I riflessi dell’elezione al parlamento sul rapporto di lavoro
Quali diritti e tutele spettano ai lavoratori subordinati ed autonomi eletti a cariche pubbliche?
Sul tema si sono sviluppate, nel corso degli anni, tutele e garanzie mediante l’intervento di norme ad hoc.
Obiettivo cardine del legislatore è stato quello di attuare quelli che sono i principi costituzionali, al fine di rendere effettivo e più agevole l’accesso alle cariche pubbliche elettive; argomento passato al vaglio della Corte Costituzionale (sentt. nn. 193 e 194 del 1981), la quale ha spinto il legislatore a sugellare la disciplina sia per i lavoratori subordinati sia per i lavoratori autonomi.
Alla base della normativa susseguitasi vi è il più ampio e generale diritto inviolabile al lavoro, ex art. 4 Cost., come uno dei valori fondativi della Repubblica Italiana e come status tramite il quale il cittadino realizza la propria partecipazione all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
L’articolo 51 Cost. consacra questo diritto garantendo la possibilità di concorrere al progresso sociale del Paese, non solo con la propria attività lavorativa, ma anche attraverso la partecipazione alla vita politica ed amministrativa.
Numerosi sono stati gli interventi legislativi, in virtù di quello che è il rinvio costituzionale, ai fini della fissazione dei requisiti e delle caratteristiche cardine per lo svolgimento del mandato.
La disciplina oggi è contenuta nello Statuto dei Lavoratori l. 20 maggio 1970 n. 300 per quanto concerne gli eletti al Parlamento nazionale (oltre che a quello europeo e presso le assemblee regionali), cui riferimento è agli artt. 31 e 32; la norma de qua tratta il tema secondo l’ottica del cittadino, lavoratore, eletto.
La norma statutaria è stata decisiva, poiché ha segnato il passaggio da una aspettativa di tipo retribuita di cui l. 1078/66 ad un tipo di aspettativa non retribuita. La Ratio legis è rivolta a tutelare essenzialmente la posizione del datore, nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato, allo scopo di non gravare, in capo ad esso, di qualsiasi onere, che sarebbe potuto scaturire in seguito all’elezione pubblica di un proprio dipendente.
Diverse sono le applicazioni degli istituti dell’aspettativa, dei permessi e dell’indennità a seconda che si tratti di lavoratore subordinato od autonomo.
Il lavoratore subordinato beneficia di una garanzia piena, sia dal punto di vista della conservazione del rapporto di lavoro sia della posizione previdenziale ed assicurativa, a differenza di quanto possa dirsi per il lavoratore autonomo, il quale non gode di particolari tutele, essendo estraneo, giustappunto, ad un rapporto c.d. sinallagmatico.
Oggi l’aspettativa, per il lavoratore subordinato, non è retribuita per tutta la durata del mandato elettorale e dà luogo alla sospensione dell’obbligazione lavorativa, ma non determina lo scioglimento del rapporto di lavoro. La Ratio sottesa è rintracciabile in un regime di irrecedibilità a favore del prestatore di lavoro.
Sopraggiunta l’aspettativa è possibile attestare una sorta di situazione, o per meglio dire di stato, di quiescenza; nient’altro che un affievolimento per la temporanea inefficacia delle obbligazioni principali che caratterizzano il rapporto di lavoro in questione: prestazione e retribuzione.
Allo stesso modo, i permessi si qualificano quali strumenti utilizzati al fine di garantire che il lavoratore disponga del tempo necessario all’adempimento del mandato. Il discrimen, rispetto all’istituto dell’aspettativa, consiste nel fatto che tale formulazione deve essere necessariamente interpretata in maniera restrittiva, nel senso che si fa esclusivamente riferimento alla limitata durata delle attività, riunioni, etc. che l’elezione, inevitabilmente, comporta.
Destinatari, dunque, del diritto all’aspettativa e ai permessi sono esclusivamente i lavoratori subordinati, in ragione di quella che è la natura del rapporto di lavoro, sorretto dalla sinallagmaticità tra prestazione e corresponsione.
