I vincoli di destinazione come limite alla garanzia patrimoniale generica
La garanzia patrimoniale generica è disciplinata nel codice civile all’art. 2740 cc.
Secondo la disposizione codicistica il debitore risponde dell’adempimento delle sue obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri.
Vi sono però, alcune ipotesi previste dalla legge che consentono al privato di separare dal proprio patrimonio determinati beni, imprimendo sugli stessi un determinato vincolo di destinazione.
In virtù di tale separazione, tali beni costituiscono un vero e proprio patrimonio separato, pur rimanendo di proprietà dell’intestatario.
Infatti, si rende necessario sottolineare che non vi è un trasferimento di proprietà dei beni soggetti a vincolo di destinazione, ma solamente una compressione del diritto di proprietà dell’intestatario.
L’effetto tipico del vincolo di destinazione è di tipo segregativo, consistente nel separare i beni “destinati” rispetto agli altri beni appartenenti al medesimo soggetto. Mentre questi ultimi, infatti, subiranno la sorte “ordinaria” potendo essere aggrediti dai creditori, i beni vincolati e i relativi frutti si esporranno ad aggressione esecutiva solo per i debiti sorti in funzione dello scopo di destinazione programmato.
Il vincolo di destinazione. Volendo dare una definizione di tale strumento giuridico, possiamo affermare che i vincoli di destinazione consistono in atti di disposizione del proprio patrimonio con cui è possibile separarne una parte, destinando alcuni beni alla realizzazione di scopi, meritevoli di tutela e in favore di determinati soggetti beneficiari.
Trovano una propria disciplina nella nuova disposizione codicistica ex art.2645-ter cc introdotta dall’ art 39-novies del D.L. n. 273/2015, convertito nella legge n. 51/2016, la cui rubrica fa espresso riferimento alla trascrizione di atti di destinazione per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a Pubbliche Amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche.
In particolare, tale disposizione prevede che gli atti in forma pubblica con cui i beni immobili e beni mobili registrati sono destinati, per un periodo non superiore a 90 anni o per la durata della vita della persona fisica beneficiaria, alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, pubbliche amministrazioni o ad altri enti o persone fisiche, possono essere trascritti al fine di rendere opponibile a terzi tale vincolo di destinazione.
Natura giuridica del vincolo di destinazione. Controversa è la questione relativa alla natura giuridica dei vincoli di destinazione.
Secondo un primo orientamento la disposizione in esame sarebbe volta esclusivamente a disciplinare, da un punto di vista prettamente pubblicitario, gli effetti di negozi già tipizzati.
Al contrario, la dottrina dominante, si fa portavoce di un altro orientamento, ossia ritiene che con l’art. 2645-ter cc sia stato introdotto nel nostro ordinamento una figura generale di negozio atipico con effetto di destinazione, ossia una nuova tipologia di atto ad effetti reali, detto atto di destinazione.
Meritevolezza del vincolo di destinazione. Si rende ora necessario soffermarci sulla finalità dei vincoli di destinazione.
Rimanendo fedeli alla lettera della norma, si evince che gli atti di destinazione devono essere rivolti alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela.
Nasce, dunque, spontaneo chiederci quali sono gli atti che hanno il requisito della meritevolezza.
Una parte della dottrina interpreta tale requisito in maniera molto restrittiva, considerandolo come un fine di “utilità sociale”.
Al contrario un’altra parte della dottrina ha una visione molto più ampia, infatti, per rientrare nel requisito della meritevolezza è sufficiente che lo scopo perseguito sia lecito. Tale orientamento è stato accolto anche dalla giurisprudenza di legittimità, in base alla quale il controllo di liceità e meritevolezza del vincolo ai sensi dell’art. 1322, comma 2, cc si risolverà, quindi, in un controllo di conformità del negozio a norme imperative, ordine pubblico e al buon costume e, pertanto, alla legalità costituzionale.
Durata e cessazione del vincolo di destinazione. Il vincolo di destinazione, al fine di non limitare per un tempo indeterminato il diritto di proprietà, non può essere perpetuo, non potendo durare per un tempo superiore ai 90 anni o alla durata della vita del beneficiario.
Al raggiungimento del termine, infatti, il vincolo cessa di esistere.
La cessazione del vincolo di destinazione può aversi anche per altri motivi, come ad esempio, per esercizio del diritto di revoca da parte del disponente, qualora sia stata espressamente prevista, oppure per mutuo consenso delle parti.
Tutela dei creditori. Il negozio di destinazione, creando un vincolo di destinazione su alcuni beni del conferente, può essere potenzialmente lesivo delle pretese dei suoi creditori, in quando idoneo diminuire la garanzia patrimoniale generica.
I creditori, tuttavia, potranno comunque tutelarsi con l’utilizzo degli ordinari mezzi di conservazione.
Ciò posto, potranno proporre azione revocatoria al fine di ottenere l’inefficacia relativa dell’atto di destinazione.
Potranno agire per dichiarare la nullità del negozio di destinazione nel caso in cui persegua fini non meritevoli di tutela, oppure, richiedere la cancellazione della trascrizione dell’atto nell’ipotesi in cui siano venute meno le ragioni che giustificavano la destinazione del bene.
Ed inoltre, potranno esperire azione di simulazione nel caso in cui il negozio di destinazione sia un mero artificio per rendere il bene non aggredibile dai creditori.
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Tecla Perrone
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