I trattamenti sanitari A.B.A. rientrano a tutti gli effetti tra i LEA
I trattamenti sanitari A.B.A. rientrano a tutti gli effetti tra i LEA: storica apertura dei giudici di Palazzo Spada al pieno riconoscimento della tutela del diritto alla salute dei soggetti autistici. Nota a Consiglio di Stato, Sez. III, 6 ottobre 2023 n. 8708.
Sommario: 1. Premessa introduttiva – 2. La particolare vicenda da cui si è sviluppato il contenzioso – 3. Il ricorso di fronte al TAR MARCHE e la decisione dei giudici di primo grado – 4. Le doglianze in appello sollevate davanti al Collegio del Consiglio di Stato – 5. La storica apertura nella motivazione dei giudici di Palazzo Spada: i trattamenti A.B.A. rientrano a pieno titolo nei LEA (Cons. di Stato, sez. III, 6 ottobre 2023 n. 8708) – 6. Riflessioni finali
1. Premessa introduttiva
Il trattamento ABA rientra certamente tra i livelli essenziali di assistenza (LEA), a norma dell’articolo 60 del D. P.C.M. 12 gennaio 2017 e delle conseguenti linee di indirizzo dell’Istituto Superiore di Sanità in attuazione della legge n. 134 del 18 agosto 2015. Tali prestazioni infatti, hanno natura mista, sanitaria e socio-assistenziale ed abbracciano conseguentemente un ambito assistenziale diverso rispetto a quello sanitario-riabilitativo tradizionale.
Non risulta dunque ragionevole opporsi alla necessità, per vero irrinunciabile, di assicurare l’effettivo trattamento A.B.A, nella misura sufficiente prevista dalle Linee d’indirizzo dell’ISS, dovendosi ritenere che tali prestazioni devono concorrere dunque (anche attraverso l’erogazione indiretta e strumentale), a realizzare quella “prestazione di risultato” rappresentata dal visto riconoscimento del trattamento A.B.A. nei LEA.
Diversamente si giungerebbe ad imporre all’amministrazione, nel delicato bilanciamento degli interessi in gioco, di valutare elementi non previsti né prevedibili, al momento del provvedimento, trasformando il giudizio discrezionale che le compete in una forma di intuizionismo insindacabile in sede di legittimità, dallo stesso G.A., in spregio di fondamentali principi quali quelli affermati dagli art. 24, 97 e 111 della Costituzione.
Sulla base di tali innovative considerazioni, il Consiglio di Stato, sez. III, attraverso una storica pronunzia di considerevole rilievo motivazionale, datata 6 ottobre 2023 n. 8708 (Est. A. M. Marra), si è espresso in ordine alla natura dei trattamenti improntati sul metodo A.B.A. (Applied Behaviour Analysis), sul pieno riconoscimento d’inserimento di tale modalità di trattamento tra i LEA e sulla conseguente necessità per le singole Regioni di adottare ex lege tale misura assistenziale (in regime anche domiciliare), con un piano terapeutico di almeno 25 ore settimanali, misura ritenuta indispensabile, per garantire il diritto alla salute delle persone affette da severe forme di spettro autistico.
2. La particolare vicenda da cui si è sviluppato il contenzioso
La vicenda sottoposta all’attenzione dei giudici amministrativi, prende spunto dal secco rigetto dell’istanza dei ricorrenti (nella qualità di genitori esercenti la potestà sul figlio minore gravemente affetto dal disturbo dello spettro autistico), rivolta alle competenti Aziende Sanitarie locali, intesa a ricevere l’erogazione, in via diretta o indiretta, delle prestazioni inerenti all’intervento cognitivo comportamentale A.B.A. (Applied Behaviour Analysis), in regime anche domiciliare e nei contesti di vita per almeno 25 ore settimanali.
Il rigetto dell’istanza da parte dell’Amministrazione sanitaria, veniva formalmente motivato nel presupposto che l’intervento educativo comportamentale domiciliare richiesto per il minore affetto da tale patologia, non rientrerebbe “nel livello essenziale di assistenza autorizzato dalla regione di riferimento” essendo, invece prevista al più, la possibilità di erogazione indiretta attraverso contributi da parte della competente Azienda Sanitaria: in sostanza il nostro ordinamento in tali contesti ammette e prevede soltanto un rimborso parziale delle spese documentate da parte della famiglia.
Tale diniego, poggia sul presupposto dell’assenza di un’espressa e precisa disposizione, indirizzata in via diretta dal legislatore per il trattamento ABA, e questo, secondo l’Amministrazione sanitaria, rappresentava concretamente un ostacolo insuperabile per poter far fronte alle esigenze di protezione sanitaria del minore.