Il collocamento in aspettativa e la fruizione dei permessi sono tra loro in un rapporto di alternatività. L’una ipotesi, esclude l’altra.
L’istituto dell’indennità, di carica o di presenza, si configura come quel compenso, c.d. munus, attribuito indistintamente sia ai lavoratori subordinati sia ai lavoratori autonomi, eletti parlamentari.
L’ordinamento, tuttavia, riserva una particolare aspettativa, se così può definirsi. Il Ministero dell’Interno, infatti, con parere del 9 aprile 2015 n. 15900, attribuisce al lavoratore la possibilità di sospendere l’attività lavorativa, al fine di esercitare, a tempo pieno, le attività ed i lavori relativi al mandato, godendo, soltanto, dell’indennità di carica, come prevista per la carica parlamentare.
Indubbiamente, è doveroso constatare e confermare come la categoria dei dipendenti goda di una garanzia piena sia per la possibilità di sospendere il lavoro sia ai fini fiscali.
Tale categoria può usufruire, in virtù del principio costituzionale all’articolo 51 Cost., dell’aspettativa, dei permessi e delle indennità relative alla carica ricoperta.
Si evidenzi come il lavoratore subordinato sia più incentivato a ricoprire cariche pubbliche. Le numerose normative del nostro ordinamento sono dirette alla tutela degli appartenenti a questa categoria.
Il lavoratore autonomo, come si è potuto rilevare, non gode di privilegi in relazione all’elezione alla carica pubblica, se non quello della percezione di una indennità di carica.
A riguardo deve essere fatta una precisazione; lo stesso lavoratore autonomo può beneficiare dell’elezione a carica pubblica, qualora sia eletto Parlamentare, poiché costui sarà retribuito attraverso una indennità di carica, cospicua, tale da permettere lo stesso di dedicare tutto il tempo allo svolgimento dell’incarico istituzionale.
Si noti, in questo modo, come il tutto dipenda dalla carica cui si è chiamati a ricoprire, e non solo dal tipo di rapporto di lavoro. Difatti particolari cariche, come quella in questione, comportano attività e impegni da svolgersi quotidianamente, tali da dover sospendere o cessare l’attività lavorativa, la quale sarà, comunque, ben compensata.
La tutela per queste cariche è da definirsi quasi totale, poiché i lavoratori interessati, sia essi subordinati sia autonomi, godranno dei benefici riguardanti sia la sospensione temporanea dell’attività lavorativa, per i primi, e sia dell’indennità di carica, che permetterà di proseguire la propria vita senza alcun problema economico.
Gli stessi manterranno un vitale sistema previdenziale, equivalente a quello che possedevano durante il periodo lavorativo.
Beneficio questo che non permette in alcun modo di parificare la condicio del lavoratore autonomo a quella del lavoratore subordinato.
L’effettività di tali garanzie, relative al diritto a ricevere l’indennità, tuttavia, caduca nel momento in cui il mandato elettorale cessa.
I lavoratori, al termine dell’espletamento della carica, avranno la necessità di ricominciare la propria attività lavorativa. Per quanto concerne i lavoratori subordinati, essi, potendo usufruire del diritto all’aspettativa o dei permessi, non riscontreranno alcun problema nel riprendere l’attività lavorativa svoltasi in precedenza all’elezione a carica pubblica.
Diversamente il lavoratore autonomo, qualora decidesse di godere, durante il periodo del mandato, della sola indennità di carica, rinunciando all’attività avviata in precedenza, avrà serie difficoltà nel ricominciare l’attività lavorativa sospesa. La ripresa comporterà problematicità in relazione agli eventuali aggiornamenti professionali, al rapporto con la clientela e con i vari Enti pubblici, qualora trattatasi di libero professionista.
In definitiva, può dirsi che per costoro l’effettività della tutela relativa al mandato eletto risulta assai minoritaria, al punto che essi non potranno godere di alcun beneficio riguardante la sospensione del rapporto di lavoro.
In conclusione, si è cercato di incentivare l’ingresso alle cariche pubbliche elettive a tutti i lavoratori, prevedendo per costoro garanzie e tutele al fine di rispettare il principio della buona amministrazione.
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Sara Plantone
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