanze vengano riconosciute e rispettate nel paese ospitante, bensì si spingono, talvolta, a riprodurre comportamenti e consuetudini del proprio universo culturale di origine che, in svariate ipotesi, inevitabilmente, entrano in contrasto con i principi e con le regole giuridiche che stanno alla base della cultura ospitante.
Ebbene, come conciliare tale stato di cose con la necessità di far rispettare a tutti i cittadini – senza distinzioni legate al paese di provenienza e al bagaglio culturale – le regole che la nostra società detta in materia di reati di rilevanza penale?
In altre parole, ci si propone di verificare la posizione assunta dal nostro ordinamento nei confronti di detta delicata questione.
A ben vedere, risulta agevole la collocazione del sistema penale italiano all’interno degli orientamenti assimilazionisti-discriminatori. Prova ne è la costante giurisprudenza in materia di reati culturalmente orientati, con cui i giudici hanno, di fatto, sancito l’adozione di un modello che non tende a riconoscere la diversità culturale nell’ambito penale, nonostante vari – seppur minimi – tentativi di apertura al problema. Una tale propensione è sicuramente giustificata dalla introduzione di una normativa specifica per i reati di MGF (Mutilazioni Genitali Femminili) e di impiego di minori nell’accattonaggio, che ne ha così determinato il mutamento da contravvenzione a delitto.
Entrambe le previsioni normative sono rivolte a un inasprimento della sanzione comminata e, pertanto, ciò determina la collocazione del nostro ordinamento all’interno dei sistemi assimilazionisti nella loro accezione discriminatoria, che fa di loro dei sistemi iperpunitivi.
E’ sempre bene ricordare come vi siano, alle volte, sprazzi di luce che farebbero intendere un cambiamento di rotta. La realtà giurisprudenziale tuttavia, non ne è pioniera. Se, infatti, da un lato si sostiene che gli appartenenti alle minoranze debbano totalmente conformarsi alla legge dello Stato Italiano, e che, in caso contrario, non si potrà far altro che comminare una pena – sulla cui entità spesso incidono maggiormente le aggravanti, come quella dei futili motivi, piuttosto che le attenuanti -, dall’altro, talvolta, si ritiene di dover tenere in dovuta considerazione le ragioni di matrice culturale che hanno indotto il soggetto ad agire. In altre parole, non ci si rende conto che tutte le espressioni riconducibili al gruppo etnico di cui fa parte il soggetto agente dovrebbero essere rilevanti ai fini della valutazione sulla gravità del reato commesso e sulla entità della pena da infliggere.
E’ ormai assodato, tuttavia, che pronuncia dopo pronuncia, non prendendo posizione dinanzi alla ormai palese presenza di tale categoria di reato, si tenda sempre più a discostarsi dal problema, lasciando nell’aria aloni di incertezza.
Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
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