3. Il ricorso di fronte al TAR MARCHE e la decisione dei giudici di primo grado
Contro tale provvedimento di rigetto emesso dall’Amministrazione sanitaria, gli istanti hanno proposto ricorso dinanzi al competente Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche, deducendo che le prestazioni assistenziali concernenti il trattamento A.B.A., rientrerebbero in via interpretativa nei LEA, avuto riguardo all’analisi ermeneutica delle disposizioni normative di cui agli articoli 1, comma 7, e 3 septies, commi 4 e 5, d.lgs. n. 502 del 1992, così come riconosciuto peraltro, dalla stessa giurisprudenza amministrativa (Cons. di Stato, sez. III, sentenza n. 2129/2022).
I giudici del T.A.R. MARCHE, con sentenza motivata, peraltro resa in forma semplificata del 13 febbraio 2023, hanno dichiarato l’inammissibilità del ricorso, respingendolo nel merito.
Va preliminarmente osservato come il giudice di prime cure decideva di trattenere la causa, anche alla luce del noto orientamento della giurisprudenza civile (Cassazione Civile, S.U., ord. n. 1781 del 20 gennaio 2022) secondo il quale “la giurisdizione relativa alla richiesta di una specifica prestazione sanitaria a carico del SSN/SSR appartiene alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di servizi pubblici di cui all’art. 133, co. 1, lett. c), c.p.a., là dove è richiesta l’intermediazione di un provvedimento amministrativo, da rinvenirsi anche nell’omissione provvedimentale dell’amministrazione sulla specifica richiesta di erogazione da parte dell’interessato”.
Ciò posto, nel motivare la propria decisione i giudici del TAR MARCHE, evidenziando che l’Azienda Sanitaria in ogni caso, aveva fatto corretta applicazione delle norme regionali di riferimento (le quali non prevedono l’erogazione diretta del trattamento A.B.A. da parte dell’Amministrazione competente), ritengono inoltre che la prospettazione di parte ricorrente, tendente a censurare il rigetto dell’istanza attraverso il richiamo per via interpretativa del sistema normativo (con particolare riferimento all’art. 60 del DCPM 12 gennaio 2017[1] oltre naturalmente al sistema di attuazione dell’ISS), non aveva in realtà individuato le norme, i provvedimenti o gli atti organizzativi, che disponevano l’erogazione in via diretta della prestazione in oggetto.
4. Le doglianze in appello sollevate davanti al Collegio del Consiglio di Stato
Avverso la suddetta pronuncia emessa dal TAR MARCHE, parte appellante, soccombente in primo grado, ha proposto una nuova impugnazione, censurando la statuizione del giudice di prime cure, in ordine al mal governo dell’interpretazione delle citate disposizioni normative (articoli 1, comma 7, e 3 septies, commi 4 e 5, del D.L n. 502 del 1992), chiedendo la riforma della stessa, peraltro previa sospensione accolta dalla Sezione, nel presupposto giuridico che “le esigenze di tutela cautelare prospettate nell’atto di appello “sono espressione di diritti fondamentali dell’individuo”.
Nel caso di specie, le disposizioni normative su cui parte appellante intende costruire le sue doglianze si concentrano sul D. Lgs n. 502/1992 (recante Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421)“. In particolare, viene invocato in primis l’applicazione dell’articolo 1, comma 7 il quale prevede che: “Sono posti a carico del Servizio sanitario le tipologie di assistenza, i servizi e le prestazioni sanitarie che presentano, per specifiche condizioni cliniche o di rischio, evidenze scientifiche di un significativo beneficio in termini di salute, a livello individuale o collettivo, a fronte delle risorse impiegate. Inoltre: sono esclusi dai livelli di assistenza erogati a carico del Servizio sanitario nazionale le tipologie di assistenza, i servizi e le prestazioni sanitarie che: a) non rispondono a necessità assistenziali tutelate in base ai princìpi ispiratori del Servizio sanitario nazionale di cui al comma 2; b) non soddisfano il principio dell’efficacia e dell’appropriatezza, ovvero la cui efficacia non è dimostrabile in base alle evidenze scientifiche disponibili o sono utilizzati per soggetti le cui condizioni cliniche non corrispondono alle indicazioni raccomandate; c) in presenza di altre forme di assistenza volte a soddisfare le medesime esigenze, non soddisfano il principio dell’economicità nell’impiego delle risorse, ovvero non garantiscono un uso efficiente delle risorse quanto a modalità di organizzazione ed erogazione dell’assistenza”.
