IA, intelligence artificial e immortalità

IA, intelligence artificial e immortalità

Sommario: 1. Premessa – 2. Eternal You e la digitalizzazione del defunto: questioni etiche, cliniche e religiose – 3. Considerazioni conclusive

 

1. Premessa

Il commissario europeo Thierry Breton1 ha annunciato, definendolo un “passo storico”, che il Coreper, il Comitato dei rappresentanti permanenti dell’UE, ha dato il via libera, alla unanimità, all’AI Act, la prima legge al mondo sulla intelligenza artificiale. A lui ha fatto eco il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio italiano Alessio Butti, che ha rivendicato “il contributo determinante dell’Italia e del Governo Meloni”; “Fin da quando – prosegue Butti – l’UE ha iniziato a discutere dell’AI Act, l’Italia ha compreso l’importanza di un quadro normativo di riferimento chiaro per l’intelligenza artificiale”.

L’iter che ha portato alla approvazione di questa normativa è stato complesso e prevede, speriamo, norme chiare e sanzioni per le violazioni affinchè questo avanzamento tecnologico sia al servizio dell’uomo e rispettoso dei valori fondamentali su cui si fonda l’Unione Europea. Il testo concordato, dopo aver ultimato tutti i passaggi previsti, verrà approvato definitivamente nell’aprile 2024.

Oggi d’altronde sono davvero pochi quelli che non conoscono, anche solo di nome, cosa sia l’Intelligenza artificiale (IA), grazie alla quale le macchine possono imparare a svolgere determinate attività migliorando, nel tempo, le proprie prestazioni attraverso un elaborato processo di prove ed errori. Lo scopo della IA è nobile e gli intenti assolutamente innocui poichè mirano a semplificare la vita dell’uomo eseguendo al suo posto vari compiti; ciò lo troviamo concretizzato in tanti macchinari che, tecnologicamente avanzati, sono molto utili se non determinanti nella cura della salute o nella protezione della vita quotidiana.

Le applicazioni della IA sono molteplici e in continua evoluzione e sta prendendo prende sempre più spazio, per fare un esempio, la IA generativa, come il celebre ChatGpt2 che è in grado di generare un testo, anche complesso, partendo da una breve richiesta da parte dell’utente, o sistemi di generazioni di immagini come Midjourney e DALL- E.

Accanto però alle tantissime possibilità positive e utili, capaci di generare progresso senza comportare rischi e negatività, abbiamo alcune ipotesi in cui l’IA è utilizzata in maniera impropria o errata. Basterebbe citare la creazione di Fake news e nel caso di generatori di immagini di deepfake3 capaci non solo di veicolare messaggi sbagliati e notizie fasulle ma anche di provocare veri e propri terremoti nella società civile, nella politica e nelle democrazie moderne.

Tra le ultime novità tecnologiche è stato immesso nel mercato un generatore di immagini detto Eternal you, presentato in un documentario durante il Sundance Film Festival4, che, nell’intento di indagare ancora nuove possibilità della IA in relazione alla creazione di Avatar, ne ha ipotizzato prima e creato poi alcuni riproducenti fedelmente le immagini, la voce e i gesti di persone defunte. Le persone così ricreate potranno rapportarsi con i cari ancora in vita e porre in essere rapporti virtuali continui e quotidiani.

La linea di confine tra realtà e finzione è sempre più sottile ed è sempre più inquietante.

2. Eternal You e la digitalizzazione del defunto: questioni etiche e cliniche e religiose

Eternal You è un documentario, girato grazie alla regia di Hans Block e Moritz Riesewieck, finalizzato a presentare questi prodotti acquistabili, a costi popolari, che punta lo sguardo ad una realtà ancora non troppo conosciuta ovvero come, grazie alla IA, si possa creare un clone virtuale delle persone defunte per poter comunicare con loro e godere ancora della loro virtuale presenza.

Questa opera si pone l’obiettivo di interrogare lo spettatore e quindi l’uomo medio di oggi su un quesito molto semplice ma in realtà profondo e capace di aprire varchi o baratri inimmaginabili ad oggi ovvero :

se avessimo la possibilità di poter parlare non tanto con una persona defunta a noi sconosciuta ma con i nostri cari nati al Cielo saremmo disposti a cogliere tale eventualità?

Nel documentario i creatori non si limitano a porre la questione in maniera astratta ed eventuale ma immergono l’utente in un mondo dove l’impossibile diventa possibile e dove niente è più fantascienza ma realtà godibile e fruibile grazie alla tecnologia altamente sviluppata della IA.

Il documentario presenta quindi il settore emergente dei servizi che vengono oggi offerti sul mercato tra cui quello di avere la possibilità di interagire con “repliche” digitali dei defunti creando esperienze di comunicazione che oscillano tra il confortante e l’inquietante5.