In proposito, è stato richiamato il comma 4 dell’articolo 3 septies, del D. Lgs n. 502 del 1992, a mente del quale: “Le prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria sono caratterizzate da particolare rilevanza terapeutica e intensità della componente sanitaria e attengono prevalentemente alle aree materno-infantile, anziani, handicap, patologie psichiatriche e dipendenze da droga, alcool e farmaci, patologie per infezioni da HIV e patologie in fase terminale, inabilità o disabilità conseguenti a patologie cronico-degenerative”.
Inoltre, viene anche invocato il successivo comma 5 il quale così dispone: “le prestazioni sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria sono assicurate dalle aziende sanitarie e comprese nei livelli essenziali di assistenza sanitaria, secondo le modalità individuate dalla vigente normativa e dai piani nazionali e regionali, nonché dai progetti-obiettivo nazionali e regionali”.
Infine parte appellante affida la seconda parte delle proprie doglianze, alla corretta lettura e applicazione dell’art. 60 del D. P.C.M. 12 gennaio 2017, comma 1, il quale prevede che: “Ai sensi della legge 18 agosto 2015, n. 134, il Servizio sanitario nazionale garantisce alle persone, le prestazioni della diagnosi precoce, della cura e del trattamento individualizzato, mediante l’impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche”.
Nella memoria di replica l’amministrazione, contesta quanto formulato nel ricorso introduttivo sottolineando che, le prestazioni invocate da parte appellante, erano state potenzialmente evase da parte dell’Azienda Sanitaria sia pur indirettamente, attraverso erogazioni indirette (c.d. extra LEA), ovvero attraverso contributi elargiti in applicazione dell’articolo 11 della legge regionale delle Marche n. 25/2014, e tutto questo, nella prospettazione di controparte, doveva rappresentare nell’arco della vicenda sottoposta all’attenzione della magistratura amministrativa, un serio impegno da parte dell’amministrazione sanitaria, a voler garantire l’adempimento di quanto richiesto per la realizzazione effettiva dei diritti del bambino affetto da spettro autistico.
5. La storica apertura nella motivazione dei giudici di Palazzo Spada: i trattamenti A.B.A. rientrano a pieno titolo nei LEA (Consiglio di Stato, Sez. III, 6 ottobre 2023 n. 8708)
Il Collegio Amministrativo in via preliminare, ha evidenziato come già qualche anno addietro, attraverso una nota pronunzia dalla Consulta in materia di attribuzione tra Stato-Regione (sentenza n. 5 del 18 gennaio 2018), i giudici della Corte Costituzionale si erano espressi sul punto, avendo avuto modo di chiarire come l’ambito in cui s’inscrivono gli interventi previsti dalla legge regionale “è appunto quello dei livelli essenziali di assistenza, poiché il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 (Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502), nell’aggiornare i livelli essenziali di assistenza, ha ricompreso in essi l’assistenza sociosanitaria, tra l’altro, alle persone con disturbi mentali e disabilità”.
Analogamente, ha evidenziato ancora il Collegio Supremo che: “il menzionato D.P.C.M., agli artt. 25, 26, 27 e 32, ricomprende, in particolare, tra i LEA, rispettivamente, l’assistenza sociosanitaria ai minori con disturbi in ambito neuropsichiatrico e del neuro sviluppo, l’assistenza sociosanitaria alle persone con disturbi mentali, l’assistenza sociosanitaria alle persone con disabilità, l’assistenza sociosanitaria semiresidenziale e residenziale ai minori con disturbi in ambito neuropsichiatrico e del neuro-sviluppo”. Inoltre, “sono garantite alle persone le prestazioni della diagnosi precoce, della cura e del trattamento individualizzato, mediante l’impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche”.
Sulla base di tali presupposti, secondo il Consesso Amministrativo, non era né legittimo e tanto meno ragionevole specie “sotto il profilo di una tutela piena ed effettiva delle ragioni invocate dal minore” quanto sostenuto dal TAR MARCHE, là dove il giudice di prime cure “confermando la tesi dell’ASL riguardo al trattamento A.B.A. (ritenuto non ricompreso nei LEA), ha nettamente escluso l’erogazione per il tramite del SSN”. A conferma del percorso argomentativo tracciato, il Collegio decidente ricorda che lo stessa giurisprudenza amministrativa dei giudici di Palazzo Spada (Consiglio di Stato sez. III, 23 marzo 2022, n. 2129) ha più volte affermato[2], sulla scorta della giurisprudenza costituzionale, che “il trattamento A.B.A rientra certamente tra i livelli essenziali di assistenza (LEA) a norma dell’articolo 60 del D.P.C.M. 12 gennaio 2017 e delle conseguenti Linee di indirizzo dell’Istituto Superiore di Sanità, da ultimo approvate in Conferenza unificata in data 10 maggio 20178, in attuazione della legge 18 agosto 2015, n. 134”.