Oltre a ciò vengono aggiunte altre realtà come Hereafter e Yov che offrono molte modalità per interagire con i defunti virtuali, che vanno dalle versioni audio a quelle che sfruttano materiale visivo e sonoro preesistente per creare alter ego digitali sorprendentemente somiglianti agli originali.

Il tutto forma un quadro complesso che mette in evidenza come l’AI stia modellando nuove dimensioni della esistenza umana e sollevando interrogativi sulla natura del ricordo, del lutto e della etica digitale.

La pratica di rivolgersi alla tecnologia per colmare vuoti affettivi o esistenziali non è nuova ma l’uso della AI, prima della morte di una persona (lasciando video o foto), come strategia per raggiungere una sorta di immortalità è un concetto che viene sempre più accettato e condiviso. I Ghost Bots sono già presenti in Cina e rappresentano una esplorazione futuristica di questo ambito6.

È tuttavia necessario interrogarsi sugli impatti tecnologici, emotivi ed etici di queste pratiche; è importante sapere se i thanabot7, chabot formati sui dati di un defunto, possono essere considerati un nuovo strumento di consolazione o una perturbante distorsione della realtà.

Di fatto tra i tecnici in materie psichiatriche serpeggia un profondo turbamento nel considerare queste innovazioni come buone e prive di rischi per la salute.

Il lutto, avverte la scienza psichiatrica, è definibile come uno: “… stato psicologico conseguente alla perdita di un oggetto significativo, che ha fatto parte integrante dell’esistenza. La perdita può essere di un oggetto esterno, come la morte di una persona, la separazione geografica, l’abbandono di un luogo, o interno, come il chiudersi di una prospettiva, la perdita della propria immagine sociale, un fallimento personale e simili”8.

È senza dubbio evento traumatico ma l’essere umano contiene in sé le potenzialità e la forza di superarlo in circa 18 mesi e di poter tornare alla serenità antecedente. Se ciò non dovesse accadere saremo in una ipotesi di lutto patologico che, quando è presente, rappresenta una difficoltà ad accettare la sua ineluttabilità e costituisce l’inizio di una serie di problematiche difficili da guarire. Sicuramente la creazione di avatar dei defunti con cui dialogare non è considerabile la terapia idonea.

La terapeuta E. Schandelmeier sostiene che un avatar di un defunto possa ostacolare il processo di eleborazione del lutto e afferma che “usare l’AI per creare un avatar per uso personale o commerciale dovrebbe essere considerato attentamente, dato l’impatto potenziale su una persona vulnerabile”. Aggiunge E. Dock, thanatologa9 e professore aggiunto presso la University city Washington, che evidenzia come l’interazione con un avatar di un defunto possa offrire conforto e permettere di “chiudere un cerchio” ma tuttavia esistono preoccupazioni sostanziali sull’uso di questi avatar, in particolare per le persone ancora nelle prime fasi di negazione o shock, che potrebbero diventare emotivamente dipendenti dalle loro interazioni con l’avatar della persona amata.

Contrariamente alle scienze mediche l’inventore di Project December10, Jason Rohrer risponde affrontando la questione con una prospettiva che sfida le considerazioni morali e etiche tradizionali affermando che “Non è mia responsabilità fermare questa tecnologia perchè alle persone potrebbero non piacere le risposte che dà. L’aspetto anche più spaventoso che sta emergendo mi dà i brividi ma a me piacciono anche quei brividi11.

Chiaramente così posta la questione impone agli utenti tutti e a ciascuno in particolare di difendersi e di non accogliere nessuna utopica distorsione della realtà.

Sicuramente l’AI sfida i nostri concetti di morte e memoria e il problema che si pone è se siamo pronti a navigare in questo territorio completamente inesplorato, dove la consolazione tecnologica supera i nostri confini terreni e umani.

Bisognerà cambiare il concetto dell’addio oppure saremo solo alienati che produrranno feticci con i resti digitali delle persone amate?

Certamente il dibattito culturale che si apre trascende la mera cronaca per approdare a questioni filosofiche fondamentali.

Senza dubbio il desiderio di poter parlare con persone che non sono più tra noi è umanamente comprensibile ma la domanda da fare è se ciò sia lecito e soprattutto se considerarlo surreale sia legittimo. La necessità parossistica di voler vedere un defunto è la prova che non si è accettato il distacco, che non è stato elaborato il lutto e si rifiuta la morte come accadimento doloroso ma esistente.

Tale tenace rifiuto è certificato dalla accettazione della farsa perchè coloro che continueranno a parlare con i defunti sanno perfettamente che non sono le persone perse

ma ricostruzioni digitali spesso preparate con documenti lasciati prima dell’evento luttuoso.

Stiamo assistendo alla “ipertrofia del virtuale che mima il reale, che falsifica gli affetti, che rende artefatte le emozioni, che illude come potrebbe fare qualsiasi altra droga capace di far accedere a paradisi artificiali. Qui di artificiale esiste solo una pseudo intelligenza che ci vuole portare un surrogato di paradiso12.

Il defunto resuscitato rappresenta l’ultima frontiera della tecnologia postumana che vorrebbe far divenire immortale ciò che per sua natura è transeunte. Si offre una sorta di immortalità a tutti facendo vivere per sempre un alter ego digitale senza peraltro chiedersi a chi potrà interessare una volta defunti tutti coloro che lo conoscevano.

Sicuramente oggi assistiamo a questo homo thecnologicus che ha rinunciato alla speranza della vita eterna, ad un futuro celeste migliore, ad una consolazione per tutto quello che potremmo aver sofferto nella vita terrena. Tendiamo ad andare verso un umanesimo inedito poco controllabile e pericoloso per il nostro equilibrio.

Ci affidiamo ai social, alle community e intelligenze artificiali nell’affanno di riportare in vita e di restarci noi stessi il più a lungo possibile.

Siamo soli, molto più di quanto sappiamo o vogliamo ammettere e cerchiamo conforto in ciò che non potrà mai darlo, elaboriamo strategie e innovazioni non per vivere meglio ma per ripiegarci sempre di più sui nostri dolori, sulle nostre nostalgie.

3. Considerazioni conclusive

Il concetto di immortalità digitale segna un confine nuovo che corrisponde alla impossibilità dell’oblio e la metamorfosi dei ricordi digitalizzati che estendono la vita oltre i limiti biologici e mortali. L’immortalità viene dunque fatta coincidere con la rielaborazione di memorie personali che andranno a delineare l’avatar e ciò stabilisce il confine tra immortalità semplice e la memoria del soggetto.

Alcuni ritengono che questo non sarà altro che un album dei ricordi o un vecchio filmino rinnovato e tecnologicamente avanzato ma forse è molto più di così.

Bisogna ricordare ed essere coscienti anche che l’evento “morte” permette ai vivi, arbitrariamente, di gestire il destino dei defunti e che qualunque forma di immortalità, non gestita dal diretto interessato, implica la presenza invasiva dei vivi.

Gli storici ma anche i contemporanei, per quanto si sforzavano di essere obiettivi, ci hanno sempre tramandato il passato con le loro interpretazioni e punti di vista personali e soggettivi. Al pari i racconti su persone defunte sono sempre “viziati” da valutazioni personali che alle volte non rendono la complessità della persona in questione o addirittura ne falsano la vera essenza. Non esiste un ricordo che non possa essere falsato dal trasporto narrativo di chi lo compie.

Il Thanabot è solo quindi l’aggiornamento terrificante e pericoloso della AI a comportamenti tipicamente umani che sognano, come sempre hanno fatto, il superamento di ogni confine e la sconfitta della morte tramandando però memorie viziate dall’oblio, dal tempo, dalla memoria claudicante e dalla propria soggettività e personalità.

In fondo “siamo postumani dal momento in cui ci siamo ritrovati sulla terra e tutto il nostro percorso evolutivo è all’insegna del trascendimento di ogni limite che, in un certo qual modo, frena le nostre ambizioni e i nostri desideri protesi verso l’eterno”.

L’AI è una realtà nuova, in continua evoluzione, che contiene in se molti aspetti buoni capaci di migliorare la vita dell’uomo ma se viene pensata e studiata per ottenere avatar dei defunti in grado di interagire con i vivi produce uno sfasamento del reale difficile da gestire e da sostenere diventando particolarmente dannosa e pericolosa.

 

 

 

 

 

 


1 In occasione della quarta assemblea dell’Alleanza europea per l’intelligenza artificiale (European AI Alliance) in corso a Madrid il commissario europeo, Thierry Breton, ha lanciato il Patto Ue sull’IA. Cfr. www.ansa.it

2 Chat GPT, acronimo di Generative Pretrained Transformer: uno strumento di elaborazione del linguaggio naturale (o Natural Language Processing) potente e versatile che utilizza algoritmi avanzati di apprendimento automatico per generare risposte simili a quelle umane all’interno di un discorso.