In tal senso, secondo il decidente non appare quindi ragionevole “opporsi alla necessità, per vero irrinunciabile, di assicurare l’effettivo trattamento A.B.A. (nella misura sufficiente prevista dalle Linee di indirizzo dell’Istituto Superiore di Sanità), dovendosi ritenere che tali prestazioni, anche attraverso l’erogazione indiretta e, dunque, strumentale, debbano concorrere a realizzare quella “prestazione di risultato rappresentata dal visto riconoscimento del trattamento A.B.A. nei LEA”.
In caso contrario per il Collegio Amministrativo, che sul punto richiama un precedente degli stessi giudici di Palazzo Spada “si giungerebbe diversamente ad imporre all’Amministrazione, nel delicato bilanciamento degli interessi in gioco, di valutare elementi non previsti né prevedibili, al momento del provvedimento, trasformando il giudizio discrezionale che le compete in una «forma di intuizionismo insindacabile in sede di legittimità dallo stesso giudice amministrativo” (Cons. St., sez. III, 30 maggio 2016, n. 2266), in spregio di fondamentali princìpi quali quelli affermati dagli artt. 24, 97 e 111 Cost”.
Ciò premesso, ai fini della decisione del caso di specie, per il Consesso Amministrativo, è necessario verticalizzare la giusta attenzione sulla corretta analisi di quegli elementi posti a base del decreto di diniego dell’Amministrazione resistente (richiamati peraltro a tesi della propria difesa in sede di appello), fondati sulle vigenti norme regionali di riferimento che, anche secondo le conclusioni del primo giudice, non avrebbero previsto l’erogazione diretta del trattamento da parte dell’Amministrazione Sanitaria, se solo si considera che “gli stessi ricorrenti non individuano quale sarebbe stata la norma o l’atto organizzativo e tanto meno altro provvedimento di intermediazione, secondo cui la prestazione doveva essere erogata direttamente dall’ALS Marche”.
Come ricordato in precedenza, parte appellante dal canto suo, ritenendosi giustamente lesa nei propri diritti, ha contestato e censurato quanto deciso dal TAR MARCHE sostenendo che il giudice di prime cure, ha fatto mal governo della lettura delle norme in materia, in quanto a suo dire tali prestazioni rientrano almeno per via interpretativa nei LEA ai sensi degli art. 1 comma 7 e 3 septies commi 4 e 5 del D. Lgs. n. 502/1992.
Ciò posto, come evidenziato anche nella memoria difensiva depositata dall’Amministrazione in cui nonostante la comunicazione dell’ASL attestante la “presa in carico riabilitativa del minore”, che poteva rappresentare un serio impegno di controparte nel garantire e assicurare le prestazioni ABA aventi “natura mista, sanitaria e socio-assistenziale”, in vero per i giudici di Palazzo Spada, tale misura non risulta essere “in piena sintonia con la richiesta del minore sul trattamento”. In tal senso, la presa in carico dell’amministrazione sanitaria “aveva in oggetto soltanto parte del trattamento, non potendo in tal modo soddisfare integralmente le richieste dello stesso minore”.
Tutto questo in vero, non può mettere in ombra la natura del trattamento A.B.A. da intendersi “quale intervento a carattere multidisciplinare“. Ci si trova dunque di fronte a un concetto poliedrico di multidisciplinarietà “che sul piano concretamente assistenziale, si traduce nell’obbligatoria presa in carico globale del paziente autistico”, onde garantirne e realizzare compiutamente “l’integrazione scolastica, sociale, familiare nei diversi setting” assistenziali”.
Proseguendo, gli stessi giudici amministrativi hanno chiarito come “anche le prestazioni domiciliari in via indiretta pur ritenute utili per il minore, non integrano per intero quella prestazione minima di cui il minore ha effettivamente bisogno”. Il Supremo Consesso Amministrativo in ultimo, ha puntualizzato che “nonostante lo sforzo dell’amministrazione appellata nel provvedere alle prestazioni invocate, non risulta tuttavia sufficiente ad assicurare l’erogazione dell’intervento cognitivo comportamentale A.B.A. in regime domiciliare e nei contesti di vita per almeno 25 ore settimanali, quale numero minimo di ore indicato nelle viste Linee guida”.