3 Deepfake è un termine inglese che nasce dall’unione di due termini: Deep learning, ovvero il sistema di apprendimento che utilizza l’intelligenza artificiale (AI) e “fake” ovvero falso. 
I primi deepfake, divenuti virali, mostravano delle attrici di Hollywood, come Jessica Alba o Natalie Portman, che “recitavano” in film pornografici. In seguito si scoprì che si trattava di video modificati da esperti di intelligenza artificiale. Questo fenomeno ha visto la luce nel 2018 e, da allora, sono stati immessi nel web molti video con protagonisti alcuni attori, come ad esempio quello di Bill Hader, con il viso di Tom Cruise, durante un’intervista al David Letterman Show. Il deepfake non ha risparmiato nemmeno i politici, come quando l’ex presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, in un video sembra insultare il suo successore Donald Trump. Come si può notare, non si tratta solo di contenuti pornografici, ma anche di discorsi che possono danneggiare pesantemente la reputazione delle persone che appaiono nel video, a causa di parole che queste non hanno mai pronunciato, sentimenti che non hanno mai provato o atteggiamenti che non hannno mai tenuto. Anche se all’inizio questa tecnologia possa sembrare affascinante, i rischi connessi al deepfake sono numerosi. Nonostante oggi si è abituati alla circolazione di foto false in rete, in realtà molte persone si fidano ciecamente delle immagini che vedono per farsi un’opinione su un fatto o una persona. Bisogna quindi immaginare il peso che i video deepfake potrebbero avere in molte situazioni. Gli esperti avvertono che i deepfake potrebbero infatti essere usati per manipolare elezioni o provocare rivolte sociali, grazie a video che in realtà sono falsi. Dall’altro lato ancora, non bisogna pensare che i deepfake vengono utilizzati solo per colpire e mettere in imbarazzo personaggi famosi: in alcuni paesi, infatti, sono stati segnalati dei casi di estorsione a “persone comuni”, le quali vengono contattate in rete e ricattate con video falsi in cui appaiono nudi o durante rapporti sessuali. Cfr www.it.ccn.net

4 Il Sundance Film Festival, dal 1978 al 1991 denominato Utah/United States Film Festival, è un importante festival cinematografico dedicato al cinema indipendente che si svolge nel mese di gennaio a Park City, sobborgo di Salt Lake City, e a Ogden nello Stato dello Utah (Stati Uniti).

5 Un esempio è quello di Josh (per motivi di privacy si omette il cognome), cliente della startup Project December, che ha trovato una sorta di consolazione virtuale chattando con un avatar che emula la personalità della sua ragazza del liceo, tragicamente scomparsa prima di poter diplomarsi. Questo servizio si avvale di algoritmi sofisticati e di una vasta raccolta di dati per costruire le personalità digitali, basandosi sui ricordi e le informazioni fornite dai clienti.

6 In Cina questi prodotti sono già nel mercato, fruibili a chiunque, e le aziende che se occupano sono in continua crescita. La pubblicità più forte la forniscono i coniugi Wu che hanno perso il loro unico figlio prematuramente. Hanno acquistato un avatar che riesce a parlare con loro e pronunciare frasi che in vita non aveva mai detto fornendo, a loro dire, conforto e serenità. Zhang Zewei, fondatore della azienda di AI Super Brain afferma che “Ci sono così tante persone in Cina, molte delle quali con bisogni emotivi, il che ci dà un vantaggio quando si tratta della domanda sul mercato”. Cfr. AA.VV, Ascesa dei bot fantasma in Cina: il padre si rivolge alla AI per resuscitare il figlio morto, 19 dicembre 2023, consultabile online su www.tenmagazine.it

7 Thanabot, termine che fonde insieme il concetto tecnologico di bot con quello della tanatologia, la disciplina che si occupa in maniera specifica della morte. Durante l’evento Amazon re MARS Conference tenutosi a Las Vegas nel giugno 2022, Rohit Prasad, il vice presidente senior del team Alexa, fece trasecolare il pubblico quando ha mostrato loro che l’assistente vocale di Amazon ha acquisito la capacità di imitare la voce di qualsiasi persona dopo appena un minuto di ascolto di un file.

8 Galimberti U., Il Libro delle emozioni. Feltrinelli ed., 2021

9 È quella branca di studî biologici e medico-legali che si occupa dei fenomeni della morte.

10 Progetto che permette a chiunque di fornire dati relativi a un defunto. Il materiale condiviso verrà poi rielaborato affinchè si possa porre in essere un gemello artificiale in grado di dialogare al suo posto. Il costo è molto modesto.

11 Molti sono coloro che hanno già acquistato questi avatar. Tra questi troviamo la Signora Jang Ji Sung, mamma sudcoreana, che ha voluto ed ottenuto di poter parlare con l’avatar della figlia Nayeon, morta a soli sette anni. Se alcuni esempi possono suscitare umana pietà verso coloro che soffrono e trovano consolazione in questi sistemi altri sono veramente acchiaggianti: è il caso di Christi Angel (il cognome si omette per motivi di privacy) che ha utilizzato un chatbot per comunicare con un parente defunto. Alla domanda “Dove sei” la risposta è stata raggelante: “All’Inferno”.

12 Cfr. Scandroglio T., Immortalità artificiale: un avatar al posto del caro estinto, in La Nuova bussola quotidiana, 31 gennaio 2024, consultabile online.

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