I giudici di Palazzo Spada arrivano dunque a riconoscere senza mezzi termini, che il trattamento A.B.A. rientra certamente tra i livelli essenziali di assistenza (LEA) a norma dell’articolo 60 del D.P.C.M. 12 gennaio 2017 e delle conseguenti Linee di indirizzo dell’Istituto Superiore di Sanità, assicurando in tal modo, l’effettiva e piena erogazione su tutto il territorio nazionale, di tali prestazioni sanitarie e socio-assistenziali a beneficio dei soggetti affetti da forme di severo spettro autistico.
Alla luce delle considerazioni precedenti il Consiglio di Stato, nell’accogliere pienamente l’appello proposto dai genitori del minore, riforma la sentenza impugnata, annullando l’atto emesso dall’Amministrazione Sanitaria.
6. Riflessioni finali
L’importanza significativa della sentenza in oggetto, si percepisce innanzitutto dal fatto che, rispetto alla devoluzione della giurisdizione per materia al Giudice Amministrativo, i giudici del Consiglio di Stato, si sono pronunziati con una sentenza dagli effetti assai moderni e dirompenti, sui diritti delle persone affette da spettro autistico anche a beneficio delle loro famiglie.
A questo dato, occorre aggiungerne un altro da tenere in seria considerazione: la decisione adottata dal Collegio Amministrativo infatti, ha avuto anche il merito di affrontare in chiave più democratica temi di grande attualità nel diritto pubblico e più in generale del diritto alla salute, con un’angolazione certamente assai diversa all’interno del panorama giurisprudenziale, arrivando a sancire un diritto incomprimibile, così come quello imperniato al rispetto di una misura standard imprescindibile, legata al trattamento A.B.A.
Di fatto, il pieno riconoscimento e inserimento delle terapie A.B.A all’interno dei LEA, comporta come primo effetto che, trattandosi di prestazioni socio-sanitarie “ad elevata e qualificata integrazione sanitaria”, le stesse ex lege, devono essere garantite con piena effettività dal Sistema Sanitario pubblico indifferentemente su tutto il territorio italiano, rispettando certi standard quantitativi e qualitativi ,non incomprimibili dal nostro ordinamento. Il secondo precipitato della pronunzia, dal quale si ricava un importante novità di sicuro rilievo, emerge dal presupposto che tali trattamenti sanitari, debbano concorrere a garantire con piena effettività, quella “prestazione di risultato” rappresentata per l’appunto, dal concreto inserimento del trattamento A.B.A. nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) nel pieno rispetto del diritto fondamentale alla salute.
Inoltre, ed è questo un passaggio importante da ricordare pro futuro, la circostanza che nella soluzione adottata dal Consiglio di Stato, venga esplicitamente affermato che la prestazione sanitaria concernente gli A.B.A. deve prevedere almeno 25 ore settimanali a carico del Sistema Sanitario Nazionale, è palese che tale aspetto, avrà delle ricadute pratiche con un’incidenza notevole sull’organizzazione e sui compiti spettanti a ogni ASL. Ognuna di esse infatti, dovrà necessariamente assicurare su tutto il territorio nazionale, il rispetto di tale misura (minima ma essenziale), dell’intervento cognitivo comportamentale di ore indicate, a quei soggetti che sono affetti da severo spettro autistico, anche in quelle Regioni dove tale forma terapeutica, non sia stata ancora formalmente recepita con una legge ad hoc.
Ciò posto, val la pena sottolineare come nessuna pronunzia, per quanto storica e significativa come quella adottata nel caso di specie dal Consiglio di Stato, certamente salutata con grande entusiasmo e ottimismo dall’Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici, potrà mai risultare cosi determinate, se non utilizzata come volano affinchè le singole Regioni, indirizzino il loro operato verso una programmazione sanitaria concreta, corretta ed efficiente, che possa colmare eventuali servizi carenti a livello territoriale.
Pertanto, se si vuole realmente insistere e ragionare su iniziative e proposte legate a capacità di investimento, mirate a interventi territoriali di riprogrammazione sanitaria, attraverso l’offerta di prestazioni assistenziali efficaci e di sicuro risultato, è necessario che ogni Regione, aggiorni e adatti la propria rete territoriale, in modo tale da pianificare con attenzione, i propri servizi sanitari secondo le necessità richieste dalla popolazione locale.
***
[1] L’art. 60 del D. P.C.M. 12 gennaio 2017, al comma 1, prevede che: “Ai sensi della legge 18 agosto 2015, n. 134, il Servizio sanitario nazionale garantisce alle persone, le prestazioni della diagnosi precoce, della cura e del trattamento individualizzato, mediante l’impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche
[2] Altro precedente conforme si rinviene nella sentenza del Cons. Stato, sez. III, 30 maggio 2016, n. 2266.
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Renzo Cavadi
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